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Autore: MackenziePhoenix94    18/05/2019    0 recensioni
PREQUEL DI 'LIKE A PRAYER'.
“Non stiamo parlando di pazzia, ma c’è il serio rischio che quel seme possa depositarsi e germogliare, signora, se non interveniamo in tempo. La società rischierebbe di doversi occupare, un giorno, di un soggetto pericoloso. Anche lei sa che è meglio prevenire che curare… Non sarà un percorso semplice o indolore, ma è necessario. Assolutamente necessario”.
Tutti sanno chi è Theodore ‘T-Bag’ Bagwell, e quali sono i crimini che lo hanno portato a scontare due ergastoli nel penitenziario di Fox River; ma nessuno, neppure Nicole Baker, conosce la storia che si cela dietro l’uomo ribattezzato dalla stampa: ‘Il Mostro Dell’Alabama’.
Perché alcune storie, come i segreti, anche se logorano interiormente, sono più semplici da custodire che da confessare.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: T-Bag
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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In prigione qualunque oggetto può diventare un’arma, ma ci sono occasioni in cui un cuscino o un laccio da scarpa non sono sufficienti.

Se si vuole sopravvivere ad un regolamento di conti, bisogna avere con sé qualcosa di appuntito ed affilato, ma non è semplice procurarselo quando sei ancora una matricola e non hai amicizie vantaggiose dalla tua parte.

“Se io faccio un favore a te, tu fai un favore a me?” domando a David, sedendomi a suo fianco in mensa.

“Non sono interessato ad avere dei rapporti sessuali” risponde lui, guardandomi con un’espressione scettica; alzo gli occhi al soffitto della stanza e poi sbuffo.

“Non ti sto chiedendo questo, il favore di cui ho bisogno non ha assolutamente nulla a che fare con il sesso. Ascolta con attenzione le mie parole: tra due giorni ci sarà un regolamento di conti tra bianchi e neri, che coinvolgerà tutto il Braccio E. Le danze si apriranno dopo l’appello pomeridiano, al termine dell’ora all’aria aperta”

“Un regolamento di conti? Perché?”

“È stato Wolf ad organizzarlo, perché non è contento delle nuove matricole, e vuole approfittare dell’occasione per regalarmi il mio battesimo di fuoco: se voglio smetterla di essere una mascotte, devo uccidere uno di loro e portare un souvenir al mio compagno di cella” sussurro, indicando con la testa i tavoli in cui sono radunati i detenuti afroamericani, situati nella parte opposta della mensa; David guarda prima loro e poi me, e la sua espressione continua ad essere scettica.

“Per quale motivo me lo stai dicendo?”

“Per farti un favore. Io ti sto avvisando in anticipo di quello che accadrà tra due giorni, in cambio ho bisogno che mi procuri un’arma in qualunque modo. Tu fai parte del gruppo che lavora nelle cucine, giusto? Sono sicuro che lì dentro ci sono coltelli e forbici in abbondanza!”

“Si, ma a fine turno i secondini contano tutta l’attrezzatura, e se manca qualcosa prendono i manganelli”

“Dovrà pur esserci un modo per rubare qualcosa”

“Non lo so, non ci tengo ad essere picchiato con un manganello”

“Io ho fatto un favore a te, avvisandoti in anticipo del regolamento di conti. Adesso è il tuo turno di restituirmi il favore, procurandomi un’arma. Hai due giorni di tempo per trovarla e portarmela” lo avverto, prima di alzarmi con il vassoio vuoto tra le mani.



 
Trascorro il tempo che mi separa dal mio battesimo di fuoco in uno stato di perenne agitazione, faticando perfino a dormire; e quando finalmente arriva il pomeriggio del terzo giorno, il nervosismo e la paura aumentano quasi a dismisura, perché David non mi ha ancora portato un’arma bianca.

Mentre lo aspetto, vicino ad un capannone, sento qualcuno passarmi un braccio attorno alle spalle e sussulto, del tutto preso alla sprovvista.

Sfortunatamente non si tratta di David.

Non si tratta neppure di Wolf.

È Luke.

“Allora, Teddy-Bear? Sei pronto per il grande evento? Sei riuscito a procurarti un’arma?” sussurra al mio orecchio sinistro, e la lama luccicante di un coltello appare a pochi centimetri di distanza dai miei occhi “ti piace? L’ho lucidato appositamente per te”

“Si, sono riuscito a procurarmi un’arma” rispondo, liberandomi dalla sua presa “e non preoccuparti per me, riuscirò a portare a termine il compito che mi è stato assegnato senza alcuna difficoltà”

“Se fossi in te, mi preoccuperei per altro. Sai… In situazioni come questa è questione di un battito di ciglia che la lama di un pugnale si conficchi nello stomaco della persona sbagliata. Spesso può capitare di confondere amici e nemici”

“Mi stai minacciando?”

“No, ti sto solo mettendo in guardia. Ahh, quasi me ne dimenticavo, ricordi quelle scimmie che abbiamo visto qualche giorno fa in cortile? Ho detto ad una di loro quello che devi fare… Così è tutto più eccitante, non credi?”.

Luke mi rivolge un largo sorriso prima di nascondere il coltello in una tasca dei pantaloni ed allontanarsi; sono costretto ad appoggiarmi al muro alle mie spalle per non crollare a terra.

Non solo ho appena ricevuto una chiara minaccia da un detenuto più grande e più esperto di me, ma la vittima predestinata sa che io devo ucciderla per guadagnarmi un posto nel gruppo di Wolf.

Mi passo entrambe le mani tra i capelli, tirando alcune ciocche, e sussulto nuovamente quando una mano si appoggia sulla mia spalla destra.

“David! Per l’amor del cielo! Non farlo mai più, mi hai spaventato!” esclamo, tirando un sospiro di sollievo, perché per un attimo ho temuto che fosse ancora Luke o la matricola afroamericana.

“Scusa, non era mia intenzione, ti ho portato quello che mi hai chiesto”

“Finalmente! Ormai mancano solo dieci minuti all’appello”

“Te l’ho già detto che non è semplice procurarsi qualcosa in cucina” risponde lui, stizzito, mostrandomi un piccolo oggetto appuntito; lo prendo in mano e l’osservo a lungo, piegando le labbra in una smorfia.

“Un… punteruolo? In tre giorni sei riuscito a procurarmi solo un punteruolo? Speravo in una forbice… Che cazzo ci dovrei fare con questo? Come posso uccidere una persona con questo misero oggetto?”

“Anche io ho un punteruolo come arma” ribatte David, mostrandomene un altro di simile “non sei l’unico ad essere nella merda. Se non sei contento di quello che sono riuscito a rubare, puoi restituirmelo”

“Mi accontenterò di questo” mormoro, nascondendo l’oggetto appuntito sotto la maglietta che indosso.

Spero solo di non dover affrontare un avversario armato meglio di me.



 
Quando arriva il momento dell’appello pomeridiano, tutti i detenuti si sistemano lungo due linee rosse, opposte, che attraversano l’intero Braccio E; io mi posiziono tra Wolf ed un altro ragazzo, e con la mano destra, nascosta nella tasca dei pantaloni, stringo l’impugnatura del piccolo punteruolo.

“Sei pronto?” mi sussurra Wolf, mentre un secondino si sta occupando di leggere i nomi di tutti noi, ad alta voce, da un foglio che ha in mano.

“Si”

“Sei riuscito a procurarti un’arma decente?”

“Diciamo di si”

“Bene” commenta, con un sorriso divertito; ad un suo cenno, un detenuto si stacca dalla nostra fila e si scaglia contro un altro della fila opposta.

È il segnale che dà inizio al regolamento di conti.

Qualcuno mi aggredisce alle spalle, mi ritrovo a terra e per poco non rischio di perdere la presa sulla mia arma; in un primo momento penso che si tratti di Luke, ed invece è la matricola che devo uccidere.

La mia prova, la mia sola opportunità di essere considerato un degno membro del gruppo.

Rotolo di lato, per evitare un suo calcio, e gli afferro la gamba sinistra, facendolo finire a sua volta sul pavimento; prima che abbia il tempo di riprendersi, mi siedo a cavalcioni sul suo petto, bloccandogli le braccia con le ginocchia, e stringo una mano attorno alla sua gola.

“Mi dispiace, ma devo farlo” dico, a denti stretti, alzando il braccio destro; lui balbetta qualcosa, probabilmente delle suppliche, ma non lo ascolto.

Con un urlo, affondo il punteruolo nel suo petto, all’altezza del cuore, pugnalandolo ripetutamente, senza riuscire a fermarmi: sento del liquido caldo schizzarmi sul viso e sulla maglietta; quando apro gli occhi, mi rendo conto che si tratta di sangue, lo stesso che bagna le mie mani e che si sta rapidamente spargendo sul pavimento.

Per la matricola non c’è più nulla da fare, come testimoniano le sue iridi fisse in un punto lontano, ma io non ho ancora finito con lui: strappo dalla sua mano destra, ancora stretta a pugno, il coccio di vetro che si era procurato come arma e provo a tagliargli un dito; riesco ad affondare il coccio nella carne, ma l’osso è troppo spesso e troppo duro, e m’impedisce di concludere la procedura.

Lascio cadere a terra l’arma della matricola, ormai inutile, e prendo nuovamente in mano il mio punteruolo, preferendo concentrarmi su un souvenir più facile da estrarre.

Forse è merito dell’adrenalina che scorre ancora nel mio corpo, ma quando affondo l’estremità nella cavità oculare sinistra del cadavere, non sento né disgusto né nausea, neppure quando l’occhio rotola sul pavimento dopo essere schizzato fuori con un suono simile a quello di una bottiglia che viene stappata; lo raccolgo, prima che qualcuno possa pestarlo, e lo nascondo dentro una tasca dei pantaloni.

Ho appena il tempo di alzarmi, con il fiato ansante, che mi sento afferrare per i capelli e trascinare lungo una scala metallica che conduce alle celle del primo piano; nel tentativo di liberarmi perdo la presa sulla mia arma bianca, che cade in una fessura tra due scalini, e quando finisco nuovamente a terra, mi rendo conto di essere disarmato.

“Complimenti, Teddy-Bear, hai fatto un ottimo lavoro con quella scimmia. Vediamo se sarai altrettanto bravo con me”

“Intendi con un coglione come te, Luke?”.

Grazie alla mia provocazione ricevo un calcio nella parte bassa della schiena, che mi strappa un urlo di dolore, e sono costretto a strisciare per allontanarmi da lui.

“Stupido ragazzino, meriti una lezione che non dimenticherai per il resto della tua vita. Vieni qui, pensi davvero di riuscire a scappare?” grida, in tono strafottente, mi afferra per le gambe e mi trascina verso di sé; questa volta il calcio lo ricevo all’altezza dello stomaco e mi toglie completamente il fiato, facendomi sputare un grumo di saliva mista a sangue.

“Luke, ti prego… Non lo fare… Non…” lo supplico, sentendomi ad un solo passo dalla fine; lui, ovviamente, ignora le mie parole, con una risata sprezzante, e gioca con il pugnale, divertendosi a passarlo da una mano all’altra, illustrandomi a parole ciò che ha intenzione di fare.

“Secondo te, Teddy-Bear, da dove dovrei iniziare? Potrei tagliarti la gola, ma non sarebbe divertente… Ohh, aspetta, ci sono! Potrei conficcare questa lama in diversi punti del tuo corpo, evitando gli organi principali, in modo da prolungare la tua sofferenza il più a lungo possibile, prima di farti un taglio da orecchio a orecchio. Allora, hai qualche preferenza? Il fegato? La milza? L’intestino?”.

Il suo blaterale viene improvvisamente interrotto da qualcuno che s’intromette tra noi due; non so con esattezza che cosa succede, perché sono ancora stordito dal dolore alla schiena ed allo stomaco, ma quando vengo aiutato ad alzarmi, vedo il corpo di Luke circondato da una pozza di sangue, ed il suo viso è contratto in un’espressione che è un misto di dolore e sorpresa.

“Stai bene?” mi domanda David, sorreggendomi.

“Si… Credo di non avere nulla di rotto…” mormoro “perché mi hai salvato la vita?”

“Mi hai avvisato del regolamento di conti”

“Si, ma avevamo già pareggiato con il punteruolo”.

David non ha il tempo di rispondere, perché i secondini lanciano all’interno del Braccio E dei fumogeni per sedare il conflitto ancora in corso; mi stacco da lui e gli consiglio di raggiungere la sua cella, prima di fare lo stesso.

Purtroppo non riesco ad evitare il fumo.

 Quando mi lascio cadere sulla brandina, resto vittima di un attacco di tosse così violento che delle lacrime mi rigano il viso.

Wolf rientra dopo pochi minuti: anche lui, come me, sembra esserne uscito illeso, ad eccezione della maglietta sporca di sangue.

Le sue labbra si aprono in un sorriso compiaciuto quando incrocia il mio sguardo, ed alle sue spalle la porta scorrevole della cella si chiude in automatico, proprio come tutte le altre; nel lungo corridoio restano solo i feriti più gravi, che gemono e si lamentano, i cadaveri e numerose pozze di liquido scarlatto.

“Sapevo che saresti riuscito a sopravvivere al tuo battesimo di fuoco. Mi hai portato un souvenir?”

“Si” rispondo, prontamente, sorridendo a mia volta; infilo la mano destra in una tasca dei pantaloni e gli mostro l’occhio “è sufficiente?”.

Lui lo prende in mano, l’osserva divertito e poi lo lascia cadere nella tazza del cesso, tirando lo sciacquone.

“Macabro, ma originale come idea. Mi hai sorpreso, Teddy-Bear, e come promesso adesso sei un membro ufficiale del gruppo. Non sei più la mascotte, adesso sei una personalità di spicco a Donaldson. Se c’è qualcosa che vuoi chiedermi, qualche richiesta in particolare, puoi farlo, perché oggi è la tua giornata” dice, prendendo posto a mio fianco sul materasso.

“Si, in effetti ho delle richieste da farti. Primo: non voglio essere più costretto a seguirti come un cagnolino, e ad afferrare la stoffa della tasca dei tuoi pantaloni. Secondo: non voglio più essere chiamato ‘Teddy-Bear’. Terzo: voglio che accetti nel tuo gruppo un ragazzo di nome David. Mi ha salvato la vita e sono in debito nei suoi confronti, ma non dovrai trattarlo come la nuova mascotte. Sono stato chiaro?”

“Sei stato molto chiaro, Theodore, e come ti ho già detto una volta, questa è la tua giornata. Puoi chiedere quello che vuoi, ma ricordati che tutto ha sempre un prezzo all’interno di un carcere. Le tue richieste non sono impossibili, ma è probabile che le mie diventino più frequenti… Capisci che cosa intendo?” la sua voce si riduce ad un sussurro e mi appoggia una mano sul ginocchio destro, proprio come ha fatto durante il mio primo giorno a Donalds; questa volta, però, non mi scompongo minimamente perché sono pronto a continuare a pagare questo prezzo per una vita migliore dietro le sbarre.

“Capisco perfettamente”

“Allora possiamo considerare il nostro affare concluso con successo. Non resta che suggellarlo” mormora Wolf, prima di afferrarmi il viso e baciarmi sulle labbra.
 
 
 
   
 
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