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Autore: Tigre Rossa    18/05/2019    6 recensioni
“Sono venuto a prendere qualcosa che mi appartiene. O, per meglio dire, qualcuno. Siete voi il tutore della maestra Tigre, no?”
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Non si può fuggire dal proprio passato, per quanto oscuro possa essere. E quando quello di Tigre torna a reclamarla nella figura misteriosa e crudele di Shang Chiang, la giovane maestra è costretta ad abbandonare ogni sua certezza per un lungo viaggio verso l'Est e verso le sue origini. Un viaggio che dovrà affrontare solo con la guida di un paio di occhi di giada e il ricordo evanescente di un sacrificio coraggioso. Un viaggio da cui potrebbe non tornare.
TiPo- Non tiene conto degli avvenimenti di Kfp3
Genere: Avventura, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Po, Shifu, Tigre
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 36  – Fiore proibito Seconda parte

 

 

 

 

 


 

“ Fin dai tempi antichi il drago è l’unica figura in grado di affiancare la tigre. Io sono un drago, e questa mia natura mi costringe fatalmente a starti vicino.”

-Toradora

 

 

 


Shang Chiang rientrò silenziosamente nella locanda, il cappuccio alzato a coprigli il viso. Era ancora molto presto, e sapeva che non avrebbe incontrato nessuno, ma la prudenza non era mai troppa. Sapeva che gli allievi di Shifu e il panda minore stesso si erano resi conto delle sue continue assenze, e ciò lo spingeva a comportarsi il più discretamente possibile. Non voleva che sospettassero di lui. Non più di quanto già facessero, almeno.

Veloce come un’ombra, scivolò lungo i sudici corridoi e raggiunse la sua stanza, e solo una volta entrato ed essersi assicurato di essere solo si tolse il mantello zuppo di dosso, buttandolo con urgenza sul letto. Poi, si chinò sul piccolo caminetto che in teoria avrebbe dovuto rendere quel buco di camera più caldo –aveva pagato il doppio, per averlo- e si affrettò ad ammucchiare dei pezzi di legno ed ad accendere un piccolo fuoco. Lasciò che le fiamme prendessero per bene e poi si infilò una zampa in tasca, estraendo una lettera ancora umida di pioggia. Non c’era alcun mittente, ma sapeva fin troppo bene chi l’aveva scritta. Si affrettò a srotolarla, sperando che portasse, almeno quella volta, delle buone notizie.

Organizzato ogni cosa come avete ordinato, mio signore. Vanno rifiniti solo gli ultimi dettagli, ma sarà tutto pronto per il vostro arrivo.

Un piccolo ghigno soddisfatto comparve sul viso orgoglioso del generale, mentre i suoi occhi dorati brillavano, riflettendo il bagliore delle fiammelle. Strappò il messaggio in tante striscioline sottili e le buttò nel fuoco come ogni volta, in modo che non ne rimanesse traccia. Restò lì, a guardare la carta bruciare, senza riuscire a togliersi quel sogghigno dalle labbra.

“Spero che tu sia pronta per ciò che ti aspetta, piccola.” sussurrò a nessuno in particolare, ma per un breve, imprecisabile attimo gli parve di sentire un ringhio di minaccia nel vento.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Un debole raggio di sole si infilò timido dalla finestra, illuminando pian piano la stanzetta minuscola e riuscendo in qualche modo ad infilarsi tra i sogni del Guerriero Dragone, svegliandolo con delicatezza.

Il panda, ancora insonnolito e con gli occhi serrati, sbadigliò silenziosamente per non svegliare la compagna. Dopo qualche momento, memore della promessa della notte precedente, si costrinse ad aprire gli occhi per poter scivolare via dal letto caldo. Sbatté le palpebre un paio di volte, lottando un po’ per mettere a fuoco la parete che stava davanti a lui. Quando ci riuscì abbassò gli occhi per cercare Tigre, e ciò che vide lo lasciò senza fiato.

Era tra le sue braccia. Stava dormendo tra le sue braccia, serena come non la vedeva da tempo, come se lì, in quel momento, niente potesse turbarla, né i fantasmi del passato, né le ombre del futuro. I suoi occhi erano chiusi, il viso tranquillo, e sembrava improvvisamente piccola e fragile, come quando, ormai settimane prima, si era addormentata stretta a lui, prima che tutto precipitasse. Ma allora lui era sveglio e, seppur a malincuore, aveva sciolto quella stretta, affinché lei non si rendesse conto di nulla. Quella volta invece, seppur fossero entrambi decisi a non sfiorarsi nemmeno per sbaglio, dovevano essersi cercati nel sonno, senza rendersene conto, e si erano trovati, per poi tenersi stretti tutta la notte.

Il Guerriero Dragone non riusciva a distogliere lo sguardo, incantato da quella vista che mai sarebbe riuscito ad immaginare, nemmeno nei suoi sogni più arditi.

Era così vicina, così dannatamente vicina, più di quanto fosse mai stata. Sentiva il suo respiro leggero solleticargli la pelliccia, il suo cuore che batteva al ritmo del proprio, il suo viso seminascosto tra il proprio collo e la spalla. Era stretta a lui come se il suo corpo fosse solo un completamento del proprio, e le braccia del guerriero l’avvolgevano in un abbraccio che sembrava impossibile da sciogliere. Le sue zampe la stringevano come se non volessero più lasciarla andare, tenendola al sicuro in una stretta che la rivendicava come sua e sua soltanto.

Tigre si mosse nel sonno, rannicchiandosi senza rendersene conto ancora più vicina a lui, e il panda non riuscì a trattenersi dall’allungare una zampa ed accarezzarle dolcemente il viso. La felina agitò appena la coda senza svegliarsi e mormorò piano un nome, come se stesse sussurrando una preghiera a degli dei troppo lontani e freddi per sentirla.

“Po . . .”

Il ragazzo si sentì stringere il cuore nell’udire il suo nome sussurrato in quel modo, come se fosse l’unica cosa importante, tutto ciò che impediva agli incubi di ghermirla ancora una volta. Come se riuscisse ad avvertire la sua presenza anche nel sonno. Come se avesse bisogno di lui.

Ma cosa stava pensando? Lei non aveva alcun bisogno di lui. Sarebbe tranquillamente sopravvissuta se lui se ne fosse andato per sempre, forte com’era. Forse sarebbe stata male, all’inizio, ma sarebbe sopravvissuta.

Era lui quello che aveva bisogno di lei. Era lui quello che non sarebbe mai sopravvissuto, se lei l’avesse lasciato. Dopotutto, era lui ad essersi innamorato di un amore folle, che non avrebbe mai dovuto provare. Un amore che l’aveva travolto in tutta la sua potenza solo quando aveva rischiato di perderla. Un amore che ora non riusciva più a ignorare e che, con le sue fiamme, lo stava riducendo in cenere.

Poteva sopportare tutto questo. Poteva davvero, e stava facendo ogni cosa per riuscirci. Ma poi puntualmente succedeva qualcosa di inaspettato che faceva ardere ancora di più quel fuoco, e la sua determinazione crollava e le sue ferite si riaprivano, dolorose ed incurabili. Bastava uno sguardo dolce di Tigre, un sorriso inaspettato, qualche parola sincera, ed ecco che il suo cuore riprendeva a urlare ed a ribellarsi. Bastava un momento come quello, e il suo animo innamorato non poteva fare altro che chiedersi come sarebbe stato se le cose fossero state diverse, se non fossero stati due maestri, se lei non fosse stata proibita, se lui ne fosse stato degno. Se Tigre avesse mai potuto ricambiarlo . . .

Lentamente, come stregato, spostò lo sguardo sulle sue labbra, appena socchiuse, quasi ad aspettare qualcosa, qualcuno.

Quelle parole che lo stavano tormentando da giorni tornarono a sussurrargli all’orecchio, terribili, dolci e tentatrici, stringendogli ancora di più il cuore che continuava dolorosamente a bruciare per quel desiderio che mai avrebbe potuto diventare realtà.

‘Un bacio è più di un semplice contatto fisico. Un bacio è un giuramento. Significa offrirsi all’altro senza pretese, senza limiti. Offrire la propria vita, legare il proprio destino a quello dell’altro. È giurare di essere l’unico per quella persona, di sacrificare tutto per lui, di donargli il proprio cuore, per sempre.’

Tentò di non ascoltarle e scivolare via da quella tentazione, da quel pericolo travestito da sogno irrealizzabile, ma per quanto ci provasse quelle labbra continuavano a chiamarlo.

Sarebbe stato facile, rubarle un bacio. Un semplice fugace bacio, un rapido eppure tanto desiderato sfiorarsi di labbra. Ma non sarebbe stato giusto. Non le avrebbe mai fatto una cosa del genere, soprattutto non così. Piuttosto avrebbe preferito morire tra le fiamme, ma ferire lei . . . no, mai.

Po sospirò, sentendo gli occhi iniziare a pizzicargli fastidiosamente. Piano, con delicatezza, le sfiorò il viso un’altra volta, mentre una dolorosa malinconia lo trapassava come mille spade infuocate.

“Tu non hai idea, Tigre . . .” sussurrò, consapevole che le sue parole non l’avrebbero raggiunta. Si bloccò, incapace di continuare, e chiuse gli occhi con forza, per poi sfiorarle la guancia con le labbra, in un gesto fragile e quasi amaro.

Poi, facendo attenzione a non svegliarla, sciolse il suo abbraccio e scivolò via da lei, come le aveva promesso. La coprì per bene con le coperte, in modo che non prendesse freddo, e rimase per qualche momento a guardarla, l’anima pesante. Sembrava ancora serena, ma notò che passava lentamente una zampa avanti ed indietro sul materasso, proprio sull’esatto punto dove prima stava il suo cuore, come se si fosse resa conta della sua assenza e lo stesse cercando.

Sospirò, mentre le labbra di Tigre chiamavano i suoi occhi di giada un’ultima volta, e scacciò con forza quel desiderio impossibile che tanto gli faceva male.

Un giorno quelle labbra sarebbero state di qualcuno.

Non dubitava che Tigre avrebbe trovato il suo Loto, come nella leggenda; era così facile da amare. E non dubitava che allora l’amore che avrebbe provato per lui sarebbe stato immenso come quello delle antiche leggende. Non dubitava nemmeno che quel qualcuno sarebbe riuscito a rubarle il cuore e a strapparle quel giuramento. Ma sapeva bene che non sarebbe stato lui, per quanto potesse desiderarlo.

Perché sì, Po le apparteneva e sarebbe stato suo per sempre. Ma Tigre non era sua, né lo sarebbe mai stata.

E con quella dolorosa consapevolezza, uscì dalla stanza.

 

~~~~΅΅~~~~


Appena vide da lontano il profilo della piccola capanna Shifu affrettò il passo, stringendo con forza il proprio bastone.

Era partito poco prima dell’alba per arrivare il più presto possibile al villaggio dei panda, nonostante il tempo non fosse ancora dei migliori e il vento soffiasse forte, promettendo altra pioggia. Era troppo in pensiero per aspettare ed era riuscito a percorrere tutta quella strada in relativamente poco tempo, arrivando al villaggio un’oretta dopo il sorgere del sole.

Muovendosi più velocemente che poteva, si avvicinò spedito alla casetta, e i suoi occhi attenti ci misero poco ad individuare una figura appoggiata contro la parete, dal viso malinconico e gli occhi chiusi.

Confuso, il maestro si avvicinò ancora di più fino ad essere ad un passo da essa e chiamò, con tono preoccupato “Po? Cosa ci fai qua fuori?”.

Il panda aprì lentamente i grandi occhi di giada, che subito si fermarono stupiti sul suo volto, come se non credessero che fosse davvero lì.  Ma poi, in fretta com’era comparso, lo stupore svanì e il guerriero si staccò dalla parere, facendo un sorriso gentile eppure, poteva vederlo, molto forzato. “Sono uscito a prendere un po’ d’aria.” spiegò, per poi indicare con un cenno della testa la porta ed aggiungere “Tigre sta bene. Sta riposando, ora. Non dovrebbe svegliarsi ancora per un po’.”.

Il vecchio si sentì rincuorato, ma non del tutto. “Hai badato a lei per tutta la notte?” domandò, inclinando appena il capo.

Po annuì, molto semplicemente. “Certo.” rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo, e aggiunse mentre i suoi occhi assumevano una nuova sfumatura inquieta “Non potevo lasciarla sola.”.

“Ti ringrazio.” Shifu fece per entrare, ma qualcosa nell’atteggiamento e nel viso dell’allievo lo turbava. Si fermò e con fare serio chiese ancora “Va tutto bene, panda? Sembri un po’ strano.”.

Il Guerriero Dragone si affrettò ad annuire un’altra volta, forzando un altro sorriso “Sono solo un po’ stanco. Non ho dormito molto, stanotte. A proposito, con il vostro permesso, vado a stendermi qualche ora.”.

Il panda minore lo studiò per qualche secondo, ma poi sospirò e gli disse “Certo, vai pure”.

Il ragazzo gli fece un cenno del capo e si stiracchiò, dirigendosi verso la capanna vicina, e il suo maestro lo seguì con lo sguardo fino a quando non si chiuse la porta alle spalle. C’era qualcosa che lo turbava, era impossibile non rendersene conto. Da prima ancora che Tigre venisse ferita, a dire il vero, Po gli era parso particolarmente strano, e da quando lei si era risvegliata aveva notato che sembrava diviso allo stesso tempo da una profonda gioia e un’altrettante lacerante tensione. Non riusciva a capirne il motivo, ma vederlo così non gli piaceva, anzi, lo preoccupava abbastanza.

Con un sospirò, il panda rosso si infilò nella casetta, cercando di non fare rumore, e ciò che vide cancellò per un attimo tutti i suoi pensieri e le sue preoccupazioni.

Tigre era rannicchiata sotto le coperte, raggomitolata su se stessa come un cucciola, e aveva un’aria sorprendentemente serena. I suoi occhi erano chiusi e il suo respiro leggero, appena udibile, mentre la sua zampa si muoveva lentamente sotto il tessuto delle lenzuola.

Il vecchio genitore sorrise appena, intenerito, e fece per avvicinarsi. Il pavimento scricchiolò appena sotto il suo passo e lui si irrigidì, sperando che quel lieve rumore non avesse raggiunto la figlioccia. Ma le orecchie della felina, acute e sensibili, si contrassero, e la ragazza aprì quasi all’istante gli occhi, mettendolo a fuoco abbastanza velocemente.

“Shifu . . .” mormorò con voce rauca, sollevando piano la testa per guardarlo meglio.

Il maestro le si avvicinò in fretta. “Shh, torna a riposare.” sussurrò piano, con una dolcezza che apparteneva a giorni lontani “Ne hai bisogno.”.

La ragazza scosse la testa, mettendosi a sedere nonostante le sue parole. “Non ho più sonno.” replicò mentre i primi raggi di sole le feriva gli occhi stanchi. Lo studiò con lo sguardo e aggiunse, quasi in tono d’accusa “Siete tornato troppo presto. Non sarete partito durante la tempesta?”

Shifu dovette trattenere un sorrisetto ironico. Avrebbe dovuto aspettarsi quella domanda.“No, non preoccuparti.” la rassicurò, sedendosi accanto al suo letto e poggiando il bastone alla parete “Ci hanno pensato i ragazzi ad impedirmelo.”.

“Hanno fatto bene.” osservò soddisfatta l’allieva, con un lieve accenno di sollievo nella voce.

I suoi occhi di fuoco scivolarono per la stanza, come alla ricerca di qualcosa, per poi correre di nuovo verso Shifu, quasi a chiedere spiegazioni. “Dov’è Po?” domandò, cercando di non sembrare veramente interessata alla risposta.

“È uscito ora.” le spiegò, dopo un attimo di sorpresa “Ha detto che aveva bisogno di riposarsi.”.

La guerriera annuì, come se se lo aspettasse, e per qualche momento giocherellò con il medaglione che continuava a portare al collo. Il panda minore la osservò attentamente, preso un po’ alla sprovvista da quella reazione.

Da quando Tigre si era risvegliata, sfuggendo dalle mani tese della Morte, gli era parsa molto diversa, come se quell’esperienza l’avesse cambiata nel profondo. Probabilmente era per questo che l’aveva perdonato con una straordinaria facilità dopo tutto quel tempo, e forse era sempre per questo che a volte la vedeva fissare il nulla con lo sguardo vuoto e la zampa ben stretta attorno a quel medaglione, che si rifiutava di togliere. Ma non era solo questo ad essere cambiato.

Da quando si era risvegliata, il suo rapporto con Po era diventato ancora più stretto di prima, cosa che mai avrebbe creduto possibile. Tigre si aggrappava a lui come un fiore si aggrappa alla luce del sole, consapevole che se fosse svanita sarebbe appassito per sempre. Ogni volta che il panda entrava nella stanza o le stava vicino, il suo viso si addolciva e il fuoco nei suoi occhi si rasserenava, diventando tiepido calore e non terribile incendio. Il Guerriero Dragone era l’unico che riusciva davvero a rasserenarla ed a farsi ascoltare, si prendeva cura di lei con uno zelo straordinario e restava per ore ed ore al suo fianco, come se non gli importasse altro che non perderla mai più di vista. Tigre non aveva mai permesso a qualcuno di avvicinarsi tanto ed avere un tale influenza su di lei, prima di quel momento. Ma adesso, accanto a lui, appariva più tranquilla di quanto fosse mai stata, come se niente potesse più turbarla, come se con Po al suo fianco potesse affrontare qualsiasi cosa.

La ragazza si mordicchiò appena il labbro inferiore, riflettendo intensamente su qualcosa, prima di strappare il padre adottivo dai suoi pensieri e domandare con un pizzico di incertezza “Maestro, posso chiedervi un favore?”.

Shifu si sentì stringere il cuore a quelle parole. Non ricordava più nemmeno quando fosse stata l’ultima volta che gli aveva chiesto qualcosa. O forse non l’aveva mai fatto. Non ne era sicuro. Ma il fatto che lo stesse facendo ora, in quel momento, che l’avesse davvero perdonato a tal punto da chiedergli di fare qualcosa per lei, era già incredibile di suo.

“Certo.” rispose in un sussurro, come se temesse che fosse tutta un’illusione pronta a svanire se non l’avesse stretta forte a sé, rendendola realtà “Qualsiasi cosa.”.

Perché davvero, come avrebbe potuto rispondere diversamente?

 

~~~~΅΅~~~~

 

Li Shan stava terminando di fasciare la spalla di Tigre, tentando di finire il più in fretta possibile, quando il Gran Maestro del Palazzo di Giada si alzò dalla sua sedia e gli chiese, in tono cordiale “Mastro panda, permettete una parola?”.

Il panda si bloccò per un momento, le zampe esperte che stringevano immobili la garza pulita. Poi si affrettò a sollevare il capo ed annuire, tentando di nascondere la ben evidente sorpresa per quella richiesta insolita. I due non parlavano faccia a faccia da quando il capoclan non gli aveva permesso di restare, ormai una settimana prima. “Certo, maestro Shifu.” rispose, mettendo via le bende avanzate e alzando lo sguardo su di lui, invitando silenziosamente a parlare.

Il piccolo maestro scosse appena la testa. “Non qui, gentilmente.” replicò, alzandosi e facendo segno di seguirlo fuori dalla casetta.

Il curatore aggrottò la fronte, preso alla sprovvista, ma sentendo su di lui lo sguardo di tutti i presenti decise di fare come gli era stato detto e seguì l’altro fuori.

Po, che era rientrato da poco nella stanza proprio per essere presente durante la visita mattutina, lo seguì con i grandi occhi chiari fino a quando non uscì. Allora si voltò confuso verso l’amica, che stava muovendo la spalla per allentare la fasciatura nuova e non sembrava particolarmente stupita da quell’avvenimento insolito, e chiese curioso “Di cosa dovrà parlargli?”.

La felina si limitò a borbottare un semplice “Non ne ho idea.”. Si tolse con un rapido movimento le coperte di dosso e gli domandò, gli occhi luminosi e caldi “Allora, mi aiuti a camminare?”.

“Adesso?” fece il giovane guerriero, sorpreso da quella richiesta improvvisa.

“Quando, altrimenti?” replicò Tigre, guardandolo come se avesse fatto la domanda più stupida possibile, per poi alzarsi in fretta dal letto e barcollare per qualche secondo.

Il Guerriero Dragone si affrettò ad afferrarla, temendo che stesse per cadere come il giorno prima, cosa che fortunatamente non accadde. La felina recuperò l’equilibrio abbastanza in fretta, ma le zampe di lui si rifiutarono di lasciare i suoi avambracci e rimasero lì, a stringerla con delicatezza ma decisione.

“Piano, tigre scatenata.” l’ammonì, solo in parte scherzosamente “La faticaccia di ieri non ti è bastata?”.

“No.” rispose molto semplicemente la ragazza “E non sono scatenata, ma solo stanca di restare a prendere polvere in questo letto.”.

“Non me n’ero reso conto, sai?” la prese lievemente in giro il più grande, per poi sospirare e cedere “Dai, prima che Shifu torni e mi uccida per averti lasciata alzare.”.

La maestra sorrise appena, come se si aspettasse quella risposta “Non lo farà. E anche se ci provasse, ti difenderei io.” ribatté scherzosamente, lanciandogli uno sguardo divertito.

“Ora sì che mi sento più tranquillo.” Po scosse la testa e si spostò in modo da posarle una zampa sulla schiena e un’altra lungo il braccio, come aveva fatto il giorno prima “Tu sarai la ragione della mia fine, sappilo.”.

Gli occhi di fuoco della ragazza si oscurarono per un breve momento, come se quelle parole l’avessero ferita o peggio, avessero risvegliato dei fantasmi che tentava in tutti i modi di non vedere. “Non lo permetterei mai, e tu lo sai.” mormorò, con voce roca e seria.

Il ragazzo la guardò, preso alla sprovvista da quella risposta così sincera, senza sapere cosa dire. 

I due rimasero immobili a lungo, l’uno vicino all’altra, fino a quando la felina non strinse i denti e fece un passo in avanti, e lui la seguì, continuando a sostenerla in ogni suo movimento, come se non fosse successo nulla.

Ma era successo, ed entrambi lo sapevano fin troppo bene.

 

Nel frattempo, a pochi passi dalla casetta, Li si voltò verso il panda minore, studiandolo con quei grandi occhi verdi così straordinariamente simili a quelli del figlio. “Cosa dovete dirmi?” chiese, il tono freddo e controllato.

Shifu si lisciò le maniche della veste, mosse dal vento gelido. “Per prima cosa, volevo ringraziarvi di cuore per quello che state facendo per mia figlia.” iniziò gentilmente, scegliendo con cura le parole. “So quanto vi costi, e non potrò mai esservi abbastanza grato. È tutto, per me.” esitò per un breve momento, prima di buttare fuori tutto d’un fiato “E ho rischiato di perderla prima che lo capisse.”.

Il capoclan lo fissò, cercando di capire il senso delle sue parole “Cosa intendete dire?”.

Il maestro sospirò. Sapeva che sarebbe dovuto arrivare a questo, anche se avrebbe voluto evitarlo. Ma doveva farlo, e ne era consapevole. Così si fece forza e domandò lentamente, come se anche solo pronunciare quel nome gli facesse male “Avete mai sentito parlare di Tai Lung?”.

Le pupille dell’altro si allargarono appena, ma egli si limitò a rispondere “Certo, come tutti. Distrusse la Valle della Pace più di venti anni fa, poco prima che Lord Shen ci attaccasse.”

Il più anziano si strinse con forza le zampe, prima di chiudere gli occhi e confessare in un sospiro “Era mio figlio. Non era solo il mio allievo prediletto, ma anche mio figlio adottivo. L’ho amato con tutto me stesso.” Era così difficile parlarne. Era passato così tanto tempo, ma per lui quella cicatrice continuava a fare male, ed era consapevole che avrebbe continuato a farlo per tutta la vita, anche se sempre meno.

Li Shan rimase in silenzio e lui continuò lentamente “Quando ho incontrato Tigre e l’ho tirata fuori dall’orfanatrofio in cui viveva erano passati solo alcuni anni da allora e non avevo superato il fatto di aver perso. Volevo sinceramente bene a quella bambina dagli occhi caldi, ma temevo di rovinarla come avevo rovinato Tai Lung, di vederla trasformare in qualcosa che non era.” Si costrinse a riaprire gli occhi, per non vedere quelle immagini che l’avrebbero tormentato fino alla fine dei suoi giorni. “Ma lei non era come Tai Lung; non si sarebbe mai trasformata in un mostro, eppure io ero incapace di vederlo. Sono stato fin troppo oppressivo con lei, rendendola infelice senza rendermene conto, solo perché temevo di non essere in grado di proteggerla da se stessa. Ma in realtà avrei dovuto proteggerla da me stesso. Le ho fatto male quando tentavo solo di proteggerla, e ho rischiato di perderla del tutto quando suo padre biologico è venuto a cercarla e ha preteso di portarla via con sé. Lei non voleva. È una grande guerriera, la più famosa dell’intera Cina, e nel Palazzo di Giada ha trovato una casa e nei suoi compagni una famiglia. Lui però non è riuscito a vederlo e le ha imposto di seguirlo, almeno fino al compimento della sua maggiore età. È stata costretta, suo malgrado, ad obbedire.”.

Il panda si mosse appena, a disagio, ma lui non si fermò, fingendo di non essersene accorto “Prima della partenza, mi ha affrontato. Era delusa dalla mia debolezza, dal fatto che non fossi riuscito ad impedire una cosa del genere, di non aver lottato per lei. Io, che più di tutti avrei dovuto essere dalla sua parte. Io, che nemmeno quella volta ero riuscito a comportarmi come un padre.”. Sospirò piano, perché faceva male ammetterlo, nonostante ormai lei l’avesse perdonato per ogni cosa “Mi ha rivelato quello che si portava dietro da anni, il dolore e la rabbia per i miei sbagli, ma prima che capissi davvero il mio errore e potessi fare ammenda è stata colpita da quel dannato dardo. Ho creduto davvero di perderla in maniera definitiva, ma gli Dei mi hanno graziato. Mi hanno dato un’altra possibilità.”

Dovette fermarsi un attimo e riprendere fiato, mentre lottava per non farsi travolgere dalle emozioni, per poi aggiungere un dolce e appena sollevato “Grazie alle vostre cure si è risvegliata e, straordinariamente, mi ha perdonato e mi ha concesso di provare ancora una volta ad essere il padre che merita.”.

Il curatore rimase in silenzio per un lungo momento, quei occhi di giada fissi in quelli chiari del più anziano, fino a quando chiese lentamente, come se avesse paura di parlare “Perché mi state dicendo tutto questo?”.

Shifu esitò un attimo, ma poi decise di dire la verità “Tigre mi ha detto che ci sono problemi tra voi e Po. Che lui si rifiuta di parlarvi e voi di andargli incontro.”

Il panda strinse gli occhi, come se si fosse aspettato tutto tranne quella risposta. “E lei come lo sa?” domandò quasi in un ringhio aggressivo.

Il maestro non poté che trattenere una piccola smorfia solidale. Anche lui era ugualmente sorpreso, quando le aveva rivelato ogni cosa, facendogli giurare di non dire nulla al compagno per alcuna ragione al mondo. Non si aspettava un simile livello di confidenza, nemmeno dopo tutto quello che era successo. Ma stava iniziando in fretta a ricredersi, per quanto fosse difficile. “Po non può tenerle nulla nascosto. Le vuole bene davvero, e anche lei gliene vuole. Sta male per tutto questo, e Tigre non riesce a vederlo così. E mi ha chiesto di parlarvi.” spiegò ricordando il viso di lei, così serio quando gli aveva fatto quell’insolita richiesta, e i suoi occhi di fuoco che bruciavano di decisione e forza come non facevano da molto tempo, impedendogli di tirarsi indietro.

“Perché?” fu la brusca replica dell’altro, che lo scrutava come se non riuscisse davvero a credergli.

Egli fece un passo nella sua direzione, rispondendo piano “Perché io posso capirvi, seppur in parte. Non ho avuti figli miei, ma ne ho cresciuti due come se lo fossero. Ne ho perso per sempre uno e ho rischiato di perdere anche l’altra. So bene cosa può distruggere un legame tanto forte come quello tra un genitore ed un figlio. So quali sono gli errori che un padre può commettere. So cosa si prova ad avere la sensazione di non riuscire a raggiungere il proprio figlio. Ed è terribile. Io ho sbagliato tanto, ed entrambi i miei ragazzi hanno sofferto per questo.”.

Sentì il proprio cuore stringersi in una morsa, ma si costrinse ad ignorarlo ed ad andare avanti “Tengo molto a Po. È tra i miei allievi migliori e mi ha aiutato a trovare la pace interiore nel momento forse più difficile della mia vita. Non voglio che anche lui soffra come ha sofferto la mia Tigre.” Era vero, era fin troppo vero, e non ebbe alcuna difficoltà ad ammetterlo. “E non voglio che, in cambio per quello che avete fatto per noi, voi abbiate solo il mio stesso identico rimpianto. Non lo augurerei nemmeno al mio peggior nemico. Quindi, come posso vedere voi, che tanto ci avete aiutato, rischiare di commettere un errore simile al mio?”.

Il capoclan rimase immobile, senza dire una parola per un tempo lunghissimo e senza distogliere mai lo sguardo dal suo. Poi, qualcosa nei suoi occhi di giada si sgretolò e dalle sue labbra secche uscì un incerto “Cosa mi consigliate?”.

Shifu trattenne a stento un sospiro sollevato e si affrettò a sussurrare “Cercate di capirlo. Po ha sofferto tanto nella sua vita. Ha le sue cicatrici, ma ha imparato ad andare avanti nonostante tutto e tutti. Ha fatto le sue esperienze, che l’hanno fatto diventare chi è oggi. Non è più lo stesso bambino che avete perso anni fa, ma è comunque vostro figlio. Ha dei suoi principi, una sua morale e un suo codice d’onore, che vanno compresi. Ha i suoi legami, che gli hanno permesso di andare avanti e di sopravvivere, che vanno accettati. Ha un suo modo di vedere il mondo, che va rispettato. Accettatelo per quello che è, cercate di comprendere le idee che non condividete, tentate di ascoltarlo davvero.” disse, il più sinceramente possibile, per poi concludere con dolcezza “Ma soprattutto amatelo. Amatelo con tutto voi stesso. Amatelo perché, che si chiami Piccolo Loto o Po, rimane comunque il vostro bambino, e come ogni bambino tutto quello che vuole è l’amore del suo papà.”.

Li Shan chiuse gli occhi con forza, come se stesse tentando di domare un dolore lancinante. Dopo qualche momento di silenzio chiese, la voce incerta “Chi si è preso cura di mio figlio per tutti questi anni?”.

Il panda minore sorrise appena, ripensando a quel genitore preoccupato che stava aspettando Po con ansia, dall’altra parte della Cina. “Un’oca dal cuore buono.” rispose “L’ha cresciuto come se fosse suo, e non gli ha mai fatto mancare né amore né comprensione. È stato un papà grandioso, per lui, e continua ad esserlo ogni giorno di più. A differenza di molti altri orfani, è stato fortunato.”.

Continuò a tenere gli occhi chiusi, come se non avesse la forza di aprirli. Quando parlò di nuovo, la sua voce era spezzata, ferita “Lui gli . . . gli vuole bene?”.

Annuì, ma rendendosi conto che non poteva vederlo si affrettò a confermare “Decisamente.”. Si avvicinò di un altro passo a lui e, dopo un momento di esitazione, gli poggiò una zampa sua braccio e lo rassicurò, gentilmente “Come ne vorrà a voi, se riuscirete a farvi forza.”.

Li Shan tremò, ma quando riaprì gli occhi Shifu riuscì a cogliere quella luce che aveva imparato a riconoscere nel proprio sguardo, e in quel momento capì che finalmente quel padre perduto aveva ritrovato la strada per uscire dalle ombre.

 

~~~~΅΅~~~~

 

“Dobbiamo fare questo teatrino ogni volta?” chiese Tigre quasi annoiata, avvolgendo le braccia attorno al collo di Po quando si rifiutò di metterla di nuovo giù.

Il ragazzo le lanciò un’occhiata divertita “Se qualcuno non si rifiutasse di rimettersi a letto ogni volta che arriva al limite, questo ‘teatrino’ potrebbe finire in ogni momento.” replicò, stringendola meglio tra le sue braccia.

Era il terzo giorno che la felina provava a camminare, e come i precedenti si era rifiutata di fermarsi quando l’amico glielo aveva detto. Così lui aveva continuato a prenderla in braccio per costringerla a tornare a letto ogni singola volta. Soprattutto all’inizio aveva protestato abbastanza intensamente, tentando di liberarsi, ma era troppo debole per riuscire a sciogliere quella presa senza farsi male, e pian piano era diventata decisamente più arrendevole.

La maestra alzò gli occhi al cielo. “Non trattarmi come una bambina, Po.” lo rimproverò appena mentre lui si avvicinava al letto, e quasi senza rendersene conto si rilassò contro il suo petto, tentando di riprendere fiato. Era veramente stanca, quel pomeriggio. Aveva provato a camminare ogni volta che Shifu la lasciava sola con Po, imponendosi di non fermarsi nemmeno quando le ossa gemevano e i muscoli bruciavano. Se fosse stato per lei, non avrebbe fatto altro per tutto il giorno. Ma lui non glielo avrebbe mai permesso, preoccupato com’era.

Po sorrise, intenerito dal suo gesto, e la strinse impercettibilmente più vicino a sé. Ormai si era abituato a portarla in braccio, e il suo corpo la riconosceva come qualcosa di dolce e terribilmente familiare, ma comunque di proibito, che non potevano concedersi a lungo. Delicatamente e un po’ a malincuore la poggiò sul letto, attento a non farle male, e scherzando le disse “Ecco, adesso fai la nanna, piccola maestra.”.

La ragazza lo fulminò letteralmente con lo sguardo e gli tirò un pugno dritto al braccio, meno forte del solito ma comunque abbastanza deciso da essere doloroso.

“Ahi!” gemette il panda, massaggiandosi il punto colpito e lanciandole uno sguardo ferito “Mi hai fatto male!”.

Ella sorrise appena, soddisfatta “Era quello lo scopo.”.

L’amico fece una smorfia sofferente, per poi sospirare e osservare, particolarmente sorpreso e compiaciuto “Ti stai rafforzando, comunque.”.

La compagna storse la bocca, ben consapevole di quanto il suo corpo fosse ancora fragile e il pugno di poco prima molto più debole rispetto alle sue capacità “Non abbastanza.”.

Il panda scosse la testa, deciso “Hai camminato per quasi due ore solo questa volta. Considerando che due giorni fa avevi difficoltà a stare in piedi, direi proprio di sì. E il bozzo che fra poco avrò sul braccio confermerà alla grande la mia tesi.”.

“Devo migliorare ancora di più.” ribatté la guerriera, stringendosi nelle spalle come se non fosse affatto convinta dalle sue parole “Altrimenti quando ci riuniremo agli altri rallenterò solo il gruppo.”.

“Beh, non vedo quale sia il problema.” replicò il maestro, sedendosi al suo fianco sul letto. “Più tempo ci metteremo ad arrivare e meno tempo dovremo trascorrere nel villaggio di Shang Chiang, no?” spiegò, tirandole una leggerissima gomitata e tentando di rasserenarla un po’. Sapeva quanto la innervosisse la prospettiva di rincontrare quell’uomo da lì a pochi giorni e, in parte, condivideva la sua tensione. L’ultima cosa che voleva in quel momento era guardare in faccia colui che l’aveva resa orfana e chiedersi cosa avesse in serbo per lei. Ma questo lei non aveva bisogno di capirlo.

Tigre non riuscì a trattenere un sorrisetto, che però si affrettò a nascondere per aggiungere con lo stesso tono controllato “E devo allenarmi.”.

Il viso del Guerriero Dragone si incupì di colpo e le pupille dei suoi occhi di giada si restrinsero. “Non se ne parla.” fu la sua  secca risposta “Non in queste condizioni.”.

La maestra sospirò, come se se lo aspettasse. “Po . . .” iniziò paziente, ma lui la interruppe subito, senza darle modo di obbiettare. “Sei ancora troppo debole per allenarti.” sibilò, come se solo pensarlo fosse un errore imperdonabile “E hai nel sangue un veleno che ad uno sforzo eccessivo potrebbe scatenare un’ulteriore crisi, non so se hai presente.”.

“Non succederà.” tentò di rassicurarlo, cercando con gli occhi i suoi “Starò bene, vedrai.”.

Il ragazzo restò immobile, quasi a sfidarla con lo sguardo “Non intendo rischiare. Ti ricordo che sei quasi morta, poco più di una settimana fa.” disse, con un tono talmente gelido da cogliere l’altra impreparata “Non ho alcuna intenzione di dover temere per la tua vita ancora una volta.”.

“Po . . .” lo chiamò ancora una volta la felina, ma lui la zittì in fretta, deciso a non ascoltare nemmeno una parola delle sue obiezioni.

“Smettila di guardarmi come se fossi pazzo.” ringhiò, mentre i suoi occhi bruciavano come fiamme di giada, belle e terribili “Ti ho vista crollare davanti ai miei occhi. Ti ho stretta tra le mie braccia mentre la vita ti stava abbandonato. Sono rimasto accanto a te quando tutti credevano che non ci fosse nulla da fare. Ho provato il terrore più grande della mia vita.” La sua voce tremava, ma si impose di andare avanti, stringendo con forza i pugni. “E non posso passare attraverso questa cosa di nuovo. Non posso perderti ancora. Quindi no, non aspettarti che io ti permetta di farti del male da sola.”.

Distolse lo sguardo, all’improvviso fragile e svuotato, mentre tremava impercettibilmente, come se nemmeno lui riuscisse a reggere l’enormità di quello che aveva detto. Un delicato silenzio calò tra loro due, fino a quando Tigre si avvicinò a lui e lo chiamò per la terza volta.

“Po, guardami.”.

Il guerriero voltò la testa dall’altra parte, certo che se avesse incontrato il suo sguardo avrebbe visto più di quanto potesse svelare. Ma la zampa gentile della felina gli raggiunse il mento e, con delicatezza, lo costrinse ad incontrare i suoi occhi, talmente caldi e ardenti da rubargli il fiato.

La maestra respirò a fondo, prima di avvicinare il proprio volto al suo e sussurrare lentamente, come se avesse paura di spezzarlo con le sue parole “Io sono qui. Non sono morta e non ho alcuna intenzione di morire nell’immediato futuro.”. Era talmente vicina che il ragazzo poteva sentire il suo respiro sfiorargli le labbra e vedere i propri occhi riflessi nelle fiamme dei suoi. “So che hai avuto paura, ma ora non c’è più motivo di averne. Non me ne andrò via. Te lo prometto.” mormorò, senza mai distogliere lo sguardo dal suo.

Po trattenne il fiato, sentendo il proprio cuore rallentare fino a fermarsi. Rimase immobile per un lungo momento, ma poi sospirò e ripeté, quasi rassegnato, quella stessa frase che aveva pronunciato al suo risveglio, prima di stringerla tra le sue braccia. “Lo spero bene, perché altrimenti ti verrei a riprendere.”.

Tigre sorrise appena, ed era un sorriso così sincero e così puro che il Guerriero Dragone si sentì stringere il cuore ancora di più e, in un momento di debolezza, posò la fronte contro la sua.

Per un attimo temette che si sarebbe spostata, che avrebbe spezzato quel contatto così intimo, ma la guerriera si limitò a chiudere gli occhi ed a restare così, la zampa ancora sotto il suo mento, a sostenerlo con dolcezza, e la fronte poggiata contro la sua.

Il Guerriero Dragone contemplò il suo volto sereno per qualche momento, come incantato, e alla fine con un minuscolo sospiro chiuse a sua volta gli occhi.

Rimase in silenzio per quella che gli parve un’eternità, per poi riaprire gli occhi e aggiungere scherzoso ma fermo, cercando di tornare al discorso di prima  “Ma comunque no, non ti aiuterò ad allenarti fino a quando non ti rimetterai completamente in sesto. E se tenterai di farlo di nascosto lo dirò a Shifu.”.

La ragazza, presa per un attimo alla sprovvista, riapri a sua volta gli occhi e gli lanciò uno sguardo a metà strada tra l’irritato e il divertito “È una vendetta per il pugno di prima, vero?”

“Anche.” ammise, stringendosi lievemente nelle spalle senza però allontanare la fronte dalla sua.

L’accenno di un sorriso si dipinse sul volto di Tigre, ma prima che potesse ribattere in qualsiasi modo le sue orecchie acute si contrassero e nella frazione di un secondo il suo viso mutò completamente espressione.

In un movimento fulmineo si staccò da lui, spostandosi nel lato più lontano del letto e lasciandolo completamente spaesato.

Il panda aprì la bocca per parlare, ma la ragazza gli fece segno di tacere e in quel preciso momento la porta della casetta si spalancò e Shifu entrò zoppicando, reggendosi come al solito al suo bastone.

Lei lo salutò con pacata naturalezza, lisciando distrattamente le pieghe delle coperte come se non fosse successo nulla. Po invece, consapevole di non essere in grado di recitare così bene, si affrettò ad inventare sul momento una scusa per andarsene, sperando che l’espressione smarrita e imbarazzata sul suo viso non lo tradisse.

Il panda minore lo squadrò per un lungo, interminabile momento, un momento in cui avrebbe giurato che egli in realtà già sapesse tutto e stesse solo aspettando un suo passo falso. Ma poi il momento passò ed al cenno di assenso del maestro il ragazzo si affrettò ad alzarsi, mentre le gambe gli tremavano impercettibilmente, e uscì in fretta.

Ma, nonostante tutto, continuò a sentire lo sguardo infuocato di Tigre bruciargli la pelle fin dentro la sua capanna, dove si rifugiò come se stesse fuggendo da qualcosa che non sapeva quanto a lungo sarebbe riuscito ad evitare.

Quel tiepido calore non lo lasciò per un bel po’.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Po scrocchiò il collo per l’ennesima volta, riaprendo gli occhi e alzando lo sguardo verso il cielo.

Era seduto fuori dalla sua casetta, sotto le stelle. Non era riuscito ad addormentarsi quella notte, come non c’era riuscito quella precedente e quella prima ancora. Così era uscito fuori nonostante il vento gelido e la neve caduta da poco, deciso a meditare, o almeno a provarci.

Non era qualcosa che riusciva a fare facilmente, anzi. Non aveva mai imparato davvero a meditare, nonostante Tigre avesse tentato di insegnargli. Non riusciva a stare fermo e tranquillo per più di qualche minuto, e non vedeva l’utilità di perdere tempo prezioso in quel modo. Ma Tigre ripeteva sempre quanto la meditazione fosse essenziale per svuotare la mente dai pensieri e come permettesse di controllare le sue emozioni anche quando tutto il resto falliva, e probabilmente una minuscola parte di lui doveva averci ceduto. Perché, da quando erano arrivati in quel villaggio – o meglio, da quando Tigre si era risvegliata-, si era ritrovato più volte a rifugiarsi nella sua stanza oppure sotto le stelle, a raccogliersi in se stesso ed a tentare di zittire le mille voci che gli affollavano la testa.

Non sapeva bene il motivo. Forse sperava semplicemente di poter smettere di pensare, almeno per un po’.  Forse cercava di fare silenzio dentro di sé, mentre fuori tutto urlava. Forse voleva tentare di tenere sotto controllo quella tempesta che lo stava distruggendo, lentamente ed inesorabilmente. Non lo sapeva, e probabilmente non voleva nemmeno saperlo. Ma si rifugiava nella meditazione come se fosse l’unico rimedio possibile, nonostante non riuscisse a offrirgli molto sollievo.

Sospirò piano, portandosi le zampe dietro il collo e perdendosi nella volta celeste, sorprendentemente tranquilla nonostante la nevicata di poche ore prima. Rimase così, a guardare il cielo cercando di non pensare, fino a quando sentì dei lievi movimenti, quasi impercettibili, alla sua sinistra. Si alzò subito, voltandosi e stringendo i pugni, pronto ad attaccare se ce ne fosse stato bisogno. Ma lì, in mezzo alla neve, non c’era nessun nemico, non proprio almeno.

Li Shan era a pochi passi da lui, una zampa stretta attorno al suo ciondolo di giada, e lo guardava come se lo stesse vedendo per la prima volta.

Po rimase immobile, sorpreso e senza sapere cosa fare. Non si parlavano dalla loro ultima discussione, nonostante davanti altri tentasse di avere un comportamento perlomeno educato.

Anche l’altro panda sembrava imbarazzato e teso, perché per un istante si dondolò sui talloni, come se stesse contando i passi necessari ad andarsene via da lì nel minor tempo possibile. Ma poi si mordicchiò il labbro inferiore e chiese, a bassa voce e titubante “Pic. . . Posso parlarti un momento?”.

Il ragazzo aggrottò la fronte, non sorpreso tanto da quella richiesta, bensì dal suo tono e dal fatto che non avesse usato il nome che gli avevano dato alla nascita, cosa che invece faceva sempre, rifiutandosi di rivolgersi a lui come Po.

Forse fu quello a spingerlo a non voltarsi e rientrare all’istante della sua capanna. O forse fu il suo sguardo, incredibilmente fragile e in quel momento ancora più simile al suo di quanto già fosse di solito. Non lo sapeva con certezza, ma non riuscì a sottrarsi, non quella volta, e così mormorò un “I-io . . . d’accordo. Dimmi. Ti ascolto.”.

Li Shan probabilmente non si aspettava quella risposta, perché parve preso alla sprovvista e strinse con più forza il ciondolo. Ma si riprese in fretta e, dopo qualche momento di incertezza, abbassò lo sguardo sulla neve bianca che gli bagnava le zampe e sussurrò, piano come se avesse paura che il vento portasse via per il mondo le sue parole “Volevo chiederti scusa per il modo in cui mi sono comportato.”.

Il panda trattenne il fiato, certo per un momento di aver capito male. Non poteva aver detto davvero una cosa del genere. Non poteva. Eppure, l’aveva detto. L’aveva detto davvero.

L’anziano parve prendere il suo silenzio sbigottito come un buon segno, perché continuò lentamente “Non sono stato gentile né con te né con . . . con lei. Soprattutto con lei.” concesse, senza riuscire a guardarlo negli occhi “Mi sono lasciato prendere dal timore e mi sono comportato in maniera disdicevole. Non conosco quella ragazza e non ho il diritto di giudicarla, lo so, ma a parlare è stata la mia paura.”.

Si portò la zampa libera al cuore, come se gli stesse facendo male, come se fosse sul punto di spezzarsi “Ti ho creduto morto per così tanto tempo e ritrovarti dopo tanti anni, diventato un guerriero e legato ad una tigre . . . ero spaventato, ecco. Sono spaventato.” ammise in fretta, quasi non riuscisse a pronunciare davvero quella parola “Sei diverso da come ti ho sempre immaginato, e questo mi ha disorientato tantissimo.”.

Rimase in momento in silenzio e lasciò cadere la mano che teneva sul cuore, per poi mormorare piano “Ma questo non significa nulla. Sei mio figlio, e tutto quello che voglio è proteggerti. Ma non avrei dovuto farlo in questo modo.”.

Po non riuscì a rimanere zitto per un momento di più, per quanto quelle parole l’avessero colpito più di quanto volesse ammettere. “No, non avresti dovuto.” confermò “Non tentando di allontanarmi da Tigre.”.

Solo a quel punto Li alzò lo sguardo per incontrare il suo, e il giovane fu completamente incapace di leggerlo, pieno com’era di emozioni contrastanti. Rimase in silenzio per un lungo momento, per poi osservare sorpreso, come se se ne fosse reso conto solamente in quel momento “Tieni davvero molto a lei.”.

Suo malgrado, il guerriero si ritrovò ad annuire. “Più che a chiunque altro.” rispose, con un tono serio che mai avrebbe creduto di poter usare.

“E lei sembra . . .” esitò, mordendosi le labbra con incertezza, per poi cedere “tenere molto a te.”.

Po, infastidito dalla sua incredulità, ringhiò sommessamente, incrociando le braccia “Si è presa un dardo avvelenato al mio posto, tu cosa dici?”.

Il genitore parve rendersi conto del suo errore, perché i suoi occhi tremarono. Abbassò appena il capo, come se si sentisse in colpa. “Ero troppo cieco per vederlo.” si rimproverò sommessamente “Tu ti porti dietro le tue esperienze, io le mie. Ma non avrei dovuto farmi accecare dalla paura. Avrei dovuto vedere.”. La sua voce si spezzò nel pronunciare la frase successiva “Tua madre sarebbe così arrabbiata con me, se fosse qui in questo momento.”.

Il ragazzo trattenne per un secondo il fiato, preso alla sprovvista, e dopo qualche momento il più grande riprese a parlare, stringendo la sua collana come se fosse l’unica cosa capace di dargli forza “Volevo solo proteggerti, come farebbe qualsiasi padre per il proprio figlio. Ma non mi sono reso conto di star facendo il contrario.”.

Si fermò per un momento e si costrinse a rialzare lo sguardo. I suoi occhi di giada, così straordinariamente simili a quelli del figlio, erano colmi di lacrime non versate “Io . . . ti chiedo scusa . . . Po.”.

Il Guerriero Dragone rimase immobile per quella che parve un’eternità, incapace di distogliere lo sguardo dal viso spezzato dell’uomo davanti a lui, dalle sue lacrime così sincere da fare male.

Suo padre era lì, di fronte a lui, e stava cadendo a pezzi dopo tutto quello che aveva passato.

Era lì, che lo stava supplicando di perdonarlo, di capirlo. Di dargli una seconda possibilità per fare le cose meglio.

Era lì. Dopo tutti quegli anni di solitudine, di dubbi e domande. Dopo quelle lunghe settimane di vuoto, incomprensioni e divisione. Dopo quelle parole irate, fredde, crudeli.

Era lì, con lui e per lui. Chiedendogli di poter provare ad amarlo come il padre che non era mai potuto essere.

Era lì, visione impossibile rubata dalle sue notti senza sogni.

Po fece lentamente un passo verso di lui. Poi un altro. E poi un altro ancora.

Infine, si strinse forte a lui, abbracciandolo come se temesse che tutto quanto potesse svanire se solo avesse allentato la stretta.

Tra le sue braccia, sentì il vecchio genitore che mai aveva smesso di sentirsi un padre tremare, e il suo cuore si strinse ancora di più.

“Va tutto bene, papà.” sussurrò piano, nascondendo il viso nella sua spalla “Tutto bene.”.

Allora e solo allora, in un singhiozzo soffocato, Li Shan lo strinse forte forte a sé, giurando a se stesso che per nulla il mondo avrebbe rischiato di perderlo un’altra volta.

 

~~~~΅΅~~~~

 

“Stai canticchiando.” osservò piano Tigre, seguendo attentamente i suoi movimenti mentre metteva via le fasce inutili.

“Cosa?” chiese Po confuso, voltandosi verso di lei e inclinando appena la testa.

“Stai canticchiando.” ripeté, studiandolo come se stesse cercando qualcosa che non era sicura di poter trovare “Non lo fai mai, se non quando sei particolarmente felice.”.

“Davvero?” domandò il panda, aggrottando la fronte ma senza riuscire a nascondere il sorriso che dalla sera precedente gli illuminava il viso in maniera permanente. Non se n’era minimamente reso conto, e lo sorprendeva che l’amica se ne fosse accorta.

La felina annuì, molto semplicemente, senza mai distogliere lo sguardo dal suo viso. Poi, con l’accenno di un sorriso, chiese ancora, come se stesse solo aspettando il momento di fare quella domanda “Tu e tuo padre vi siete chiariti, non è vero?”

Il sorriso di Po si allargò ancora di più senza il suo consenso e lui non poté fare altro che ammettere, con un’allegria che non credeva di poter provare “Ha capito ed è venuto a chiedermi scusa.”.

Gli occhi della compagna brillarono per un momento a quella risposta, anche se si limitò a commentare composta, come se stessero discutendo di un argomento serio che però non la toccava minimamente “Ne sono contenta. Davvero. È una cosa molto bella.”.

Il Guerriero Dragone aggrottò appena la fronte, studiandola attentamente mentre un piccolo sospetto si tramutava in certezza. Quella composta serenità, quell’aria di vittoria che tentava di mascherare con una calma freddezza, la sicurezza nella sua domanda potevano significare solo una cosa.

“Tu lo sapevi.” disse, non più una domanda questa volta, ma un’affermazione.

Si avvicinò a lei e si sedette al bordo del letto, ma lei reagì al suo gesto e alle sue parole solo con un’occhiata confusa, o almeno quella che nelle sue intenzioni doveva essere un’occhiata confusa. Ormai la conosceva troppo bene per farsi ingannare in quel modo; aveva imparato a guardare oltre le sue mille maschere ed a vedere quello che voleva nascondere al resto del mondo.

E in quel momento nei suoi occhi poteva leggere fin troppo bene la conferma dei suoi sospetti.

“Che cosa hai fatto?” chiese, perché era così ovvio da togliergli il fiato.

Non credeva che Tigre potesse essere seriamente così preoccupata per lui da tentare di farlo riappacificare con suo padre, ma quell’improvvisa consapevolezza per un attimo fu così naturale da farlo sentire uno sciocco per non averci pensato prima.

“Io?” replicò la ragazza, inclinando la testa e guardandolo come se fosse impazzito “Niente.”.

Po sbruffò, scuotendo il capo. “Davvero, che cosa hai fatto?” insistette, anche se sapeva che non gli avrebbe mai detto la verità, non su quello almeno. Tigre era il tipo di persona che faceva del bene di nascosto ma poi preferiva non prendersi alcun merito e restare a guardare la felicità di chi aveva aiutato da dietro le quinte, in silenzio. E lui ne era fin troppo consapevole.

“Niente, sul serio.” rispose ancora una volta lei, per poi aggiungere quasi seccata “Come avrei potuto? Sono rinchiusa in questa casa da secoli sotto il controllo tuo e di Shifu. Se avessi fatto qualcosa, ve ne sareste accorti.”

“Uhm.” Non credeva alle sue parole nemmeno un po’, ma sapeva che sarebbe stato inutile insistere. Dopotutto, aveva senso farlo? Quell’ostinato negare valeva più di una confessione, e a lui poteva bastare.

Così, un po’ a malincuore, si arrese e cambiò discorso, mentre il calore di quella piccola certezza si faceva ancora un po’ spazio dentro di lui e sembrava non volersene più andare “A proposito di questo, ne ho parlato con Li Shan, e lui crede che tu possa provare ad uscire fuori. Ben coperta e solo per breve tempo, ovviamente, ma . . .”

“Davvero?” lo interruppe la guerriera, la sorpresa che le illuminava il viso.

“Davvero.”

Con un gesto frettoloso si tolse di dosso le coperte e fece per scendere dal letto “Andiamo, allora.”

“Ehi, ferma, gattina iperattiva.” la bloccò, preso alla sprovvista da quella reazione immediata “Prima ti devi imbacuccare per bene e solo dopo potrai uscire.”.

La felina lo trafisse con lo sguardo “Chiamami un’altra volta così . . .”

Appena un mese fa quello sguardo da solo sarebbe bastato a farlo indietreggiare, ma ora gli strappò solamente un sorriso divertito “Le tue minacce sono inutili, lo sai che non ho paura di te.” ribatté, alzandosi dal letto “Shifu mi ha lasciato uno dei tuoi cambi di vestiti più pesanti. Se vuoi uscire, devi indossarlo.”.

La maestra sollevò gli occhi al cielo “Sono tornata ad avere sei anni.” sbruffò, per poi cedere “D’accordo, d’accordo, mi cambio.”.

“Brava bamb. . .ehi!” esclamò il panda, colto di sorpresa dal cuscino che l’amica gli aveva tirato in faccia con precisione letale.

“Penso che tu preferisca non completare la frase.” commentò con tono leggero lei, mettendosi in piedi senza grandi difficoltà –finalmente tutto quell’impegno stava dando i suoi frutti. “Allora, questi vestiti?”.

Il guerriero sbruffò, sinceramente divertito “L’impazienza ti rende aggressiva, vedo.”. Si abbassò appena in tempo per evitare un secondo cuscino, che colpì con forza la parete dietro di lui.

“Il tuo trattarmi come se fossi una cucciola ferita mi rende aggressiva.” ribatté lei, incrociando le braccia, senza riuscire a reprimere un mezzo sorriso che smentiva le sue stesse parole “Dobbiamo arrivare a tre?”.

“Non commenterò solo perché temo seriamente per la mia incolumità e per quella dell’arredamento.” replicò, raccogliendo i due cuscini e ributtandoli sul letto, per poi aprire la sacca lasciatagli in precedenza da Shifu, tirare fuori dei pantaloni spessi ed una camicia a maniche lunghe che non le aveva mai visto addosso e porgerglieli.

Tigre li prese con attenzione, osservandoli come se nemmeno si ricordasse di averli portati con sé, e l’amico si limitò a dirle che l’avrebbe aspettata fuori. Lei annuì appena e il panda fece esattamente come aveva detto, lasciandole un po’ di privacy per cambiarsi.

 

Rimase appoggiato accanto alla porta per qualche minuto buono, prima che quest’ultima si aprisse con un lieve scricchiolio.

Il panda si voltò proprio nel momento in cui la maestra, quasi timidamente, scivolava fuori. Si bloccò quasi all’istante e chiuse per un breve istante gli occhi, senza rendersene nemmeno conto, lasciandosi pervadere dalla sensazione quasi dimenticata del vento freddo che le accarezzava il viso. Era passato veramente troppo tempo dall’ultima volta che era stata all’aria aperta. Le era mancato più di quanto avesse pensato.

Il guerriero si ritrovò a sorridere d’istinto di fronte a quella scena, e solo in un secondo momento si rese conto che non appena aveva messo piede fuori dalla casetta aveva iniziato impercettibilmente a tremare. Quei vestiti non dovevano bastare a tenerla al caldo, visto le basse temperature di quella montagna dimenticata dal mondo.

Subito si staccò dalla parete e disse sbrigativo “Aspettami qui.”. La felina non fece nemmeno in tempo ad aprire gli occhi ed a lanciargli uno sguardo interrogativo che lui si era già allontanato quasi di corsa in direzione della sua capanna.

Tornò indietro nell’arco di pochi minuti, tenendo tra le zampe un fagottino.

“Po, cosa . . .” la ragazza non riuscì a completare la frase che il Guerriero Dragone scotolò il fagotto, che si aprì morbidamente.

Si sporse in avanti e le avvolse la coperta attorno al corpo, coprendola con cura sotto il suo sguardo sorpreso.

Si tirò indietro, soddisfatto, e quando incontrò i suoi occhi che lo osservavano un po’ smarriti mormorò, come se fosse la cosa più naturale del mondo “Non voglio che tu prenda freddo.”.

Tigre rimase in silenzio per qualche istante, senza sapere come reagire a quel gesto così premuroso. Se fosse stato chiunque altro a fare una cosa del genere l’avrebbe restituita all’istante, nonostante il freddo, ma si trattava di lui, e lei non avrebbe mai osato rispondere ad una sua gentilezza in quel modo.

Quasi d’istinto si strinse dentro la coperta, afferrandone un lembo con la zampa, e  si sentì ancora più sorpresa.

Profuma di Po. si rese conto, lei che non credeva nemmeno di sapere quale fosse esattamente il profumo di Po. Ma quella coperta aveva il suo profumo, e ciò la faceva sentire stranamente serena. Come se bastasse quello a farla sentire al sicuro.

Cercando di distrarsi da quella realizzazione, commentò in un tono che avrebbe dovuto essere ironico ma che aveva invece una sfumatura di tenerezza che non si aspettava “Sei una mamma chioccia, lo sai vero?”.

Po si lasciò sfuggire una mezza risata “Beh, ho un pulcino indisciplinato.” replicò, stringendosi nelle spalle “Andiamo?”.

La guerriera, che in un altro momento avrebbe risposto a dovere a quella frecciatina, si limitò ad annuire, stringendosi ancora di più dentro la coperta e lasciando che il profumo del Guerriero Dragone l’avvolgesse e cullasse, almeno per un po’.

 

~~~~΅΅~~~~


“E quindi mio padre l’è caduto proprio davanti, nonostante tutti i suoi tentativi di non farsi scoprire! Mia madre glielo ha rinfacciato per secoli!” disse Po ridacchiando, mentre toglieva le bende sporche e finiva di raccontare l’ultimo degli infiniti episodi che gli aveva raccontato Li Shan.

Da quando i due si erano finalmente chiariti, le cose andavano molto meglio; avevano trascorso praticamente le ultime due serate insieme, cenando e passando ore ed ore a raccontarsi quelle cose che non avevano mai avuto modo di dirsi prima. C’era sempre un certo velo d’imbarazzo, ma pian piano stava divenendo sempre più sottile, e il panda non poteva esserne più felice.

E Tigre, ovviamente, condivideva il suo entusiasmo.

“Uhm, riesco ad intuire da chi tu abbia preso la tua furtività.” commentò, divertita “Un modo di iniziare una storia d’amore decisamente di classe, quello di tuo padre.”.

“Ehi, non sono permesse prese in giro su questo.” la rimproverò scherzosamente “E poi, la mia azione furtiva è migliorata molto dalla missione contro Shen.”.

La guerriera lo fissò male.

“Cos’è quella faccia?” protestò il panda “Guarda che è vero!”

“La tua azione furtiva sarà davvero migliorata quando riuscirai a cogliere di sorpresa me.” ribatté ironica “E ancora non mi sembra che sia successo.”.

“Succederà quando meno te lo aspetti.” la rassicurò lui, iniziando a pulire la ferita, che finalmente cominciava ad avere un aspetto migliore.

“Non ne dubito.” la maestra si irrigidì appena, nonostante il tocco attento del compagno “Comunque, sono felice che tu e tuo padre stiate legando così in fretta. È una cosa veramente meravigliosa.”.

Il panda annuì. “Credo che piacerebbe a papà, sai?” disse “Cioè, dopo l’iniziale imbarazzo generale. Perché ci sarebbe sicuramente un bel po’ di imbarazzo generale, ne sono sicuro.”.

“Non avete ancora parlato di cosa fare in futuro?” chiese circospetta la ragazza, notando il tono leggermente malinconico nella voce dell’altro. Era un argomento delicato, quello che sarebbe successo dopo la loro partenza ormai imminente. Restavano solo un paio di giorni, e poi se ne sarebbero andati come avevano promesso. E nessuno aveva osato pensare a come gestire questa situazione nell’immediato futuro. Era tutto incredibilmente complicato, e lo sapevano entrambi.

Il Guerriero Dragone esitò, prima di scuotere la testa. “Non mi sembra mai il momento adatto. E poi, non saprei cosa dire.” spiegò, sistemando le nuove bende “Vorrei che al nostro ritorno ci seguisse alla Valle della Pace, in modo che veda casa mia, il Palazzo di Giada, i luoghi dove sono cresciuto insomma e a cui tengo, e che conosca papà. Ma non è qualcosa che posso semplicemente chiedergli di fare. È il capo dell’ultimo villaggio di panda. Non posso semplicemente chiedergli di mollare tutto e venire con me, anche se per poco tempo. E anche se tornando alla Valle dovessimo decidere di fermarci qui per un po’, non potremmo nemmeno stare a lungo, perché vorrebbe dire lasciare il Palazzo di Giada scoperto troppo a lungo.”

“Non preoccuparti ora per il Palazzo, c’è chi se ne sta occupando al posto nostro.” sottolineò la felina “E poi, anche se è il capo villaggio, è tuo padre. E mi sembra che abbia già dimostrato come tu abbia la precedenza su tutto per lui. Quindi, secondo me potresti chiedere di venire con noi, quando torneremo. E se proprio non dovesse proprio sentirsela di lasciare il suo popolo, resteremo noi un po’ più a lungo.”.

“Ma . . .”

“Niente ma.” fece, bloccando le sue obiezioni sul nascere “Sono certa che Shifu non avrà niente in contrario. E i ragazzi saranno entusiasti di scoprire questo posto e di incontrare tuo padre. E poi, per quello che verrà dopo, si vedrà.”.

Po rimase a guardarla per qualche istante, la bacinella dell’acqua ancora stretta in mano come se queste parole fossero completamente inaspettate. La ragazza si mosse appena, quasi a disagio, e dopo un po’ sbottò, insofferente “Si può sapere perché mi fissi così?”.

Il panda sembrò riscuotersi nel giro di qualche momento “Scusami, è solo che . . .” si morse l’interno della guancia, prima di ammettere “È la prima volta dopo settimane che parli con sicurezza di un ritorno. È come se prima non ci avessi mai creduto davvero, quasi temendo dentro di te di dover restare in qualche modo laggiù, e adesso invece sì.”.

Tigre si strinse nelle spalle, in difficoltà.

Se era sicura di riuscire a tornare indietro? No, non lo era affatto. Anzi, più passavano i giorni, più i suoi incubi peggioravano, e più le sue speranze diventavano fragili come cristallo. Ma era certa che, anche se lei non fosse riuscita a tornare indietro, avrebbe trovato un modo per far sì che almeno loro potessero far ritorno. Era questa l’unica certezza che aveva, l’unica sicurezza che sembrava incapace di infrangersi.

Avrebbe affrontato qualsiasi cosa, pur di assicurarsi che la sua famiglia potesse tornare a casa. Avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche accettare di non poter tornare indietro con loro.

Ma non poteva dire niente di tutto ciò a Po. Non al suo speranzoso, luminoso Po, che si era illuso finalmente di vedere in lei una serenità che invece non c’era affatto. Non poteva rivelargli quanto in realtà le sue paure fossero forti e le sue sicurezze fragili. Non poteva lasciare che le ombre che le riempivano la testa oscurassero la luce di cui risplendeva così tanto in quel momento.

Così, si costrinse a stringersi nelle spalle. “Forse il tuo ottimismo è contagioso.” mormorò, attenta ad non incontrare il suo sguardo, per poi cambiare rapidamente discorso “Comunque, visto che ci resta così poco tempo, credo che dovresti passare più tempo fuori da qui, con tuo padre e con il resto del tuo popolo. Stare con loro e fare le cose che fanno i panda, insomma, il più possibile.”.

Il tuo popolo. Quelle parole suonavano fortemente estranee alle orecchie del Guerriero Dragone, nonostante pian piano si fosse almeno un po’ abituato al pensiero non solo di non essere più l’unico panda superstite, ma anche di essere il figlio del capo villaggio. Aveva trascorso più tempo di quanto avesse creduto possibile con gli altri panda nei giorni precedenti, seppur con un po’ di imbarazzo, ed era stato strano e familiare riconoscere in altri cose che aveva visto per tutti quegli anni solo in sé stesso. Però non riusciva davvero a pensare al popolo dei panda come il suo popolo. Per lui, il suo popolo era quello della Valle della Pace, le persone con cui era cresciuto e che aveva il compito di proteggere.

Po si limitò a sorridere e posò la bacinella “Non preoccuparti, so più che bene come gestire il mio tempo. E ogni tanto devo ritagliarmi una pausa da tutti questi panda. Non pensavo che potesse essere così, ma dopo un po’ esserne circondati è quasi soffocante.” scherzò, anche se non del tutto.

Era bello avere attorno per la prima volta in vita sua qualcuno esattamente come lui, ma spesso tutto diventava sinceramente troppo; troppe cose che avrebbe dovuto conoscere e invece gli erano ignote, troppe persone che se il destino avesse preso una strada diversa sarebbero state parte delle tue giornate, troppi piccoli dettagli che gli ricordavano quando avrebbe potuto avere un’altra vita, completamente estranea dalla sua. Troppo che gli ricordava che, se solo lord Shen non li avesse mai attaccati, lui sarebbe stato Piccolo Loto, un panda sconosciuto la cui ombra avrebbe continuato a seguirlo per tutta la vita, e non Po, il panda che aveva finalmente accettato dopo una strada decisamente travagliata. E a volte, quel troppo diventava talmente opprimente che gli rendeva difficile respirare.

Ed era in quei momenti, tutt’altro che rari, che si rifugiava dall’unica persona che riusciva a farlo sentire come se tutto fosse ancora come prima. Come se lui fosse solo lui, e non il fantasma di chi avrebbe potuto essere.

Tigre lo guardò intensamente, i grandi occhi che lo scrutavano come se fosse riuscita a cogliere ciò che non sarebbe mai riuscito a dire a voce. Ma, invece di tirarlo fuori lei stessa, si limitò ad inclinare la testa e a replicare “Adesso capisci come ci si sente, allora.”.

Il panda fece una smorfia “Stai insinuando che io sia soffocante?” chiese sarcastico, avendo capito che l’amica stesse cercando solo di distrarlo e strappargli un sorriso.

“Io non insinuo niente.” La coda di lei danzava lentamente avanti e indietro, indizio poco celato di quanto fosse in realtà rilassata “Le mie sono accuse ben precise.”.

“Ah ah, sempre così gentile, maestra Tigre. Davvero.” borbottò, dandole una spintarella giocosa “Ha un talento nel far sentire le persone a proprio agio.”.

La ragazza gli riservò un sorrisetto ironico “È un trattamento che riservo solo a pochi fortunati.” ribatté, restando al gioco “Dovrebbe sentirsi onorato, Guerriero Dragone.”.

Il maestro non riuscì più a trattenersi e scoppiò in una risata di cuore “Mi sento già onorato di non essere ancora stato sbranato vivo, dopo tutti questi mesi passati a soffocarla, maestra.”.

“Non tenterei troppo la sorte, ora.” replicò, lanciandogli uno sguardo in teoria assassino, ma che in realtà si era addolcito enormemente al suono di quella risata che era riuscita a strappargli.

Po rise di nuovo, senza riuscire a trattenersi.

Ecco. Era in momenti come questi che non sentiva il fantasma di Piccolo Loto riempire l’aria, e poteva, almeno per un po’, tornare ad essere solo e solamente Po. Quel Po che Tigre, nonostante tutto e tutti, continuava a vedere e riusciva a strappare dalla presa spettrale di una vita non vissuta che pian piano, inavvertitamente, tentava di reclamarlo.

 

~~~~΅΅~~~~

Li Shan si ritrovò ad esitare.

Po e Tigre erano lì, a passeggiare ed a godersi l’aria frizzante portata dalla lieve nevicata di poco prima, e per qualche motivo non era più sicuro che quello fosse il momento giusto per avvicinarsi. Forse era per il viso luminoso del figlio, tutto preso a raccontare gli aneddoti divertenti di cui l’aveva riempito la vecchia Lei la sera prima o forse del misero tentativo del padre di preparargli una buona cena calda, mentre gesticolava animatamente e con energia. Forse era il piccolo sorriso, quasi impercettibile, dipinto sulle labbra delle ragazza che ascoltava in silenzio e con attenzione. Forse era il modo in cui Po si era improvvisamente interrotto solo per sistemarle meglio la coperta che le era inavvertitamente scivolata dalle spalle, e come avesse ripreso a parlare solamente dopo essersi assicurata che fosse del tutto riparata dal vento. Forse era quell’aria che avevano, come se fossero all’interno di una piccola bolla che li proteggeva dal resto del mondo, ma così fragile che avrebbe potuto infrangersi al minimo tocco.

Ma ormai non poteva più aspettare. Aveva rimandato a lungo, temendo ciò che il suo gesto avrebbe potuto portare. Ma ora non poteva più permettersi di farlo.

Così, dopo aver mormorato una veloce preghiera agli Dei, si fece avanti e li raggiunse, chiamando il figlio per nome.

Entrambi i giovani si voltarono verso di lui, sorpresi, affrettandosi poi a salutarlo, e lui dovette farsi ancora un po’ più di coraggio per riuscire a dire “Po, devo parlarti di una cosa.”.

Il guerriero aggrottò appena la fronte, sorpreso dal suo tono teso. “Certo.” rispose, senza però accennare ad allontanarsi da lei.

“In privato, se è possibile.” si costrinse a sottolineare.

Il ragazzo si rabbui appena, come se quella precisazione l’avesse in qualche modo offeso, ma Tigre non fece una piega e si limitò ad annuire appena ed a dire al compagno semplicemente “Vi lascio soli.”.

La zampa di lui si mosse d’istinto in avanti, come per trattenerla, ma lei si era già allontanata, raggiungendo un piccolo albero spoglio non troppo distante e sedendosi su un grande masso che spuntava tra le radici, lo sguardo perso nel cielo colmo di nuvole.

Po rimase a fissarla per qualche secondo, assicurandosi che fosse in una zona dove il vento non potesse colpirla in maniera troppo diretta, e poi si voltò verso di lui, incrociando appena la braccia in segno d’attesa.

“Cosa c’è, papà?”

Papà. Quella parola gli usciva fuori con una naturalezza tale che Li Shan si ritrovava sempre a tremare un po’ nel sentirla, lui che a lungo aveva creduto di non poterla mai sentire pronunciare da quel figlio che aveva perso troppo perso.

Il capo villaggio fece un profondo respiro, prima di riuscire a raccogliere abbastanza controllo di sé per andare avanti “Volevo parlarti di domani.”.

Il ragazzo si mosse, a disagio. Quello era il loro ultimo giorno lì; domani avrebbero dovuto andarsene, come d’accordo. Quella consapevolezza lo turbava, e non poco.

“So che domani ripartirete e raggiungerete il resto del vostro gruppo per continuare il vostro viaggio.” continuò “Hai detto che siete diretti al villaggio natale di Tigre.”.

“È così, infatti.” sottolineò, credendo di intuire dove il genitore volesse arrivare.

Li sospirò “È rischioso, figliolo.”.

Il Guerriero Dragone si irrigidì, gli occhi di giada tanto simili ai suoi che diventavano freddi e sospettosi “Pensavo che avessimo chiuso, con questo discorso.”.

Il panda alzò una mano, come per fermarlo. “Non sto dicendo che temo che lei possa farti del male.” cercò di spiegarsi, consapevole di quanto stesse toccando un tasto delicato “Temo che possano farlo gli altri. Conosco le tigri, Po, più di quanto tu possa immaginare. Quel popolo non conosce pietà, non conosce amore. E io non voglio che a causa loro ti succeda qualcosa.” La sua voce tremò appena, ma si obbligò a mantenere il controllo “Non voglio perderti ancora, soprattutto non ora. Per cui, voglio chiederti questo.”.

Esitò, cercando di raccogliere tutto il coraggio che gli restava, e poi sussurrò, come se stesse pronunciando una preghiera che solo l’universo avrebbe potuto esaudire “Resta qui. Vivi qui, riprenditi il tuo posto tra noi e la tua vita qua, con la tua famiglia.”.

Po barcollò, preso completamente alla sprovvista da quella proposta. Si era preparato a qualsiasi cosa, ma quello . . . quello era qualcosa che non credeva di poter mai trovarsi davanti. Quella proposta, quella supplica, perché di una supplica si trattava, era esattamente ciò che un Po bambino avrebbe sempre voluto. Trovare un posto pieno di persone come lui dove poter restare e sentirsi a casa. Non più un errore, non più fuori luogo. Solo un panda in mezzo a tanti altri. Ed ora aveva la possibilità non solo di essere uno in mezzo a tanti, ma anche di poterlo essere vicino ad un padre che non aveva potuto conoscere. Una possibilità che mai avrebbe potuto immaginare.

Ma nonostante l’inaspettatezza di quella proposta, sapeva bene cosa rispondere.

In fondo, Po non era più un bambino.

Si avvicinò all’anziano genitore, sciogliendo l’intreccio della braccia e prendendo delicatamente le zampe serrate tra le sue.

“Papà . . .” mormorò dolcemente “Vorrei davvero poter restare qui, con te. E’ tutta la vita che sogno qualcosa del genere.”

Il viso di Li Shan si illuminò appena di una tremula speranza, e il ragazzo si costrinse a continuare, il cuore che urlava nel dover pronunciare quelle parole “Ma sono il Guerriero Dragone, e non posso sottrarmi ai miei doveri. La mia vita è al Palazzo di Giada ora, a vegliare sulla Valle della Pace.”.

Il vecchio panda abbassò lo sguardo, incapace di sopportare più a lungo quello sincero ma addolorato del figlio “So che hai dei doveri. Ma se non fosse così . . “ osò mormorare.

“Anche se non fosse così, non potrei restare comunque.” cercò di spiegargli, accarezzandogli pianole zampe con i pollici, in un lento movimento rassicurante “Sei mio padre, è vero, ma la mia famiglia è grande ora. Ho un altro papà, nella Valle, che non ha che me ed a cui ho promesso che sarei tornato. Ho un maestro che ha scommesso tutto su di me. E ho dei compagni che sono come dei fratelli. Lasciarli sarebbe come tradirli.”.

Si fermò per un momento, e i suoi occhi scivolarono alla ricerca dell’amica, trovandola esattamente dove l’aveva lasciata, mentre si alzava e si stringeva meglio dentro la coperta. Cercò di farsi un po’ di forza nel vederla ed aggiunse ancora “E poi, c’è Tigre. Ha bisogno di me più che mai, in questo momento, e io non posso abbandonarla. Non potrei farlo nemmeno se fossi libero da tutto il resto.”.

Notò con la coda dell’occhio che si allontanava, come se avesse intuito qualcosa dai loro gesti e volesse concedergli ancora più privacy, e quando fu abbastanza lontana sentì suo padre prendere un respiro profondo e chiedere piano “Lei non è solo la tua migliore amica, non è vero?”.

Di colpo tutta la sua attenzione fu di nuovo sul genitore, che lo stava nuovamente guardando in viso, gli occhi verdi colmi di una nuova consapevolezza.

“Tu la ami.”.

Po si allontanò di scatto da lui, il cuore che batteva come se volesse squarciargli il petto in due. “Cosa?” balbettò, incredulo e senza fiato “Come..?”

Li Shan fece un sorriso triste, come se fosse tutto maledettamente semplice “Il tuo modo di comportarti con lei. Il tuo essere protettivo, come se la sua salvezza dipendesse da te e da te soltanto. Il modo in cui le stai attorno, come se fosse il centro del tuo mondo. Come sei crollato, quando hai temuto di averla perduta per sempre. Lo sguardo che le rivolgi, come se stessi ammirando un fiore proibito che non potrai mai avere, ma che non smetterai mai di proteggere da chi vuole stapparlo via.” si portò una zampa al petto, le dita che si stringevano con forza al ciondolo di giada “Riconosco tutti questi segni, perché anche io ero così, con tua madre.”.

Avrebbe potuto negare. Avrebbe dovuto negare. Nessuno doveva sapere. Quel segreto avrebbe dovuto portarselo dietro fino alla fine, impedendo ad anima viva di venirne a conoscenza. Nessuno avrebbe dovuto conoscerlo.

Ma ecco che Li Shan, praticamente uno sconosciuto unito a lui solo dal sangue, aveva scoperto ciò che avrebbe dovuto restare nascosto. Suo padre, che non lo conosceva quasi e aveva trascorso con lui solo una manciata di giorni, era riuscito a leggergli dentro meglio di chiunque altro.

E come avrebbe potuto anche solo provare a mentire a suo padre?

Il guerriero Dragone chiuse gli occhi e sospirò, prima di pronunciare quelle parole che mai avrebbe creduto di poter dire ad alta voce “Sì, la amo. La amo, anche se non potrà mai saperlo.”.

Il capo villaggio restò in silenzio per qualche momento, guardando quel figlio che gli stava aprendo il proprio cuore forse senza nemmeno rendersene conto, e poi gli posò una zampa sulla spalla. Era solo questo, una zampa sulla spalla, ed era molto di più. In quel piccolo gesto, c’era tutta la comprensione e il supporto che lui poteva offrirgli. C’era tutto l’affetto che non era stato capace di mostrargli davvero. C’erano tutti quegli anni trascorsi a stringersi il suo ricordo al petto ed a sussurrare il suo nome. C’era tutto, e Po lo sentì.

Lentamente, posò la zampa su quella del padre, riaprendo gli occhi ed incontrando i suoi, grandi e comprensivi. Rimasero così per qualche momento, come in fragile equilibrio, e solo dopo un po’ il ragazzo si costrinse a parlare.

“Ma questo non centra, ora.” si sentì in obbligo di chiarire “Anche se lei non ci fosse, non potrei restare comunque. Sono responsabile di troppo e di troppe persone.”.

Il panda annuì, lentamente. “Certo, figlio mio. Lo capisco.” sussurrò, e la sua voce era così sincera e allo stesso tempo così fragile da stringergli il cuore “Non posso negare di aver sperato in una risposta diversa.” ammise “Ma hai preso la tua decisione come un vero uomo, e io non potrei esserne più fiero. Sul serio.”.

Po si sentì bruciare dentro, e gli occhi iniziarono lievemente a pizzicargli “Qu-questo non vuol dire che non ci vedremo più!” si affrettò a chiarire “Sei mio padre, è ovvio che non lascerò davvero nemmeno te! Quando torneremo indietro ci fermeremo di nuovo qui, ne abbiamo già parlato, e mi piacerebbe che tu ci seguissi per qualche tempo nella Valle, per stare ancora insieme e farti conoscere la mia vita e papà. . . solo se sei d’accordo, ovviamente. E poi troveremo un modo, magari tornerò qui ogni tre-quattro mesi o . . .”

Si interruppe, vedendo il padre sorridere appena. Quest’ultimo fece un passo in avanti e poi lo strinse forte a sé, cogliendolo del tutto impreparato. Il ragazzo resto immobile per qualche istante, prima di rispondere con forza all’abbraccio, aggrappandosi a lui come un cucciolo smarrito.

“Sì, piccolo mio.” sussurrò Li Shan, il volto nascosto contro la sua spalla “Troveremo un modo. Te lo prometto.”.

Po si strinse a lui ancora più forte. Sapeva che avrebbe mantenuto quella promessa.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Era da quasi mezz’ora che Tigre era immobile con lo sguardo fisso nel vuoto, come persa nei propri misteri.

Shifu se n’era accorto quasi subito, evitando però di intromettersi e continuando a preparare la scorta di bende e di unguento che avrebbero portato con loro. Ma ormai era passato troppo tempo, e lui iniziava ad essere inquieto. Così, si decise ad avvicinarsi alla sua figlioccia ed a sfiorarle appena l’avambraccio. Fu un tocco lieve, quasi impercettibile, ma bastò.

La felina sembrò riscuotersi, battendo appena le palpebre e posando lo sguardo verso di lui. Il maestro decise di osare, troppo in pensiero per non dire nulla “Sembri preoccupata, Tigre. Qualcosa non va?”

Scosse appena la testa. “No, maestro. Va tutto bene.” lo rassicurò, ma la sua voce era lenta, controllata, proprio come quando tentava di nascondergli qualcosa.

Il panda minore esitò, prima di chiedere ancora, lentamente “Centra per caso Po?”.

Nel sentire quel nome, la ragazza si irrigidì appena, come se non se lo aspettasse. “Perché dovrebbe?” ribatté con freddezza, ma non bastò per farlo desistere.

“Tigre, per favore.” insistette, la voce a metà strada tra una supplica e un comando, senza mai distogliere lo sguardo dal viso quasi impassibile di lei.

La giovane maestra strinse con forza i pugni, quasi lottando contro se stessa. Rimase così per qualche momento, per poi lasciarsi sfuggire un sospiro e cedere.

“Non merito che qualcuno tenga a me così tanto. Né voi, né i ragazzi, e nemmeno Po.” mormorò,  guardandosi i pugni stretti “Dovreste tutti tornare al Palazzo di Giada e lasciarmi continuare questo viaggio da sola.”

Il genitore si irrigidì, preso completamente alla sprovvista. “Da sola con Shang Chiang?” sbottò, incredulo “Dopo tutto quello che ti ho raccontato?”

“Proprio per questo non voglio che veniate.”  replicò con forza, i grandi occhi di brace che bruciavano “Li Shan non ha torto a dire che le tigri sono pericolose. Lo siamo da sempre, è noto. E io non voglio portare le persone che amo in quello che forse, per logica, è uno dei posti più pericolosi della terra.”.

Shifu restò senza fiato. Tigre non era solo preoccupata, come aveva pensato; era terrorizzata. Più di quanto potesse credere.

Il suo cuore tremò così tanto che gli parve di sentirlo sbriciolarsi.

Con decisione, allungo le zampe e prese i suoi pugni chiusi, cullandoli fino a quando non si aprirono. Era un gesto che appena qualche settimana non avrebbe mai osato fare, ma sembrò sortire l’effetto sperato, perché sentì sotto le sue dita i muscoli tesi della figlia adottiva ammorbidirsi almeno un po’.

“Andrà tutto bene, Xiao.” sussurrò piano, come se stesse cantando a bassa voce una ninna nanna per farla addormentare “Non permetteremo che quell’uomo ti faccia nulla. Io non lo permetterò. Te lo prometto.”.

Tigre sospirò, distogliendo lo sguardo dalle loro zampe unite.

“Non ho paura per me.” mormorò, la mente di nuovo lontana a smarrita dietro i suoi spettri.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Per un momento Po credette di aver visto male. Si strofinò gli occhi e si avvicinò alla finestra, ma no, non si era affatto sbagliato.

Quella figura silenziosa che era appena passata come un’ombra di fronte alla sua casetta era proprio Tigre, avvolta solamente nella sua coperta per proteggersi dall’aria gelida della notte.

Confuso e un po’ preoccupato, il panda uscì, chiudendosi la porta alle spalle, ma bastarono quei pochi attimi di ritardo per perderla di vista. Non credeva che l’amica sarebbe riuscita a ricominciare a correre così in fretta, ma tutto quel tempo che ostinatamente aveva dedicato a riabilitarsi nonostante il dolore doveva aver portato i suoi frutti.

Si ritrovò a dover seguire le sue tracce nella neve ancora fresca, preferendo non chiamarla ad alta veloce sia per non spaventarla sia per non svegliare nessuno, vista l’ora tarda. Dovette camminare un po’ per raggiungerla e quando ci riuscì si fermò per un attimo a guardarla.

Era tornata sotto l’albero spoglio di quel pomeriggio e guardava verso Est, come se stesse cercando di cogliere da lontano quel villaggio che li attendeva alla fine del viaggio. Era illuminata dalla luce della luna, che brillava tra le nuvole candide, e sembrava quasi un fantasma, una figura evanescente sul punto di scomparire ad ogni singolo rumore.

Il ragazzo esitò, prima di chiamarla piano per nome “Tigre, cosa fai qua fuori? Si gela.”.

La coda della felina, che spuntava appena da sotto la coperta e si era mossa irrequieta per tutto quel tempo, si immobilizzò. Lei rimase così, senza nemmeno girarsi verso di lui, come se fosse solo una voce portata dal vento.

“Dovevo pensare.” si limitò a rispondere, come se fosse scontato.

“Pensare?” ripeté “E dovevi per forza farlo qui fuori in mezzo alla neve? Vuoi proprio avere una ricaduta, eh?”.

Lei non replicò, e il guerriero si ritrovò a sospirare, rassegnato “Allora, a cosa dovevi pensare di così importante da non poterlo fare al calduccio nel letto?”.

A noi. Se avesse seguito l’istinto, la maestra avrebbe risposto così. Ma sapeva bene di non poterlo fare.

“A domani.” mormorò, per poi fermarsi un attimo.

Avrebbe potuto farlo, dopotutto. Farlo ora e togliersi il pensiero. Sarebbe stato più facile dirglielo così, lontano da tutti, solo loro due, senza doverlo guardare negli occhi. O almeno, poteva illudersi che così sarebbe stato più facile. Tanto ormai aveva deciso, non valeva la pena aspettare ancora.

Così, fece un respiro profondo e disse in fretta, perché altrimenti non avrebbe più avuto la forza di farlo “Non voglio che tu venga, domani.”.

Po restò senza fiato, mentre il mondo tutto attorno a loro sembrava bloccarsi, come cristallizzato da quelle parole inaspettate e quasi crudeli.

“Che cosa?” chiese piano, illudendosi di aver capito male. Non poteva aver detto . . . lei non poteva davvero . . .

Tigre si strinse forte dentro la coperta. Non poteva più tirarsi indietro, ora.

“Non voglio che tu venga con me e Shifu, quando partiremo per raggiungere gli altri domani mattina. Voglio che tu resti qui, con tuo padre ed il tuo popolo.”

Il panda socchiuse le labbra per protestare, ma lei lo bloccò, ammettendo con voce ferma “Ti ho sentito parlare con Li Shan, oggi. Ti ha proposto di restare qui e tu gli hai detto di no anche e soprattutto a causa mia. Ma io voglio che tu resti qui con lui, e so che lo vuole anche lui. Così come in realtà lo vuoi tu.”

Il ragazzo si sentiva stordito. Li aveva ascoltati? Fino a quando era rimasta lì, seduta sotto quell’albero, lei aveva sentito tutto? E aveva deciso di fare la stoica coraggiosa e di rinunciare a lui per cosa, esattamente? Perché credeva che il suo fosse solo un gesto eroico e che in realtà preferisse sul serio restare lì? Che aveva detto di no solo perché si sentiva obbligato ad andare con lei?

Era tutto assurdo. Assolutamente assurdo

“Ma io non voglio restare!” esclamò con forza, spalancando le braccia come se non riuscisse a credere a ciò che stava succedendo, e in effetti era vero “Voglio venire con te. Ti ho promesso che sarei stato con te, a qualsiasi costo. Come pensi che io possa lasciarti andare da sola verso la città di Shang Chiang, dopo quello che è successo?” fece un passo verso di lei, la voce che si addolciva appena “È pericoloso, Tigre, e io non posso permettere che tu rischi tutto da sola.”.

Io non posso permettere che tu rischi tutto per me!” gridò, voltandosi di scatto verso di lui con gli occhi di fuoco che ardevano come non mai, feriti e selvaggi.

Po si bloccò e lei tentò di calmarsi, chiudendo per un attimo gli occhi. Quando li aprì, il loro calore era appena diminuito, ma l’incendio continuava ad infuriare. “Hai rischiato di morire, a causa mia. E adesso, adesso che hai ritrovato la tua casa e tuo padre, che hai finalmente la possibilità di essere completamente felice, dovrei trascinarti con me verso un posto che non conosco, tra gli artigli tesi di qualcuno che potrebbe ucciderti come ha ucciso mia madre?” chiese lentamente, come se la questione fosse davvero tutta lì.

Il panda provò a parlare, allungando allo stesso tempo una zampa come per toccarla, ma quel semplice gesto sembrò riaccendere il fuoco, che prese a divampare più forte di prima.

La ragazza indietreggiò, temendo che il tocco di lui le avrebbe impedito di andare avanti, e ringhiò “Non voglio che tu corra altri rischi per me, soprattutto ora. Non voglio che tu soffra a causa mia. Non voglio perderti, Po, non più!”.

Lui restò così, con la zampa ancora tesa, senza sapere cosa dire o anche solo cosa pensare.

Tigre . . .

“Hai detto che non te ne saresti più andata via da me.” sussurrò, senza nemmeno rendersene conto “Hai detto che non mi avresti più lasciato. L’hai promesso.”.

A quelle parole, l’incendio sembrò perdere intensità, tanto che lo sguardo di lei si fece scuro, fragile. La zampa che teneva uniti i lembi della coperta iniziò a tremare.

“Lo so.” la sua voce malinconica lo sfiorò come una ninna nanna, mentre i suoi occhi scattavano con ostinazione di lato, le braci incapaci di confrontarsi ancora a lungo con la giada “Mi dispiace, ma non posso mantenere quella promessa. Non del tutto, almeno. Io domani partirò e tu resterai qui, che ti piaccia o no.”.

Quell’ultima frase accese qualcosa dentro Po, che si ritrovò a fare un altro passo in avanti, questa volta con una sicurezza che non credeva d’avere.

“Domani partirai, ma io verrò con te.” affermò con decisione, la voce che vibrava come una lama pronta a colpire “Verrò con te anche se vorrai andare dritto nel mondo degli Spiriti.”.

 La ragazza posò nuovamente lo sguardo su di lui, ma ciò non lo fermò, anzi. Lo fece sentire ancora di più in dovere di continuare.

“Stai mettendo ancora una volta la felicità degli altri prima della tua. Ma non è questa la felicità che io voglio. E anche se lo fosse, non ti permetterei mai di pagarla con la tua sicurezza.” fece un altro passo in avanti, sostenendo con determinazione il suo sguardo “Hai detto che non vuoi che io soffra per te. Beh, io lo farei. Potrei buttarmi nel fuoco per te. Potrei combattere contro il mondo intero per te. Potrei morire per te. Farei di tutto per te. L’unica cosa che non posso fare è permetterti di soffrire da sola.”.

Le pupille di Tigre si dilatarono appena, mentre quelle parole le si conficcavano nella carne, come infiniti pugnali che le entravano dentro, raggiungendo quella massa urlante che era il suo cuore agonizzante in quel momento.

Fece un respiro profondo, costringendosi a riprendere il controllo. Non poteva cedere, non su questo. Non quando il prezzo da pagare era lui.

“Io domani partirò, Po, e tu resterai qui.” affermò seccamente, alzando appena il mento come a sfidarlo, per poi fare per andarsene “Questo è quanto.” .

Con uno scatto che sorprese entrambi, il Guerriero Dragone l’afferrò per il braccio e la bloccò,  impedendole di fare anche solo un altro passo.

 “Lasciami!” la maestra cercò di liberarsi dalla sua presa, ma la sua zampa sembrava fatta d’acciaio e lei era ancora troppo debole per combattere; tutto ciò che ottenne fu di farsi scivolare via dalle spalle la coperta, che cadde morbidamente e senza far rumore a terra.

“No, Tigre.” ripeté il giovane, avvicinandosi ancora di più a lei. La sua voce era sicura, decisa, e lui sembrava una persona totalmente diversa, lì, in quel momento, in mezzo alla neve e sotto la pallida luce della luna.“Io non posso e non voglio lasciarti, né ora né mai.”.

La tigre si immobilizzò nel sentire quelle parole, mentre il suo cuore, che tante volte aveva in passato rischiato di fermarsi, bloccò i propri battiti solo per sentire quelli del compagno, così vicini da poter essere scambiati per i suoi..

I grandi occhi color del fuoco cercarono, quasi senza accorgersene, quelli ardenti del compagno “Perché?” sussurrò, la gola stretta in una morsa, incapace di dire o fare altro.

Allora il ragazzo, ormai senza più controllo, con la mente e il cuore fusi insieme e confusi tra loro, fece un gesto disperato.

Tirò la guerriera verso di sé e, chiudendo gli occhi, posò le labbra sulle sue, sfiorandole in un bacio proibito ed inaspettato che celava tutte le cose non dette e nascoste per tanto, troppo tempo nel fondo della sua anima, in un giuramento tenuto sigillato dentro di sé troppo a lungo.

Un giuramento che mai avrebbe creduto di fare ed a cui si era ripromesso di non cedere.

Un bacio disperato che urlava tutte quelle emozioni mai rivelate, quei sentimenti negati, quelle parole che gli avevano bloccato il respiro fino a soffocarlo.

Ora, solo ora, sulle labbra di lei, riusciva a respirare.

Le pupille della ragazza si allargarono dallo stupore, ma poi, lentamente, le palpebre scesero con delicatezza a coprirle.

Tigre, che in qualsiasi altro momento avrebbe allontanato con un pugno senza esitare nemmeno un momento chiunque avesse osato un gesto del genere, si sentì come se stesse aspettando quel bacio da tutta la vita.

Era folle, era senza senso, eppure, quasi senza accorgersene, si lasciò pervadere dalla dolcezza e dal calore del tutto nuovi che le labbra, affamate ma gentili, del panda le infondevano. Permise a se stessa di lasciarsi andare a quel gesto così profondamente sbagliato eppure, dentro di sé lo sapeva, così terribilmente giusto

Po avrebbe voluto che quel momento fugace, a lungo sognato e altrettanto a lungo temuto, durasse per sempre, ma dopo pochi istanti si costrinse a rompere quel contatto proibito.

“Ecco perché.” disse in un sussurro, allontanandosi di un respiro dalla bocca della ragazza, mentre lei riapriva gli occhi e lo guardava sorpresa e confusa.

La felina portò quasi senza rendersene conto due dita alle labbra, dove il sapore del Guerriero Dragone, forte eppure delicato allo stesso tempo, sembrava impresso col fuoco.

“Po . . .” il suo nome sembrava una preghiera in quel momento, e lui non poteva sopportare di udirlo, non adesso.

La interruppe, sentendosi colpevole per quella smarrita confusione che vedeva riflessa negli occhi color delle fiamme “Ho cercato di nascondertelo. Ho davvero cercato di tenermi tutto dentro, anzi, ho tentato di eliminare tutto questo, di cancellarlo come se non fosse mai esistito, ma non ci sono riuscito.”  spiegò, quasi a voler chiedere scusa di quei sentimenti capaci solo di incasinare tutto “Più cercavo di spegnerlo, più tornava a bruciare sempre più ardentemente, come un incendio. È diventato così forte e così grande che non riesco più a tenerlo nascosto.” 

Fece un respiro e chiuse gli occhi, ma quando li riaprì erano al contempo decisi e dolci, e guardavano la guerriera con un’intensità sconosciuta prima di quel momento.

“Sono innamorato di te, Tigre.” confessò, e nel dirlo ad alta voce sentì il proprio corpo ancora provato da quel gesto folle tremare “Forse lo sono fin da quel giorno in cui ti ho vista per la prima volta, e per quanto io abbia provato a cancellarlo, non ci sono mai riuscito.”

Le pupille di lei erano così dilatate da far sembrare i suoi occhi di brace completamente scuri. La guerriera fece per dire qualcosa, ma lui la supplicò con lo sguardo di lasciarlo finire. Se l’avesse interrotto ora, non era certo che sarebbe riuscito a continuare, dopo.

“So che questi sentimenti sono proibiti. So cosa potrebbero causarmi, e non mi importa.” Era vero, lo era davvero. Potevano prendersi anche il suo titolo di Guerriero Dragone, se i grandi maestri l’avessero ritenuta la giusta punizione. L’avrebbe accettato. Avrebbe accettato qualsiasi costo che avrebbe dovuto pagare. “Non voglio metterti in  difficoltà. Quello che provo per te è un peso mio, e solo mio, e se mai qualcuno ne dovesse venire a conoscenza sarò io a pagarne le conseguenze. Non permetterò che tu debba pagare in qualsiasi modo per un mio errore.”

Abbassò appena lo sguardo, sentendosi tutto d’un tratto incredibilmente fragile ed incapace di sostenere quello di lei “So che non posso viverli alla luce del sole, e mi va bene, finché posso restare al tuo fianco. Posso essere felice finché posso vivere al tuo fianco, aiutarti a sopportare i tuoi dolori, combattere insieme a te, vederti ridere, perdermi nel tuo sguardo. Tutto quello che ti chiedo è solo di capire e di non escludermi dalla tua vita. Sono disposto a reprimerli per sempre, pur di poterti vivere accanto, e far sì che tu sia al sicuro e felice. Ma farti soffrire o perderti . . . mi ucciderebbe. Mi ucciderebbe più di quanto questo silenzio a cui mi sono costretto per tutto questo tempo stia già facendo.”

Si rese conto di star stringendo ancora il suo braccio. Si affrettò a lasciarlo andare, ma lei non si mosse. Rimase lì, immobile, e in quella silente attesa vide il permesso e la richiesta di andare avanti. Così, si fece forza e ammise “Mi basta restare al tuo fianco, anche solo come semplice amico. È tutto quello che posso avere.”.

Si morse le labbra, e nel farlo risentì il dolce sapore di Tigre, che nemmeno nei suoi sogni più folli aveva osato immaginare. Si fece forza e sussurrò, come se stesse pronunciando le sue ultime parole prima di una condanna “Per questo non voglio e non posso lasciarti andare. Perché ne morirei.”.

Rimase così, in silenzio e con gli occhi bassi, per quello che a lui parve un tempo infinito. Non osò muoversi, non osò nemmeno sbirciare il viso di lei. Era terrorizzato, assolutamente terrorizzato. Terrorizzato da ciò che aveva osato fare, da ciò che aveva avuto la follia di dire, da come lei avrebbe potuto reagire, dalla certezza di aver rovinato tutto per sempre . . .

Era così preso dal vortice delle sue paure che non la sentì nemmeno muoversi, lui che tanto si era abituato a percepire ogni suo singolo movimento.

Se ne rese cono solo quando una zampa esitante ma gentile raggiunse la sua guancia destra e gliela sfiorò piano, quasi con paura di fargli del male.

Si immobilizzò, il cuore che iniziava a battere con tale furia da sembrare sul punto di scoppiare, e rimase così, mentre quella zampa inaspettata gli accarezzava leggermente il mento.

“Guardami, per favore.”

La voce di Tigre era roca, quasi soffocata, come se le parole le uscissero a fatica, eppure incredibilmente morbida, come non era mai stata prima.

Po si costrinse ad ubbidire. Alzò appena lo sguardo, e ciò che vide lo lasciò senza fiato.

Non aveva mai visto gli occhi di Tigre in quel modo. Bruciavano ed ardevano, ma non con furia, come se fossero capaci di ridurre il mondo in cenere. Le fiamme danzavano in una danza vorticosa e folle, come se non avessero intenzione di non fermarsi mai, eppure c’era una tale malinconia in quella danza, e allo stesso tempo un ardore che mai aveva visto prima.

La maestra rimase in silenzio per qualche secondo, le dita poggiate come timide farfalle contro la pelle di lui, e lui attese, incapace di fare altro.

“Mi dispiace.” sussurrò, alla fine, con tale dolore che gli parve quasi ferita “Avrei dovuto capirlo.”.

Il panda sentì lo stomaco stringersi in maniera così dolorosa da dargli un capogiro “Non hai niente da scusarti.” si affrettò a rassicurarla “Cercare di non fartelo capire era proprio ciò che stavo tentando di fare, quindi . . .”

“No. Avrei dovuto capirlo.” lo bloccò lei “L’avevo capito.”.

Po aggrottò la fronte, sinceramente confuso “Che cosa vuoi dire?”.

La felina non rispose. La sua mente correva, cercando di recuperare tutti quei frammenti che si era persa lungo la strada, e lei cercava affannosamente di starle dietro. Eppure, era tutto così chiaro.

“Tigre?”

La guerriera sospirò, arrendendosi per la prima volta in vita sua.

“Quando sono stata colpita,  ero sul punto di non tornare indietro.” iniziò a spiegare, la voce bassa e fragile, mentre continuava a tenersi stretta a quegli occhi verdi “Me ne stavo andando. Stavo morendo. Avevo smesso di lottare. Perché farlo, in fondo? La mia vita stava andando allo sfracello. Non avevo più nessuna certezza, e stavo solo distruggendo tutti coloro che amavo. Forse, quello era il modo migliore per mettere fine al tutto. Lasciarsi andare.”.

Po, scioccato, provò a parlare, ma lei scosse appena la testa, chiedendogli con quel semplice gesto di lasciarla continuare. “Ma poi, ti ho sentito.” mormorò, ammettendo ad alta voce ciò che non era riuscita a dire nemmeno a se stessa.

I grandi occhi del panda si spalancarono, increduli, e lei si costrinse ad andare avanti “Non sapevo come, non sapevo perché, ma la tua voce era riuscita a raggiungermi, nonostante il dolore e l’agonia. Ti ho sentito chiamarmi per nome, e poi parlarmi tanto da guidarmi a casa.”

“Non . . . non me lo avevi detto.” si lasciò sfuggire lui.

“Non lo ricordavo bene nemmeno io.” spiegò, sentendosi estremamente in colpa per questo “Mi restavano solo dei frammenti.”.

Chiuse gli occhi, cercando di richiamare alla memoria tutto ciò che riusciva a ricordare.

“Hai detto ‘Ti supplico. Apri gli occhi.’.” sussurrò, esitante.

Po trattenne il fiato nel sentirla ripetere quelle parole che aveva impresse a fuoco nell’anima.

‘Non andartene.’ .” le sue dita sfiorarono ancora una volta il suo mento.

Il ragazzo si lasciò sfuggire un sospiro.

‘Non lasciarmi solo.’.” osò accarezzargli nuovamente la guancia.

Lui le coprì la zampa con la sua, premendola delicatamente contro la guancia, impedendole di scivolare via.

‘Ti prego, resta con me.’.”

Po si ritrovò a tremare.

La guerriera aggrottò la fronte “E poi hai detto qualcosa, qualcosa che non sono riuscita a ricordare per molto tempo, qualcosa che mi ha spinta a tornare indietro, qualcosa che mi ha spinto a non arrendermi.” esitò “Qualcosa per cui ho deciso di restare.”.

Riaprì lentamente gli occhi, incontrando nuovamente quelli lucidi e commossi del compagno.

“Qualcosa che stasera sei riuscito a riportare a galla, ma che era rimasto dentro di me per tutto il tempo, e che avrei dovuto ricordare. Avrei davvero dovuto ricordarlo, perché è la ragione per cui sono ancora qui. Non avrei dovuto permettere che tu giungessi a questo punto per ricordarlo.”

Il Guerriero Dragone scosse la testa. “N-non importa.” balbettò, per poi osare chiedere “L-lo ricordi, ora?”.

La maestra annuì. Fece un piccolo passo in avanti, tanto da poter sentire il battito del suo cuore contro il proprio.

“Io ti amo.” sussurrò, senza mai distogliere gli occhi dai suoi. Qualcosa, nel tono della sua voce, gli suggerì che questa volta non stava semplicemente ripetendo le sue, di parole.

Fu solo a quel punto che Tigre lo baciò.

Fu un bacio timido, inesperto, esitante, un semplice sfiorarsi di labbra, ma reale, e vero.

Era tutto quello che lui avesse mai osato sperare nei suoi sogni più selvaggi e molto di più. Era la felicità, era la sensazione di casa.

Era il suo giuramento, in risposta a quello spontaneo e sincero di lui. Un giuramento che mai aveva pensato di poter pronunciare, eppure lo stava facendo, sentendosi per la prima volta nella sua vita certa di star facendo la cosa giusta, nonostante tutte le regole e le proibizioni.

Quando si tirò indietro, gli occhi luminosi e le gote striate appena di rosso, Po si sporse in avanti ed  inseguì le sue labbra, ancora ed ancora, sotto la luce della luna.

 

 

 

 

La tana dell’autrice


Una parte di me crede che delle scuse siano d’obbligo. Penso di non essere mai sparita così a lungo, prima d’ora. Vi ho lasciato tutti in sospeso, senza rispondere a recensioni o messaggi privati. E questo comportamento necessiterebbe delle scuse, perché non è stato carino e ne sono consapevole.

Ma l’altra parte di me non saprebbe che altro scrivere, in queste scuse, se non che mi dispiace di essere scomparsa. Sarei dovuta tornare molto tempo fa, ma non ce l’ho fatta. Ho cercato di prendermi una pausa per me, ed è stato così solo in parte. La scrittura si è ridotta solo a brevi attimi di fuga, e in quei attimi non c’era spazio per lo stress che l’idea di dover completare questa storia mi causava. Così, è rimasta chiusa in un cassetto così a lungo che ho pensato di lasciarcela.

Ma poi non sono riuscita a fare nemmeno questo. Complici i vostri messaggi pieni di affetto e le vostre richieste di spiegazioni, sono tornata sui miei passi. All’inizio avevo solo intenzione di rileggerla, così, in un eccesso di malinconia, ma pian piano nella lettura mi sono resa conto di non essere in grado. Che dovevo provare a completarla, per quanto per me potesse essere complicato. Che, nonostante tutti i suoi difetti e casini, questa fic ha ancora un pezzetto del mio cuore, e che non sono ancora capace di dirle addio.

Per cui, anche se non sono capace di darvi delle vere scuse, perché allontanarmi è stato necessario e tornando indietro lo rifarei, voglio ringraziarvi. Perché è anche e soprattutto grazie a voi se questo capitolo e i prossimi che verranno –non so ancora come e quando, ma verranno- esistono.

Per cui, grazie.

Questo capitolo, sproporzionato, imperfetto e spontaneo, è per voi.

A presto

T.r.

 

 

  
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