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Autore: Mirae    21/05/2019    1 recensioni
«È vero... è tutto vero», erano state le sue parole prima di andarsene e lasciarlo in quel luogo da solo, ma solo quando si era specchiato e si era visto nel frammento del vetro aveva compreso: era tornato il mostro di sempre.
Non l’aveva trovata nell’attico e quando era giunto in centrale, lei non c’era e lui aveva perso tempo a cercare di recuperare le piume insanguinate che la signorina Lopez aveva raccolto sul luogo della sparatoria, dove lui aveva ucciso Caino e provocato la morte dei suoi complici. E poi... poi aveva perso altro tempo prezioso andando a piagnucolare da Linda, sperando in qualche suo utile consiglio: dopotutto, non era solo la sua terapista, ma era anche amica di Chloe.
Era stata tutta colpa della sua indecisione se lei era fuggita a Roma, dove aveva incontrato quel ciarlatano di padre Kinley. Era stata tutta colpa sua se Charlie era stato rapito da un’orda di demoni disobbedienti e ora Amenadiel e Linda l’avrebbero odiato per l’eternità. Sì, era tutta colpa sua e per questo meritava di sedere su quel trono.
-EPILOGO ALTERNATIVO-
Genere: Sovrannaturale, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ATTENZIONE: CAPITOLO DI PASSAGGIO MOLTO OOC, SOPRATTUTTO ALL'INIZIO. 
 

 



Va tutto bene Diavolo

 

«Aspetterò il sospettato con Dan e poi ti raggiungerò all’attico: abbiamo un discorso in sospeso, noi due», gli aveva detto sorridendo e lui, scendendo le scale, con Alma Lucinda che ogni tanto gli si stringeva contro i pantaloni stirati alla perfezione, si sentiva pervadere di un’euforia che non aveva provato nemmeno dopo la partenza della Madre.

Mentre attraversava il saloon, qualcuno gli mise una mano sulla spalla, bloccandolo. Un altro attaccabrighe cercò di allontanare la bambina, che si strinse ancora di più alla gamba dello zio, ma lui, anziché appoggiarle una mano sulla spalla come aveva fatto poco prima sulle scale, ogni qualvolta sentivano urlare, la spinse dietro di sè, proteggendola con entrambe le braccia.

«Lascia stare la bambina, sporco ped.... Aaaaah!» Un uomo gli stava avvicinando brandendo una stecca di biliardo, ma quando vide gli occhi rossi di Lucifer indietreggiò di colpo, lasciando cadere il legno, così come il cerchio, che prima si restringeva sempre più, ora si allargò.

Mantendendo lo sguardo demoniaco, Lucifer li minacciò: «Adesso io e mia nipote usciremo di questa bettola maleodorante e nessuno di voi ce lo impedirà. E se a qualcuno venisse in mente di avvertire Rockwell, riceverà una visita da questo alieno maleducato».Mentre uscivano dal locale, la folla si aprì come le acque del Mar Rosso di fronte a Mosè e molti alzarono le braccia, in segno di resa.

Il suo piano iniziale vedeva come meta il Lux: Alma aveva bisogno di riposo e lui doveva preparare patatine fritte e hamburger. Senza ketchup. Voltando lo sguardo versa la bambina, però, si accorse che non solo continuava a tremare come una foglia, ma i polsi avevano ripreso a sanguinare: espirando in modo abbastanza rumoroso, al primo incrocio sterzò bruscamente verso sinistra, in direzione del più vicino ospedale di zona.

La sala d’aspetto era gremita: c’era chi indossava una mascherina davanti alla bocca e chi tossiva tenendosi un semplice fazzoletto, altri si tenevano un arto con la mano, ma c’erano anche vagabondi e alcolizzati che speravano in un bagno caldo. Ignorando tutta questa umanità, più o meno urlante, Lucifer si diresse alla receptionist: «Salve, mi serve un dottore per mia nipote».

«Compili il questionario e si accomodi», le porse una cartellina senza alzare lo sguardo, ma quando la mano dell’uomo sfiorò la sua, l’infermiera commise l’errore di alzare lo sguardo. Soffiò, ridacchiando: «Salve».

«Salve. Eliza», rimodulò la voce, leggendo il nome sulla targhetta appuntata alla divisa. «Purtroppo mia nipote sta molto male», esagerò, «e tu non vuoi che perdiamo tempo prezioso, non è vero?»

«Certo che no», gli rispose la donna, una bionda che doveva avere più o meno l’età della detective.

«Allora perché non chiami subito un dottore? No!» Si corresse, alzando l’indice destro, mentre l’infermiera stava alzando la cornetta dell’interfono, «meglio una dottoressa: mia nipote è stata vittima di abusi e di un rapimento».

«In questo caso, devo avvertire la polizia», si spaventò Eliza.

«La polizia è già sulle tracce del suo rapitore».

La donna lo guardò storcendo un po’ gli occhi, al ché lui sbuffò: «Se non mi crede, può telefonare al LAPD e chiedere della detective Decker: è lei che si sta occupando del caso, assieme al detective Espinoza».

Nel frattempo arrivò una dottoressa sulla cinquantina che li fece accomodare su un lettino nascosto sui tre lati da tende bianche.

Quella visita fu quanto di più drammatico a Lucifer fosse capitato di assistere: dovette prenderle la mano con la quale cercava di allungarsi la maglietta e chiederle di chiudere gli occhi, mentre lui le canticchiava alcuni versi di “Shining star”.

«Mentre aspettiamo i risultati degli esami, ti infilo questo nel braccio. Non ti faccio male, non ti preoccupare: è solo acqua e zucchero», le disse un’infermiera col tono più gentile possibile, ma Alma Lucinda guardò quel tubo di gomma con gli occhi spalancati, ricominciando ad agitarsi, tanto che lo zio intervenne: «È proprio necessario?»

«Sì, sua nipote è molto disidratata: quella flebo è davvero necessaria. Capisco che dopo lo shock subito, vuole proteggerla, ma se la porta a casa ora, non farà il suo bene», lo riprese il medico, entrambe le mani nelle tasche del camice.

Espirando, Lucifer si voltò a guardare la bambina, con l’infermiera che cercava di calmarla accarezzandole la fronte. «E va bene», concesse alla fine. «Alma», chiamò la nipote, «Se ti fai infilare quell’ago, potrai chiedere all’infermiera un favore in cambio, mh?»

La donna in questione guardò l’uomo con la bocca spalancata e l’ago della flebo a mezz’aria, ma vedendo la bambina calmarsi, si sbrigò ad effettuare l’operazione, rassicurandola: quando uscirai di qui, ti pagherò un buon gelato».

«Ci vorranno solo un paio d’ore», li avvisò la dottoressa, prima di lasciarli soli.

«Oh, ma guarda dove ci hanno parcheggiato. Potevano darci una camera privata», brontolò Lucifer.

 

§ § § § § § § § § §

 

«Caro, vecchio amico», Lucifer accarezzò il pianoforte prima di mettersi a suonare Shining Star: cantarla con l’accompagnamento della musica – e in una condizione emotiva più serena – era diverso che cantarla a cappella, interrompendosi di tanto in tanto, quando Alma gli stringeva troppo la mano, in ospedale. Ora, la ragazzina sembrava dormire tranquilla, nel letto di Maze: per fortuna, quando la demone aveva lasciato l’attico, si era portata via anche tutti i suoi “giocattoli”.

Il suono dell’ascensore lo interruppe: «Detective! Sei in anticipo», Lucifer si girò verso la donna, con le labbra stese in un sorriso.

«Ehm... In anticipo per cosa?» Si guardò intorno, non apendo a che cosa si riferisse Lucifer.

«Per la cena», le disse.

«No, basta mangiare. Dobbiamo parlare», gli ingiunse.

«Non vorrai parlare a digiuno, vero, detective?»

Chloe sbuffò: «Beh, la cena non è pronta, quindi, sì, parleremo a digiuno», incrociò le mani sul petto, mentre Lucifer si alzava dallo sgabello e andava a prepararsi un whiskey.

«E basta bere».

«Veramente questo è per me», andò a sedersi sul divano, invitandola a fare lo stesso.

«Oh», si andò ad accomodare su una poltrona. «Come sta Alma Lucinda?»

«All’ospedale le hanno prescritto il suvorexant e adesso sta dormendo», bevve un sorso. «Domani, quando si svegliaerà, sarà affamata. Vuoi fermarti per colazione?»

«Lucifer!» Lo riprese, scuotendo la testa.

«Che c’è? La colazione è meno impegnativa della cena», la derise, portandosi di nuovo il bicchiere alla bocca.

«C’è che ogni volta che cerco di affrontare un discorso serio con te, tu la butti sempre sullo scherzo», lo rimproverò.

Lucifer sospirò, poi si chinò in avanti per appoggiare il bicchiere sul tavolino, quindi accavallò le gambe ed allargò le braccia sullo schienale in pelle italiana: «Sono tutt’orecchie, detective», la invitò, porgendo in avanti il mento.

Chloe scrollò di nuovo il capo: così non andava affatto bene, lei era andata lì per parlare di loro due, di come far funzionare la loro relazione pur essendo lei una semplice umana e lui, beh, niente popodimeno che il Re degli Inferi in persona! Ma se Lucifer si metteva sulla difensiva prima ancora che riuscisse a dire mezza sillaba, sarebbe stato molto difficile riuscire a ricavare qualcosa di positivo.

«Niente, lascia stare», sbuffò, alzandosi e facendo la mossa di andarsene.

Questo gesto costrinse Lucifer ad alzarsi e a prenderle il polso destro: «Detective, aspetta , non andartene», la pregò. «So che a volte mi metto sulla difensiva, ma cerca di capirmi: sono millenni che vengo accusato di qualsiasi cosa», si giustificò.

«È proprio questo il punto, Lucifer: tu non dai alle persone che ti affrontano la possibilità di esprimersi liberamente, perché, mettendoti sulla difensiva, è come se li ricattassi emotivamente, spingendoli a desistere».

«Io non ricatto nessuno. Il diavolo sa il libero arbitrio è il suo massimo potere», la contestò.

«Ma il tuo comportamento, a volte, impedisce alle persone, di usarlo», confutò a sua volta Chloe.

Lucifer lasciò andare il braccio della donna e piegò la testa di lato: «Davvero?»

«Sì, Lucifer», ammise lei.

«Non me n’ero mai accorto», tornò a sedersi.

«Non lo metto in dubbio, Lucifer», anche Chloe si sedette, questa volta sul divano, accanto a lui, appoggiando il gomito sinistro sullo schienale, e la testa su quel braccio.

Lucifer si aggiustò i polsini e fece per pronunciare una delle sue solite battute, ma voltandosi verso di lei ammutolì.

«Sei bellissima», riuscì solo a pronunciare, allungando la mano sinistra per accarezzarla.

«Che cosa ne sarà di noi?» Gli chiese. In realtà, questa sarebbe dovuta essere l’ultima domanda di una lunga serie, ma alla fine decise che non le importava come aveva trascorso quelle ultime due settimane:lei voleva solo conoscere il loro futuro.

«Non lo so Chloe», usò per la prima volta in quella lunga giornata il suo nome, il fece le fece allargare ancora di più il sorriso, «credo dipenda solo da noi». Sorrise anche lui, continuando ad accarezzarle la guancia.

«Quindi non partirai più?»

Lucifer ritirò la mano, gelando il sorriso della donna, i cui occhi si inumidirono. «Diciamo che quando sono tornato all’Inferno ero carico d’ira, ma poi Azrael e Kristiel sono venute a chiedermi un favore», continuò a raccontare. «Quindi ho dovuto trovare un compromesso con i demoni ribelli. Beh, compromesso è una parola grossa, visto che ho fatto legare Dromos a una rupe, mentre un’arpia gli strappa il fegato, che continua a ricrescergli e quindi l’arpia torna a strapparglielo, e così all’infinito. È divertente», rise. «Comunque, stavo dicendo...», riprese, ma Chloe lo interruppe: «Aspetta, quella non è mitologia greca?»

«Sì, ed è davvero divertente punire un demone con una favola inventata dagli umani, non trovi?» Rise ancora.

«Beh, devo ammettere che c’è una folle logica in questo», convenne Chloe. «Stavi parlando di un compromesso, però», gli ricordò.

«Sì, giusto», si porse verso il tavolino per prendere il bicchiere e bere un lungo sorso. «Ho promesso loro che resterò qui per la durata di un’esistenza umana – che è di circa ottant’anni – poi tornerò negli Inferi. Finché non deciderò di prendermi un’altra vacanza. Naturalmente, ho preteso un giuramento di assoluta fedeltà: e cioè che a nessuno di loro venga in mente di lasciare il Regno senza il mio esplicito consenso».

«Credi che ti ascolteranno?»

«Non hanno scelta: sono il loro re. Loro esistono perché io permetto loro di esistere», le spiegò. Ogni traccia di sorriso era sparito dal suo volto.

«Quindi nessuno sarà tentato di liberare Dromos e organizzare un colpo di Stato?»

Questa domanda fece scoppiare Lucifer in una sonora risata: «Davvero, detective? Un colpo di Stato? All’Inferno?»

Per tutta risposta, lei alzò le spalle, mentre lui si alzava e prendeva il bicchiere per andare a riempirlo di nuovo: «Sicura di non volere niente da bere?»

«D’accordo, forse sono un po’ paranoica», gli concesse.

La raggiunse, porgendole un bicchiere uguale al suo, che lei questa volta accettò, rigirandoselo tra le mani. «Non devi preoccuparti, questa volta», la confortò. «Tornando a noi due, Chloe, davvero, non so che cosa ci accadrà: non sono mai stato bravo a scuola di divinazione» – e quest’uscita fece ridere Chloe – «ma se tu me lo consentirai, proverò a fare il serio», sorrise a sua volta, ma la donna si commosse.

«Detective...» Il sorriso di poco prima gli morì sulle labbra, mentre osservava spaventato le lacrime scendere sul volto della donna amata, «non volevo ferirti...», si affrettò ad aggiungere, mentre con dito gliene asciugò una.

«Non mi hai ferito, Lucifer. Sono commossa. Io... certo che voglio che finalmente metti la testa a posto», gli strinse le braccia al collo.

«Perché la mai testa non è al suo posto?» Scherzò l’uomo.

«Smettila di parlare e baciami», lo zittì.

Quando si staccarono, a Lucifer sembrò che fosse durato troppo poco e cercò di nuovo le labbra della donna, ma Chloe lo fermò: «Devo andare a casa e preparare Trixie a questa novità», lo consolò, prima di alzarsi e dirigersi verso l’ascensore.

Lucifer sorrise, poi prese il bicchiere lasciato da Chloe e lo scolò: sarebbe stato un peccato sprecare tutto quel whiskey che la detective si era limitata a scaldare tra le mani.

 

§ § § § § § § § § §

 

Era strano alzarsi da solo in quel letto, dopo gli ultimi mesi trascorsi tra festini e orge, ma pensò che si sarebbe dovuto abituare, se davvero voleva costruire qualcosa con Chloe: beh, di sicuro, in quel caso, non si sarebbe trovato da solo nel letto. Nonostante la sveglia gli rimandava un orario di cero non mattiniero, i rumori del traffico non raggiungevano l’attico e lui, beandosi del silenzio, quasi non si ricordò che nell’altra stanza dormiva sua nipote. Si alzò con indosso solo i boxer e la vestaglia aperta, dirigendosi verso il bancone. Nella fruttiera, alcune mele facevano bella mostra di sé. Prese quella più rossa e se la girò tra le mani.

Eva... Era tornata per lui e lui l’aveva respinta dopo averla usata per riempire il vuoto lasciato da Chloe. D’accordo, si era vendicata nel modo peggiore, o forse la sua non era neanche vendetta vera e propria, ma solo ingenuità, del resto, anche lui con Dromos quando l’aveva incontrato la prima volta si era comportato in modo molto ingenuo, tuttavia, non meritava di venire uccisa. Per quanto irragioonevole fosse, si sentiva in qualche modo responsabile della sua morte. Forse aveva ragione Linda: non ci si perdonava in una notte. Posò la mela nella fruttiera senza averle dato un morso e andò a vestirsi per raggiungere lo studio della cognata, quando uno strano mugolio catturò la sua attenzione. Lasciò cadere i pantaloni sul letto e con solo indosso la camicia si diresse verso la fonte del rumore: «Maze! Sei torn...»

«Aaaah! Vattene, lasciami stare!» Urlò invece Alma Lucinda, alla vista dell’uomo mezzo nudo, andando a rannicchiarsi nell’angolo più lontano della camera.

Lucifer espirò, voltando la testa di lato: «D’accordo, ascolta, non voglio farti del male». Provò a fare qualche passo all’interno della stanza, dimenticandosi di avere indosso solo la camicia.

«Ti prego, farò la brava...», Alma continuava a tremare, continuando ad appiattirsi ancora di più alla parete.

Fu allora che Lucifer ebbe l’idea non solo di bloccarsi, ma anche di guardare in basso: «Oh, diavolo!» Tornò in camera sua a vestirsi, ma proprio quando stava per tornare dalla nipote, le porte dell’ascensore si aprirono: «Lucifer, ci sei?» Lo chiamò Amenadiel.

«Scusa, ma sono leggermente impegnato», lo liquidò il fratello.

«Sparisci per settimane e poi torni senza avvertirmi e mi liquidi così?» Lo raggiunse.

«Non sono sparito per settimane», lo corresse. «Erano solo due le settimane e dopo anni che hai passato per farmi tornare all’Inferno avresti dovuto fare i salti di gioia, no?» Lo aggredì Lucifer, in piedi sopra i tre gradini che dividevano l’open space dalla zona notte, mantenendo così una posizione di dominio rispetto al fratello.

«Se avessi dovuto subire le lamentele di Maze, anche a te due settimane sarebbero sembrate più eterne dell’eternità», gli fece notare il fratello maggiore. «Ma sono venuto qui perché sono successe delle cose, in queste due settimane», gli voltò le spalle per andare ad accomodarsi su una poltrona.

«Ti riferisci alla morte di nostra sorella?» Lucifer andò a versare del whiskey per entrambi.

«Tu lo sapevi? E non hai pensato di avvertirmi?» Amenadiel strinse gli occhi, ignorando il bicchiere che gli porgeva.

«Sai com’è», lo derise Lucifer, appoggiando sul tavolino il bicchiere del fratello e bevendo un lungo sorso dal proprio, «all’Inferno i cellulari non prendono bene».

«Oh, avanti, Lucifer: stiamo parlando di nostra sorella, la tua cara sorella gemella, e tu hai voglia di fare dello spirito?» Si alzò in piedi, muovendo un passo nella sua direzione, ma Lucifer non indietreggiò: «Non sto facendo dello spirito, semmai sei tu che stai facendo la vittima, quando di vittima qui ci sono solo Kristiel e Alma Lucinda».

«Infatti è di lei che sono venuto a parlarti», moderò il tono, tornando a sedersi e prendendosi la testa tra le mani. Rialzandola, gli raccontò che qualche giorno prima era stato raggiunto da un sedicente assistente sociale che lo cercava per l’affidamento della bambina. Calmatosi e sedutosi a sua volta, Lucifer lo mise al corrente delle sue ultime vicissitudini, concludendo che a Flagstaff non gli avevano fatto quel nome e che ora la bambina era nella vecchia stanza di Maze, ancora sottoshock e che per questo voleva coinvolgere Linda, anche persistemare alcune sue questioni irrisolte.

«Credevo fossi “guarito”», lo prese infine in giro Amenadiel.

«Detesto ammetterlo, ma a quanto pare aveva ragione Linda», bevve un altro lungo sorso. «Non ci si perdona nel giro di poche ore».

«Che cosa avresti da perdonarti?» Gli chiese Amenadiel.

Sbuffando, Lucifer gli raccontò che già dopo la Cacciata, e le sue relative “vacanze”, non si era mai preoccupato se qualcuno dei suoi fratelli cercasse di mettersi in contatto con lui, magari seguendolo nelle sue peripezie umane, fino ad arrivare alla sua responsabilità per il comportamento di Eva e Dromos.

«Non sei tu quello che dici sempre che il libero arbitrio non dipende da te, ma sono le persone a essere le sole responsabili delle proprie azioni?» Cercò di farlo ragionare. «Sei stato forse tu a evocare Dromos e a suggergli di rapire Charlie?»

Per tutta risposta, Lucifer andò a riempirsi di nuovo il bicchiere.

«No, certo che no», gli rispose, «ma Linda la penserà come te o vorrà uccidermi?»

«Linda non lo so, ma Maze di sicuro. Sul serio, Luci, è davvero molto arrabbiata perché te ne sei andato lasciandola qui», lo avvertì, cambiando discorso.

«Ora sono tornato», alzò il bicchiere in segno di brindisi, «ma anche se vorrà ascoltarmi – cosa che ne dubito – quando saprà della morte di Eva, non vorrà solo uccidermi, vorrà prima torturarmi».

«Eva è morta?» Amenadiel lo guardò con aria incredula e perfino la sua voce aveva una nota stridula.

«Sì, strangolata e poi immersa nel sale. Secondo la detective, il suo assassino sarebbe lo stesso di nostra sorella Kristiel», gli confidò.

«Hai già visto Chloe? Prima di venire da me?»

«Ecco che torna a fare la vittima», lo derise Lucifer.

«No, è che a volte dimentico chi sei», cercò di ferirlo.

«Oh, e chi sarei? Il diavolo brutto e cattivo?» Il tono era impresso di sarcasmo.

«L’essere più sarrogante di tutto l’universo», gli rivelò.

«Ho avuto un ottimo maestro», lo indicò.

«D’accordo. Continuando così, non andremo da nessuna parte... Hai detto che l’assassino di Kristiel ha ucciso Eva e poi l’ha seppellita nel sale? L’ha fatto anche con nostra sorella?»

«La polizia di Flagstaff non mi ha detto nulla al riguardo, quindi penso di no», gli rivelò ancora Lucifer.

«Come fai allora a dire che l’omicida è lo stesso?» Gli chiese Amenadiel.

«Oh, non lo dico io: sono quelli del LAPD a esserne sicuri. In effetti, mi domando perchè il sale. Insomma, non ha senso usare il sale per conservare un cadavere in un bordello, dove è solo questione di ore prima che venga ritrovato». Lucifer bevve un altro lungo sorso.

«Hai detto in un bordello? Che ci faceva Eva in quel posto?»

«Non lo so», la voce di Lucifer era stridula, «sono stato impegnato due settimane a sedare una rivolta di demoni. E a trovare il modo di rivedere la detective», ammise in modo candido.

«Aspetta», ad Amenadiel venne un’idea. «Hai detto che è stata uccisa in una casa di appuntamenti...»

«No, ho detto che è stata uccisa in un bordello. Beh», si corresse, «in realtà, una specie di bettola che affitta stanze e che invoglia le cameriere a intrattenere rapporti “amichevoli”», e qui Lucifer fece il gesto delle virgolette, «con i clienti».

«D’accordo, qualunque sia il termine corretto, il suo assassino voleva punire la sua lussuria e ha usato il castigo inferto da nostro Padre alla moglie di Lot», gli suggerì il fratello maggiore.

«Ma la moglie di Lot non era lussuriosa», obiettò.

«Ma viveva a Gomorra e provò pena per i suoi concittadini, mentre subivano la punizione», gli ricordò.

«Giusto, tu eri uno dei Giustizieri», lo incriminò.

«Ti ricordo che sono il primo dei soldati di nostro Padre», si impermalì l’altro.

«Ed ecco che ritorna l’ego. A ogni modo, secondo te Eva potrebbe essere intervenuta in difesa di un’altra cameriera?»

Amenadiel alzò le spalle, confermando, di fatto, l’intuizione di Lucifer.

«Devo andare a dirlo alla detective», poggiò il bicchiere ormai vuoto sul tavolino e si diresse verso l’ascensore, ma il fratello maggiore lo richiamò: «E Alma Lucinda?»

«Pensaci tu, anche tu sei suo zio», si voltò appena, ma Amenadiel non era dello stesso avviso: «Non mi conosce, e può spaventarsi ancora di più».

«Al diavolo», sbuffò Lucifer, prendendo il cellulare, ma Amenadiel lo bloccò di nuovo: «A chi telefoni, adesso?»

«A Maze: è di sesso femminile e alla progenie della detective piace come baby sitter».

In quel momento, le porte dell’ascensore si aprirono, dopo il consueto scampanellio: «Oh, Maze!» Esclamò Lucifer, con ancora il cellulare in una mano e l’altra a mezz’aria, nell’atto di premere lo schermo per la video chiamata. «Parli della demone e spuntano le corna».

«Io e te dobbiamo parlare», Maze non si fece raggirare e avanzò verso di lui con aria minacciosa, facendo schioccare la lingua.

 

§ § § § § § § § § §

 

Quando Maze si svegliò, quella mattina, si accorse di un’insolito silenzio. Si alzò e si mise a perlustrare la casa: chissà, il primo appuntamento di Linda era molto presto e magari Amenadiel aveva portato Charlie al parco vicino a casa. Fece spallucce, tutto sommato contenta di non dover sentire pianti di neonato e canzoncine senza capo, né coda. Non le passò per la testa che forse i suoi amici avevano tagliato la corda prima che si svegliasse. Pensò di telefonare a Chloe per sapere se Lucifer era tornato, poi decise che non aveva senso tormentare l’amica e infonderle false speranze: Lucifer era tornato a casa, e lì sarebbe rimasto per l’eternità, dimenticandosi di lei, la sua fedele guardia del corpo. Beh, peggio per lui.

Invece di andare in centrale per informarsi riguardo qualche fuggitivo, decise di fare prima tappa al Lux.

«Ciao, Maze», la salutò allegro Patrick, mentre asciugava un bicchiere. «Hai già saputo la bella notizia». Più che una domanda sembrava un’affermazione.

«Di quale bella notizia stai parlando?» GLi chiese, avvicinandosi e battendo le unghie laccate sul bancone appena tirato a lucido.

«Il capo è tornato».

«Lucifer è tornato? Quando?» Chiese, sgranando gli occhi.

«Ieri sera. Con una bambina. Te lo immagini il capo con una bambina?»

Si guardò intorno, ma non lo vide, segno che era ancora nell’attico. Senza dire una parola all’amico, risalì le scale e si diresse verso l’ascensore.

Quando le porte si aprirono, lo vide girarsi di scatto, con un enorme sorriso su quella grandissima faccia da schiaffi: ««Oh, Maze!» Esclamò, con ancora il cellulare in una mano e l’altra a mezz’aria, nell’atto di premere lo schermo per la video chiamata. «Parli della demone e spuntano le corna».

«Tu e io abbiamo un conto in sospeso», Maze non si fece raggirare e avanzò verso di lui con aria minacciosa, facendo schioccare la lingua.

Lucifer si sbrigò a riporre il cellulare in una tasca e alzò le mani in segno di resa: «Calma Maze, sono il tuo re», cercò di rabbonirla, ma la donna non si fece intimorire, costringendo Lucifer a indietreggere e quasi a salire sul divano dalla preziosa pelle.

Amenadiel scoppiò a ridere: «Da quando in qua, i re scappano di fronte ai propri sudditi?»

«LuigiXVI, tanto per dirne uno», la penisola del divano l’aveva fatto accasciare e la voce risultò strozzata.

«Il quale è stato decapitato proprio dai suoi sudditi», Amenadiel si grattò la punta del naso, come per nascondere il riso sempre più irrefrenabile.

«Così non c’è gusto!» Gli urlò, invece, Maze: «Alzati e combatti».

«Non posso», confessò, «di là c’è una bambina che sta riposando e la sveglierei».

«Che ci fa una bambina qui da te?» Strizzò gli occhi, urlando.

«Sua madre è morta e io l’ho adottata», rivelò.

«L’hai già adottata?» Amenadiel rimase sconcertato, ma la voce di Maze si frappose alla sua: «Non ce l’ha un padre?»

«Sì, l’ho già adottata perché ti ricordo che, essendo fratelli gemelli, io e Kristiel abbiamo lo stesso cognome e non hanno fatto storie al riguardo. E sì, un padre ce l’ha ma ha abusato di lei in passato, oltre ad averne ucciso la madre», chiarì Lucifer, rimettendosi in piedi e aggiustandosi i gemelli.

«Aspetta, hai adottato la figlia di tua sorella, che è morta? Come si fa a uccidere un angelo? Non siete tutti immortali?» Maze si lasciò cadere su una poltrona – la più vicina ad Amenadiel.

«A quanto pare, l’amore ci rende vulnerabili, addirittura mortali. Nel mio caso, riguarda Chloe; nel caso di Kristiel, è probabile si tratti di sua figlia».

«Oh. E come pensi di fare, adesso?» Si informò, con un gilo di voce.

«Non lo so, ma la detective mi aiuterà», tornò a sorridere.

«E come?» Domandò, con le braccia appoggiate alle ginocchia divaricate e la schiena protesa in avanti.

«Costruendo una famiglia. Tra l’altro, Alma Lucinda e la progenia della detective hanno la stessa età», accavallò le gambe e distese le braccia dietro la testa, lungo lo schienale del divano.

«Una famiglia?»Maze appoggiò la schiena alla spalliera. «Ma se non riesci nemmeno a chiamare Trixie col suo vero nome», lo derise.

Lucifer si lasciò scappare una smorfia: «Imparerò». Quindi scattò in piedi e passò davanti all’amica e al fratello, ai quali raccomandò la bambina, prima di dirigersi all’ascensore.

«Dove stai andando?» Lo richiamò Maze.

Lui, che stava premendo il pulsante si bloccò: non aveva senso temporeggiare. Maze, dopotutto, non era solo una semplice guardia del corpo o l’amante di una notte. Così, espirando tutto il fiato che aveva nei polmoni, si fece coraggio e si girò lentamente: «Siediti Maze», la invitò.

Amenadiel capì al volo e le appoggiò una mano sulla spalla.

Spaesata, Maze guardò i due fratelli, prima Lucifer e poi Amenadiel: «È successo qualcosa a Chloe? O a Trixie? È per questo che sei tornato? O forse a Linda?»

«No, stai tranquilla», Lucifer si affrettò a raggiungerla, «Chloe sta benissimo, e abbiamo parlato ieri sera. Linda anche credo stia benissimo», e qui guardò suo fratello, che confermò.

«Siediti, però», la invitò di nuovo il padrone di casa.

Tremando, ubbidì.

«Si tratta di Eva», Lucifer era seduto sul bracciolo del divano e teneva gli occhi bassi.

«Che... che cosa le è successo?» Balbettò.

«Entrambi gli uomini fecero ruotare lo sguardo in giro per l’attico, alla ricerca delle parole esatte.

«Che cosa le è successo?» Strillò Maze.

«È morta», esalò infine Lucifer.

«Co... come... come è successo?» Non poteva essere vero, non Eva.

«La polizia sta ancora indagando», tergiversò Lucifer.

«È tornata in Paradiso?» Tirò su col naso.

«Non ne ho idea», ammise Lucifer, così come Amenadiel. A nessuno dei due fratelli venne in mente di evocare Azrael e se mai l’idea si fosse affacciata nelle loro menti, furono veloci ad eliminarla prima che si annidiasse in qualche parte del cervello. O almeno così credevano.

«Sono una cacciatrice di taglie», Maze si alzò in piedi, con l’eyeliner sciolto. «Troverò chi ha ucciso Eva e tu lo punirai», battè l’indice contro il petto di Lucifer.

«Per ora mi servi qui, con Alma Lucinda», le ordinò Lucifer, ora in piedi.

«No», si oppose lei. I due ex amanti si fronteggiarono.

«Ha ragioone Lucifer, Maze», cercò di farla ragionare Amenadiel: «nostra nipote è sotto shock per le violenze subite e ora avrebbe bisogno di stare più con una donna che con un uomo».

Maze chinò la testa, esalando un: «D’accordo» a mezza voce, tornando a sedersi sulla poltrona. «Dov’è la cucciola?»

«Nella tua vecchia camera», le indicò Lucifer. All’occhiata storta della demone, si affrettò ad aggiungere: «Tu non la usi più».

Sbuffando, Maze si alzò e si diresse verso la stanza, trovandovi la bambina accucciata nell’angolo più lontano dall’ingresso che si dondolava canticchiando una nenia.

«Ciao», la salutò.

La bambina non diede segno di averla sentita e la demone lo prese come un invito a raggiungerla.

Nel frattempo, Lucifer si diresse verso la centrale di polizia.

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N.d.A.: Come sempre, ringrazio tutt* coloro che hanno inserito la storia fra le seguite/ricordate/preferite e che lasciano un segno del loro passaggio, come anche chi legge in silenzio.
Mi sono divertita a scrivere alcune scene, anche se in alcuni punti Lucifer è risultato molto OOC, anche se descrivere la scena all'ospedale non è stato facile, per non infrangere il regolamento (ma il particolare mi serve per costruire l'intera storia) e rimanere entro il codice arancione.
Ricordo che la serie televisiva “Lucifer” attualmente di proprietà di Netflix e Warner Bros, da cui è tratta questa fanfiction, si basa sui personaggi del fumetto omonimo pubblicato dalla casa Vertigo e scritto da Mike Carey, con protagonista il personaggio di Lucifer, comprimario nel fumetto Sandman di Neil Gaiman, mentre l’Angelo dell’Amore Kristiel è una mia invenzione, così come Alma Lucinda.
Per chi fosse interessato, questa è la mia pagina Facebook: http://www.facebook.com/TheMiraesDream/ 

   
 
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