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Autore: E_ri_ko    22/05/2019    3 recensioni
[Kaze ga Tsuyoku Fuiteiru (Run with the wind)]
Un pomeriggio Haiji e Kakeru si ritrovano da soli nella cucina dell'Aotake.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Basta anche solo un altro passo
Ripetendo quel passo
I sentimenti che non riesco a esprimere a parole
Mi guideranno avanti


Mukai Taichi – Michi

Appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate, osservava Kakeru spignattare ai fornelli. C’erano vari post-it colorati attaccati alla mensola sotto la finestra e… da dove saltava fuori quel tablet in un angolo del piano di lavoro? Da quella posizione, non poteva vederlo in faccia, ma immaginava benissimo l’espressione seria che doveva avere mentre borbottava tra sé e sé il prossimo passaggio della ricetta che stava seguendo. Vederlo muoversi un po’ impacciato in un ambiente che gli era poco familiare gli faceva una tenerezza incredibile e Haiji voleva godersi quel momento il più a lungo possibile, per questo non aveva ancora fatto sentire la sua presenza. La magia, però, si spezzò quando per forza di cose il giovane corridore si voltò per prendere qualcosa sul tavolo e lo vide. Prima o poi sarebbe dovuto succedere, pensò rassegnato lo studente di letteratura.

«H-Haiji-san, non dovresti essere qui! » due grandi occhi azzurri lo fissavano sgranati.

Le espressioni sorprese di Kakeru erano sempre impagabili.

«Esclamazione interessante, Kakeru. Mi aspettavo un classico “Mi hai fatto prendere un colpo!” »

«Beh, anche quello, ma…»

«E sentiamo, dove dovrei essere?» lo interruppe il più grande, con un tono divertito nella voce.

«Beh, ecco… mi sembrava che tu avessi un seminario che durava fino a sera…»

Ed erano solo le quattro di pomeriggio.

«Uhm, sì. Però dopo aver rischiato di addormentarmi per tre volte ho pensato che fosse decisamente più proficuo tornare a casa e andare a correre un po’. Ma come mai sei così informato sui miei impegni? »

Kakeru si morse un labbro e distolse lo sguardo, come faceva spesso quando era in imbarazzo.

«N-Niente, è solo che mi pareva che oggi pomeriggio foste tutti occupati con qualcosa e così… così… » cominciò a rispondere fissandosi i piedi.

«E così hai pensato di preparare la cena per tutti. » gli venne incontro Haiji, ricevendo un cenno di assenso come risposta.

Era da un po’ che quell’idea gli passava per la mente. Durante il ritiro estivo, si era davvero reso conto di quanto tutti fossero stati pazienti con lui fin dal primo giorno in cui aveva messo piede all’Aotake e quindi voleva fare qualcosa per ringraziarli in qualche modo. Certo, era ben lontano dall’essere un cuoco provetto come Haiji, ma dandogli spesso una mano in cucina aveva cominciato a imparare qualcosa e per qualsiasi dubbio c’era sempre internet. Infatti, da quando aveva avuto quella pensata, nei ritagli di tempo libero cercava ricette semplici, alla portata anche di un tipo un po’ imbranato come lui, e prendeva qualche appunto. L’unica cosa che aveva continuato a ostacolare il suo piano fino ad allora era il fatto che al dormitorio ci fosse sempre qualcuno. L’estate aveva lasciato posto all’autunno senza che lui fosse ancora riuscito a combinare niente. Ma poi il tanto atteso giorno in cui finalmente avrebbe avuto campo libero era arrivato. Quella mattina aveva fatto il giro del quartiere commerciale per recuperare tutti gli ingredienti e nel primo pomeriggio si era messo all’opera. Sul tavolo c’era già qualche piatto pronto.

«È un pensiero davvero molto carino.» continuò il più grande varcando finalmente la soglia della cucina e appendendo la tracolla allo schienale di una sedia per poi sedersi.

«Ma no, non è niente di speciale, e poi bisogna ancora vedere se il risultato sarà commestibile…» cercò di minimizzare il moro tornando a dedicarsi a una pentola che si era messa a bollire e richiedeva la sua attenzione.

A quelle parole l’inconfondibile risata di Haiji risuonò nella stanza.

«Ma come siamo ottimisti!» lo canzonò. «Tranquillo, se non altro, tutti apprezzeranno l’impegno che ci hai messo. O almeno, io sicuramente.» concluse regalandogli uno dei suoi bellissimi sorrisi quando Kakeru si girò di nuovo verso di lui.

«Lo spero…» farfugliò un po’ a disagio per tutte quelle attenzioni improvvise. «Comunque, Haiji-san… da quant’è che te ne stavi lì senza dire niente?»

«Uhm… Più o meno da quando hai borbottato “Cavolo, ho saltato un passaggio.”» cosa che era successa un bel po’ di tempo prima.

Il viso di Kakeru, già arrossato a causa del calore dei fornelli, assunse una tonalità più intensa. La situazione si stava rivelando più imbarazzante del previsto. Sapeva che facendo una cosa del genere si sarebbe trovato al centro dell’attenzione e che non sarebbe stato facile avendo ancora qualche problema a relazionarsi con gli altri, ma si era preparato psicologicamente e poteva farcela. Ritrovarsi da solo con gli occhi di Haiji puntati addosso, invece, era tutta un’altra storia. Un fuori programma che stava mettendo a dura prova i suoi nervi.

«L-Lo sai che non si spia la gente, vero?» riuscì a controbattere.

«In teoria non ti stavo spiando, ero in bella vista. Sei tu che eri voltato di spalle e troppo concentrato per accorgerti che qualcuno era entrato in casa.»

«Adesso sarebbe pure colpa mia? E non metterti a cavillare.» sbottò l’altro.

Haiji rise di nuovo.

«Beh, non volevo disturbarti, stavo aspettando il momento giusto per farmi avanti.»

«Invece spaventandomi non mi hai disturbato per niente, certo.»

«Hai ragione, scusa.» ammise alzando le mani in segno di resa. Non poteva confessare che era rimasto lì a fissarlo perché lo aveva trovato tremendamente carino.

«A proposito di disturbare. Mi sono seduto perché immagino che tu non voglia il mio aiuto, ma se ti do fastidio, me ne vado.»

«Non mi dai fastidio, ma credevo volessi andare a correre.»

«Sì, ma mi sono ricordato che ho degli appunti da sistemare.» disse cominciando a spostare con cura qualche piatto per ritagliarsi un po’ di spazio sul tavolo. Quello degli onigiri attirò particolarmente la sua attenzione.

«Cosa hai messo negli onigiri?» chiese per poi aggiungere subito dopo «No aspetta, lo so! Tonno e maionese!»

Kakeru, che era tornato a rivolgere l’attenzione alle verdure sul tagliere, si voltò di scatto. «Come hai fatto a indovinare? » un’altra delle sue buffe espressioni sorprese dipinte sul viso.

«Mah, sarà perché un certo qualcuno mette quantità industriali di maionese persino sul mio meraviglioso riso al curry. Ti ho visto, sai?» lo punzecchiò. Se non apprezzi il mio curry, puoi dirmelo. Non mi offendo per così po…»

«No, non è così!» si affrettò a rispondere il più piccolo. «Il tuo curry è buonissimo, Haiji-san… Tutto quello che cucini lo è! » aggiunse poggiando di nuovo lo sguardo da qualche altra parte. «È solo che per me è un po’ troppo piccante, ecco…» si giustificò.

«Ah, capisco. Allora la prossima volta vedrò di farlo più dolce o di aggiungerci della panna, magari, dovrebbe risultare meno piccante così. Ed è un’ottima idea per cambiare un po’.»

«Ma no, non serve che ti disturbi solo per me. Agli altri piace così com’è, quindi davvero…»

«Kakeru.» lo interruppe il più grande. «Non è un disturbo. Tutti abbiamo qualcosa che non ci piace. E del resto quando si è in molti è difficile riuscire ad accontentare sempre tutti, non trovi? I compromessi fanno parte della convivenza.»

«Sì, è vero, ma…»

«Niente “ma”. Se c’è qualcosa che non ti piace, dimmelo. Siamo d’accordo?»

«Sì…»

«Bravo. E adesso ti lascio lavorare in pace.» concluse soddisfatto, tirando fuori il quaderno dalla borsa e ognuno tornò a dedicarsi alla propria occupazione.

Per un po’ la cucina rimase immersa in un silenzio disturbato solo dal rumore di pentole e padelle sul fuoco, dal fruscio delle pagine che venivano girate e da qualche sbuffo di Kakeru. In quelle occasioni, Haiji sollevava lo sguardo dal quaderno per osservare un attimo la situazione, sempre pronto a intervenire in caso di necessità. Il giovane prodigio dell’atletica, però, sembrava fermamente determinato a non chiedere il suo aiuto e lui lo lasciava fare.

Solo quando sentì un sospiro più esasperato degli altri si lasciò sfuggire di bocca qualche parola.

«In realtà gli onigiri con tonno e maionese sono anche i miei preferiti. Mia mamma me li preparava sempre come spuntino, sai?» lo disse senza nemmeno distogliere l’attenzione dal quaderno.

Kakeru, che in quel momento stava sistemando degli involtini su un piatto da portata poggiato sul tavolo, si bloccò, ma non alzò subito lo sguardo. Non sapeva bene come comportarsi di fronte a quella confidenza improvvisa. Era rarissimo che Haiji parlasse del suo passato e della sua famiglia e così si era fatto l’idea che forse anche il più grande non andasse molto d’accordo con i suoi, proprio come lui. Però non aveva mai osato chiedergli niente. Un po’ perché tendenzialmente non era uno che ficcava il naso negli affari degli altri, ma soprattutto perché capiva bene il desiderio di non voler rivangare il passato.

«Ed è… un ricordo bello… o brutto?» trovò finalmente il coraggio di domandare, nonostante la paura di stare per calpestare una mina.

Haiji alzò lo sguardo sorpreso, ritrovandosi faccia a faccia con Kakeru che lo stava guardando in attesa di una risposta. Non si aspettava una domanda del genere. Con quella piccola confessione aveva solo cercato di incoraggiare il più piccolo. Evidentemente c’era qualcosa che non stava venendo come avrebbe voluto e lui sperava che fargli sapere che uno dei suoi piatti era gradito gli avrebbe dato un po’ di fiducia. Invece adesso nei suoi occhi leggeva solo la paura di averlo ferito facendogli ricordare qualcosa di spiacevole.

«Scusa, non volevo… non avrei dovuto…» si affrettò a dire il moro facendo per voltarsi verso i fornelli, ma Haiji fu più veloce di lui e lo afferrò per un polso bloccandolo.

«Non devi scusarti, non hai detto nulla di male.» gli disse per tranquillizzarlo. «Ti va di sederti un attimo?» chiese lasciandogli andare il polso.

Kakeru annuì e si sedette al tavolo con lui.

«In effetti è strano sentirmi parlare dei miei genitori, vero?» cominciò a dire ricevendo un altro cenno di assenso. «Scusa, non volevo spaventarti. Oggi è già la seconda volta, eh?»

Kakeru sorrise lievemente scuotendo la testa come per dire che non era niente.

«So che hai capito che non parlo volentieri di me e che sei sempre molto attento a non dire nulla di inopportuno, e lo apprezzo davvero tanto. Ma non devi stare sempre così sulle spine per paura di ferirmi. Voglio che tu ti senta libero di dire e di chiedere quello che vuoi quando sei con me, d’accordo?»

Un altro cenno di assenso.

«Questa situazione mi ricorda i pomeriggi passati a leggere al tavolo della cucina, mentre mia mamma preparava la cena, sai? Non potendo correre, mi rifugiavo nella lettura e quando ero troppo stanco per continuare a leggere mi piaceva guardarla mentre cucinava. Quindi, per rispondere alla tua domanda, diciamo che è un ricordo un po’ agrodolce, ma bello.»

«Allora ti ha insegnato lei a cucinare?» azzardò l’altro.

«Sì un po’ mi ha insegnato lei e un po’ ho imparato osservandola. Proprio come stai facendo tu, guardando me.»

Kakeru sentì le guance andargli a fuoco e il cuore battergli più forte, ma riuscì a mantenere il contatto visivo con Haiji, che lo guardava con un sorriso dolcissimo sulle labbra. Non era sicuro che stessero ancora parlando solo di cucina.

Stando accanto ad Haiji in quei mesi, non aveva imparato solo come tagliare le verdure o preparare il brodo, aveva imparato qualcosa di più sulla corsa, su se stesso e su come stare al mondo. Era tornato sulla strada giusta, dopo aver corso per molto tempo lungo quella sbagliata.

«Haiji-san… Io voglio…» cercò di dire qualcosa anche lui, ma ancora una volta le parole che continuava disperatamente a inseguire erano troppo lontane e inafferrabili.

Già, che cosa voleva? Il punto era che non lo sapeva bene nemmeno lui. Perché i suoi occhi finivano per posarsi sempre su Haiji? Perché cercava così tanto la sua approvazione? I suoi sentimenti erano ancora troppo confusi perché riuscisse a esprimerli. C'erano ancora troppe cose che non capiva.

«Sssh.» Haiji gli avvolse una guancia con la mano, poggiando il pollice sulle sue labbra. «Non sforzarti, va bene così. Non c'è fretta.» lo rassicurò, sorridendogli di nuovo.

Il più grande sapeva che c’era qualcosa di importante tra di loro. Un sentimento a cui Kakeru non era ancora riuscito a dare un nome, ma che traspariva nei suoi gesti e nelle piccole attenzioni che gli dedicava. Doveva solo avere pazienza e aspettare. Un passo alla volta quei sentimenti ancora acerbi lo avrebbero guidato fino a lui e finalmente sarebbero sbocciati.

Kakeru alzò timidamente una mano per posarla su quella dell’altro e chiuse gli occhi. Rimase così finché non sentì che il battito del suo cuore stava tornando regolare.

«Grazie.» riuscì solo a sussurrare. Grazie di aspettarmi.

Haiji gli regalò un altro sorriso e fece scivolare la mano sulla sua spalla stringendola lievemente.

«Forza, adesso rimettiti all’opera.» disse soltanto.

Kakeru ubbidì e tornò a dedicarsi agli ultimi preparativi, visibilmente più sereno.

Quando finalmente finì di preparare il piccolo banchetto di ringraziamento per la tribù dell’Aotake, mise sul tavolo due tazze di tè e un piattino con un paio di onigiri, e senza dire niente si sedette accanto ad Haiji.

Presto la cucina si sarebbe riempita con le voci degli altri. Mentre mangiava il suo onigiri, Haiji poteva già sentire i commenti chiassosi dei gemelli e quelli ammirati di Shindo e Musa, e vedere il senpai Nico-chan che scompigliava i capelli di Kakeru guadagnandosi un’occhiataccia.

Ma fino ad allora quel momento era tutto per loro.

Andava bene così. Per adesso, bastava così.

Un passo alla volta.

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Erano più di dieci anni che non scrivevo una fanfic, ma questi due sono troppo belli e mi hanno fatto venire voglia di riprovarci.
Grazie di aver letto questa piccola fic senza pretese!
  
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