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Autore: SusyCherry    25/05/2019    5 recensioni
«Devi assolutamente imparare a nuotare, è assurdo che un ragazzo della tua età non sia in grado di farlo.»
Così era iniziato tutto, con sua madre che lo ossessionava per convincerlo a iscriversi in piscina e Sherlock che l’aveva ignorata fino a che non era sopraggiunto Mycroft.
[...]
Ed ecco perché si trovava lì, in accappatoio e ciabatte, sul bordo di una piscina invasa da bambini urlanti, con cuffia e occhialini in una mano e nessunissima intenzione di entrare in acqua.
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Storia già terminata.
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[Storia scritta per l’evento "Merry Christmas!" del gruppo facebook "Johnlock is the way... and Freebatch of course!"]
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti. Avrei voluto pubblicare questo capitolo prima, ma tra le varie cose mi sono anche ammalata e avendo la febbre alta non avevo proprio la forza di rileggere e pubblicare. In ogni caso arriva prima dei tempi standard a cui ormai mi sto attenendo! Dovete ringraziare soprattutto K_MiCeTTa_K che mi ha gentilmente invitata a muovere il cul...a darmi da fare. No scherzo, lei è stata dolcissima e vedere che c'è gente che aspetta con tanto entusiasmo il nuovo capitolo mi ricorda davvero che devo darmi una mossa. Ma passiamo al capitolo, come vi avevo annunciato è più corto rispetto agli altri, ma non sapevo davvero come altro dividere la storia. Ho provato a vedere se potevo tagliare in un momento diverso, ma non era possibile, ho provato anche a rimpolparlo, ma essendo una storia ormai completa non è semplice per me intervenirci su. Quindi spero mi perdonerete questo capitolo piccolo. Ci avviamo verso la fine della storia, dopo di questo ci saranno altri due capitoli, ma l'ultimo è un po' slegato da tutto il resto da un certo punto di vista (non a caso sono ancora indecisa se pubblicarlo come ultimo capitolo o come shot a parte). Questo è il massimo dell'angst che sono in grado di produrre (ed è un livello davvero misero), non che mi ci sia davvero impegnata, il mio intento era quello di scrivere una storia serena, piuttosto che elaborare qualcosa di triste o sofferente. Volevo raccontare una storia, questa storia e volevo esprimere sentimenti positivi. Alla fine dovrete dirmi voi se il risultato complessivo sarà positivo. Ok la smetto qui altrimenti questa introduzione sarà più lunga del capitolo stesso. Ringrazio le fantastiche persone che stanno recensendo (cercherò di rispondere a tutti quanto prima, come vi dicevo ho avuto qualche problemino), chi sta resistendo, chi ha inserito la storia in qualche categoria e le meravigliose ragazze che mi dicono cose belle (e che a volte mi bestemmiano). Buona lettura!




Erano i primi giorni di gennaio quando la piscina riaprì, ma questa era più vuota del solito. Il freddo, i pranzi e le cene abbondanti e l’atmosfera di festa che ancora si sentiva nell’aria non invogliavano la gente a fare attività fisica, quanto piuttosto a restare in panciolle sul divano, magari in famiglia e con una bevanda calda tra le mani. Questo però non valeva per John e Sherlock che avevano atteso quel momento con grande impazienza, nell’aspettativa di rivedersi. Tra Natale e Capodanno erano riusciti ad incontrarsi qualche volta, ma molto meno di quanto desiderassero, dovendosi accontentare di qualche messaggio inviato tra una portata ed un noioso discorso con parenti vari. Perciò il sentimento che prevalse nel rivedersi fu la gioia, come una sorta di promessa mantenuta. Arrivarono entrambi in perfetto orario e si salutarono nello spogliatoio, cambiandosi insieme e chiacchierando delle vacanze appena trascorse, tra buffi aneddoti e drammi famigliari, che non mancano mai in una buona festa che si rispetti.

Si diressero verso la piscina e stavano ancora parlottando tra loro ridendo complici quando un gridolino attirò la loro attenzione. Nemmeno il tempo di voltarsi che una ragazzina all’incirca della loro età era saltata addosso a John, portandogli le braccia al collo e abbracciandolo stretto.

«John! Finalmente! Non sai quanto ho penato per trovarti. Ho dovuto fare un giro assurdo di persone per sapere i tuoi turni in piscina.»

«Ciao Jeanette, che ci fai qui?» domandò John leggermente a disagio.

«Mi sono iscritta anch’io, così potremo nuotare insieme. Non è fantastico?»

«Ehm, sì certo, certo.»

John si girò verso Sherlock con sguardo affranto mentre quest’ultimo aveva osservato la scena con la sua tipica aria glaciale e disinteressata.

«Jeanette ti presento Sherlock, un mio amico» provò John, ma era chiaro che a nessuno dei due potesse interessare meno dell’altro. Si salutarono svogliatamente e la ragazza tornò a dedicare tutte le sue attenzioni al biondo.

Avanzarono insieme appendendo gli accappatoi all’attaccapanni, dopodiché John si avvicinò a Sherlock per aiutarlo come al solito ad indossare la cuffia.

«Jooohn! Aiuti anche me? Ho i capelli troppo lunghi!»

«Un attimo, finisco con lui e arrivo» rispose già evidentemente seccato. Il tono non lasciava dubbi e, se anche quello non fosse bastato, il movimento con gli occhi che fece all’udire la voce della ragazza fu molto più che esplicativo.

«Dai tuffiamoci insieme!» esclamò una volta che il ragazzo ebbe terminato con l’aiutarla e, senza nemmeno attendere una sua risposta, gli strinse la mano e lo trascinò verso la vasca. John, spiazzato dalla situazione e momentaneamente incapace di pensare a un modo per scollarsela di dosso, non oppose molta resistenza facendosi trascinare in acqua. Sherlock, che aveva osservato tutta la scena con aria severa, strinse le labbra in una linea dura e si portò verso la scaletta discendendo lentamente in acqua. Arrivato nella sua corsia, quella media, incominciò a prepararsi per l’allenamento del giorno. Era infastidito da tutta quella situazione, ma voleva innanzitutto capire che rapporto ci fosse tra i due prima di agire in qualunque modo. John non sembrava felice della presenza della ragazza, ma questa agiva con una certa naturalezza e, per quanto irritante lei potesse essere, molto più probabilmente significava che c’era stato qualcosa tra i due.

Entrambi riemersero e lei non perse occasione per avvinghiarsi a lui, palesemente puntando alle sue labbra, anche se John prontamente si scostò. Questo confermò i dubbi del moro, c’era stato del tenero in passato tra i due. Sicuramente c’era stato un bacio, forse era stata la sua ragazza, chissà. Chiaramente la situazione non si era chiusa in maniera netta, visto che questa Jeanette ancora nutriva delle speranze.

Dedurre la situazione lo gettò in uno stato di sconforto, per cui decise di indossare gli occhialini e partire con il riscaldamento, non voleva osservare quei due un attimo di più. Faceva troppo male.

Nuotò più veloce del solito e una volta terminato il primo step si fermò a riprender fiato con il cuore che batteva a mille. Non era del tutto certo fosse solo a causa dello sforzo fisico.

John attirò la sua attenzione, si era spostato dall’altra corsia media in cui si era tuffato con l’impiastro a quella rapida, che si trovava tra quella di Sherlock e quella in cui ancora era Jeanette. Il resto della piscina era completamente vuoto, persino l’addetto al salvataggio si era defilato da qualche parte, forte dello scarso affollamento di quel giorno.

«Cerca di rallentare, altrimenti non lo reggi tutto il programma. E migliora il movimento del braccio durante la bracciata, ricorda come abbiamo fatto l’ultima volta.»

Sherlock si voltò ad osservarlo, il nervosismo per quanto osservato l’aveva distratto da tutto il resto, ma non voleva deludere l’amico. Annuì riconoscente, John continuava a preoccuparsi di lui.

«John perché non aiuti anche me? Dammi qualche dritta su!» si intromise l’intrusa.

«Ora non posso Jeanette, la mia pausa è durata fin troppo, magari dopo ok?» e dettò questo ripartì in tutta fretta, prima che la ragazza avesse modo di rispondere.

«Uffa però, non è giusto.»

Sherlock la guardò ancora un attimo. Era carina, l’aveva osservata prima. Aveva un bel fisico, con le forme al punto giusto che risaltavano grazie ad un costume intero che la fasciava perfettamente. Pensò a se stesso, alla sua magrezza, al suo fisico maschile. Cosa aveva di bello lui? Nulla. Come poteva anche solo minimamente pensare di competere? Non aveva niente da offrire a John, niente. Non un seno sodo, né dei fianchi morbidi in cui affondare le dita o magari i denti. Nessun sorriso radioso o aria sbarazzina, nulla che esprimesse sensualità o provocasse desiderio. Non era gentile, né simpatico, né amabile. Guardava lei, morbida, provocante, desiderabile. E poi guardava se stesso, il suo corpo ossuto e sgraziato. Niente di lui era attraente, non il suo fisico, tantomeno la sua personalità. John non avrebbe mai potuto innamorarsi di qualcuno come lui.

Depresso da questi pensieri ricominciò a nuotare, ma era distratto, continuava a fare errori e non riusciva a tenere il ritmo.

A metà allenamento John gli si riavvicinò, preoccupato delle sue condizioni.

«Va tutto bene? Ti fa ancora male la caviglia?»

«No John, sto bene. Sarò un po’ fuori forma a causa delle feste, non preoccuparti.»

«Sicuro?» John non sembrava molto convinto della risposta. In ogni caso non ebbero modo di approfondire l’argomento perché Jeanette li interruppe nuovamente reclamando attenzioni. Era chiaro che John si stava innervosendo, ma non voleva essere eccessivamente duro e questa fastidiosa ragazza sembrava proprio non voler recepire i nemmeno tanto velati messaggi che il biondo le mandava.

Pur di togliersela di dosso per un po’ John accettò di aiutarla, dandole qualche suggerimento e sistemandole la postura, anche se Sherlock notò che lei stava volutamente sbagliando alcune cose.

Se John aveva sperato che questo gli desse un po’ di tregua si sbagliava di grosso perché Jeanette non perdeva occasione per civettare con lui, intromettendosi ogni qual volta provava a scambiare due parole con l’amico. Il culmine fu raggiunto quando la ragazza oltrepassò la propria corsia occupando quella del biondo, per andare ad abbracciarlo da dietro. John era veramente stanco di questa invadenza, quel modo di fare lo esasperava, motivo per cui se la staccò di dosso e riprese a nuotare in un tentativo di fuga.

«Non dovresti importunarlo in questo modo, sta seguendo un allenamento» le fece notare Sherlock.

«Io non lo sto importunando!»

«A me sembra proprio di sì.»

John ritornò indietro senza fermarsi e la ragazza fu costretta a passare nella corsia del moro per continuare a discutere con lui senza rischiare di essere travolta dall’altro.

«E tu che ne sai scusa? Non sto facendo nulla di diverso da te, gli sto semplicemente chiedendo aiuto» continuò, sempre più ostile.

«Con la semplice differenza che io non lo interrompo, è John che quando ha tempo mi dà una mano, ma io non mi sono mai permesso di chiedergli niente e soprattutto non lo infastidisco mentre sta nuotando. Hai addirittura invaso la sua corsia!»

Jeanette gli riservò uno sguardo di puro odio prima di cambiare radicalmente espressione, sorridendogli freddamente. Col senno di poi Sherlock ammise a se stesso che avrebbe dovuto riconoscere il pericolo.

«Sai, sei simpatico» gli disse prima di poggiargli entrambe le mani sulla testa spingendolo sott’acqua. Sherlock si sentì improvvisamente sprofondare, l’acqua che lo avvolgeva ormai ovunque. Durante la pausa si era tolto gli occhialini e ora sentiva il cloro che gli bruciava gli occhi, che si muovevano frenetici cercando disperatamente una via di fuga.

Provò a divincolarsi, muovendo mani e piedi cercando di spostarla, ma la presa era salda e lo spingeva giù. Un sordo terrore si impossessò di lui, sentiva l’aria mancargli e illogicamente i suoi polmoni gli ordinarono di respirare, anche se la sua mente sapeva che era solo acqua quella che avrebbe inspirato. E così fu e la sensazione di tutta quell’acqua che gli entrava in bocca e nel naso lo gettò nella disperazione, mentre sentiva le forze che venivano meno. Avrebbe mai lasciato la presa? No, rispose il suo cervello in preda al panico, sarebbe morto affogato lì, ormai ne era certo. E John dov’era in tutto questo? Ebbe a malapena il tempo di pensarlo che avvertì la presenza di qualcun altro accanto a loro e la presa opprimente sulla sua testa d’un tratto sparì. Sentì anche due braccia che decise lo prendevano tirandolo su e finalmente potette di nuovo tornare a riempire i suoi polmoni d’aria, tossendo violentemente per tutta l’acqua inalata.

«Ma sei impazzita?» sentì urlare una voce conosciuta «Potevi ucciderlo!»

«Quante storie. Stavo solo scherzando.»

«Solo scherzando? Ma che hai nella testa! Lo stavi affogando!»

Sherlock mise lentamente a fuoco la situazione, vide John che lo teneva vicino a sé mantenendogli la testa fuori dall’acqua e vide Jeanette, che con aria annoiata galleggiava poco distante da loro. John si era interposto tra loro come a voler proteggere l’amico da quell’orribile ragazza che aveva rischiato di farlo annegare.

«Avanti Sherlock diglielo anche tu che era solo un gioco.»

Sherlock la guardò con astio e sentì la rabbia montargli su. Era ancora molto spaventato da ciò che era successo poco prima e sentiva le guance bagnate, se di lacrime o di gocce d’acqua non lo sapeva.

«Lasciatemi in pace entrambi!» urlò con voce resa roca dall’acqua e dal cloro ingurgitato. Era arrabbiato con quella terribile ragazzina, era arrabbiato con John che l’aveva baciata o era stato con lei, era arrabbiato con sé stesso per una serie infinita di motivazioni. Si scostò bruscamente da John dirigendosi verso la scaletta, come aveva potuto John tradirlo in quel modo? E dire che lui si era così tanto fidato di lui, gli aveva dato il suo cuore, il suo amore, il suo affetto incondizionato.

John restò pietrificato in un primo momento, incapace di capire cosa avesse fatto, ma poi si riscosse e seguì l’amico cercando di fermarlo, per lo meno per capire se stesse bene.

«Sherlock aspettami!» provò a bloccarlo per un braccio ma il moro si scostò infuriato intimandogli di non seguirlo. Appena messo piede fuor d’acqua aveva sentito un dolore lancinante nella caviglia: mentre cercava di divincolarsi doveva aver sbattuto il piede contro qualcosa e ora la caviglia era tornata a gonfiarglisi e a fargli male. Zoppicò tristemente verso l’uscita, intenzionato a non rimettere mai più piede lì dentro.

«Sherlock ti sei fatto male, non puoi tornare a casa da solo. Permettimi di accompagnarti.»

«Già mi sono fatto male, indovina per colpa di chi. Non seguirmi John e non preoccuparti, chiamerò Mycroft e mi farò venire a prendere da lui. Da oggi non sono più un tuo problema.»

John restò impalato lì, con la bocca spalancata e gli occhi pieni di disperazione.

Era finito tutto.





Note: Se vi state chiedendo se la cosa che succede a Sherlock è fisicamente possibile vi dico di sì, è stata tristemente testata in prima persona visto che è un qualcosa che mi è successo anni fa. Purtroppo non c'era nessun John da contendersi, l'artefice di tale gentilezza semplicemente la riteneva una cosa divertente. Non era nemmeno bullismo perché era una mia amica, pura e semplice stupidità. 




 
   
 
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