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Autore: _Cthylla_    01/06/2019    0 recensioni
[COMPLETA || Ambientata in Transformers: Armada. Purtroppo su questo sito manca il contesto giusto, quindi si fa quel che si può, se il Dio Esterno Yog Sothoth vuole!]
Come inizia la storia del Deviant Team nell'Universo Armada? Con la ricerca di una particolare vernice rosa nella base lunare sbagliata.
Tra il quasi furto di una certa Spada Stellare, tra follie e pollerie, pericolosissimi titani planetoidi e oscure divinità che si manifestano più o meno concretamente, riusciranno Mintaka, Deathstar, Stylequeen, Pkangu e Zoira a sopravvivere a tutto ancora una volta grazie al PDBDC?
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Megatron, Optimus Prime
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Transformers Animated
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Deviant Team: Madness is Everywhere!'
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Seduta accanto al fuoco di un bivacco in una zona di Cybertron devastata ma al momento tranquilla, Zoira -femme jetformer colorata di vari tipi di azzurro e membro più “normale” del Deviant Team- stava osservando il cielo da qualche minuto.
Anzi, no: non era il cielo l’oggetto delle sue attenzioni, quanto piuttosto la luna di Cybertron, o meglio, quella che fino a quel momento avevano tutti conosciuto come tale.
Normalmente i satelliti erano inerti, non iniziavano a tremare e spaccarsi, né facevano fuoriuscire corna metalliche dalla loro superficie, quelle di un mostro dal nome ancora sconosciuto e che di inerte non aveva proprio niente.
 
«Io mi chiedo ancora cosa sia quell’affare lassù. Come se il casino tra Autorobot e Decepticon non fosse stato già abbastanza».
 
«Direi che “quell’affare lassù” sia, principalmente, lo stronzo per colpa del quale abbiamo dovuto scappare via dalla base militare abbandonata» disse in tono neutro Pkangu, jetformer grigio e verde nonché unico maschio del gruppo «In ogni caso penso di poter dare una risposta parziale alla tua domanda: le informazioni che sto prendendo dai database degli Autorobot» sollevò il datapad che aveva in mano «Dicono che il nome di quel coso è “Unicron”. Parlano di voglia di distruzione generalizzata e poteri di vario tipo. La sua esistenza è quasi più incredibile del fatto che per una volta Deathstar e Mintaka non c’entrino nulla con questo casino…»
 
«Cadendo nella bocca, o qualunque cosa sia quell’affare che Unicron ha tra un corno e l’altro, non avresti fatto un soldo di danno. Sappilo!» esclamò Deathstar, aggiungendo l’universale gesto del dito medio.
 
«Avrei dovuto lasciare che lì dentro ci cadessi tu, se mai, come c’è mancato poco che accadesse dato che non voli» ribatté lui «Questo sì che non avrebbe fatto un soldo di danno!»
 
La base militare abbandonata in cui si erano nascosti era situata proprio sulla luna di Cybertron, a poche decine di metri da dove la “bocca” -o quel che era- di Unicron era fuoriuscita dal terreno. Tutto quel che aveva potuto fare il gruppo era stato andarsene in fretta e furia agguantando quel che aveva potuto agguantare, e se ci erano riusciti era stato grazie a Pkangu e Zoira che avevano portato via in volo le altre tre.
Il terremoto che aveva devastato l’area aveva fatto crollare il soffitto e le pareti sul teletrasporto a lungo e corto raggio, purtroppo, nonché sull’astronave che avevano utilizzato prima del trasferimento nella base.
 
«Ti ho già ringraziato per il salvataggio, ma ricordami un po’chi ha trovato questo posto per il bivacco, con tanto di scorte di cubi di energon in questi palazzi vicini mezzi crollati? Io e Mintaka! Già! Io e lei! Non tu! Tu eri troppo impegnato a creare nuovi filtri per le foto che ‘Queen mette su InstaCybertron!»
 
«Ho fatto anche quello, non “solo” quello, ok?! Voi avete trovato questo posto ma sono io quello che tiene tutti aggiornati in tempo reale sulle “zone calde” in cui i due eserciti -ma più che altro i Decepticon dal momento che ormai controllano Cybertron quasi del tutto- fanno maggiore casino. Zoira, se vuoi leggere personalmente i dati che ho trovato prendi il datapad, io dormo. Svegliami solo se serve» concluse Pkangu, sdraiandosi bocconi e poggiando la testa sulle braccia conserte.
 
L’attimo dopo era già addormentato, e Deathstar era pronta a disegnare su di lui con un pennarello nero.
 
«Deathstar, no» la fermò Zoira.
 
«Ma Zooooiraaa….»
 
«Non sei più una protoforma da tanto tempo, su».
 
Nel ricordarlo a Deathstar, Zoira lo ricordò anche a se stessa.
Sebbene su Cybertron fosse sempre stata presente un po’di tensione tra i due “poli” principali, le cui capitali erano Kaon e Iacon, e tra le rispettive milizie -che in seguito si erano infoltite anche grazie a metodi di riproduzione non naturali ma più veloci- Zoira poteva ricordare che i tempi in cui Megatron non aveva ancora scatenato la guerra erano stati belli.
Amava molto il suo pianeta, vedere come si era ridotto sarebbe stato come ricevere una pugnalata alla Scintilla ogni santo giorno se la presenza del resto del gruppo e le distrazioni che essa comportava fossero venute a mancare.
Quando si soffermava a riflettere sul gruppo, Zoira si rendeva conto di essere quasi fortunata. Aveva perso molti dei suoi cari, come tutti quanti, aveva perso la casa dove aveva vissuto da giovane -di nuovo, come tutti quanti- e aveva perso qualsiasi prospettiva di carriera al di fuori di una in uno dei due eserciti; tutto molto spiacevole ma in quella tragedia generalizzata riusciva a rendersi conto che, da quando il Deviant Team era diventato la sua unica famiglia, aveva vissuto in una sorta di… bolla.
Erano consapevoli che fosse in corso una guerra di proporzioni epiche, eppure erano costantemente tagliati fuori da quest’ultima. Nei milioni di anni in cui era scoppiata e andata avanti, e anche nei quattro di “tregua”, non avevano fatto altro se non vagare raminghi nello spazio e venire coinvolti in assurdità varie che con Autorobot e Decepticon non avevano avuto a che fare -eccetto quelle due volte sulla Terra- e dalle quali erano usciti quasi o del tutto senza danni fisici; e anche adesso, nonostante si trovassero sul pianeta che era lo scenario principale del conflitto, se avevano visto delle battaglie era stato solo da lontano, e solo prima che Deathstar e Mintaka trovassero il loro attuale rifugio. 
Quanti altri Transformers presenti su Cybertron in quel momento potevano permettersi di guardare il cielo, di dormire tranquillamente, di farsi fare fotografie e video da mettere sui social e fare stupidaggini in generale senza temere di essere uccisi? Ben pochi. Forse, a parte loro, nessuno.
 
«Vado a vedere che combinano ‘Queen e ‘Taka. Ormai sono in giro a fare foto da dieci minuti» osservò Deathstar, stiracchiandosi.
 
«Ne avranno ancora per parecchio. Sai com’è fatta Stylequeen, se la foto non è perfetta te la fa rifare anche sedici volte. La pazienza di chi si presta a questo» in quel caso di Mintaka, solitamente di Pkangu «È impressionante».
 
«Eh, abbastanza» annuì Deathstar, allontanandosi dal bivacco «STYLEQUEEEEEEEEEN! MINTAAAAAKAAAAA!»
 
«SIAMO QUAAAAAAA!»  sentì strillare Mintaka, da un punto indefinito alla sua sinistra.
 
La jetformer raggiunse le due amiche con una breve corsa, trovando Mintaka intenta a scattare foto a Stylequeen, poggiata in una posa plastica contro un muro semi diroccato.
 
«Deathstar, vieni qui! Facciamo qualche foto insieme» disse Stylequeen «Almeno ne ho più da mettere in coda».
 
La femme fece spallucce. «’kay».
 
«Poi però non ti lamentare se ti scrive gente…» disse Mintaka.
 
Improvvisamente scazzatissima, Stylequeen abbandonò la posa plastica. «La “gente” in questione è stata permanentemente bloccata grazie a Pkangu, non scrive più senz’altro! Dove Megatron-»
 
«Ora è Galvatron».
 
«Trovi il tempo di stare su InstaCybertron a rompere le scatole lo sa solo lui» continuò l’altra «E comunque, Megatron o Galvatron che sia ha sempre abbinamenti di colore che non stanno né in cielo né in terra: devo ancora capire come sia possibile, ma sta di fatto che dopo il recolor è perfino peggiorato! Ma come si fa?!»
 
Deathstar, guardando un punto indefinito all’orizzonte, fece spallucce. «Concordo col dire che stava meglio prima ma anche così non è tanto male, dai…mh?»
 
«’Star? Visto qualcosa di strano?» le domandò Mintaka, avvicinandosi.
 
«Se mai “qualcuno”, anche se me lo ricordavo con colori diversi. Non è mica quel Decepticon che ci ha fatte fuggire l’altra volta, quello a cui una volta tornate avevo appioppato quel soprannome…»
 
«Starscream, alias “Allegria”?» suggerì l’amica.
 
«Esatto!» confermò Deathstar «Allegria! Mi ero proprio dimenticata di-»
 
«Cosa gli hanno fatto? Cos’hanno fatto alla sua armatura?!» allibì Stylequeen guardando con occhi sgranati il Decepticon,  troppo lontano o troppo preso dai propri pensieri per udire chiunque «Ma come lo hanno colorato?! È inaccettabile! Non esiste proprio!»
 
«’Queen, dove stai-»
 
«Non posso restare qui a guardarlo andarsene in giro in quel modo, devo intervenire e ripristinare i suoi colori originali! E non cercate di farmi cambiare idea! La mia è una missione sacra! Sacra!» sentenziò la femme, lanciandosi di corsa verso il suo obiettivo «STARSCREAM DEI DECEPTICON FERMATI IMMEDIATAMENTE!»
 
Il seeker trasalì, voltandosi nella direzione da cui aveva sentito provenire quello strillo femminile e trovandosi davanti le ultimissime persone che avrebbe mai potuto pensare di incontrare in quel frangente.
C’era un motivo molto serio per cui si trovava in quel posto: tra un po’di tempo Galvatron e Optimus si sarebbero incontrati a breve a poca distanza da lì, ed era sua intenzione cercare di smuovere la coscienza del proprio leader per convincerlo ad allearsi con Optimus.
Oltre a questo, dopo una lunga serie di riflessioni tormentate, stava andando lì per chiudere una certa storia: la propria.
Persona fin troppo onorevole, Starscream non si era ancora perdonato per il breve periodo che aveva trascorso con gli Autorobot. Non importava che in seguito fosse tornato all’ovile, né importava che si fosse ribellato per un’esasperazione del tutto “umana” e altrettanto giustificata: molto tempo addietro lui aveva fatto a Megatron un giuramento di fedeltà, un giuramento che poi aveva spezzato, cosa per cui riteneva di dover ricevere la massima punizione.
 
In parole povere, stava andando a farsi ammazzare e quella passeggiata era l’ultima prima di una condanna a morte che aveva scelto da solo di farsi infliggere.
 
«Tu non vai da nessuna parte con questa faccia rossiccia, mi hai capita?!»
 
Ed ora quelle tre erano lì, davanti a lui, e quella schizzata tutta rosa sembrava avercela con i colori della sua armatura. Assurdo. Il solo motivo per cui non pensava di star delirando era che le aveva già viste in azione sulla Terra: che fossero illese, libere e intente a gironzolare su quel pianeta devastato non era più improbabile dei meteoriti o del disastro nella polleria.
 
«Galvatron e Optimus tra un po’si incontreranno a relativamente poca distanza da qui. Vi consiglio di andarvene di corsa dalla parte opposta del pianeta».
 
«Oook, grazie. Solo una cosa: se Optimus e Galvatron si incontrano a breve avrebbe più senso che tu fossi col tuo capo, quindi come mai sei qui in giro da solo?» gli chiese Mintaka.
 
«Potrei farvi la stessa domanda, se non immaginassi una risposta poco sens-»
 
«Noi siamo qui per colpa di quello» disse Deathstar, indicando Unicron nel cielo «La base militare abbandonata in cui ci eravamo trasferiti stava sulla luna di Cybertron, che a quanto pare non è una luna ma è una specie di mostro».
 
«Eravate lassù?!... chissà perché sono meno stupito del dovuto» borbottò il seeker «Tutto quanto ultimamente riguarda Unicron, anche se Galvatron continua a ostinarsi a non capirlo. Ma dopo oggi… dopo oggi, magari…» mormorò «Beh, addio».
 
Sentì il suo braccio destro stretto in una morsa assassina.
 
«Tu non vai da nessuna parte» affermò Stylequeen «Tu ora vieni con me e ti fai verniciare. Caso chiuso. Eri così bello e guarda come ti sei ridotto!» sospirò la femme «Ma ora rimediamo, tranquillo».
 
«Chi se ne importa dei colori, io non vedrò l’alba di domani e se quei due non si alleano non la vedrà neppure chiunque altro!» sbottò il seeker «Lasciami!»
 
«Aspetta, cosa vuol dire che non vedrai l’alba di domani? Non fa pensare benissimo» disse Mintaka, un po’allarmata «Non è che hai voglia di fare qualcosa di stupido, vero?»
 
«Vuol dire quello che ho detto, se anche fosse sono affari miei, adesso lasciatemi in pace!»
 
Le tre femmes si guardarono.
 
«Salviamolo!»
 
Dopo quell’esclamazione corale saltarono tutte e tre addosso al povero Starscream, facendolo cadere a terra, determinate a salvare la sua vita e ricolorarlo.
 
«Voi siete completamente pazze!» gridò il seeker «Lasciatemi andare subito, non costringetemi a farvi del male!»
 
“Sperando che quel che ho detto non comporti un meteorite sulla testa, non è il modo in cui devo morire” aggiunse mentalmente.
 
«No aspe’ fammi capire, tu vuoi ammazzarti random e le pazze saremmo noi? Tu di problemi ne hai tanti. Ma tanti!» disse Deathstar, faticando parecchio per tenerlo giù.
 
Nella concitazione del momento, Starscream riuscì comunque a udire una voce femminile del tutto sconosciuta.
 
«Che state facendo a quel povero disgraziato?!»
 
«Si vuole ammazzare, ZOIRA, non sto scherzando!» strillò Mintaka.
 
«Vi ho già detto che se anche fosse sono affari miei, miei, non vostri! Non voglio essere salvato, sono io che devo cercare di salvare tutti! Lasciatemi andare immediat-»
 
Emise un verso soffocato quando, meno di un minuto dopo, qualcuno gli sollevò la testa con forza e come se nulla fosse gli piantò un grosso ago alla base del collo.
 
«Mi avete svegliato e mi avete fatto usare il tranquillante per salvare un Decepticon? Sul serio?»
 
La vista del seeker si stava appannando rapidamente, eppure riuscì a vedere bene l’espressione annoiata del mech grigio e verde che aveva appena parlato.
 
«È quello che ci ha aiutate in passato, non potevamo lasciarlo fare» disse Stylequeen «E mentre è addormentato posso ricolorarlo!»
 
«N-no… il recolor no…» fu l’ultima cosa che disse Starscream, prima di perdere del tutto i sensi.
 
 
 
 
[…]
 
 
 
 
«Ho detto di no!»
 
«Zoira, se non mi lasci fare finiamo a botte, ti avviso! Guarda quella faccia rossastra che ha!...»
 
«Non puoi ricolorarlo mentre è incosciente, Stylequeen, è troppo perfino per te! Pensi davvero che aggiungere un abuso, perché questo sarebbe, a qualcuno che si voleva uccidere sia una bella idea?! Non sappiamo neppure perché volesse-»
 
«Ma che abuso e abuso, il mio è un favore! E riguardo il perché, beh, ha a che fare con quel maleducato del suo capo tutti i giorni, verrebbe anche a me voglia di ucciderlo o di uccidermi».
 
«Si è mosso, mi sa che si sta svegliando».
 
«Ma che diavlo di resistenza ha?! Il tranquillante non doveva stenderlo per oltre un’ora, Pkangu?»
 
«A giudicare dall’età non è nato “naturalmente” come noi, è di sicuro un mech assemblato in tempo di guerra, quindi è possibile che gli abbiano aumentato la resistenza. Questo spiegherebbe tutto».
 
La mente di Starscream era ancora estremamente confusa, ragion per cui quando i suoi sensori ottici tornarono a vedere pensò, per qualche attimo, di star guardando da lontano il pianeta Terra e un suo gemello; Terra, il pianeta che brillava come un gioiello azzurro -gioielli che in quel momento erano due- e che per lui era diventato croce e delizia al cor, pardon, alla Scintilla.
Un luogo dove si era sentito apprezzato, dove aveva trovato degli amici -Alexis in particolare- e dove dei valori che aveva sempre posseduto erano tornati a galla.
Così come la strada per l’inferno era lastricata di buone intenzioni, la strada della sua condanna era lastricata anche di cose belle.
 
«Ti sei svegliato… scusaci, scusaci tanto! Non volevamo farti del male, volevamo evitare che te ne facessi tu!»
 
Man mano che la vista diventava un po’più nitida, si rese conto che quelli che vedeva non erano la Terra e un suo pianeta gemello, bensì i sensori ottici gentili e preoccupati di una femme sconosciuta che gli stava parlando da distanza ravvicinata.
 
«I-io… d-dove, cosa…»
 
«Va tutto bene. Sì insomma, va tutto bene nel senso che non devi temere niente da noi. Ti abbiamo portato nel posto dove ci siamo accampati» continuò la femme «Io mi chiamo Zoira, sono un’amica delle tre matte che già conosci. Sarebbe stato meglio incontrarsi in circostanze diverse ma pare che non fosse destino».
 
«Non capite…» iniziò ad agitarsi il seeker, rendendosi conto di essere stato legato «Devo andare, voi non capite, se quei due non si alleano moriremo tutti, se devo sacrificarmi lo farò… Autorobot, Decepticon, è tutto confuso da quando c’è Unicron, e-e poi… io non sono riuscito a restare fedele alla mia fazione, nonostante lo avessi giurato» continuò, ancora sotto l’effetto del tranquillante, che lo stava facendo parlare a ruota libera «E non sono riuscito a farlo nemmeno con l’altra, che mi aveva accolto, perché sono tornato da Galvatron. Il traditore di tutti, questo sono. Se la farò finita riuscendo a farmi ascoltare, sarò stato utile almeno una volta nella mia vita. Lasciatemi andare, lasciate che faccia qualcosa di buono…»
 
«Allegria ha fatto venire voglia di suicidio anche a me» commentò Deathstar.
 
«Vedi, anche se ho sprecato del tranquillante per colpa tua qualcosa di buono lo hai fatto» disse Pkangu al povero Starscream.
 
«No, dai, non è una cosa su cui scherzare» li riprese Mintaka  «Fate i seri per favore».
 
Pkangu alzò le mani. «Hai ragione. Scusa».
                                                                                                
«Forse avresti fatto meglio a venire con noi per davvero quando te lo abbiamo detto l’altra volta. È un dispiacere vederti ridotto così, e non parlo solo dei colori» sospirò Stylequeen «Se per disgrazia rivedrò quel grandissimo screanzato del tuo capo, perché sono sicura che perlopiù la colpa di tutto questo è sua, ti giuro che mi sentirà! Come si fa a lasciar ridurre così una giovane povera stellina come te?!»
 
“Stellina”.
Un motivo in più per suicidarsi.
 
«Senti, so che per un assemblato magari è un po’più difficile staccarsi dalla propria fazione o da entrambe, però non saresti il primo che ci riesce» disse Zoira.
 
«Non posso. Non voglio».
 
«Allora mettiamola in un altro modo: io non so bene cosa ti abbia spinto a lasciare i Decepticon, andare tra gli Autorobot e poi tornare tra i primi, però se Galvatron, che non è famoso per essere carino e coccoloso, ti ha ripreso e non ti ha ucciso, vuol dire che quel che hai fatto non è del tutto imperdonabile» affermò la jetformer azzurra «Inoltre hai aiutato le mie amiche a scappare, cosa che non eri obbligato a fare ma che hai fatto lo stesso, e se hai aiutato perfino delle casiniste come loro è  probabile che tu abbia fatto anche altre cose gentili di cui non sono a conoscenza. Non sei inutile come pensi e qualcosa di buono lo hai già fatto, sei degno di vivere come me e come chiunque altro».
 
«Ci sono già tante brutture in giro, come quella cosa lassù nel cielo» disse Mintaka, riferendosi a Unicron «Di aggiungere un suicidio non c’è proprio bisogno».
 
Mentre l’effetto del tranquillante svaniva man mano, Starscream si stava rendendo conto di due cose: la prima era che la persona che aveva fatto i nodi non era stata capace di stringerli bene, dunque sarebbe riuscito a liberarsi con un altro strattone o due, mentre la seconda era che quei cinque lì non erano persone cattive. Tralasciando i metodi utilizzati, stavano cercando di salvargli la vita… e quella femme di nome Zoira, oltre ad essere una volatrice e ad avere gli occhi azzurri come la Terra vista da lontano, era gentile.
Peccato che lui continuasse a ritenere necessario cercare di infilare un po’di sale in zucca a Galvatron e a sentirsi un traditore senza identità.
Il solo che forse avrebbe potuto convincerlo di non esserlo forse era Galvatron stesso, il che riduceva all’osso le possibilità di venir fuori dal baratro in cui era caduto.
 
«Avete il cervello un po’fuso ma tutto sommato credo siate brave persone. Una ragione in più per andare avanti con la mia idea e per cercare di far sì che questo incubo abbia termine. Io presto me ne andrò» dichiarò, intendendolo in molteplici sensi «Voi cercate di fare la stessa cosa. Cercate di continuare a stare lontani dalla guerra, in particolare dalla mia fazione e, nel tuo caso» indicò Deathstar con un cenno del capo «Da Galvatron. È passato del tempo ma non ti ha dimenticata».
 
«Eh lo so, poco tempo fa ha scritto a Stylequeen su InstaCybertron perché voleva parlare con me» disse Deathstar «Lei lo ha bloccato».
 
Galvatron bloccato da Stylequeen sui social.
 
Galvatron.
Bloccato.
Da.
Stylequeen.
Sui.
Social.
 
Il modo in cui Starscream riuscì a trattenere la risata isterica che minacciava di esplodere dalla sua bocca risulta tuttora misterioso.
 
«Ovvio che l’ho bloccato! Il tuo capo» disse Stylequeen, rivolta a Starscream «Mi ha ordinato -nemmeno “chiesto”, ordinato, rendiamoci conto- di dargli il contatto di Deathstar già nel primissimo messaggio che mi ha mandato, senza nemmeno uno straccio di saluto tipo, non so, “Buonasera”! Chi gli ha insegnato le buone maniere?! Un alloygator particolarmente zotico? Ma dico! Dovevano chiamarlo MegaVillano, non Megatron!»
 
«Galvatron» la corresse Mintaka.
 
«E allora Villanotron!»
 
“Questa tizia rosa deve avere un desiderio di morte più potente del mio per- ah, già, immagino che la cosa dei meteoriti e degli incidenti valga anche per lei, come non detto” pensò Starscream, con una faccia ancor più basita di prima e l’ombra di una nuova risata isterica sulle labbra.
 
Fu allora che i suoi recettori uditivi iniziarono a captare il rumore di una battaglia che si stava svolgendo piuttosto nelle vicinanze, all’incirca nel luogo in cui avrebbero dovuto trovarsi Optimus e Galvatron. I rumori erano iniziati da poco prima che si risvegliasse, però gli effetti del tranquillante e le chiacchiere del Deviant Team lo avevano distratto troppo perché potesse farci caso.
 
«Hanno già cominciato!...»
 
«Eh, direi di sì» annuì Deathstar «Ma tanto non ti interessa, sei legato e non ci vai».
 
«Io ho sprecato del tranquillante per te» ripeté Pkangu  «Il minimo che puoi fare dopo questo è restare in vi-»
 
«Ancora con questa storia del tranquillante?!» sbuffò Stylequeen «È da prima che vai avanti a lamentarti, tanto per cambiare, ti lamenti sempre…»
 
«Lo faccio perché la mia scorta di quello è limitata e non si sa mai quando uno ne avrà bisogno, vorrei vedere cosa faresti se per disgrazia incontrassi un guinea pigatron gigante, mutato e rabbioso sul tuo cammino!... a parte che bloccarlo sui social, intendo!»
 
Deathstar e Mintaka scoppiarono a ridere nella stessa frazione di secondo e fu allora che Starscream si decise ad agire: se fosse rimasto lì ancora un po’, nonostante la situazione psicologica -e non- fosse drammatica, avrebbe rischiato di mettersi a ridere come un deficiente nel guardare Galvatron e immaginare un guinea pigatron con le corna.
 
Ruppe le corde con uno strattone deciso e, barcollando leggermente solo all’inizio, si allontanò dai componenti del Deviant Team che, colti di sorpresa, non reagirono con sufficiente prontezza.
 
«Siete stati da galera e allo stesso tempo gentili con me, quindi vi ringrazio, però io non ho cambiato idea. Non cercate di ostacolarmi, state lontani dalla battaglia, andate via finché siete in tempo» ripeté loro, sperando che lo ascoltassero.
 
«No, aspetta! Non andare!» gridò Zoira.
 
«Addio!» esclamò il seeker, prendendo il volo.
 
In piedi sul terreno disastrato, Zoira lo guardò allontanarsi, sentendosi impotente e sapendo che inseguirlo per bloccarlo prima che arrivasse sul posto sarebbe stato inutile: era una jetformer ma la forma veicolare di Starscream, essendo da battaglia, era più veloce della sua. «Non possiamo lasciarlo andare così!»
 
«Perché no? Se dopo i nostri discorsi ha ancora voglia di farsi uccidere alla fine sono affari suoi, noi un tentativo di salvarlo lo abbiamo fatto» spallucciò Deathstar «So che ti dispiace, dispiace un po’anche a me, però alla fine basta».
 
«Per una volta sono d’accordo con la casinista» disse Pkangu «Nessuno lo ha obbligato ad andare».
 
«Noi però non abbiamo mai negato un aiuto a chi ne aveva bisogno e non ci aveva fatto niente di male» obiettò Mintaka.
 
«E infatti ogni tanto mi chiedo come abbiamo fatto a sopravvivere fino ad ora» sospirò il mech «… dove vai, Stylequeen?!»
 
«E lo domandi pure?! Se n’è andato senza che io potessi iniziare a convincerlo a ricolorarsi, cosa che non sarebbe stata necessaria se qualcuno» ossia Zoira «Me lo avesse lasciato fare mentre era addormentato, quindi ora vado, lo prendo e faccio quel che va fatto, e questo è quanto!» sentenziò, schizzando via nella sua forma veicolare di automobile rosa.
 
«Guarda che dove stai andando tu ci sono Galvatron e Optimus Prime che se le danno!» le gridò dietro Pkangu.
 
«SE VILLANOTRON DICE QUALCOSA LO STRONCOOOOOH!» fu la risposta, con tanto di eco, della femme.
 
«Com’è riuscita a passare dal ricordare a noi due che Galvatron dovrebbe essere pericoloso, come ha fatto nella polleria, a “lo stronco”?» chiese Deathstar a Mintaka.
 
«La frenesia da verniciatura, immagino».
 
«Giusto. Beh, immagino che ora dovremo andarle dietro, Zo’, sii contenta, forse riusciamo a salvare Allegria… a meno che….» la femme dalle ali rosse guardò Pkangu «Tu che voli e puoi raggiungerla prima che arrivi a destinazione, quanto tranquillante hai ancora?»
 
«Non abbastanza da sedarla stavolta e tutte le altre in cui ci urlerebbe contro per averlo fatto, purtroppo, quindi ci tocca assecondarla. Andiamo».
 
 
 
 
.: Altrove :.
 
 
 
 
Nelle tenebre di una dimensione che era alla soglia di tutte le altre e alla quale nessuna di esse poteva accedere, negli abissi infiniti che avevano fatto perdere la ragione a qualunque creatura senziente li avesse anche solo intravisti attraverso la cortina fumogena di incubi oscuri e maledetti dai quali nessuna divinità da loro pregata avrebbe potuto salvarle, Yog Sothoth -il Dio Esterno, la Porta e la sua Chiave, colui che era il Tutto in Uno e l’Uno in Tutto- si mosse.
La carne protoplasmatica e i tentacoli di quella creatura, antica più del Tempo stesso e non soggetta alle leggi né di questo né dello Spazio, iniziarono ad agitarsi leggermente mentre i bubboni luminescenti che costituivano una sorta di occhi di un colore sconosciuto e senza pupilla iniziarono a scrutare con più attenzione tra ogni più piccola piega nell’infinità del Multiverso.
Yog Sothoth si era animato e, benché un simile essere non fosse soggetto ai bisogni di qualunque comune mortale -né a quelli di divinità minori- la sua mente infinita e perversa aveva formulato un pensiero che si sarebbe potuto tradurre solo in un modo:
 
“Mi è venuta voglia di uno snack. Devo trovarne uno”.
 









Ebbene sì, signori e signore: è proprio Yog Sothoth, che era stato vaghissimamente citato già nello scorso capitolo! Io stessa sono incredula per aver infilato il Dio Esterno di Lovecraft in tutto questo ma, ehi, prendetevela con Dylan Dog :'D (se lì la Regina Elisabetta è la progenitrice dei Grandi Antichi, a maggior ragione io posso coinvolgere Lovecraft in una fanfiction demenziale. E punto xD)
Grazie a chi sta leggendo!
   
 
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