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Autore: Hermes    04/06/2019    0 recensioni
Diciassette anni di giorni da spiegare e mettere a fuoco.
Un’autopsia al tempo fra la nebbia di San Francisco e la polvere del deserto, per arrivare nel presente che potrebbe essere solo una possibilità nel futuro.
Il mondo è costruito sulle nostre scelte.
[Questa storia fa parte della serie 'Steps']
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Steps'
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Above them clouds, beneath them winds
Born to fly, I'm here to sing
Now wear your heart on your sleeve
It's okay 'cause we all bleed
Richard Ashcroft ~ We all bleed

Avevamo passeggiato per due ore prima di fermarci in uno dei chioschi e mangiare.
Michelle rimaneva nel suo silenzio e non avevo magiche paroline che avrebbero potuto risollevarle il morale.
Domani, in un nuovo giorno, ma belle sarebbe tornata la donna combattiva e inscalfibile.
In questo primo pomeriggio riesco a leggerla, una miriade di emozioni nella piega delle sue labbra piene e nelle linee leggere che le segnano la fronte.
The muse is better than the portrait.
Avevo ordinato una semplice insalata e due limonate.
Il tavolino era striminzito ed per abitudine avevamo poggiato entrambi gli smartphone nel centro, spostando il dispenser dei tovaglioli.
Ci avevano appena portato i nostri piatti che il mio telefono inizia a vibrare in muto, sul display solo il nome del chiamante ben visibile nell’ombra delle piante.
Claudia C.
“Rispondi pure, Linds.”
“No, non è importante.”
Vedo benissimo che ha tratto le conclusioni sbagliate ed aggiungo con un sorrisino “Mi sento sano di mente, Michelle.”
“Che vorresti dire con questo?”
“Che non sono in bisogno di una sessione psicanalista.”

~ 5213 N Conho Heights St, North Las Vegas, NV 89081
Il segnale di attesa suonò ancora una volta poi la chiamata si interruppe e la donna abbassò la cornetta con un lieve sorriso.
Finalmente.
Avrebbe provato a contattare Linds ancora una volta quella sera prima di chiudere lo studio, ovviamente.
La cartellina davanti a lei un po’ rigonfia e l’agenda organizzata per data e poi per argomenti toccati.
La data di oggi, una riga vuota.

Nonostante la loro prima intervista non fosse stata ottimale Lagden Linds aveva deciso di tentare e collaborare.
I primi sei mesi di terapia furono un incubo, pure per lei.
L’overdose di alcaloidi aveva lasciato in Linds vari problemi tra i quali astinenza da eroina, frequenti allucinazioni e attacchi di panico.
Il sottopeso non accennava ad recedere ed l’uomo doveva essere portato nel suo studio con una carrozzina, le sessioni di riabilitazione per ritornare auto-sufficiente lo snervavano ed arrivava il più delle volte stanco e scontroso se il metadone non lo rendeva sonnolento ed ancor meno collaborativo.
Il leggero miglioramento era frequentemente cancellato via da una forma di negativismo depressivo che in alcuni casi non le permetteva di ‘farsi sentire’ dal paziente.
Dodici faticosi mesi dopo – alla fine dell’anno e mezzo – Linds Lagden aveva riacquistato una parvenza di autonomia, arrivando da solo al suo appuntamento, il tremore delle sue mani quasi nullo ed i lineamenti non più scarni.
Se fisicamente era migliorato, non si poteva dire lo stesso per il suo quadro psicologico.
E Linds lo sapeva.
A fine sessione le aveva chiesto le sue tariffe e di essere inserito nei suoi clienti.
Quindi la collaborazione era divenuta più efficace fino a quel momento nel tempo.
Dopo otto anni di psicoterapia – ed in qualche raro momento – di psicoanalisi di puro stampo Freud-Jung; Linds Lagden viveva di nuovo ed aveva raggiunto i cinquant’anni, nessuna scintilla di umore negli occhi e qualche macchia di malinconia. Lavorava per inerzia ma sembrava aver trovato un piano sul quale appoggiarsi senza l’aiuto di droghe eccessivamente pesanti.
Certo il processo era stato lento ma il paziente le aveva remato contro per molto tempo ed gli apparenti abissi che nascondeva nella sua psiche avevano dato dubbi anche a lei.
Eppure…

Ogni seduta la considerava unica, colorata dall’umore del giorno che col tempo aveva imparato a decifrare.
Lagden era e rimaneva uno dei suoi clienti più difficili da interpretare.

[…]
“Non ho rimorsi.”
Claudia gli aveva lanciato un’occhiata indifferente senza rispondere.
“Ho sempre fatto tutto quello che mi andava. Non ho mai avuto nessuno a cui rendere conto delle mie azioni se non me stesso.”
La donna annuì inserendosi con calma “Questa situazione è cambiata, Linds?”
“…” a quella domanda il biondo aveva iniziato a grattarsi distrattamente la pelle degli avambracci, gli occhi lontani e fissi sulle tende ocra dello studio.
“Nell’ultimo anno hai avuto momenti in cui ti sei mai chiesto se le tue azioni hanno rovinato qualche tua relazione?”
Linds annuì, debolmente.
“Vuoi parlarmi dei tuoi amici?”
“Non sono mai stato un animale sociale.”
[…]
“Non vedo uno scopo.”
“Lo scopo di un essere umano è di vivere, migliorare il mondo che ci circonda ma soprattutto trovare ciò che ci fa più felici.”
“Non…non mi sento un essere umano.”
“Sai dirmi perché, Linds?”
“Molte volte non- non capisco gli altri. Non vedo nulla di nota e quindi vado avanti, i sentimenti non mi sono mai interessati molto.”
“Non tutti siamo empatici allo stesso modo, Linds. L’empatia non è l’unica qualità fondamentale di un essere umano.”
L’uomo aveva corrugato la fronte, mostrando le tempie scarne “In certe situazioni può fare la differenza.”
“Certo. Altri motivi?”
“Oh…” una lunga pausa “…è normale che il mio lavoro ora non mi faccia più felice?”
“Può essere, hai mai pensato di cercarti un’altra occupazione o qualcosa più in linea con i tuoi interessi personali?”
Linds si schiarì la gola, distogliendo lo sguardo “No, meglio di no.”
“Cosa vuoi dire?”
“Mi è sempre piaciuto collezionare alcaloidi e non mi pare sia una professione legale, Claudia.”
[…]
Tutto era silenzio nel piccolo ed accogliente studio.
Claudia osservò la lancetta dei secondi compiere la sua rotazione per la decima volta.
Aveva chiesto al suo nuovo paziente di sgombrare la mente: quella pratica era fondamentale in quei giorni in cui Lagden non le permetteva di ‘entrare’.
Avevano ancora un’ora di sessione e – se non si sbagliava – stavano per raggiungere un punto cruciale.
Undici minuti.
“Linds, mi senti?”
“Sì.” un esalazione tranquilla.
“Descrivimi cosa hai intorno.”
“Una sala server.”
“Mi stai dicendo che immagini la tua mente come un nodo di archivi internet accessibili?”
“Più o meno.”
“Che ne è stato della tradizionale libreria?”
“Siamo nel ventiduesimo secolo Creane, non nel medioevo e nelle sale server almeno c’è l’aria condizionata.”
[…]
Un respiro affannoso riempiva il silenzio della stanza.
Il respiro di un uomo braccato.
“Parlami della tua rabbia, Linds.”
“Non la capisco. Non ha nesso logico. Non è nemmeno rabbia.”
“A volte può essere illogica, ha un punto focale?”
“Me stesso…?” sembrava quasi una domanda ma Claudia non ebbe tempo di aiutarlo che aveva scosso il capo, con forza “No. No! La verità è che sono stanco, stanco!
“…”
“Stanco di essere sempre primo ma mai voluto. Di arrivare fino ad un certo punto e poi dover attendere gli altri. Non trovare una singola luce da seguire senza paura che questa mi volti le spalle o mi pianti un coltello fra le scapole il momento che mi volto. Essere quel fottutissimo Lagden capace di piegare le leggi della fisica ma non riuscire a mantenere in piedi una parvenza di relazione extrapersonale. Non capace di cambiare ed adattarsi ad un evento imprevisto ma impossibile da debellare.”
[…]
“Cosa ne pensi della religione, Linds?”
Occhi neri, piatti ed esanimi.
“Credimi Claudia, lascia perdere finché sei in tempo.”
[...]
“Michelle non si merita un’altra delusione, Claudia.”
“Perché lo pensi?”
“Il lavoro, il moccioso, la sua vita in generale. Non voglio che si preoccupi se sono caduto di nuovo, non ha bisogno di saperlo.”
“Non sono d’accordo, Linds.”
L’uomo sorrise malinconico “Quando mai lo sei?”
[…]
“Sono sano di mente, Claudia?”
“Perché questa domanda, Linds?”
“L’altro giorno ho passato una buona ora a cercare di ricordare di cosa abbiamo parlato l’ultima volta; non ci sono riuscito.”
“Le nostre sessioni sono solo iniziate da un paio di mesi, Linds. Ricordati che stai ancora recuperando dalla tua degenza in-”
“Sono perfettamente sano di mente, Claudia. Ho solo avuto una piccola overdose.”
[…]
“Oggi vorresti dire qualcosa di particolare, Linds?”
“Che lottare non serve a nulla.”
[…]
Lagden era arrivato per il suo appuntamento nella prima serata, la carrozzina era entrata con un cigolio spinta da un soldato infermiere che le aveva rivolto un cenno prima di uscire nella sala d’aspetto.
L’uomo biondo aveva occhiaie marcate ed Creane era stata avvertita che gli ultimi due giorni erano stati costellati da episodi allucinogeni anche violenti.
Le era stato consigliato di proseguire la sessione sotto la supervisione di una seconda persona ma Claudia vedeva benissimo che Lagden aveva appena la forza di stare sveglio dopo la fisioterapia.
“Mi avevi accennato di essere già stato preda di un periodo tossicomane, vuoi raccontarmi qualcosa che credi possa essere utile al nostro cammino?”
Il suo paziente non parlava ma aveva preso a fissare assente la finestra, passandosi la mano sulla bocca.
Claudia attese, non avendo comunque molta fiducia in una risposta.
Lagden invece la sorprese.
“Avevo venticinque anni ed il mondo era ai miei piedi. Mi ero licenziato in Russia ed ero tornato negli Stati Uniti giusto il tempo per trovare un magazzino dove stoccare l’inutile quindi vissi i tre mesi dopo con una valigia, le mie vene e la mia bocca. Tenevo un diario di esperimenti vagabondando per il sud America e provando tutto quello che mi veniva a tiro.”
“…”
Lagden fissò gli occhi su di lei con un sorrisetto “Probabilmente ho fatto cose che non mi ricorderò mai, laggiù la vita è semplice se non dai fastidio ai cartelli della droga normale.”
“Come mai non ti sei fermato là se la vita è semplice?”
Il sorriso su quel volto magro che si allargava sinistro “Non ricordo bene, immagino di aver pestato la coda a qualcosa.”
[…]
“Mi sai dire qualcosa del giorno che sei caduto in overdose?”
“Non mi ricordo molto.”
“Prova a fare uno sforzo.”
I was high as a kite.” sorride, stirando le labbra “Ero riuscito a dimenticarmi chi ero ed oh it was just a perfect day!
[…]
Un altro giorno, un’altra sessione.
Mani dalle dita lunghe e scarne che nascondevano il volto.
Claudia redigeva con apparente tranquillità il riassunto degli ultimi incontri a mano.
L’uomo si era agitato, arrivando a cercare lo scontro, con tanto di urla.
Ma Lagden era ancora confinato alla carrozzina, debilitato dalla propria magrezza e dalle allucinazioni costanti…quell’episodio violento aveva solo contribuito ad affannargli il respiro.
Il silenzio era denso, reso più pesante dal tentativo del suo paziente di trovare un appiglio per sfogare la propria frustrazione.
“Per quale fottuto motivo dovrei rimanere in questa fottuta valle di lacrime, Creane?”
La donna smise di scrivere, posando la penna in mezzo alla rilegatura del quadernino.
“Forse la domanda giusta da porsi sarebbe perché dovresti fottutamente ricominciare.”
Claudia vide appena l’angolo della bocca alzarsi.
“Ne ho abbastanza.”
“No, la verità è che hai deciso di gettare la spugna.”
“Ti assicuro che la spugna meritava di essere gettata.”
“Forse.” ammise la donna “Chiediti però a cosa è servito il tempo che hai vissuto. Tutto ciò che hai fatto fino ad oggi, le persone che hai conosciuto ed i posti che hai abitato.”
“No, non voglio.”
“Trova il motivo del tuo rifiuto, Linds.”
“No.”
“Analizzalo. Scopri cosa è crollato e trova l’errore di calcolo.
“Creane, sei una rompicoglioni ed inoltre non suoni sensata.” il volto dell’uomo era emerso, magro e grigio.
“Linds, non nasconderti dietro la certezza matematica del tuo disastro…non serve a niente dove la verità è visibile e pura.”
“Grazie tante.”
“Il nostro io attuale non è mai simmetrico al nostro io passato, e mai sarà paragonabile all’io assoluto. Lo stampo che ci ha dato forma rimarrà sempre in un modo o nell’altro ma sono gli anni vissuti che contano su di noi. Il tempo è la misura col quale ti devi confrontare e non l’estensione dei tuoi difetti. L’uomo è un essere imperfetto in continuo miglioramento.”
“In parole povere vuoi che mi sforzi di diventare un cherubino puccio, alato e possibilmente con il culetto carino e rosa.”
“Non aspiro a simile miracolo, Linds. Iniziare a prendersi in giro non è malaccio come inizio, no?”
“Inizio penoso e patetico, Creane.”
[…]
“Spiegami il tuo stato d’animo in relazione con la nascita di Kurt.”
“Furioso. Spaventato. Alienato.”
“Linds elabora.”
La smorfia sul volto dell’uomo diceva chiaramente la sua impressione sull’argomento ma continuò, a denti stretti.
“Lei era lì e non stavano facendo niente. Attendevano una mano divina per guidarli a quanto pare. Sono arrivato in quella fottutissima sala parto dopo ore da incubo per dovergli suggerire l’idea di un cesareo!”
“Eri spaventato per Michelle?”
Linds annuì, occhi che deviarono per evitare i suoi “Quel giorno…era come se stessi dormendo e non riuscissi a svegliarmi. Non credo di essere sveglio nemmeno ora.”
“Cosa ti dà questa impressione?”
“L’equilibrio si è ribaltato e all’equazione si è aggiunta l’incognita i del nostro numero complesso.”
“Un numero immaginario?”
“Kurt per me era rimasto immaginario. Almeno fino a quel momento.”
“Cosa hai percepito dopo?”
“Che quell’equazione non ammetteva più soluzioni reali a causa del numero immaginario.”
“Vediamo se ho capito…il momento in cui Kurt ha fatto la sua comparsa nel mondo reale…” aveva atteso che Linds le facesse un cenno prima di continuare “Hai sentito che la situazione non era più sostenibile?”
“No.” un sorriso piccolo, nervoso “Ribaltando l’equazione le regole non valgono più e l’indeterminato non permette soluzioni se non usando dei determinati campi delimitati.”
“Temo di non riuscire a seguirti, Linds.”
“Le mie basi quel giorno hanno iniziato a tremare, Claudia. Kurt è il gatto di Schrödinger. La variabile mai presa in considerazione che si insinua fra le x e la y ed è vera in entrambi i casi.” si era umettato le labbra, una luce illogica negli occhi “Quel giorno iniziai a rendermi conto che Michelle non sarebbe mai stata felice se fossi rimasto.”
[…]
“Non credi sia venuto il momento di darmi un’idea sui miei ‘ovvi’ problemi?”
La domanda era arrivata di punto in bianco dall’uomo biondo.
Erano passati dieci mesi dalla loro prima seduta ed Linds aveva raggiunto a fatica una parvenza di normopeso nonostante la dieta piena di carboidrati e proteine prescrittagli che avrebbe potuto far ingrassare anche un nuotatore olimpionico.
La dottoressa lo scrutò per un lungo momento prima di rispondere “I pazienti tendono ad ‘pensare troppo’ dopo, Linds.”
“Non penso che ci sia qualcosa ancora capace di spaventarmi, Claudia.”
Lagden era persuasivo, soprattutto quando si intestardiva su qualcosa.
Quindi gli aveva porto la prima diagnostica che avesse mai compilato su di lui.
Erano seguiti cinque minuti di silenzio completo mentre gli occhi neri di Linds percorrevano ogni riga del rapporto con un’evidente divertimento.
Quel sorriso aveva iniziato ad incrinarsi verso la metà per svanire a fine lettura.
Sindrome di Asperger? Che significa?”
“Dal tuo file e dai tuoi interessi ho denotato una forma dello spettro autistico ad alto funzionamento.”
Un sopracciglio biondo si era alzato ma Claudia bloccò il suo commento sul nascere.
“Non stiamo parlando di ritardi cognitivi nel tuo caso ma di aspetti molto sviluppati della tua intelligenza. Anche la tua mancanza di empatia cognitiva: su questo livello la tua è una forma considerata lieve data la tua capacità di provare emozioni anche complesse e il tuo relaziona mento con gli altri.”
“Perché questa Asperger l’hai segnata a pari merito con la personalità schizoide?”
“Dimostri molti aspetti di questo disturbo alla personalità, primo fra tutti la tua apatia e avversione nel formare legami di una certa profondità emotiva con gli altri. Ciò che hai vissuto negli ultimi due anni è un perfetto esempio di voluta freddezza ed allontanamento. Altro lato del tuo carattere il non sentirsi importante ed la percezione di non avere uno scopo.”
“Perché non schizofrenico?”
“Le tue capacità logico-cognitive sono rimaste perfette oltre il tuo abuso di allucinogeni. Non hai psicosi o manie paranoiche.”
Linds aveva posato il plico sul tavolino, rilassandosi sulla poltrona con uno sguardo caustico “Ho letto che il disturbo schizoide è ereditario.”
“Può essere ereditario ma nel tuo caso la probabilità è molto limitata. Hai avuto un’infanzia difficile da analizzare da ogni angolo la si guardi; la tua intelligenza al di fuori della media ha avuto un peso sul tuo sviluppo umano.”
“Il complesso della madre.”
L’aveva lasciato per ultimo, lo scoglio.
“Freud ne parla in varie delle sue pubblicazioni. Tutto ciò che mi hai raccontato, incrociato con la tua relazione con Michelle rispecchia molti aspetti delineati.”
“No, sono certo che ti sbagli.” l’aveva interrotta di scatto, le nocche rigide e le dita strette sui braccioli della poltroncina.
“Mi hai raccontato che hai cercato di renderla felice in tutti i modi per paura di essere lasciato solo, un perfetto parallelo con l’abbandono che hai subito in fasce.” Claudia notò l’espressione morire dietro le lenti di Linds ma continuò pacata “La vostra relazione sentimentale non presenta sfumature anormali ma trovo difficile non evidenziare questo tuo sforzo quasi compulsivo verso la perfezione. Il ciclo che si rompe e và in pezzi il momento che Kurt arriva nel quadro.”
“Basta.”
“La presenza di Michelle è un perno fondamentale per il tuo equilibrio e quando, con l’arrivo di Kurt, ti sei sentito messo nell’angolo hai deciso subito che la situazione era da prendere in mano in maniera drastica.”
“Ho detto basta.”
“Tutto questo può essere riassunto come un semplice meccanismo di autodifesa. Quando hai capito che Michelle non ti avrebbe ascoltato hai deciso che l’avevi persa, quindi ti sei fatto da parte volontariamente perché per lei non eri più abbastanza.”
“Chiudi quella maledetta bocca, CREANE!”
Claudia scosse la testa, per nulla impressionata dallo sguardo del suo paziente “Ed ecco che il complesso della madre si chiude a cerchio ed arriviamo al tuo tentativo di suicidio ed il tuo odio/amore/gelosia per il bambino che ora si gode tutta l’attenzione della madre.”
“…”
“La mia valutazione è professionale, Linds. Posso sbagliarmi ma non posso chiudere gli occhi a quello che vedo.” la donna bevette un sorso dal bicchiere d’acqua lì accanto.
“Sono sbagliato.”
“…”
“No, non sono sbagliato. Sono folle.”
“Considerando il tuo quoziente intellettivo non mi sorprenderebbe.”
“…cioè?”
Claudia alzò gli occhi dal blocco note per incontrare lo sguardo incuriosito del proprio cliente.
“Non hai mai sentito parlare di Laing, Linds?”
“No, temo di no.”
“Il dottor Laing ha studiato la follia partendo dal punto di vista soggettivo del paziente. Un’idea rivoluzionaria che fino agli anni ’60 non è mai stata presa in considerazione perché la follia era ritenuta una malattia mentale. Oggi la pazzia in ambito medico è relazionata alla più ampia gamma dei disturbi mentali.”
“Stai parlando arabo, Creane.”
La donna si lasciò scappare un sorriso “Sto cercando di spiegarti che la follia non è così definitiva come sembra. Laing era promotore del movimento antipsichiatrico in quanto la psichiatria è deputata al controllo sociale attraverso l’esclusione dalla società di ogni elemento deviante.”
“…”
“Prima hai detto che sei folle, l’hai consciamente deciso in base all’idea comune che la società in generale non approva un determinato comportamento da una persona adulta.”
“…”
“Quoto Laing: ‘Folly is not necessarily a breakdown; it could very well be a breakthrough.’. Vedi Linds, tutti noi abbiamo particolari momenti in cui le nostre reazioni hanno distinte pulsioni verso l’anti-convenzionale.”
“Stai cercando di convincermi che non sono pazzo o che lo siamo tutti?”
“Sto dicendo che non sei così borderline come credi di essere e che sì, la follia risiede in tutti noi che si manifesti o no.”

~

“Hai…insomma...vedi uno psicologo?”
Non ci crede e mi viene da ridere all’ironia della situazione.
“Beh Michelle…Claudia è una psicanalista, c’è differenza in realtà e poi dopo il tentativo di suicidio mi ci hanno trascinato!” spiego con tono leggero “Forse è stata una delle poche cose sensate che abbia mai fatto il continuare a vedere Claudia.”
Ha un’espressione triste.
“A cosa pensi?” domando piano.
“Che siamo due rottami e che…” scuote la testa “Se invece di tagliare i ponti avessi cercato di –”
“No, hai fatto bene ad allontanarmi Michelle.”
“Ma…”
“Non è colpa tua. Non ero pronto e non volevo guardare in faccia la realtà delle cose. Ero un pericolo per me stesso e per gli altri.”
“Ed adesso?” ha alzato gli occhi nei miei, una speranza ossidata e distorta nell’argento.
Scuoto la testa, non sicuro di cosa mi sta chiedendo.
La verità è che non vuoi risponderle…topastro codardo!
“Adesso ho un certo languorino e ti auguro buon appettito!” alzo la forchetta allegramente e la infilzo in una delle patate lesse del mio piatto.

Thoughts are the shadows of our feelings;
Always darker, emptier and simpler.
~ Friederich Nietzsche

~~~

Canzoni del capitolo:
- Richard Ashcroft ~ We all bleed;
- Lou Reed ~ A perfect day;

AVVISO: Queste note sono DA LEGGERE per comprendere tutto quello che presento in questo capitolo o temo che non lo capirete appieno!

- Una overdose acuta da allucinogeni come quella che ha subito Linds è debilitante in una miriade di fattori sia fisici (collasso del fegato e altri organi, infarto, visioni) che psicologici. Paranoia, irrealtà, depersonalizzazione, iperattività sono solo alcuni. Nei flashbacks che Claudia propone in questo capitolo abbiamo una perfetta dimostrazione di cosa passa Linds. Il topo non si riconosce più/non si sente conscio ma 'staccato' come se ogni sua azione reale venisse eseguita da qualcun'altro. L'irrealtà rende ciò che lo circonda come un gioco o un palco di un teatro nel quale tutto viene percepito distorto: un'allucinazione continua che non permette di saggiare la vita reale per quella che è;
- 'Oh, it was just a perfect day!' è una citazione voluta alla canzone dei Lou Reed 'Perfect day', potete ascoltarla sopra nei link alle canzoni;
- 'i' che Linds chiama incognita ma in realtà per definizione è una 'unità immaginaria' (anche 'numero immaginario') che permette di estendere il campo dei numeri reali R al campo dei numeri complessi C. La i è caratterizzata dall'essere un numero la cui radice quadrata è uguale a -1. Una curiosità: con i in elettrotecnica si definisce l'intensità di corrente;
- "...quell'equazione non ammetteva più soluzioni reali a causa del numero immaginario..." qui si intende il fatto che nel campo dei numeri reali non è possibile estrarre la radice quadrata di un numero negativo (Kurt, nell'ottica di Linds), pertanto i numeri immaginari non appartengono al campo reale ma, insieme a questi, costituiscono il campo dei numeri complessi. Ogni numero complesso si può rappresentare con l'espressione a + ib (Linds + MichelleKurt), dove a e b sono due numeri reali e i è un numero puramente immaginario, quindi, può essere classificato come un numero complesso che possiede parte reale nulla (Linds + Michelle);
- "...Ribaltando l’equazione le regole non valgono più e l’indeterminato non permette soluzioni se non usando dei determinati campi delimitati..." una equazione indeterminata cioè che ammette più di un insieme di soluzioni, non può essere risolta in modo univoco. Per definizione può avere un numero infinito di soluzioni, e diventa risolubile nel senso ordinario solo se si aggiungono ulteriori restrizioni al problema che essa traduce in forma algebrica; ad esempio, una restrizione piuttosto comune è quella di imporre che la soluzione debba essere costituita da numeri interi. Questo e le note precedenti sono il modo di Linds per trasporre in matematica (una materia fredda e informale) la sua situazione e quella di Michelle e Kurt. Il topo è strano e allucinato in quel momento nel passato, facciamocene una ragione xD;
- Il gatto di Scrödinger è uno dei più noti paradossi per dimostrare come la dimostrazione classica della meccanica quantistica risulti incompleta quando deve descrivere sistemi fisici in cui il livello subatomico interagisce con il livello macroscopico. Kurt è il gatto perché per Linds nel suo periodo tossicomane non esisteva o se esisteva non 'era'. In questo caso il ragionamento si basa sulla decoerenza quantistica cioè l'interazione reciproca delle singole particelle in una realtà macroscopica che ne annulla le proprietà quantistiche. Senza di questa nessuno potrebbe vedere, afferrare, pensare: in una parola il mondo così come lo conosciamo (realtà) non esisterebbe.
- La Sindrome di Asperger è considerata un disturbo pervasivo dello sviluppo ma che non lede l'intelligenza. Linds è portatore di questa sindrome e durante il corso di tutte le mie storie ma sopratutto in ASTTL e ASTTR ci sono scene precise nel quale si presentano alcuni sintomi: compromissione delle interazioni sociali, schemi di comportamento ripetitivi e stereotipati, attività e interessi in alcuni casi legati a scienze molto 'fredde' o logiche (vedi la sua predilezione per la matematica, la fisica e la chimica dove i sentimenti sono schiacciati dal raziocinio);
- La personalità schizoide rimanda alla predilezione per le discipline 'fredde'. Linds è uno schizoide puro in quanto non ha segni di paranoia o psicosi. Il topo è abituato a difendersi con logicità e intelligenza del nudo pensiero, che non particolarmente sull'aspetto dell'interiorità poggiante sull'emozione, sull'immaginazione e sulla sensibilità aspetto legato invece alla personalità schizofrenica;
- Laing è stato un illuminante psichiatra e psicoanalista britannico. Attivo soprattutto nello studio delle malattie mentali e grande critico della psichiatria come forma di cura della follia. Una delle sue opere più illuminanti è Nodi. Paradigmi di rapporti intrapsichici e interpersonali pubblicato per la prima volta nel 1970. Vi consiglio di leggerlo;
- Psicologia e Psicanalisi sono davvero due branche diverse sulla mente umana. Uno psicologo si interessa dello studio del comportamento e della mente attraverso l'osservazione dei processi psichici, mentali e cognitivi nelle loro componenti consce ed inconsce. Uno psicanalista ricerca le cause dei disturbi mentali indagando le dinamiche inconsce dell'individuo. Per maggiori info vi rimando a questa pagina perché la documentazione a riguardo e molto complessa e difficile da spiegare in poche parole.

E dopo questo mattone (ancora una volta, leggete le note, please!) arriviamo all'angolo qui.
Ve l'aspettavate una immersione di questo tipo?
Io no.
Nel senso che i flashback dovevano rimanere fuori da UT perché tre anni fa quando li ho scritti sono stati un puro esercizio di costruzione (con basi scientifiche solide) del breakdown del topo.
(Tra l'altro lì da qualche parte c'è un chiaro riferimento a Sapphire Blue se non l'avete mai letta fatelo ora...=)
Dopo un po' mi sono resa conto che sono un pezzo importante del puzzle ed - pure in bozza - erano scritti decenti/curati e così sono entrati nella storia in maniera ufficiale.
Ora sta a voi dirmi che cosa ne pensate...azzeccati o troppo pesanti? Realistici o no? OOC o IC?
Fatemi pure sapere se vi và, sono curiosa.

Tra l'altro vi consiglio davvero di ascoltare We all bleed...è più che bella e rappresenta in maniera quasi esatta come vedo Linds nel suo cammino con Claudia, ed anche un po' il suo rapporto con Michelle in questo momento, fatto di dubbi e tentennamenti ma che rimane forte anche con tutto quello che si è interposto fra di loro...eh beh sentitela se avete tempo e penso che capirete...<3

Intanto mi rendo conto di quanto tempo sia passato...il prossimo Novembre sono tre anni dalla pubblicazione del primo capitolo di UT.
Da allora la mia vita si è stravolta: non ho ferie, non ho tempo di rimettermi in pari con qualsiasi serie tv o film (GOT sono alla quarta serie, Marvel mi fermo al Ragnarok LoL), non leggo più, corro come una indemoniata sia in MTB che in auto...scrivere rimane un piacere della notte fonda quando non sono in coma profondo.
Sono ancora Hermes però almeno per UT.
Ed ho ancora intenzione di finire questa storia per la fine dell'estate, i piani non sono cambiati di una virgola.
Godetevi il caldo e arrivederci alla prossima.
Hermes

  
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