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Autore: Indaco_    05/06/2019    1 recensioni
Il cuore di Amy saltò un battito capendo bene che quel devastante e incredibile dettaglio non era affatto dovuto ad una semplice coincidenza.
I puri e grandi occhi del piccolo erano di un accecante verde magnetico.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dance'
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Fu verso le cinque che la riccia iniziò ad assumere un comportamento strano. Per tutto il pomeriggio i tre ricci erano stati assieme nell’ampio giardino, godendosi il solleone e la leggera brezza. Il prato, arredato con panche, tavolino e quant’altro, invitava a rilassarsi e riposare. Seduti sotto il fiorente melograno, i due adulti avevano chiacchierato del più e del meno controllando a vista Justin, il quale era saltato nella piscina e con l’aiuto dei braccioli sguazzava felicemente come una rana.
Amy gongolava di gioia nel vedere il suo tesoro sbracciarsi nell’acqua totalmente privo dell’idrofobia. Con goffe manate e qualche calcio, si spostava per tutta l’area della piscina alzando schizzi e gocce. Per fortuna, quel terrore acquatico non era stato tramandato. Gli argomenti affrontati dai due ragazzi, seduti a bordo piscina, erano stati particolarmente leggeri: qualche pettegolezzo, qualche commento, una lista dei lavori da fare al giardino, alcuni vecchi ricordi di scuola. Entrambi erano stati attentissimi a non introdurre discorsi delicati, soprattutto con Justin lì con loro impaziente di ascoltare i “segreti degli adulti”.
Ma più l’ora di cena si avvicinava, più la rosa diveniva tesa e nervosa. Sonic si era accorto fin da subito che qualcosa non andava. La riccia aveva assunto uno sguardo pre-apocalittico ed aveva iniziato ad attorcigliare come un polpo il lungo aculeo attorno all’indice. Ad un’occhiata più approfondita le sembrava perfino più chiara in quel  momento, come se il sangue le fosse sceso completamente dalla faccia radunandosi nella parte bassa del corpo. Inoltre, era diventata sempre più silenziosa, intenta a mangiucchiare una pellicina sopra il pollice. Lo sguardo carico d’ansia tradiva i suoi movimenti sempre aggraziati e delicati.
Qualcosa di grosso incupiva la rosa o almeno di questo Sonic ne era certo. Dentro di sé sentiva aumentare la preoccupazione di minuto in minuto. Era chiaro come il sole che la colpa di quel cambiamento fosse da ricercare nella misteriosa telefonata. Ma chiederle informazioni aggiuntive senza sembrare sfacciato o ficcanaso era tutt’altra questione. Cercando di incoraggiarla a parlare, il blu provò a zittirsi per qualche minuto sperando che, il silenzio formatosi, divenisse un momento di imbarazzo da riempire con una confessione. Il sole, ancora abbastanza alto, iniziava a scaldare un pelino meno rispetto prima, rendendo fin da subito l’aria più respirabile.
La riccia era tormentata dalla preoccupazione: al solo pensiero di dover uscire con Jacob si sarebbe volentieri seppellita sotto chili e chili di sabbia. In più, l’ansia di annunciare il suo appuntamento ai ricci la rendeva nervosissima e tesa  come una corda di violino. Ma non poteva più posticipare, doveva avvisare figlioletto e “IL” baby sitter. La gola secca non l’aiutava ad esprimersi e nemmeno l’espressione rilassata di Sonic, seduto pacificamente accanto a lei. Il riccio, intento ad assorbire  i raggi di sole con gli occhi semichiusi, fingeva di essere assorto nei suoi pensieri, gli aculei mossi dal vento sembravano onde di mare salate.
Non sapendo come affrontare il discorso, Amy provò a formulare varie dinamiche per aprire il dialogo. Avvertirlo genericamente che quella sera sarebbe uscita con qualcuno? Raccontargli in modo dettagliato l’insidiosa telefonata? Comunque, in qualsiasi modo lo avesse detto, il succo non sarebbe cambiato. Perciò, per introdurre l’argomento, dopo minuti che parvero ore, puntò sulla semplicità in una corsa contro il tempo.
Controllando che il piccolo fosse abbastanza lontano da non poterla sentire, la riccia si voltò nella direzione del blu e sospirò pesantemente per attirare la sua attenzione. Come previsto, Sonic si voltò quasi subito ed osservandola la soppesò con un’occhiata, spostando cautamente il peso da un braccio all’altro. Era il momento della famigerata confessione, non sarebbe durato un secondo di più nel fingere disinteresse.
Sforzandosi di rimanere buono e tranquillo invece di tartassarla di domande, il ragazzo puntò gli occhi su di lei raccogliendo perfino i dettagli inutili. Non gli sfuggì la goccia d’acqua atterrata tra gli aculei confetto, il filo sfuggito alla trama della t-shirt a livello delle costole e nemmeno il labbro inferiore torturato dai denti. La rosa intercettò il suo sguardo, accorgendosi che le iridi verdissime e luminose la stavano già analizzando a fondo in cerca di una risposta nascosta tra i suoi gesti.
Con un profondo sospiro e dilaniata dai sensi di colpa, immergendosi ancor di più in quella morsa color erba, si decise a parlare.
< Sonic, stasera vado fuori a cena >.  Il diretto interessato sollevò le sopracciglia sorpreso non staccando lo sguardo da lei. Le labbra bloccate tra i denti e gli occhi carichi di ansia lo stupivano moltissimo, non capiva perché provasse così tanta preoccupazione per una semplice uscita con le amiche. Sbattendo le palpebre, spostò lo sguardo sul piccino color cobalto, intento a salvare una coccinella caduta sfortunatamente nell’acqua.
< Va bene, Justin viene con te? > Rispose con tranquillità per nulla turbato da quell’evento. Anzi, era felice che la rosa riacquistasse un po’ della libertà persa incontrandosi con le sue amiche.
< No, se non è un problema preferisco che lui resti con te. Sempre che tu voglia chiaramente > esclamò la ragazza tentando di sfuggire al punto del discorso e passare direttamente alla fase successiva. Il blu scosse la testa e si grattò il collo appena punto da una zanzara. Senza tante osservazioni, arrivò subito alla conclusione che la riccia fosse impaurita all’idea di lasciare Justin nelle sue mani.
< Affatto! Anzi! Sono felice di passare del tempo con lui! Ci siete tutte o manca qualcuna? >  si informò premuroso con un sorriso sincero, già pregustava la serata a base di chili dog e giochi fatti con il piccolo. Quella domanda fece rabbrividire Amy che raccolse qualche secondo per formulare una frase.  Avvicinandosi ancor di più al riccio, si spostò gli aculei dagli occhi e, odiandosi fino al midollo, svelò l’ultima parte di quel discorso. 
< A dir la verità non esco con loro. Esco con Jacob > sillabò asciutta fissando un punto indefinito tra la coscia del blu e la sua. La riccia socchiuse gli occhi per  non vedere l’espressione del riccio, il quale, a sentire quelle parole, era sobbalzato sul posto come se avesse ricevuto una scarica elettrica.  Quelle parole aprirono una voragine all’interno del riccio, voragine in cui cadde senza tanti preamboli arrivando al centro del suo cuore. In quel momento, il ragazzo rappresentava al meglio il concetto di “colpito e affondato”.
I suoi sogni vennero bruciati come tanti pezzettini di carta mentre sudore freddo gli incollò la maglietta alla schiena e gli aculei iniziarono stranamente a pesargli. Lei e un lui, un lui e lei. Assieme. Amy sarebbe uscita con “un lui”. E quel “lui” era proprio Jacob. Semplicemente terribile. Perché Jacob? Perché tra tutti proprio quel ballerino da strapazzo? Un’idea terribile zigzagzò nel il suo cervello affollatissimo di ipotesi e sentimenti.
Trattenendo il respiro, Amy si morse il labbro inferiore, preoccupatissima per la reazione che il ragazzo avrebbe manifestato a breve. Una vena sul collo iniziò a pulsargli al ritmo del battito cardiaco, indicandole che a secondi sarebbe scoppiato come un palloncino. La mascella del riccio si serrò, dettaglio che la riccia captò al volo, notando chiaramente l’ovvio cambio d’umore. Perfino i suoi aculei sembravano gonfiarsi dal nervoso.
 < Sei impazzita? Lui? Amy! Spero che tu non abbia la malsana idea di affibbiargli il titolo di padre adottivo! > sbottò innervosito tentando di contenere il tono di voce per non farsi sentire dal bambino. La rabbia ma, soprattutto, l’invidia che provava in quel momento bastava a renderlo isterico. Non riusciva a tollerare che la rosa uscisse con un simile personaggio, soprattutto ora che si era accaparrato il primo posto nella lista delle persone odiate.
La ragazza, stupita da quella frase tanto sfrontata, si voltò e lo fisso freddamente negli occhi
< di certo non sono problemi tuoi. E poi, solo perché ti sta antipatico, non è detto che sia una brutta persona > rispose a tono rivolta più a se stessa che al riccio seduto accanto a lei. Orgogliosamente, Sonic incassò la frase e si zittì, controllando nuovamente Justin, impegnato in una missione di salvataggio di insetti e quant’altro.
< Bhe, non condivido la scelta del partner. Potevi scegliere meglio > rispose pungente mostrandosi scocciato. Quello che sentiva dentro di se era un fastidioso nodo a livello dello stomaco, nodo che gli impediva di deglutire normalmente e di rilassare le spalle, contratte da decine di minuti ormai. Più pensava a loro due assieme, più si sentiva sopraffare dall’angoscia. Sapeva che prima o poi la riccia avrebbe dovuto/voluto trovarsi un altro.
Ma non era esattamente questa la piega che aveva pensato per lei, o meglio, per loro. Amy impiegò qualche secondo a rispondere, impegnata a studiare il broncio e l’espressione dura del bel porcospino seduto al suo fianco.
< E’ una semplice uscita senza doppi fini > concluse ammorbidendosi un po’ di fronte a quel viso corrucciato e a quello sguardo doppiamente offeso. Sonic non rispose facendole capire che non era affatto d’accordo con lei.
Amy, lanciando un’ultima occhiata al coinquilino, si allontanò richiamando dolcemente Justin, il quale aveva le labbra viola dal freddo ed era bagnato come un pulcino. Avvolgendogli un buffo asciugamano giallo, la madre lo portò in casa e lo asciugò con cura per evitare qualsiasi insidioso colpo d’aria. Battendo i denti, il piccino abbracciò la madre in cerca di un po’ di calore. Dopo aver passato metà pomeriggio al salvataggio di una lucertola, tre chiocciole e un numero infinito di coccinelle e api, il riccetto si sentiva veramente a k.o. Iniziando a passargli un aculeo alla volta con l’asciugamano, decise di avvisare il figlioletto dell’imminente serata, così da avere tutto il tempo per tranquillizzarlo e rassicurarlo,
< Justin? Devo dirti una cosa > iniziò la rosa asciugando la chioma del piccino, grondante di acqua. Il piccolo, preoccupato dal tono di voce della ragazza, si voltò con espressione ansiosa. Qualsiasi cose volesse dirgli, sperava tanto che non centrasse Jason.
< Stasera vado a cena con un … amico. Perciò tu resterai a casa con Sonic e mangerai assieme a lui, d’accordo? > esclamò dolcemente, inginocchiandosi di fronte al piccolo per guardarlo dritto negli occhi. Le iridi color menta piperita per un attimo si oscurarono di preoccupazione.
< Chi è il tuo amico? E’ un amico di Sonic? Lui lo conosce? > balbettò a raffica il bambino, terrorizzato dal fatto che potesse essere tutt’altro che un amico. La voce acuta e cristallina, innocente come un pesce rosso, stringeva ancor di più il cuore della riccia, la quale si ritrovava a domare i sensi di colpa sempre più forti.  Allungando le braccine, Justin si incollò al collo della madre con un piccolo saltello, la quale, caricandoselo tra le braccia con affetto, se lo portò in cucina. Stringendolo al petto con dolcezza, lo riempì di baci sulla fronte
< oh sì, si conoscono bene, ti ricordi il dingo che ci ha parlato questa mattina? Color arancione? E’ lui. E comunque non devi preoccuparti per me tesoro. Semmai preoccupati di quello che mangerai stasera, vi faccio i chili dog perciò attento a non esagerare > lo rimbeccò con affetto lei, adagiandolo sulla tavola della cucina. Justin rifletté qualche attimo prima di rispondere. Dondolando le gambine nel vuoto, assunse un’espressione contrariata.
Perché lui non era ammesso a quella uscita? La mamma era sua  e per questo sentiva di avere il pieno diritto di partecipare a quelle uscite. Guardando la madre che preparava la cena con cura meticolosa, iniziò a mangiucchiare una pellicina sul pollice
< non mi va tanto. Per quanto starai via? > continuò nervoso saltando giù dalla tavola con un agile balzo.
< Starò via poco, te lo prometto. Tu fai il bravo e fa’ quello che ti dice Sonic, ok? > continuò un tantino agitata la riccia. Era raro che il piccino fosse così contrario, forse non voleva stare con l’adulto? Justin con un sospiro annuì leggermente e intristito, appoggiò la fronte sulla gamba della madre in cerca di conforto. Abbandonando la preparazione sul ripiano della cucina, con il cuore gonfio di dispiacere per le parole del piccolo, la rosa si inginocchiò e lo sommerse di baci. I capelli del riccetto le finirono in bocca mentre sulle piccole labbra si disegnava un piccolo e delizioso broncio.
Amy con parole dolci lo tranquillizzò assicurandogli che sarebbe stata di ritorno entro mezzanotte e che no, non sarebbe più uscita senza di lui. Faccia a faccia con la madre, Justin sorrise a quelle parole e con le piccole manine catturò un aculeo rosa confetto, arrotolandolo più e più volte tra le dita. Le promesse della mamma erano sempre mantenute, sapeva perciò con certezza che quella sarebbe stata la prima e ultima volta di un’uscita senza di lui.
Per Amy, la poca voglia di uscire, sommata alle parole del suo bambino e alla reazione di Sonic, facevano diminuire ancor di più la forza per affrontare il famigerato appuntamento. Sapeva bene che stava per sprecare una serata, ma sapeva anche che rimandare l’uscita non avrebbe risolto il problema. Anzi, a dirla tutta, rimandare equivaleva a peggiorare la situazione.
Jason avrebbe iniziato a tartassarla notte e giorno per quell’uscita, rovinandole l’intera giornata. Sostituita dal riccio adulto in cucina, ebbe tutto il tempo di prepararsi e sistemarsi al meglio.
I capelli ordinatamente pettinati, il vestito semplicissimo nero e il trucco leggero, davanti allo specchio la facevano sembrare quasi un’altra persona. Contemplando per qualche minuto la sua immagine riflessa, sovrappensiero si spruzzò qualche goccia di profumo prima di scendere cautamente dai ricci. Avrebbe voluto con tutta se stessa evitare quella parte,  era terribilmente imbarazzante per lei uscire mentre il suo piccolo e l’ignaro padre se ne stavano docilmente a casa. Con un sospiro e cercando di simulare al meglio la tranquillità, a passi piccoli e leggeri, si presentò sull’uscio della cucina con gli occhi bassi e le guancie bordò.
Se da una parte avrebbe voluto essere ammirata dai ricci, l’altra sua metà chiedeva con la stessa intensità di scivolare fuori di casa senza essere notata. Sonic e Justin, intenti a controllare la cottura dei loro panini preferiti, voltarono la testa quasi contemporaneamente al suono dei passi. Rimasero entrambi senza fiato dalla figura che si stagliava sulla porta.
< Wow > mormorò il piccino blu sgranando gli occhi verdissimi. Aveva sempre pensato che la sua mamma fosse la più bella tra tutte ed in quel momento la sua convinzione venne ancor di più confermata.
Sonic, inebetito, non riusciva a staccargli gli occhi di dosso, le pupille ricadevano sempre su di lei qualsiasi movimento facesse: che fosse una scrollata di aculei imbarazzata o un passo malfermo su quei tacchi vertiginosi. Cosa avrebbe dato per essere al posto di Jason. La rosa si scostò il ciuffo dagli occhi nervosa e si avvicinò ai due, ignorando le profonde occhiate che stava ricevendo.
< Bhe, io sono pronta. Mi raccomando fate i bravi e … mangiate con moderazione! > esclamò nervosa piegandosi per baciare le guancie del piccino blu.
< E mi raccomando So, se ci fosse qualsiasi problema fammi uno squillo ed arriverò subito > mormorò con voce più bassa arrossendo dalle occhiate fameliche che le stava lanciando il ragazzo.
< Eh? Oh già > mormorò il blu con occhi persi, distraendosi per un attimo dalla visione celestiale che gli si parava davanti. Sentiva la pelle formicolargli per tutto il corpo, grattandosi il braccio nervoso non trovava nulla, nulla da replicare. O meglio, c’era qualcosa che voleva dirgli, ma non era ne il momento ne il luogo giusto.
< Bene. Mi raccomando, non fate disastri se riuscite. Torno presto. Ciao, ciao > concluse abbandonandoli con un sospiro nella grande cucina.
< Tu chiama! > Esclamò d’improvviso il blu correndo alla porta accorgendosi di aver dimenticato una cosa molto importante. La rosa si fermò a metà del vialetto e si voltò sbigottita, sulla sua faccia si poteva benissimo leggere lo stupore. Sonic cercò per un breve istante le parole adeguate,
< se … se facesse apprezzamenti ambigui o mettesse le mani dove non deve, se facesse battute strane, proposte indecenti o cose varie, ti prego di chiamarmi immediatamente. Ok? >  Buttò fuori tutto d’un fiato aggrappandosi allo stipite della porta con le gote arrossate.
Amy rimase interdetta e allibita, non tanto per le parole palesemente esagerate, ma dalla reale ansia che trapelava dai suoi luminosi occhi. Ansia che la lusingava come il migliore dei complimenti, dopotutto era preoccupato per lei! Quale onore! Le scappò un sorriso sincerissimo stavolta, che andò ad incorniciare la già meravigliosa presenza della ragazza.
< Va bene. Buona serata a voi > rispose emozionata, lanciandogli un bacio con le punta delle dita. L’appuntamento si dimostrò molto diverso da come se l’era immaginato: Jacob l’aveva portata in un delizioso localino in centro città dove venivano serviti svariati menù e il vino scorreva a fiumi.
Come aveva previsto, nemmeno lui gli aveva staccato gli occhi di dosso tanto in fretta, trascorrendo buona parte del viaggio in macchina ammirandola e tentando di dire una frase coincisa senza balbettare. La riccia si era comportata normalmente, non aveva provato particolare ansia per l’incontro. Il dingo arancione si dimostrò molto più gentile e simpatico di quello che le era sembrato a prima vista: l’intera serata era stata carica di risate.
Si erano raccontati le loro vite e avevano trovato perfino dei punti in comune, come la passione per la danza e quella per i fiori. Dopo svariati bicchieri, il dingo si era perfino sfogato raccontandole il perché di quella profonda rottura tra lui e il riccio blu, accusato di essere favorito e raccomandato da Dylan fin dai primi concorsi. La riccia, con una risata, aveva provato inutilmente a fargli cambiare idea e di convincerlo a riavvicinarsi, ma nulla da fare.
L’obiettivo principale di Jacob era uno e uno soltanto ormai: superare in bravura Sonic, a qualsiasi costo. Amy, di fronte a quell’energia e a quella determinazione, aveva capito benissimo che restava ben poco da fare per tentare una qualsiasi specie di pacificazione. Perciò, evitò accuratamente di raccontargli che tipo di rapporto c’era tra lei e Sonic. Temeva, infatti, che il dingo avrebbe iniziato a tartassarla di domande particolari, volte a strappare informazioni utili sul blu. E poi, con tutto il vino che si era scolata, avrebbe faticato non poco a tenere la bocca chiusa su argomenti delicati.
 Conclusa la cena, avevano deciso di fare quattro passi al vicino parchetto. La riccia, aggrappata al recinto che delimitava il laghetto coperto da ninfee scure, vedeva le piante stranamente movimentate e le stradicciole avevano iniziato ad essere terribilmente traballanti. Conosceva bene quella vecchissima sensazione, indice di aver alzato, decisamente troppo, il gomito.
E oltretutto cominciava a farsi tardi, il mattino seguente il piccino era completamente suo e Justin non era il tipo da starsene buono e tranquillo sul divano a disegnare.
< Tutto sommato ci siamo divertiti eh Amy? > ridacchiò il dingo avvolgendole le spalle con un braccio. Attirandola a se, le schioccò un bacio sulla guancia cogliendola completamente di sorpresa. < Oh, già. S- sicuramente abbiamo esagerato con il vino > declamò perdendo l’equilibrio per la quarta volta. Il ragazzo l’aiutò a riprendersi con una risata, aiutandola a salire sulla macchina.
< Bhe, se ti sei divertita potremo uscire ancora. Magari poi, potresti fermarti a casa mia > ridacchiò con malizia facendo scivolare, come se nulla fosse, la mano dal cambio alla sua coscia. La riccia, sorpresa da quel gesto inaspettato, cercò di concentrarsi per tentare di capire se fosse serio o meno. E osservata la mano che le accarezzava la gamba in modo decisamente poco amichevole, ricambiò lo sguardo cercando la serietà che l’alcool le toglieva.
< Tu lo sai che ho un figlio vero? > Gli domandò a bruciapelo osservandolo con un sorriso di scherno. Se pensava che bastasse portarla fuori a cena per meritare le sue grazie, bhe, si sbagliava in pieno. Il ragazzo annuì e ricambiò il sorriso,
< si, lo so. Ma qui non c’è ora > esclamò con un occhiolino giocoso. La rosa scosse la testa e guardò fuori dal finestrino iniziando a sentire la testa sempre più pesante.
< Justin necessita di un padre Jacob > mormorò con un sospiro, iniziando a riconoscere la familiarissima via in cui abitava. La presa sulla sua gamba si fece d’un tratto più forte e la riccia si voltò nella sua direzione per capire cosa volesse comunicargli.
La macchina si fermò di colpo di fronte al cancello di ferro battuto, le luci all’interno erano completamente spente, a parte per una piccola lucina accesa in cucina, sicuramente tenuta accesa per lei.
Si sentì subito confortata alla vista dell’adorata dimora, di un solo passo distavano i suoi due amori, tra poco avrebbe potuto finalmente salutarli. Jacob approfittò di quel momento per avvicinarsi ancor di più alla riccia, costringendola a spalmarsi sulla portiera per distanziarsi il più possibile da lui. < Nulla ti impedisce di divertirti mentre ne sei alla ricerca > le rispose con un sorriso malizioso sollevandole leggermente la gonna del vestito.
Con quella frase ebbe la totale conferma di quello che stava cercando il ragazzo. Non le dispiaceva poi così tanto, lo conosceva appena, di sicuro quella situazione non le avrebbe tolto il sonno, ma le aveva dato tanto materiale su cui riflettere. Stomacata da quella risposta, dal tempo perso e dal vino, aprì la portiera della macchina di scatto, scivolando all’esterno della vettura con passo malfermo.
< Ciao > esclamò fredda, allontanandosi una volta riacquistato il precario equilibrio.
< Aspetta! Dov..> Amy sbatté con energia la portiera della macchina mozzando di netto la frase del ragazzo. Facendo un rapido dietrofront, camminando il più velocemente possibile, entrò dal cancello senza voltarsi per nessun motivo. Il buio più tetro oscurava il vialetto e il giardino, oscurità che nascondeva qualsiasi ostacolo e la riccia, che in quelle condizioni anche un misero filo d’erba costituiva un pericolo per lei , inciampò più di una volta prima di raggiungere l’entrata sana e salva.
Oltrepassata la benedetta soglia con qualche difficoltà, chiuse la porta e si appoggiò ad essa recuperando un minimo di lucidità. Si sentiva la testa pesante e vuota, il pavimento e i muri erano piuttosto spessi rispetto alla realtà e il suo fiato era talmente regolare da stupirla. Guardandosi attorno intontita, cercò con lo sguardo i due blu credendo di vederli sul divano. Ma nella seduta stropicciata mancavano entrambi, la coperta mal arrotolata aveva ingannato la sua, già ingannata, visuale.
Abbandonando le scarpe e la borsa sul pavimento, a piedi nudi e agganciandosi al corrimano per contrastare le vertigini, salì le scale dirigendosi verso la camera dell’adulto. Necessitava di vederli, dopo le lunghe ore passate lontane dal suo piccolo si sentiva in colpissima. E dire che gli aveva promesso di tornare presto.
Aprendo la porta della camera con più delicatezza possibile, delicatezza paragonabile a quella di un elefante, trovò i suoi preziosi ricci sul grande letto. Sonic, tra le braccia, stringeva Justin più sereno che mai. I visi rilassati e gli occhi immobili sotto le palpebre le facevano capire che i due dormivano già da diverse ore. 
I respiri, con due ritmi diversi ma regolari, indicavano anche che si trovavano in un sonno profondo, torpore da cui non sarebbero usciti tanto presto. Poteva perciò fare anche un po’ di rumore, non avrebbe svegliato nessuno. Avvicinandosi traballando al materasso occupato, si fermò e li guardò a lungo: il viso dell’uno era così simile all’altro da stupirla ancora. La stessa luminosa sfumatura di blu, il musino color pesca di entrambi, il naso allungato: come non si fosse accorto che Justin fosse imparentato con lui era ancora un mistero per lei: era così ovvio!
Accarezzando con mano pesante gli aculei di entrambi, sentì il cuore riempirsi di gioia, sentimento che scacciò la rabbia provocata dalle parole di Jacob qualche minuto prima. Non ci pensò due volte prima di montare malamente sul letto con loro.

Spazio autrice:
Buonasera lettori, come avrete notato, questo capitolo è più lungo rispetto agli altri ma non volevo togliere spazio a questi eventi, ecco perchè ho deciso di tenerlo così com'è. Finalmente con questo capitolo inizio a vedere una fine. Probabilmente, da questo capitolo in poi, gli aggiornamenti saranno più frequenti. Vorrei postare almeno due volte al mese ma non so ancora se riuscirò. Come sempre se ci dovessero essere errori segnalateli per favore o se magari avete consigli da darmi per migliorare nello stile ve ne sarei davvero grata
Concludo: il capitolo 4 è stato inserito.
Baci.
  
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