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Autore: WhiteLight Girl    11/06/2019    1 recensioni
Fanfiction Crossover tra le varie serie di Digimon, in questa prima parte Tamers e Frontier, nella prossima Adventure.
Qualcosa si muove nell'acqua, non è un mistero che sia parte del problema, perché quando Izumi esce dall'ascensore l'acqua scorre sul corridoio davanti a lei e fino ai piedi dei suoi amici. Cosa ci fa quell'acqua putrida nell'ascensore del centro commerciale 109 di Shibuya? Da dove viene? Izumi probabilmente lo sa, ma non è in grado di rispondere a questa domanda.
Personaggi: Takato, Ruki (Rika), Henry, Ryo, Zoe (Izumi), Takuya, Koushi, Kouichi, Junpei (JP), Tomoki (Tommy), Guilmon, Renamon, Terriermon, MonoDramon...
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 7
Gli amici non ti abbandonano

L’ingresso di Hypnos era immerso nella penombra, la segretaria fece loro un cenno del capo senza sollevare lo sguardo dalla pila di carte che aveva davanti.

Takato fu il primo ad avvicinarsi, seguito dai due amici. «Buongiorno.» le disse, superandola. Precedette Hirokazu e Kenta lungo il corridoio, dritto verso il punto in cui quello si apriva in un piccolo atrio quadrato e gli altri li stavano aspettando. Jenrya era chino sullo sportellino del distributore automatico, estrasse il bicchiere e gli sorrise mentre Ruki, al suo fianco, già sorseggiava il suo caffè. Takato ne sentì l’aroma ancor prima di fermarsi davanti a lei.

«Mio padre sta parlando con Yamaki.» disse Jenrya prima che potesse chiedergli qualunque cosa. «Ma pare che non considerino la cosa di nostra competenza.»

Ruki lanciò il bicchiere vuoto nel secchio della spazzatura poco distante. «Come se non fosse qualcosa che potremmo gestire. Ci trattano come se fossimo ancora dei bambini.» si lamentò.

Takato chinò il capo e strofinò la suola della scarpa sul pavimento lucido. «Tecnicamente lo siamo, almeno per loro.» rifletté. Non aveva voglia di litigare né di metter su una ribellione, ma se si fosse rivelato necessario sarebbe stato pronto a barricarsi dentro l’edificio fino a quando non si fossero decisi a rivelargli l’ubicazione di ogni singolo varco in città.

Ruki sembrava del suo stesso parere, si appoggiò contro il distributore ed incrociò le braccia, colpendone ripetutamente un lato con il fianco del piede per stemperare la tensione. «Siamo di sicuro più competenti di loro, nel risolvere situazioni come queste.»

Jenrya le lanciò un’occhiata. «Ruki.» le disse.

«No. Niente Ruki. Hai già dimenticato cosa è successo l’ultima volta?» ribatté lei.

Il pensiero di ciò che era accaduto con il D-Reaper fece venire i brividi a Takato. «Non ha tutti i torti, però.»

I cinque rimasero a fissarsi per alcuni secondi, le preoccupazioni si affollavano nella testa di Takato, che si morse il labbro e rifletté su come agire.

Jenrya sembrò arrivare alla soluzione prima di lui: «Sentite, diremo a Yamaki che qualunque cosa sia successa noi possiamo fare qualcosa.» disse il ragazzo. Mandò giù la sua cioccolata calda mentre Ruki lo guardava storto.

«E credi che servirà?» gli chiese scettica. Takato osservò il suo sopracciglio inarcarsi e sollevarsi per esprimere al meglio tutta la sua contrarietà.

«Lo costringeremo a lasciarci fare qualcosa.» tagliò corto Jenrya.

«Come?» domandò lei.

Takato esitò, chinò il capo e si grattò la nuca evitando il suo sguardo e quello degli altri. Cercò una risposta, ma qualunque giustificazione gli venisse in mente appariva come una scusa vuota. «Io… Non lo so.» ammise.

Rimasero fermi nell’atrio vuoto, sotto la luce dei neon incerti e vicino a una bocchetta di aria calda che soffiava proprio addosso a loro. Si riusciva quasi a percepire il rumore dell’aria smossa, fino a quando quello dei passi provenienti dal corridoio adiacente aumentò fino a coprirlo. Yamaki emerse da dietro l’angolo con lo sguardo truce di qualcuno che sapeva che avrebbe trovato delle seccature, Takato lo capì nonostante i suoi occhi fossero coperti dagli occhiali da sole, poiché l’uomo aveva la mascella serrata ed i pugni stretti lungo il fianco, le braccia immobili contro il vestito scuro ed il fedele accendino di metallo stretto in mano. La signorina Reika era pochi metri dietro di lui e portava una serie di fascicoli dall’aria sospetta.

Takato aspettò che li raggiungessero e così fecero anche gli altri, in silenzio e Yamaki gli parlò solo dopo essersi fermato proprio davanti a loro, domandando senza preamboli:

«Cosa ci fate voi qui?»

Takato fece per rispondere, ma esitò un momento di troppo ed Hirokazu lo precedette. «Dov’è Ryou?»

Yamaki sollevò la mano e si premette il polpastrello contro la tempia quasi a cercare di attenuare un qualche dolore alla testa. O forse stava solo cercando di mettere insieme le parole giuste per tenerli buoni.

«Akiyama? È impegnato a risolvere una questione importante, ma vi assicuro che è tutto assolutamente sotto controllo.» disse, il tono piatto, quasi forzatamente tranquillo.

Takato non gli credette neanche per un secondo. «Non ci credo neanche se me lo dice Ryou in persona.» ribatté.

L’uomo sospirò e si sfilò gli occhiali, le spalle cadenti e finalmente una parvenza di umanità e preoccupazione trapelarono dallo scudo distaccato e professionale che si era costruito attorno. «Ascoltatemi, ragazzi, dovete credermi se vi dico che non c’è nulla che voi possiate fare in questo momento.» disse loro. Appese gli occhiali al taschino e li fissò a turno, sperando forse che le sue occhiate riuscissero a convincerli.

Ruki fu la prima a riscuotersi ed a rispondere. «Io non ne sarei così sicura.» gli disse.

Takato la guardò e la trovò ferma al suo fianco a braccia incrociate, sosteneva lo sguardo di Yamaki con risolutezza e non sembrava intenzionata a lasciarsi convincere dalle belle parole; la capiva perfettamente.

«Ci ascolti, Yamaki, siamo davvero sicuri che qualunque cosa sia successa noi potremo fare qualcosa, tenerci all’oscuro non è la cosa giusta e sono certo che nel profondo anche lei lo sa.» provò a dire, sperando di riuscire a farlo ragionare, ad apparire affidabile ed in qualche modo indispensabile. Se Yamaki avesse pensato di aver bisogno di loro sarebbe stato costretto a rivelargli tutto, ad aprire loro ogni singola porta ed a rivelargli ogni singolo segreto.

La signorina Reika era ancora al fianco dell’uomo, attendendo in silenzio. Takato si era dimenticato di lei, del peso dei fascicoli che lei stringeva, Yamaki li sfilò dalla sua presa e glieli porse. Nel momento in cui li ebbe tra le mani, il peso nello stomaco di Takato si fece più pressante, sapeva anche senza guardarli che anche gli altri stavano trattenendo il fiato.

«Questi sono gli ultimi dati raccolti dalla scansione del Digital World, un autista vi scorterà fino al varco più vicino.» spiegò loro Yamaki. Rimise gli occhiali da sole, le mani tradivano la sua ansia ed i suoi dubbi persistenti. «Spero di non dovermene pentire.» ammise.

Takato gli sorrise, strinse al petto i fascicoli ed ignorò lo sguardo mesto di Reika. «Grazie infinite.» disse ad entrambi, poi si voltò verso l’ascensore, con gli altri pronti a correre dietro di lui, ma Yamaki li chiamò prima che potessero fare più di due passi.

«Aspettate.» disse, indicò Kenta ed Hirokazu. «Voi due no.»

I due ribatterono immediatamente, si misero sull’attenti spingendo il petto in fuori e trattenendo il fiato come se avessero davanti un colonnello a cui apparire all’altezza: «Siamo Tamers anche noi.» Yamaki sospirò, per niente colpito. «Non offendetevi, ragazzi, ma Takato, Jenrya e Ruki hanno più esperienza.» spiegò.

«Possiamo essere utili quanto loro.» insisté Hirokazu.

Ma Yamaki non voleva sentir ragioni. «Un’altra parola e non andranno neanche loro.» minacciò, ed allora i due si rassegnarono, facendo a Takato ed agli altri cenno di andare.

Il ragazzo sorrise loro grato, Ruki aveva già chiamato l’ascensore, il resto sarebbe venuto da sé nel giusto momento.

Quando, pochi minuti dopo, salirono nell’auto, né lui né gli amici sapevano quanto ci sarebbe voluto per raggiungere il varco, Jenrya scorse rapidamente i fascicoli semplificando e riassumendo tutto a Takato e Ruki: c’erano stati livelli sbalzati di energia, diversi collassi di alcuni settori per ragioni sconosciute che avevano causato la disconnessione temporanea tra Hypnos ed il Mondo Digitale e Ryou che era partito il giorno prima sarebbe dovuto tornare entro due ore ed invece era stato via tutta la notte.

Non era raro che Ryou non rispettasse il coprifuoco imposto da Hypnos, ma questa volta si trattava di un’apparente situazione di emergenza e, dato il rapporto scritto, Takato non poteva evitare di essere preoccupato per lui.

Quando l’autista del furgone rallentò davanti al tempio, se quello non fosse stato circondato da sottoposti di Yamaki, probabilmente avrebbero pensato che li stavano prendendo in giro. Seguirono la loro guida su per le scale e dentro il boschetto, immergersi tra gli sfavillii di luce fu tanto strano quanto familiare, scivolare nel Digital World come precipitare in un sogno, rallentare all’ultimo secondo prima di schiantarsi come svegliarsi in un altro ancora.

   
 
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