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Autore: schrodieKat    11/06/2019    2 recensioni
Storia interattiva || Iscrizioni aperte
Da anni i semidei nascono senza alcun potere.
Quei pochi che invece manifestano della capacità particolari vengono spediti all'Ultima Spiaggia, per evitare di attirare pericoli al Campo Mezzosangue.
Quando una nuova minaccia farà capolino, riusciranno i due Campi a unirsi e ritrovare la pace?
Genere: Angst, Avventura, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio, Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio, Semidei Fanfiction Interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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PROLOGO

L' Ultima Spiaggia si era sempre tenuta fuori dai guai.
Non aveva partecipato a nessuna guerra con Titani o mostri di qualsivoglia genere, mai si era immischiato nelle faccende degli dei, e soprattutto non si era mai messo in contatto con il Campo Mezzosangue, nè tantomeno con Nuova Roma: alla fin fine, erano stati questi ultimi a costringere l’istituzione dell'Ultima Spiaggia, a cacciare sangue del proprio sangue per delle minuscole e insignificanti differenze, e i semidei reietti che venivano spediti lì per nessuna ragione avrebbero elemosinato un po’ di attenzione da quei Campi che li avevano trattati in maniera così spietata.
Ma era anche vero che non si era mai verificato niente di simile.

 


Pavel era sempre stato un asso alla guida.
Se ci fosse stato un dio greco dei trasporti, non sarebbe stato suo figlio, no, avrebbe direttamente usurpato il suo trono e lo avrebbe sostituito con il sedile del guidatore, ormai scassato, del suo vecchio camper. A dir la verità, non si trattava solo del sedile: era tutto il camper a trovarsi in una situazione decisamente precaria. I finestrini erano ricoperti per intero da un opaco strato di marciume di un colore indefinito tra il grigio e il verde, mentre i materassi dei passeggeri, una volta soffici e degni dei migliori hotel a cinque stelle, avevano perso le molle non troppo tempo prima, diventando delle trappole mortali di stoffa e legno. Ma a Pavel non interessava: prima di tutto, lui guidava, l'unico finestrino che gli interessava era quello che gli consentiva di vedere la strada, che, a differenza degli altri, era totalmente immacolato.
In più, il camper era brutto, certo, molto brutto, il più brutto camper che gli occhi di un semidio avrebbero mai potuto scorgere sulla faccia della terra, ma funzionava. E funzionava anche bene, grazie a dei suoi amiconi della Cabina di Efesto, che l'estate prima avevano dato una sistemata al motore e un cambio alle ruote. Erano stati carini.

«Quanto ci manca?»

A proposito di carino. Ecco qualcuno che non lo
 era stato per niente.
Solo perchè era l'unico semidio al Campo che sapesse effettivamente guidare, Pavel si era ritrovato costretto a fare da autista a quel damerino impomatato che in quel momento stava squadrando l'interno del suo amatissimo veicolo con fare schifato. Fosse dipeso da lui, il ragazzo avrebbe potuto benissimo raggiungere la sua destinazione in sella a un triciclo di plastica, piuttosto che inquinare l'atmosfera chill del suo camper con la sua acqua di colonia da quattro soldi. Solitamente, lì dentro si poteva percepire un familiare odore di formaggio misto a sudore, ma in quel momento il giovane semidio riusciva solo a sentire quella che pareva essere acqua di rosa intasargli le narici. E, come se non fosse bastato, il passeggero si era comportato come una stella di Hollywood per tutto il viaggio, ignorando le barzellette del toc toc di Pavel e i suoi commenti sui b-movie degli ultimi vent'anni. E a dirla tutta, su questo non poteva biasimarlo. Pavel aveva ventitrè anni suonati, mentre il ragazzo pareva essere ancora un giovinetto. I suoi capelli lunghi fino alle spalle, spettinatissimi, andavano a cozzare con l'aura di perfezione conferitagli dall'espressione altezzosa e dal suo completo elegantissimo; a vederlo, Pavel aveva subito pensato a dei suoi vecchi compagni di college che erano riusciti a diventare qualcuno nel settore dell'economia. Solo che il passeggero aveva la faccia da ragazzino, a discapito della sua barbetta incolta, e molto probabilmente non aveva una laurea.

«Non ne ho idea, coso.»
«Donovan.»

Oh, fantastico. Non solo erano partiti col piede sbagliato, ora era addirittura arrivato ad offenderlo. Ma non era colpa di Pavel, eh. Lui si stava impegnando per non lasciarlo in mezzo alla statale a farsi mangiare da empuse o marmotte assassine. E sì che era abituato a fare da babysitter a tutti i mocciosetti del Campo. Questo, però, lo intimidiva. Era come avere a che fare con un adulto nel corpo di un ragazzino, e non era affatto una bella combinazione. Gli adulti - quelli veri, quelli responsabili, non come lui - gli avevano sempre messo una certa ansia.
E le proteste di Donovan sarebbero state vane, per Pavel sarebbe rimasto comunque coso.

«Scusa, col trambusto di stamattina giù al Campo non ho prestato molta attenzione alle presentazioni. Hai detto di essere figlio di...?»
Donovan sbuffò, avvicinandosi al guidatore ed emettendo a ogni passo un ticchettio con i tacchetti dei suoi mocassini. «Ecate, dea della magia. Cabina 20.»
«Ma guarda un po'!» Ridacchiò Pavel, cercando di smorzare la tensione. «Magari farai un bell'incantesimo e ci aiuterai a risolvere questa faccenda.»
Il semidio manteneva gli occhi sulla strada, ma riuscì a percepire lo sguardo truce del figlio di Ecate su di sè. Si voltò per un secondo, e ciò che riuscì a scorgere per poco non lo fece sbandare.
Donovan stava ghignando.

«Non è che io vi aiuterò. Sarò io stesso a risolverla, caro mio.»
«Addirittura!» Pavel decise di stare al gioco, ma la faccenda si presentava come alquanto improbabile. Il figlio di Ecate era tornato al Campo dopo un certo numero di anni di assenza la sera prima. Non aveva assistito al macello che nelle settimane passate si era occupato di decimare il Campo e non aveva una faccia poi così sveglia. In più, gli stava abbastanza antipatico.
Il ragazzo annuì con nonchalance. «Si dà il caso che abbia già assistito a un fenomeno simile.»

Altro che portare fortuna, allora. Donovan doveva essere un vero porta iella.
La faccenda non era affatto una cosa da poco. Da settimane, mesi, quasi, ogni notte, un semidio per ogni Cabina, immerso nel sonno, iniziava a tossire. La tosse si tramutava poi in conati e spasmi violenti, uno spettacolo raccapricciante per i fratelli, che si svegliavano per il forte tossire di chi ne era colpito. Poi, dopo un certo periodo di atroci spasmi e tosse, i semidei si fermavano, e dalle loro bocche non usciva più alcun suono.
Solo sangue. Pavel ne aveva visto solo uno, per fortuna, ma gli era rimasto ben impresso nella mente. Sangue dalle orecchie, dalla bocca, dagli occhi: uno spettacolo degno dei peggiori film splattern.
Però non era un film.

I fanciulletti colpiti, però, non erano morti. Secondo quei pochi figli di Apollo rimasti, il battito c'era. Quelle fontane di sangue ambulanti, in qualche modo, si potevano ancora salvare.
Ed era per quello che Chirone e Dioniso lo avevano mandato a fare da babysitter a quel damerino.

«Due settimane fa sono passato da Nuova Roma. Erano nella stessa situazione.»
Pavel sentì il sangue gelarsi nelle vene. «Non ci hanno avvertiti.»
«Sai come sono i Romani, no? Da soli se la cavano meglio, dicono. E intanto hanno perso alcuni tra i loro migliori legionari.»
Il guidatore ignorò quell'ultima affermazione. Non erano persi. Non erano morti. «E quindi dove stiamo andando? A chi dovremmo chiedere aiuto, se i Romani sono nella merda tanto quanto noi?»

«Semplice, amico mio. All'ultima spiaggia.»

 

Ora, si dà il caso che quest'ultima spiaggia avesse un certo conto in sospeso con i vari Campi per mezzosangue e semidei sparsi per gli Stati Uniti.
Infatti, a dirla tutta, la stessa ultima spiaggia esisteva solo per dare sicurezza ai semidei che, perchè considerati troppo pericolosi, o per aver fatto un torto a un dio, o per aver manifestato i propri poteri, erano stati cacciati.  Infatti, ormai da anni, tutti i semidei nascevano privi di poteri. O meglio, quasi tutti. Quelli che li avevano, invece, li manifestavano in maniera particolarmente evidente, e per questo venivano allontanati.
Costretti a vagare da soli tra i rischi e i pericoli che solo un semidio può capire, i pochi riusciti a sopravvivere avevano fondato la loro personalissima colonia, la loro Magna Grecia: l'Ultima Spiaggia.


Niente sacrifici agli dei, tanto non hanno ascoltato quei semidei reietti nel momento del bisogno, figuriamoci ora. Niente addestramenti: l'Ultima Spiaggia non partecipa alle guerre degli dei nè a quelle dei semidei dei Campi. E soprattutto, nessun contatto coi semidei dei Campi. I mezzosangue dell'Ultima Spiaggia erano stati buttati in mezzo alla strada senza alcun motivo, e quindi, pur agendo da narratore oggettivo e imparziale, credo davvero che i Capi dell'Ultima Spiaggia si sarebbero potuti permettere qualsiasi reazione, quando, a pomeriggio inoltrato, quel lunedì, il camper guidato da Pavel O'Brian arrivò da loro, oltrepassando il sottile campo di forza invisibile utilizzato per proteggere in qualche modo i semidei dell'Ultima Spiaggia.

«Li hai visti, Celia?»

La ragazza non rispose. Il covo dell'Ultima Spiaggia si diramava su un promontorio enorme, e gli alloggi dei Capi, che altro non erano se non i semidei più anziani presenti, si affacciavano su una zona piena di scogli, dove le onde si infrangevano continuamente producendo un gran frastuono e un luccichio prima di ritrarsi e lasciare spazio ad altre onde. Celia odiava il loro rumore, ma si perdeva per ore ad osservarle. Anche in quel momento era troppo presa dal perpetuo infrangersi delle onde per prestare attenzione al ragazzo che era appena entrato nella Sala dei Capi. Erano da soli, in quel momento.
Da soli assieme alle onde.

«Non avrebbero potuto mandarci due idioti più incompetenti come ambasciatori. Uno sembra un boscaiolo irlandese e l'altro pare un illusionista da due soldi. Avresti dovuto vederli, quando hanno visto Larry stavano per svenire!»
Larry era un figlio di Aracne. Un ragazzetto simpatico, ma con tutti quegli occhi non si riusciva mai a capire dove stesse guardando. Per non parlare delle braccia, urgh.
«Ci hanno chiesto aiuto, Celia. Il Campo Mezzosangue che chiede aiuto ai mostri, ci credi?»

No, Celia non ci credeva. 
Era stata cacciata dal Campo prima ancora di essere riconosciuta, sebbene la sua discendenza fosse piuttosto evidente. Per come la vedeva lei, tutti, al Campo Mezzosangue, erano solo degli egoisti. Non era stata l'unica ad essere cacciata solo perchè la sua discendenza si era manifestata in modo un po' particolare. Larry era stato cacciato con la scusa di essere figlio di una creatura malvagia e cospiratrice contro gli dei, ma la verità era un'altra, secondo Celia. Larry, così come tutti gli altri semidei dell'Ultima Spiaggia, si trovavano lì solo perchè diversi.

«Dicono che al Campo i semidei si stiano decimando. Sangue a frotte, secondo l'irlandese.»
«Avete rifiutato, spero.»

Celia si era voltata verso il suo interlocutore, Rhys, un figlio di Demetra con dei germogli che gli crescevano su tutto il corpo. Diede un'occhiata allo specchio appeso alle sue spalle: come al solito il riflesso emesso dai suoi occhi le impediva di vedere il suo riflesso. Il suo carattere divino particolare era proprio quello: emetteva luce. Costantemente, come una lampada a lava uscita da un negozietto dell'usato anni '80. Era questo il dono che suo padre, Apollo, le aveva fatto, assieme ai capelli biondi che aveva in comune con la maggior parte dei suoi fratelli. In compenso, però, era stonata come una campana.

«Ovviamente.» Rispose Rhys.
«Probabilmente era solo una trappola per stringere una tregua e farci tornare. Insomma, sangue? Senza motivo?»
«Impensabile, eh? Hanno detto che è successo lo stesso giù a Nuova Roma.»
Celia scosse la testa, chiudendo gli occhi per qualche secondo e facendo sprofondare la camera in un buio profondo. 
«Quei due hanno insistito per rimanere, però, Celia. Ci hanno chiesto ospitalità.»
«Che faccia tosta. Ci cacciano e ora vengono a chiederci ospitalità.»

Rhys ne sapeva, di ospitalità. Prima di finire al Campo era passato da un parente all'altro mentre i genitori erano alle prese con un divorzio all'ultimo sangue. Arrivato al Campo Mezzosangue era sicuro di aver trovato finalmente una casa, ma dopo qualche giorno era stato costretto ad andarsene. Lui, che non avrebbe fatto male a una mosca.
Era per quelli come lui che Celia aveva deciso di entrare a far parte dei coordinatori dell'Ultima Spiaggia. Lei aveva avuto un'infanzia tranquilla, tutto sommato, ma quelli come Rhys, che non avevano avuto nemmeno un momento di tranquillità, si meritavano di avere almeno un posto degno di essere chiamato casa.

«Hanno detto che potrebbe succedere anche a noi.»
«Baggianate. A noi non succede mai nulla, lo sai.»

 

Erano le tre e quarantatrè del mattino e Donovan McKenna non riusciva a trovare una posizione che non compromettesse la sua intera spina dorsale. Quei materassi erano delle vere e proprie trappole mortali, e, inoltre, per un decimo di secondo, era sicuro di aver visto passare un ratto. Quel babbeo di Pavel, invece, dormiva beato con la testa poggiata sul volante, emettendo, di tanto in tanto, un verso a metà tra un russare e un ruttare.
Negli ultimi anni aveva dormito nei posti peggiori che si potessero immaginare, ma era sempre stato solo. Ora invece si ritrovava quel rosso fastidioso col fiato sul collo.
In più, come se non fosse bastato, l'idiota aveva lasciato accesi i fari del Camper.

«Coso, fammi un favore, spegni quella stramaledetta lampada da notte.»

Fantastico, l'idiota parlava anche nel sonno. Donovan sospirò, cercando di ignorarlo, pur sapendo che sarebbe stato difficile.
Chirone glielo aveva affibbiato come misura di sicurezza fino a nuovo ordine, come se la sua magia non fosse stata una difesa sufficiente. Non che Pavel paresse troppo minaccioso. Era alto, certo, e non troppo magrolino, ma nemmeno massiccio, e non sembrava affatto sveglio. Gli lanciò un'occhiata: sul volante i suoi capelli rossi, illuminati dall'esterno dai fari del camper, parevano essere diventati quasi biondi. Aveva notato, prima, mentre stava guidando, che il suo faccione pallido era pieno di lentiggini. Un irlandese?

«La luce!»

Donovan si alzò, lanciando un'imprecazione sottovoce al ragazzo che dormiva quasi beatamente alla guida del veicolo. Perchè invece di colpire tutti quei semidei, quella maledizione del sangue non aveva potuto colpire anche Pavel? Almeno il figlio di Ecate avrebbe potuto muoversi liberamente senza dover rispettare i ritmi di dormiveglia del rosso: Donovan, infatti, soffriva di insonnia.
Però avrebbe apprezzato quantomeno rilassarsi alla luce della luna piuttosto che dover fare da cameriere a un tale bamboccione.

Aprì la porta del caravan, ma quando vide ciò che c'era fuori si bloccò di scatto.
Non erano i fari del camper a emettere tutta quella luce, ma quello che sembrava uno spettro luminoso: una ragazza minuta, che in quel momento era scossa da singhiozzi e lacrime. Avrebbe voluto cercare di consolarla in qualche modo, ma era davvero terrorizzato. Che si fosse trattato di una visione? Un sogno?

«Per tutti gli dei, damerino!»

No, non era un sogno. Mai e poi mai avrebbe voluto trovarsi anche in sogno quell'idiota di Pavel a mettergli i bastoni fra le ruote.
Il ragazzo si era alzato e lo aveva raggiunto all'entrata del camper, con un'espressione alterata seppur intontita dal sonno, ma prima di sbraitargli addosso si era voltato verso la ragazza, che stava ancora piangendo.
Alla sua vista si era bloccato. Dopo qualche secondo di gelo e silenzio, rotto solo dai singhiozzi della ragazza, si ricompose, assumendo un'espressione stranamente seria.

«È successo, vero?»
La ragazza annuì debolmente.

«È successo anche qui.»





Ma salve!
Allora, eccovi un'interattiva un po' strana.
Spero che la trama di base vi piaccia, così come i personaggi! ^^
Se vedete errori di qualsiasi tipo, ditemelo, criticate, siate cattivi se serve, mi piacerebbe davvero migliorare!
Per qualunque informazione, non esitate a contattarmi!
Vi lascio al regolamento e alle schede.

CONTESTO:
  • i personaggi che andrete a creare potranno far parte sia dell'Ultima Spiaggia (con poteri) sia del Campo Mezzosangue (senza poteri); niente romani.
  • in questa storia niente spoiler per gli ultimi libri, tranquilli.
Regolamento:
 
  • Se volete partecipare con degli OC, ditelo o in recensione o in messaggio privato dicendo che personaggio intendete mandarmi (figlio di chi e quanti personaggi). Poi aspettate il mio ok per mandare le schede;
  • Le schede vanno inviate entro il 20, via messaggio privato, con oggetto "SCHEDA INDESIDERATI *nome del vostro OC*"
  • Accetto figli di Atena, Apollo, Ares, Afrodite, Demetra, Efesto, Ecate, Nike, Tiche, Nemesi, Ipno, Iride, Dioniso ed Ermes.
  • Niente Mary Sue. Per favore.
  • Nessuno conosce di persona i sette. Compariranno più avanti, ma nessuno li conosce di persona.
Scheda (eliminate le parti tra parentesi quando la compilate)

Nome completo:
Campo o Ultima Spiaggia:
Età (dai 15 ai 19):
Genitore divino:
Genere:
Biografia (e descrizione della famiglia mortale):
Carattere:
Aspetto fisico:
Potere (in questa storia solo i semidei dell'Ultima Spiaggia hanno poteri. Se il semidio appartiene al Campo Mezzosangue non avrà poteri):
Cosa gli/le piace:
Cosa non gli/le piace:
Con chi andrebbe d'accorda e con chi no:
Orientamento sessuale:
Eventuale arma:
Altro:


 
   
 
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