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Autore: vale21    11/06/2019    0 recensioni
L’amore non è altro che la capacità di ferirsi.
E più amore hai, più le tue lame sono acuminate.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Era sangue quello dal naso di Chara. Sul suo viso bianco cosparso di lentiggini, il sangue colava fino ai denti del sorriso sguaiato. Perché rideva, quello.
Kris gli aveva tirato un pugno ben assestato. L’aveva fatto per rabbia cieca, portato al limite, ma non voleva fargli del male. Infatti quel Chara rideva. Rideva forse di quanto patetica fosse la sua incredula espressione sotto la frangia, come di un bambino che rompe la finestra per sbaglio. Solo che ora si trattava di un setto nasale.
“colpisci ancora, su!”
Chara era a terra sul pavimento di linoleum verde della palestra di scuola, a trattenersi la pancia dalle risate mentre si Kris si alzava e arretrava. Davvero, era sangue quello? E lui non aveva voluto fargli male…fu per questo che quando Chara si rialzò, serio come un pomeriggio d’inverno, e gli diede una spallata sul petto che lo fece vacillare.
Kris annaspò. Era alto rispetto a Chara, ma non aveva l’indole di colpire per fare male. Eppure i due si erano ritrovati a litigare in palestra quando tutti erano all’intervallo. Per terra c’erano palloni da basket. Chara e Kris portavano la divisa.
Kris si difese quando Chara cercò di tirargli un pugno sul volto. Il suo sangue colava ancora, gli sporcava i denti perfetti, gli incorniciava gli occhi brucianti per il troppo ridere. Kris non vedeva bene da sotto i capelli, e tutto ciò che fece fu strattonare Chara per il bavero della camicia. La cosa che vide dopo fu un gomito.
“Non dirmi che devo rovinare la tua bella faccia, eh Kris? Cavolo, ma sei tu ad aver cominciato, brutto bricconcello…”
Chara l’aveva buttato a terra, ficcandogli la punta del gomito sulla guancia, premendogli la testa contro il pavimento. Kris avrebbe potuto colpirlo sullo stomaco o in mezzo alle gambe. Avevano litigato per niente, ma avevano litigato per tutto ciò che valeva per Kris.
CHara aveva fatto espellere Susie.
“Eh? Eh? Che dici adesso?”
Sentire quella cosa puntuta sulla faccia fece ricordare a Kris un sogno ricorrente. Solo che sopra di lui c’era Susie e non Chara. E non aveva il suo gomito in faccia, bensì i suoi denti. I suoi denti che gli mangiavano la faccia. Il suo muso che mordeva, masticava e sputava. Mordeva, masticava, deglutiva e sorrideva sorniona.
“Oh Kris, hai un sapore davvero buono, sai? Così dolce…è forse colpa di tutta quella torta che mangi? Eh eh…”
Era in parte vero e in parte una fantasia. Era in parte un incubo ma quella frase gliel’aveva detta sul serio. Ma Susie non avrebbe mai potuto fargli male in quel modo nella realtà. I suoi erano timori da ragazzino bullizzato delle medie, ma adesso non lo era più. Anzi, quand’era arrivato il momento aveva avuto paura lui di fare male a Susie. Farle del male…
Chara sembrò leggergli nel pensiero.
“Perché tu saresti quello che fa più male di tutti, non è vero Kris?”
Kris osservò il nastrino della divisa che lui non indossava mai. Mai. E mai l’avrebbe indossato. Ma era vero, forse, che era lui il più cattivo. Deglutì mentre lasciava prendere il pallone a Chara e fraccarglielo in faccia mentre rideva. Ancora, ancora e ancora sul pavimento.
I ricordi dopo di allora furono annebbiati. Ricordava solo che il pallone era tutto sporco di sangue e Chara era tutto intento a leccarlo.
“Sai che è proprio vero? Hai un sapore dolce, Kris! Ah ah ah!”


***
Fu così che Kris arrivò pesto alle prove del concerto scolastico. Si sedette al pianoforte in ritardo, con la povera Noelle al microfono e Berdly che alzava gli occhi al cielo col suo costosissimo basso elettrico in mano. La chitarra ce l’aveva Undyne perché i chitarristi della sua classe erano tutti mediocri per dare spessore alla base…Monster Kid aveva il triangolo e un bastoncino di metallo in mano, mordendosi il labbro.
E Kris, beh…Kris suonava per conto proprio. Gli spartiti erano optional. E quando li suonava pareva uno che aveva appena iniziato. Solo che lui non aveva iniziato mai a suonare il piano. Lo faceva da sempre, punto e basta.
“KRIS!” lo rimbeccò Undyne alla medesima uscita sbagliata. Noelle sorrideva nervosamente stringendo il microfono ed era carina nel suo vestitino bianco a pois. Era stata la prima a notare i lividi sulla parte sinistra della faccia di Kris. La frangia non era sufficientemente lunga.
Suonarono per qualche ora, poi Alphys aveva preparato un mini rinfresco. La festa si sarebbe tenuta il giorno dopo…tutti ridevano mangiando bagigi e mini bruschettine con philadelphia e olive con lo stuzzicadetnti.
Ma Kris era infelice. Era maledettamente infelice. Si aspettava che Susie fosse almeno venuta a vederli. Magari appoggiata allo stipite della porta d’entrata, con la pianta dello scarpone appoggiata al muro e lo sguardo truce. Ma non era venuta. Probabilmente era arrabbiata o i confini della scuola per lei si erano ampliati.
E Kris lo sapeva. Aveva mandato giù tutto il boccone amaro con uno sbuffo e un’alzata di spalle nella giacca larga di jeans. Ma ci era rimasta male. Bruciava, cazzo. Tutti i suoi compagni…nessuno si era alzato per lei, nessuno l’aveva difesa. Solo Kris si era alzato, ma la voce…la voce…
Le parole non erano il suo forte.
Una volta, da bambino, era una macchinetta con le parole. Dicevano che poteva diventare avvocato. Forse, parlava anche meglio di Chara. Era un bravo bambino, pieno di giochi e di speranze. Ma ora il mondo era fatto di frequenze ottuse, rumore statico. L’unica vibrazione che ancora udiva sibillina era quella delle note del piano. Non parlava perché non udiva. E per farlo udire quei professori si erano resi patetici in ogni modo.
“Ehi, torniamoci anche domani, ti va?”
Susie gli aveva messo una mano sulla spalla. L’aveva picchiato quando gli altri temevano solamente si sfiorarlo. L’aveva preso in giro quando gli altri facevano finta che non esistesse. Susie si era accorta di lui. Forse perché nessuno si accorgeva neppure di Susie…o forse la sua personalità era così straripante che cercavano di evitarla. Meglio temuti che amati, diceva Machiavelli. Ma le sue lacrime…le lacrime non tacciono ciò che le parole sottintendono.
Meglio essere temuti, ma non odiati.
Meglio essere fastidiosi che essere invisibili.
Tuttavia, anche Chara si era accorto di lui. Di loro due. Ma Chara aveva gli occhi verdi, il colore della gelosia. Kris non era mai stato geloso, prima.
 
***


Era stato così bello vedere il letto di Asriel di nuovo occupato. Anche se Susi era più imponente di lui. Asriel era solo più alto. Era ridicolo, ma in quel momento Kris la trovava bella, ma guai a farglielo notare o addio denti davanti…
Avevano chiacchierato un po’, poi Kris aveva acceso la consolle. Lui e Asriel avevano condivido un mucchio di videogiochi. I loro preferiti erano due o tre, ma poiché Asriel era sempre stato brillante, papà gli faceva un mucchio di regalini…e forse anche perché sentiva la mancanza dei figli.
Susie era molto abile. Vederla tutta intenta nel gioco dava più occasione a Kris di osservarla di sottecchi, ma anche di sbagliare di più.
“Ci giocavi con tuo fratello con questi, eh?”
Effettivamente, era così. Susie fece un sorriso.
“Mi chiedo cosa fai adesso per divertirti, da solo.”
Kris si strinse nelle spalle e le chiese se voleva vedere. Susie gettò il joystick sul tappeto.
“Assolutamente no! So benissimo di cosa si tratta!”
Kris non dubitava che sapesse, però credeva anche che lei non ne avesse la minima idea. Adesso l’aveva imbarazzata…comunque poco male, non era nulla d’interessante. Anzi, Kris lo trovava persino piuttosto triste.
A quel punto Toriel bussò alla porta, tutta sorridente.
“Vi ho fatto la merenda! Contenti?”
Kris rise vedendo l’espressione di Susie mutare dal puro imbarazzo, dall’idillio all’estasi quando vide il ben di Dio che Toriel aveva preparato per loro. Kris pensò che avesse persino esagerato.
“Grazie, signora Dreemur.” Mormorò Susie in preda a una riverenza. Toriel fece un gesto come a dire che per lei non era nulla, e se ne tornò al piano di sotto richiudendo la porta.
“Davvero è tutto nostro?” domandò Susie con gli occhi sbrilluccicanti. Kris disse che poteva anche prenderselo tutto lei. Susie scosse la testa, imbarazzata. “No, che dici…”
Toriel aveva portato una torta alle pere e cannella, con succo di frutta e latte freddo. A fianco aveva messo dei tovaglioli arancioni e delle forchettine, quasi ad ammonirli di non fare troppe briciole.
“Tua mamma è davvero buona…” bofonchiò Susie con una fetta di torta in bocca. Kris annuì. Le tolse un granello di cioccolato dal muso senza che lei se ne accorgesse.
Susie si voltò verso di lui, lasciando trapelare ben poco della sue espressione sotto la frangia spessa.
“Ehi, posso chiederti una cosa?”
***
La stanza era buia. Il televisore emetteva solo statiche. Solitamente, mostrava tutto ciò che lui e Asriel volevano guardare. Sarebbe stato bello se fosse stato così anche nella realtà. Ma c’erano solo statiche, e un rumore bianco insopportabile.
Kris guardava lo schermo. Sudava e respirava con la bocca aperta, senza fare rumore. Doveva passargli, doveva finire prima o poi. Attendeva da ore che il dolore che lo attanagliava cessasse. Il dolore di essere separato in due.
I suoi occhi sul riflesso concavo erano di uno strano color nocciola. Dei puntolini rossi si libravano nelle sue iridi come lo scoppiettio di un fuoco distante. Aveva troppo dentro di sé. Eppure lui non sembrava così irrequieto. Chara disprezzava Susie e aveva bei voti. Kris ascoltava Noelle e se ne stava per conto suo la maggior parte del tempo. Loro due non avevano niente che non andava. Chara doveva essere il preferito di Asriel, Kris era il migliore amico di Susie. Eppure nessuno pareva fatto per l’altro, gli incroci erano molli e mai abbinati.
Kris strinse le palme delle mani sulle ginocchia, chinando la testa. Si asciugò il sudore dalla fronte.
Conta, si ripeteva. Tre respiri…
Uno…
Tu non sei come loro.
Due…
L’amore non è altro che la capacità di ferirsi.
Tre…
E più amore hai, più le tue lame sono acuminate.
Il televisore si riprese, e smise di mostrare statiche. Si accese su uno di quei canali di documentari, mostrando una distesa di fiori in chissà quale paese.
 
“Non ti stai comportando come al solito…”

“Di solito sei meno…loquace. Non fraintendermi!”

“E sei anche più dispettoso. No, non è che non credo che sia tu.”

“A volte mi chiedo chi tu sia.”

Aveva bisogno di una scusa, ma aveva disponibile solo il silenzio. L’anima che gli apparteneva non era sua. Ma allora di chi era? Davvero Noelle l’aveva capito? Perché gli aveva detto tutte quelle cose sul suo conto…tutte quelle domande.
Kris era confuso. Avrebbe preferito non udire nulla, perché i peccati altrui sono come una cote per affilare il proprio giudizio.
 
“Kris, che cosa stai facendo?”
La professoressa lo guardava dalla porta del bagno. Kris si stava pulendo il sangue dal naso. Rosso intenso gli colava sulla faccia fino ai denti, si stava pulendo le gengive con un fazzoletto.
“Kris, sei ferito?”
Per sbaglio si era sfregato tutta la faccia. Che orrore. Sotto la frangia le tenebre divoravano i suoi occhi stanchi e bluastri che fissavano lo specchio.
Eventualmente, la professoressa se ne andò. Heh. Se ne vanno tutti. Non valeva la pena chiedere aiuto, perciò aveva perso la luce. Aveva chiesto aiuto, ma nessuno era arrivato.
Kris si guardò di nuovo allo specchio, con la faccia pulita. Aveva tanto voluto essere come gli altri. Essere un mostro, uno di loro.
Adesso era sicuro di esserlo…
Eppure in lui era rimasto il desiderio di sentirsi umano ancora una volta.
Cosa vuol dire essere umani, dei veri esseri umani?
Davvero faceva la differenza?
Domande astratte, senza peso, talmente senza risposta da apparire rassicuranti.
Ma Kris a quel punto si chiedeva un'altra cosa...
Perché aveva indossato il nastrino dell’uniforme, quel giorno?
   
 
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