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Autore: Nike90Wyatt    14/06/2019    1 recensioni
Una vendetta non può mai definirsi giustizia, neanche se nasce dal desiderio di onorare la memoria di un amore perduto prematuramente. Un concetto molto comune, vero, antico come antiche sono le leggende che trascinano i personaggi di questa storia in un vortice di segreti, magie, combattimenti, inganni, bugie e travestimenti che lasceranno anche spazio ad intrecci amorosi, ad amicizie divertenti, alleanze sorprendenti sullo sfondo di una sempre magnifica Parigi.
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
 
 

Villa Agreste dall'esterno sembrava un castello per quanto era grande; un muro di 4 metri circondava il giardino esterno della villa, telecamere di sorveglianza sorvegliavano il perimetro, a prova di quanto tenesse alla propria sicurezza e privacy Gabriel Agreste.
Il suv attraversò il cancello posto sul lato sud della villa; davanti al portone di ingresso, una donna dall'aria severa li attendeva. Aveva i capelli neri con una ciocca rossa che le scendeva sulla fronte ed indossava un paio di occhiali da vista che coprivano i suoi occhi azzurri. «Benvenuto signorino Agreste.» Abbozzò un leggero sorriso. «Plagg...»
«Lieto di rivederti, Nathalie.» Adrien salutò la donna con un cenno del capo.
«Vedo che gli anni ti hanno resa più solare e scherzosa di quanto non fossi prima» scherzò Plagg.
Nathalie Sancoeur gli scoccò un'occhiataccia. Era la direttrice dell'azienda che gestiva il marchio Agreste in Europa: prima della nascita di Adrien, i coniugi Agreste si erano trasferiti in America, così Gabriel aveva affidato tale compito alla persona più fidata che conosceva. Negli anni, la donna aveva dimostrato che la fiducia dello stilista era stata ben riposta, consentendo alla casa di moda di occupare un posto di rilievo tra le principali aziende europee. Di tanto in tanto, Nathalie si recava a New York per incontrare la famiglia Agreste e sviluppando un sincero affetto nei confronti del giovane Adrien, una delle poche persone in grado di sciogliere la "lady di ghiaccio", come era stata soprannominata da Plagg. Quando Gabriel si era stabilito di nuovo a Parigi, in seguito della morte di Emilie, Nathalie continuò a svolgere il suo compito con estrema professionalità, occupandosi anche di gestire gli affari internazionali e di svariate necessità dello stesso stilista.
«Venite, ho fatto preparare le vostre camere» disse la donna, con tono serio.
«Simpatica come sempre, eh» sussurrò Plagg, mentre varcavano la soglia di casa.
Adrien represse un sorriso. «Non farti sentire o sarebbe capace di incenerirti con uno sguardo.» Entrato in quella casa, notò subito quanto lo stile di arredamento e i colori dell'ambiente rispecchiassero perfettamente la figura di Gabriel Agreste che lui ricordava: poco mobilio, colori pallidi e spenti e una sensazione di freddezza che dava quasi i brividi.
Sensazione che fu in parte cancellata dal'accoglienza calorosa che i pochi domestici della villa riservarono a lui e al suo amico Plagg: tutti coloro che avevano lavorato per la famiglia Agreste in America fino alla prematura dipartita della signora Emilie si trovavano lì.
L'entusiasmo durò pochi attimi: l'euforia dei domestici e soprattutto di Plagg fu spezzata in un attimo da due parole che tuonarono nell'enorme salone d'ingresso.
«Benvenuto, Adrien.» Sulla cima delle scale, un'imponente figura apparve: fisico snello e slanciato, occhi blu, sguardo glaciale, capelli corti tra il grigio e il biondo e postura eretta. Gabriel Agreste.
Il silenzio che cadde in quel momento nel salone era inquietante; nessuno aveva il coraggio di prendere parola per evitare di ricevere da Gabriel una di quelle occhiate capaci di far nebulizzare all'istante qualunque persona.
Adrien era l'unico che non sembrava per niente intimorito dalla presenza del padre: mantenendo lo sguardo alto, la postura eretta e l'espressione fredda, imitando in tutto e per tutto Gabriel, salì lentamente le scale, avvicinandosi al grande stilista. «Salute padre.» Si fissarono negli occhi; nessuno dei due sembrava avere l'intenzione di abbassare lo sguardo in quella che era una sorta di gara di orgoglio.
Ad interrompere quell'infinito silenzio tombale ci pensò come al solito Plagg, il quale, con la sua consueta dirompenza, affiancò Adrien rivolgendosi al padrone di casa. «Gabriel!» I domestici impallidirono. «Ti trovo bene, sei in gran forma, complimenti.» Aveva una spettacolare faccia di bronzo.
«Plagg...» Gabriel non distolse lo sguardo dagli occhi smeraldini del figlio, gli stessi occhi di Emilie. «Confido che in questi anni tu ti sia preso cura di mio figlio al meglio delle tue possibilità e anche oltre.»
«Sissignore! Lo puoi notare anche da solo: guarda che fusto che è diventato tuo figlio e guarda che eleganza e portamento. Mi sento un po' come Michelangelo e la sua pietà.» Plagg si portò il pollice sul petto con aria fiera, mentre dietro di lui si avvertivano le risatine dei domestici, accompagnate da diversi commenti tra cui: "È sempre il solito".
Ignorando del tutto i commenti di Plagg, Gabriel girò i tacchi, avviandosi verso il suo studio, mentre Nathalie fece segno ai domestici di riprendere le normali attività. Lo stilista si fermò proprio sull'uscio della porta, senza voltarsi. «Mi aspetto il massimo impegno nelle attività scolastiche e in quelle extra. Inutile che ti rammenti anche i tuoi impegni in qualità di modello di punta del marchio Agreste.» 
«Farò il massimo per non deluderti» rispose Adrien, con un tono molto simile a quello del padre.
Gabriel si congedò entrando nel suo studio. Nathalie, nel frattempo, invitò Plagg a raggiungere la camera da letto preparata per lui richiamando l'attenzione di una delle domestiche in modo che potesse accompagnarlo. Plagg fece un piccolo gesto con il capo, che Adrien interpretò come un "ci vediamo dopo" e si avviò.
«Signorino Adrien, la accompagno nella sua camera. Prego mi segua» disse Nathalie con il suo solito tono impostato.
Entrato nella sua nuova camera, Adrien avvertì una forte sensazione di deja-vu: quella stanza era arredata allo stesso modo di quella che aveva a New York. Al piano superiore vi era un'immensa libreria, stracolma di volumi, cofanetti e CD musicali. Al piano inferiore, un enorme letto con coperte in seta, una scrivania sulla quale erano posati tre schermi collegati al computer posto nell'apposito compartimento, un grande divano bianco di fronte ad un tavolino in vetro con dietro un televisore di 50 pollici ed, infine, un tavolino di calcio balilla. In un angolo vi era una postazione con vari attrezzi ginnici tra cui un tappeto per la corsa, due panche orizzontali di cui una dotata di bilanciere, diversi manubri di vario peso ed una parete per il free climbing. Adrien poteva così allenarsi in vista della missione che avrebbe affrontato, sebbene, nel corso degli anni negli States, avesse fatto sfoggio di abilità fuori dal comune, senza il bisogno del minimo allenamento: altissima resistenza aerobica, forza e velocità ben superiori alla media e riflessi felini.
Adrien sentì bussare alla porta: riconobbe subito i modi irruenti del suo amico, e si fiondò ad aprire la porta senza nemmeno chiedere chi fosse. Come previsto, infatti, si ritrovò davanti Plagg, raggiante in volto.
«Fammi indovinare: vuoi propormi di andare a fare scorta di Camembert» disse Adrien con una leggera nota di esasperazione.
«No, mio caro.» Plagg entrò nella stanza baldanzoso. «Fortunatamente la nostra sergente di ferro ha già provveduto a riempire la mia dispensa personale con formaggio di prima scelta.»
«Allora perché tanta felicità?»
«Guarda qui!» Agitò un piccolo volantino.
Adrien lo afferrò al volo. «È la pubblicità di una pasticceria."Pasticceria Dupain-Cheng"
«Non di una pasticceria qualunque. La migliore pasticceria di tutta Parigi. Fanno anche dei lievitati sublimi.»
«Come fai a sapere che è la migliore past...» si bloccò per un attimo, ricordandosi in quel preciso istante le passioni che aveva Plagg in America: «Ah già, non rispondere. Ora ricordo quel dannato programma che seguivi sulle migliori pasticcerie di tutte le principali città europee. D'accordo; in effetti avevo voglia di un buon croissant. Dammi 5 minuti per mettermi qualcosa di più comodo e andiamo.»

 

                                                       ~~~~~~~~~~~~~~~


«Andiamo Marinette, non puoi proprio venire?»
«Mi dispiace Alya, devo sostituire i miei nella pasticceria. Hanno una consegna in periferia e mio padre preferisce che ci sia anche mia madre.»
Marinette si trovava nella sua cameretta, stesa prona sul divanetto, con in mano il tablet: in collegamento con lei, tramite videochiamata, la sua migliore amica Alya, una ragazza dai capelli ed occhi castani, con due enormi occhiali da vista poggiati sul naso. Le due si conoscevano dai tempi del primo anno di liceo e subito avevano stretto una profonda amicizia.
«D'accordo, non insisto. Però non sarà la stessa cosa senza di te» disse Alya, con un velo di tristezza.
«Divertitevi anche per me.»
Chiusa la chiamata, Marinette si alzò dal divano avviandosi verso la simpatica casetta della bambole posta alle spalle del suo letto a soppalco: da essa fece capolino un piccolo esserino rosso, Tikki, colei che era uscita da quella misteriosa scatola consegnata a Marinette quattro anni prima.
«Sono fiera di te, Marinette. Hai rinunciato ad un pomeriggio di divertimento con le tue amiche per aiutare i tuoi in pasticceria.» Tikki afferrò un biscotto che l'amica le aveva porto.
Marinette sorrise. «Non faccio nulla di speciale, credimi.» 
«È dai piccoli gesti che si riconoscono le grandi persone.»
«E questa dove l'hai letta?»
Tikki ridacchiò. «È mia. Se tu non fossi una splendida persona non saresti stata scelta per vestire i panni di Ladybug e quindi brandire i poteri del Miraculous.»
«Ti ringrazio, anche se è ancora un mistero chi mi abbia scelta.»
«Ogni cosa a suo tempo.»
Marinette sventolò una mano. «Dopo quattro anni, mi chiedo quando verrà questo tempo, anche se per te che sei un kwami il tempo è relativo.» Scese le scale che la condussero nel soggiorno dell'appartamento, seguita dalla sua inseparabile amica rossa.
Il loro primo incontro era stato indimenticabile: Marinette aveva scambiato la piccola kwami per uno scarafaggio volante e l'aveva intrappolata in un bicchiere di vetro ignorando che Tikki era in grado di attraversare qualunque superficie solida grazie ai suoi poteri. Solo dopo un paio d'ore, condite da numerose urla di paura della ragazza, Tikki era riuscita a dare una spiegazione dettagliata su di lei, sui suoi poteri e sul compito che spettava a Marinette, sottolineando quanto questo fosse importante affinché il Miraculous non cadesse nelle mani sbagliate e fosse usato per scopi malvagi.
Grazie al potere donatole da Tikki, Marinette poteva trasformarsi in Ladybug, una supereroina dalle abilità sovraumane: nonostante alcuni intoppi iniziali, dovute soprattutto all'inesperienza della ragazza, Ladybug era riuscita a guadagnarsi in poco tempo la fiducia dei cittadini di Parigi, instaurando anche una solida alleanza con le forze dell'ordine. Con l'esperienza, poi, Marinette era anche riuscita a far coesistere senza problemi gli impegni di Ladybug con le quotidiane necessità da adolescente, rischiando sempre meno l'eventualità che la sua identità potesse essere scoperta, sebbene dovesse, ogni tanto, rinunciare a qualche ora per se stessa per salvare Parigi.
Quel giorno, per fortuna, non era stato necessario l'intervento di Ladybug: Marinette, dunque, con tutta serenità, scese nel negozio dei genitori posto proprio al di sotto dell'appartamento, pronta ad aprirlo per il pomeriggio. Entrata nel locale, fu investita da un intenso odore di dolci e pane caldo, preparati dal padre per soddisfare le richieste di eventuali clienti.
Per una buona mezz'ora, Marinette si dedicò alla decorazione di alcune torte, un'attività che spesso svolgeva insieme al padre e che le riusciva egregiamente. Aveva appena finito di disegnare il marchio della pasticceria su un gruppo di macarons, quando vide fermarsi davanti alla pasticceria una lussuosa berlina color argento.
Da essa scese un uomo vestito di una giacca nera e verde e pantaloni scuri, piuttosto distinto ma con un'aria carica di felicità.

«Sicuro di non voler venire anche tu?» Plagg si affacciò da fuori l'automobile al finestrino accanto al posto occupato dall'amico.
«Questo è più il tuo mondo, Plagg» rispose Adrien dietro gli occhiali da sole scuri che indossava. «E poi sono convinto che il gorilla mi seguirebbe fin dentro al negozio mettendo in soggezione i proprietari. Tranquillo, ti aspetterò qui. E non dimenticare il mio croissant.»
«Non preoccuparti Adrien. Farò subito e prenderò... Ma quella è una cheesecake?» urlò, fiondandosi sul vetro della pasticceria con occhi carichi di entusiasmo.
Adrien scosse il capo. «Non cambierà mai.» Osservò l'amico balzare dalla vetrina alla porta d'ingresso del locale.
Marinette lo accolse con un sorriso «Buongiorno. Benvenuto nella pasticceria Dupain-Cheng.»
Plagg avvertì una strana sensazione al petto. «Buongiorno, mademoiselle.»
«Cosa desidera?»
«Quella bellissima cheesecake che avete esposta in vetrina e qualsiasi cosa contenga del formaggio, dolce o salata che sia.» Plagg aveva l'acquolina in bocca e il volto raggiante.
Marinette, non senza qualche difficoltà dovuta alla sua innata sbadataggine, esaudì tutte le richieste del suo cliente, confezionando ben tre pacchi contenenti vari assortimenti di dolci e qualche rustico, compresa la cheesecake.
«Oh, e anche un croissant, altrimenti Mr. Ghiacciolo mi strozza» aggiunse Plagg, gettando un occhio fuori verso la berlina parcheggiata di fronte alla pasticceria.
«Certo, che gusto?»

Plagg ci pensò su qualche secondo, ammettendo di non essere a conoscenza di eventuali preferenze di gusto da parte di Adrien. «Facciamo uno per gusto.» 

Marinette esaudì anche quella richiesta.

Una volta pagato e ritirato gli acquisti, Plagg salutò la ragazza

Marinette lo accompagnò all'uscita e gli tenne la porta aperta. «Torni a trovarci.»
«Lo farò senz'altro.» 
Con non poca fatica, dovuta ai pacchi alquanto ingombranti, Plagg risalì in auto, sfoggiando un'incredibile faccia da schiaffi mentre guardava il suo amico.
«Ce ne hai messo di tempo. Vedo che hai svuotato la pasticceria» osservò Adrien.
«Per stasera dovrebbe bastare.» Plagg si sfregò le mani. «Ci ho messo tanto perché la ragazza pasticciera è tanto bella quanto imbranata; non so quale grazia del cielo le ha consentito di non far spiaccicare a terra la mia bellissima cheesecake.» Guardò i suoi pacchi come se fossero la cosa più bella del mondo. «Ti vedrei bene con lei sai?»
«Cerca di riposare.»Adrien premette un pulsante per alzare il vetro che separava i sedili anteriori da quelli posteriori all'interno dell'auto. «Dobbiamo trovare un modo per eludere la sorveglianza della villa. Stanotte entreremo in azione.»
«Di già?»
«Non siamo qui in vacanza per abbuffarci di formaggio e dolci. Abbiamo una missione da portare a termine, Plagg. O il profumo di questa cheesecake ti ha provocato un'amnesia?»
«No, no. Ma non pensavo che volessi subito entrare in azione il giorno stesso che siamo arrivati. Potresti destare sospetti.»
«Abbiamo già pensato alla mia copertura no? Non dicevi di andare fiero del tuo ultimo prototipo?» 
Plagg alzò il capo. «Modestamente è un gioiello di tecnologia. Tony Stark mi fa un baffo. Ho già avvisato Mary che in serata arriverà un pacco; me lo porterà in camera mia senza che nessuno se ne accorga.»
«Quanto sa?»
«Il minimo indispensabile. Le ho accennato che, di tanto in tanto, consegneranno dei pacchi alla villa in forma anonima e che lei dovrà ritirarli e consegnarli nelle mie mani spacciandoli come consegne speciali di cibo americano che io voglio tenere segrete.»
«Ottimo. Credo che possiamo fidarci di lei.» osservò Adrien. «Qual è il primo obiettivo?»
«Serge Murin.» Plagg cavò dal taschino della sua giacca uno smartphone sul quale apparve una scheda ricca di informazioni, compresa una foto dell'uomo citato: occhi grandi neri al pari dei capelli, viso truce e barba incolta. «È stato coinvolto in una maxi truffa e furto ai danni di centinaia di persone, affittuari di appartamenti gestiti dalla sua compagnia. Non molto tempo fa è stato citato in giudizio, ma è riuscito a cavarsela, anche se molti sospettano che abbia corrotto il giudice che presiedeva il processo.»
Adrien prese lo smartphone. «Credi che ci sarà anche lei?» 
«Alludi a Ladybug?» 

Adrien annuì.

«Considerando che farai un bel casino, credo proprio di sì.»
«Allora è l'occasione ideale per mandarle un messaggio chiaro.» Non aggiunse altro. Si limitò a tenere lo sguardo fisso sulla foto di Murin. Per lui era giunto il momento di agire.

Angolo autore:
Salve gente!
Finalmente abbiamo fatto la conoscenza di Villa Agreste e, soprattutto, di Gabriel.

Probabilmente qualcuno si aspettava già un primo incontro tra i nostri due protagonisti, ma non dovrete aspettare molto, tranquilli.
Rinnovo l'appuntamento per venerdì prossimo nel secondo capitolo dove ci sarà anche un bel po' di azione.
A presto.
Nike90Wyatt

 

   
 
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