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Autore: This_is_how_i_disappear    14/06/2019    1 recensioni
Non credevo che qualcuno mi avrebbe mai trovato.
Non credevo che qualcuno mi avrebbe mai salvato.
Poi arrivò Frank, in una fredda notte di novembre e mi raccolse rimettendomi insieme pezzo per pezzo.
Avremmo potuto morire entrambi, ma invece ne eravamo usciti vivi insieme.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Stavo camminando senza una meta, troppi pensieri si affollavano nella mia testa.

Dove andare? Che fare? Che senso aveva la mia vita in quel momento?
Ma da quando ero nato, diciannove anni fa, aveva mai avuto un senso?
Non avevo mai avuto un posto nel mondo, o forse sì, ma era sempre stato quello sbagliato. Non pensavo avrei mai avuto un posto dove sentirmi a casa, dove sentirmi me stesso, dove sentirmi Gerard.

Ma chi era Gerard? Una persona? Forse. Non sapevo se il termine persona mi si potesse ancora attribuire, ero comunque fatto di carne e ossa, ma dentro di me non c'era nulla, forse nemmeno l'anima. Gerard era l'alcolista, il tossico, il depresso, "quello con i problemi"; ero questo per la gente, che diceva di conoscermi così perfettamente e invece non sapeva nulla di me. Però la gente è così, dice di sapere tutto, ma invece non sa. Io avevo sempre preferito che ognuno avesse ammesso la propria ignoranza.
Gerard in realtà era me, o io ero Gerard. O forse io e Gerard eravamo due menti separate che vivevano nello stesso corpo. Gerard era stata la persona prima di me, io ero quell'individuo senza anima che camminava di notte senza avere una meta precisa.

A chi importava di me?
A nessuno probabilmente.

A casa se n'erano accorti che ero scappato?
Se n'erano accorti che stavo cercando di scappare da me stesso?
Il vecchio Gerard stava cercando di fuggire da chi ero diventato.

Non c'era più niente da fare, era già stato fatto tutto il possibile.
Non c'era più niente da dire, tutto il necessario era stato detto.
Ormai era tutto andato, tutto perduto (io ero perduto), non c'erano più speranze, forse non c'erano mai state, o forse sì, ma ormai giacevano morte e sepolte sotto metri di terra.

Ma forse c'erano.

Comunque fosse la mia vita non aveva più alcun senso, era diventata ormai senza importanza, quindi forse era arrivato il momento di farla finita?
Sarebbe stata la cosa più semplice da fare, niente più sofferenze, niente più dolore, niente più tristezza, niente più rimpianti, niente più rimorsi, niente di niente.

Quella poteva essere la fine e probabilmente lo sarebbe stata.

Questo significava che mi stavo arrendendo?
Forse sì.
Anche se questo mio cedimento avrebbe messo alla luce tutte le mie paure e debolezze, sentivo che l'unica cosa che avrebbe potuto darmi conforto sarebbe stata la morte.
Sarebbe stata la scelta più semplice, ma anche quella più irrazionale e meno lucida.
Ma io non ero lucido.
Sarei stato giustificato per questo?
No, non volevo.
Dicono sempre che chi si suicida è debole perchè non riesce ad andare avanti. Io non avevo mai condiviso questo pensiero, secondo me si doveva essere molto coraggiosi per puntarsi un'arma alla testa, prendere una lametta e tagliarsi le vene dei polsi o lanciarsi  giù da un ponte.
Solo chi non ha paura della morte potrebbe farlo.
E io non avevo paura della morte, non più.
L'idea della morte mi infondeva tranquillità e pace, proprio quella pace e quel conforto che cercavo da anni da un qualcuno che non era mai arrivato.
Sapevo che avrei potuto continuare a combattere, ma spesso cercare di non mollare è più doloroso di lasciarsi andare.
Io avevo preferito lasciarmi andare, abbandonarmi a tutto, alle pillole, all'alcol, a me stesso. Volevo abbandonare la vita crudele e farmi cullare tra le braccia della morte.

Dopotutto non c'era più nulla che mi spingesse ad andare avanti, dove avrei potuto trovarlo?
Che senso ha continuare a lottare quando si sa che in qualche modo dovrà finire?
Che senso ha combattere una guerra senza armi, sapendo che si ha già perso in partenza?

Forse non era ancora finita, forse c'era ancora una speranza, ma se c'era io non riuscivo a proprio a trovarla.

Nessuno c'era mai stato per me, a nessuno era mai importato di me, nessuno si era preoccupato dell'esistenza di Gerard e questo mi aveva fatto diventare me, un relitto, un ammasso di carne e ossa senza anima.
Però alla fine questo non conta, quando si muore non cambia se si hanno amici o no, nessuno ci farà compagnia nella bara.
Combattiamo una vita intera, raggiungiamo traguardi, ma alla fine cosa otteniamo?
Un bel niente.
Perdiamo tutto ciò che abbiamo guadagnato in vita.
In cambio riceviamo la morte.

Pensai che forse avrei dovuto lasciare una lettera, ma indirizzarla a chi? Forse avrei semplicemente dovuto abbandonarla al vento, si sarebbe persa da qualche parte (come la mia anima) o qualcuno l'avrebbe trovata, ma a quel punto non avrebbe avuto importanza perchè sarei stato  già morto.
Ma cosa scrivere?
Avrei detto che mi discpiaceva?
No, perchè in fondo non mi dispiaceva davvero, perchè era colpa mia se ero nella merda.
Era mia la colpa se quella sera non capivo più niente, ricordavo appena il mio nome e avevo speso ciò che mi rimaneva del denaro che possedevo in alcolici, era mia la colpa se volevo togliermi la vita. La vita era la mia e avevo il diritto di decidere cosa farne.
Dopotutto pensai che fosse meglio non lasciare alcuna lettera, del resto avevo perso la fiducia nel genere umano.
A chi avrei dovuto indirizzarla? A quella gente che mi spingeva ad essere me stesso e poi passava tutta la giornata a criticarmi? A quella gente che non si era mai accorta che stavo male? A quella gente che se n'era accorta e mi aveva completamente ignorato? A quella gente che sarebbe venuta al mio funerale (sempre se ne avrei avuto uno) e avrebbe fatto finta di piangere ed essere triste per me?
Decisamente no.

La vita che conducevo non mi sarebbe mancata, non avevo nessuno e nessuno avrebbe sentito la mia mancanza.
Sarei morto felice e con la speranza di trovare qualcosa di meglio.

Alla fine non importa come finisce, ma deve comunque finire.

Non sapevo dove stavo andando, perchè era tutto buio come la mia vita, avvolta dalle tenebre. Semplicemente camminavo senza una meta.
Non c'era nemmeno un lampione, io avevo ucciso ogni speranza ormai.
Faceva freddo, questo me lo ricordavo, era novembre. Non mi importava, non riuscivo a percepire nulla, non mi importava di nessuno, neanche di me, neanche di Gerard.

Ad un tratto sentii un rumore strano in lontananza. Sembrava venisse verso di me, ma non ci feci molto caso, non mi importava cosa fosse, il mio cervello non era concentrato sul quel rumore.

Intravidi una luce che proveniva da dietro le mie spalle, di questo me ne accorsi subito, o quasi, ma solo perchè era tutto buio prima.
Mi voltai verso di essa, si stava avvicinando a me, cosa fosse ancora non mi era chiaro.

Il rumore si intensificava, così come la luce, che mi stava abbagliando.

Chiusi gli occhi.

Magari la luce non era davvero così forte, forse stavo immaginando tutto, ma il rumore era forte e la luce anche e solo in quel momento io realizzai che era un treno.

Ero su dei binari e un treno stava venendo verso di me.

Avrei dovuto spostarmi, il vecchio Gerard lo avrebbe fatto.
Tutti lo avrebbero fatto, o almeno ci avrebbero provato, ma non io, almeno non in quel momento.
Forse non ebbi tempo a sufficienza, o abbastanza lucidità, ma pensai comunque che quel treno fosse l'unica cosa buona che mi stesse capitando nella vita.

Poteva essere la mia unica salvezza, una salvezza codarda per tutti, un gesto coraggioso e liberatorio per me.

Fu un attimo, quasi non me ne accorsi.

Un solo attimo e non capii più nulla.

Non seppi quanto tempo dopo, forse un paio di secondi o di minuti, (o forse anche di più) riaprii gli occhi.

Mi guardai intorno, ero steso a terrain quella che sembrava essere una galleria poco illuminata.
Alla mia destra vidi i binari, ricordai subito cos'era successo e realizzai che non era stata la mia immaginazione, avevo davvero rischiato di morire sotto un treno.
O forse ero già morto.
O forse stavo per morire.
La testa mi girava e mi faceva male, forse il treno mi aveva frantumato il cranio o, più logicamente, mi sentivo così per tutto l'alcol che avevo ingerito ore prima.

"Come stai?"

Qualcuno aveva parlato.

C'era un altro ragazzo vicino a me, ma non lo avevo mai visto prima di allora.
Era uno sconosciuto, ma era la prima persona che mi avesse chiesto come stessi.
Cercai di mettere bene a fuoco la sua figura con la poca luce che c'era, vidi che indossava dei jeans strappati sulle ginocchia, una felpa e ai piedi un paio di converse. Ciò che però mi colpì di più furono il labret di metallo che scintillava sotto la luce fioca della galleria e i suoi capelli, alquanto insoliti, corti e biondi sui lati e con un ciuffo nero spettinato che gli copriva metà del volto.

Non gli risposi.

Lui continuò ad osservarmi.

"Sei ferito?" Chiese, io scossi poco la testa. Fisicamente non lo ero, o almeno fu questo quello che credetti.

Chi era?

Perchè mi aveva salvato?

Era stato lui a salvarmi?

Fino a poco tempo prima ero sui binari...

"Come ti chiami?" Mi chiese.

"Gerard," mormorai.

"Io sono Frank," sorrise. "Cosa ci facevi qui a quest'ora?"

Non avevo voglia di raccontargli tutto, dopotutto era pur sempre uno sconosciuto.
Restai in silenzio.

"Riesci a rialzarti? Sarebbe meglio spostarci da qui." Io ci provai, mi tirai su ma barcollai, Frank mi tenne.

"Andiamo, ti riporto a casa."

Non ce l'ho una casa, pensai.
Scossi la testa, non avevo davvero più un posto dove andare, lo avevo abbandonato di mia spontanea volontà due settimane prima.
Frank forse lo capì, mi prese la mano.

"Ti porto via."
Via da dove? Frank, non potevi fare nulla per me, non potevi salvarmi da me stesso.

Mi portò non seppi bene dove, forse in un parco. Ricordo solo che c'era una siepe e una panchina su cui Frank mi fece sedere.

"Sai che hai rischiato di morire?" Cominciò lui.

"Era questo il mio intento." Gli risposi secco.

"Perchè? Chi è stato a farti del male?"

"Il mondo, la vita, la gente, me stesso."

"Ci riproverai?"

"Probabile."

"Anche se non te ne accorgi c'è molta gente che soffrirebbe se te andassi."

"Io non ho nessuno."

"Non più, adesso hai qualcuno." Capii subito che si stava riferendo a se stesso, forse voleva solo tirarmi su di morale. Non ci sarebbe riuscito comunque.

"Tu non mi conosci neanche."

"Imparerò a conoscerti."

"Sarà tempo perso, mi odierai dal primo momento."

"Se non mi lasci provare non lo saprò mai."

"Perchè mi hai salvato?"

"Perchè sì. L'istinto mi ha detto di fare così. Non ci ho pensato neanche un attimo, avremmo potuto morire entrambi oppure uscirne vivi insieme."

"Perchè hai rischiato la vita a cui tu tanto tieni per salvare una persona che non conoscevi e voleva morire?"

"Perchè la vita è un rischio."

Non credevo che qualcuno mi avrebbe mai trovato.

Non credevo che qualcuno mi avrebbe mai salvato.

Poi arrivò Frank, in una fredda notte di novembre e mi raccolse rimettendomi insieme pezzo per pezzo.

Avremmo potuto morire entrambi, ma invece ne eravamo usciti vivi insieme.
   
 
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