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Autore: LatersBaby_Mery    14/06/2019    15 recensioni
Dopo aver letto numerose volte gli ultimi capitoli di “Cinquanta sfumature di Rosso” ho provato ad immaginare: se dopo la notizia della gravidanza fosse Christian e non Ana a finire in ospedale? Se in qualche modo fosse proprio il loro Puntino a “salvarlo”?
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anastasia Steele, Christian Grey, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 79


POV CHRISTIAN


Sorseggio il caffè e, come avviene puntualmente ogni mattina da 4 giorni, non posso fare a meno di trattenere una smorfia. Questo hotel è fantastico da ogni punto di vista, l’unico punto debole che ha è proprio il caffè, ma io, da buon masochista, ogni mattina continuo ad ordinarlo per la colazione, e Taylor fa esattamente lo stesso, infatti ci ritroviamo la stessa espressione disgustata in viso; per fortuna ci sono i dolci che sono fantastici e mi danno la giusta carica e la giusta dose di energia.
Oggi sarà una giornata piuttosto impegnativa: tra meno di un’ora ho un incontro con il consiglio d’amministrazione presieduto da Tim Cook, poi un pranzo organizzato da loro e nel pomeriggio sarò ospite del convegno che la Apple terrà alla San Francisco State University.
Mentre assaggio una fetta di torta alla mela e cannella, il mio cellulare comincia a squillare. Un sorriso spunta subito sul mio volto non appena scorgo sullo schermo il viso dolce di mia moglie. Sono da poco passate le 9, in questi giorni di solito mi telefona a quest’ora per darmi il buongiorno e curiosare sui miei impegni della giornata.
“Amore, buongiorno!” esclamo.
“Hey, buongiorno”
A quelle due semplici parole sento un brivido scuotermi il petto: la sua voce è strana, me ne accorgo immediatamente.
“Ana, è successo qualcosa?”
La sento sospirare, ed inizio a sentirmi davvero in ansia. In questo momento mille scenari mi passano davanti agli occhi, uno peggio dell’altro.
“Amore..” mormora, e si schiarisce la voce, come se avesse pianto “Io sono con mia madre e Sawyer, stiamo.. stiamo andando in ospedale..”
A quell’ultima parola scatto immediatamente in piedi, e sento come una morsa di cento serpenti avvolgere il mio corpo.
“Ana, cosa sta succedendo?”
“Mi si sono rotte le acque, Christian”
Cazzo!
Mia figlia sta per nascere. Ed io non sono a chilometri di distanza da casa.
“Ma è troppo presto!!” esclamo. La data presunta è il 17!
Sospira. “Lo so, mancano ancora due settimane, non mi aspettavo che potesse accadere adesso, ma la dottoressa Greene ci ha spiegato che dopo le 37 settimane non bisogna preoccuparsi..”
Sospiro a mia volta. “Quando è successo?”
“Due minuti fa. Avevo deciso di andare in ospedale perché da qualche ora ho dei dolori, e in macchina mi si sono rotte le acque”
“Da qualche ora?” urlo.
Metà della sala ristorante si volta verso di me. Vorrei correre fuori, ma sono completamente paralizzato.
“Perché non mi hai chiamato subito?” proseguo, a voce più bassa.
“Pensavo fossero le solite contrazioni, un falso allarme.. non lo so..” la sento scoppiare a piangere, e il mio cuore si spacca letteralmente a metà.
Immagino quanta ansia, quanta paura avrà in questo momento, ed io non sono con lei. Mi sento un uomo pessimo, un padre disastroso.
Devo scappare da qui, devo salire su un qualsiasi mezzo che mi riporti a Seattle nel più breve tempo possibile, fosse anche una navicella spaziale.
“Amore mio, calmati, ti prego, pensa alla bambina” dico, con una voce dolce che maschera il panico che mi sta attanagliando le viscere.
La sento tirare su con il naso. “Ho paura, Christian” sibila, facendo sprofondare ancora di più il mio cuore.
“Lo so, piccolina, ma tu sei forte, lo sappiamo bene. Ascoltami, io partirò subito per Seattle, cercherò di fare il prima possibile. Okei? Tu come ti senti?”
Nel frattempo inizio a correre verso la hall e poi verso gli ascensori, con Jason alle calcagna.
“Le contrazioni non sono forti, ma abbastanza regolari e.. oh..” si blocca, e la sento trattenere il respiro, probabilmente spezzato da una contrazione.
Pigio spasmodicamente il pulsante dell’ascensore e, non appena le porte si aprono, mi fiondo al suo interno insieme a Jason. Sto sudando freddo, e avverto un peso che mi opprime il petto.
“Passata” sussurra Ana “Dicevo, le contrazioni sono abbastanza regolari, ma non sono molto forti. Siamo quasi arrivati in ospedale, aspetto che mi visitino per capire a che punto è la situazione..”
Esco dall’ascensore, dirigendomi di corsa verso la mia suite. “I bambini?”
“Sono a scuola, li ha accompagnati Gail. Sono uscita dopo di loro, perché non si spaventassero”
Mi sfugge un sorriso, per Anastasia i nostri figli vengono sempre prima di tutto. Adesso, però, dobbiamo pensare ad Allison.
“Amore mio, io tra poco mi metto in viaggio..”
“Ma, Christian, come fai?”
“In qualche modo farò, e ti giuro che sarò accanto a te quando nostra figlia verrà al mondo” la mia voce si incrina al solo pensiero di non esserci in quel momento, ma non voglio lasciar trasparire la mia preoccupazione; voglio che Anastasia sia quanto più serena e tranquilla possibile.
“Sono sicura che ti aspetterà, ti aspetteremo” dice, con la voce intrisa di pianto “Siamo appena arrivati” aggiunge poi.
“Richiamami non appena termina la visita”
“Va bene”
“Stai tranquilla, piccola. Ti amo”
“Ti amo anche io” e attacca.
Getto il cellulare sul letto e mi strofino nervosamente le mani sul viso. Mio Dio, non avrei mai immaginato che Ana potesse iniziare il travaglio senza di me, mancavano ancora due settimane alla data presunta! Quasi sicuramente mia figlia nascerà entro poche ore, ed io non sono a Seattle, mi sembra di impazzire!
Prendo un profondo respiro e mi desto dal mio momento di panico. Devo restare calmo, devo trovare il modo di salire su un aereo il prima possibile e tornare a casa. Ce la posso fare. Ce la devo fare, per mia moglie e per la nostra bambina.
“Taylor, provvedi ad informare la segretaria di Cook di ciò che è successo e del fatto che i nostri appuntamenti di oggi sono annullati!”
Nel frattempo riempio in fretta e furia il mio bagaglio, tenendo contemporaneamente il cellulare tra l’orecchio e la spalla per mettermi in contatto con il mio team di piloti.
Mi lascio andare ad un urlo di frustrazione quando mi comunicano che, non avendo dato loro alcun preavviso, per approvare il volo da Cupertino a Seattle è necessario effettuare i controlli di routine, e che questi richiedono almeno un’ora.
“Cosa succede, Mr Grey?” domanda Jason, rientrando dal terrazzo dopo il suo giro di telefonate.
Gli spiego la situazione, camminando avanti e indietro per la suite come un leone in gabbia.
“Nei due parti precedenti, Ana ha avuto dei travagli abbastanza brevi: poco più di sei ore per Teddy e ancora meno per Phoebe. Non ho molto tempo se voglio essere sicuro di arrivare a Seattle prima che nasca mia figlia..” dico, in un tono che è arrabbiato e disperato allo stesso tempo.
Vedo Taylor riflettere per qualche secondo, con le mani posate sui fianchi.
“Mi dia solo cinque minuti, Mr Grey” dice, uscendo nuovamente in terrazza.
Quei cinque minuti per me sono un’eternità: mi assicuro di aver preso i documenti, ricontrollo se nella furia ho dimenticato qualcosa, e provo a richiamare Ana, ma il cellulare squilla a vuoto. Cerco di imporre a me stesso di stare calmo, ma è praticamente impossibile; penso a mia moglie e a tutto l’iter che starà attraversando in ospedale: visite, monitoraggi, contrazioni, dolori, ansia, preoccupazione, ed io non sono con lei. Più ci penso e più sento un peso sul petto che mi impedisce di respirare bene.
Finalmente, dopo quegli infiniti cinque minuti, ci pensa Taylor a restituirmi un po’ di ossigeno.
“È tutto sistemato, Mr Grey. Partiamo tra 15 minuti” mi comunica.
Sgrano gli occhi. “C-cosa.. come..?”
“Uno degli uomini della squadra della sicurezza di Cook è un mio ex compagno di Accademia. Gli ho spiegato la situazione e.. insomma, per farla breve, Cook ha già avvisato i suoi piloti, ci aspettano in aeroporto” mi spiega.
Non so cosa dire, non ho parole per esprimergli la mia immensa gratitudine. Sarà per la tensione, per la preoccupazione, e anche per quella dose di emozione che si sta instaurando in me al pensiero che tra poche ore conoscerò mia figlia, ma sta di fatto che di slancio lo abbraccio, cogliendolo certamente di sorpresa.
“Grazie Jason, grazie” affermo, dal profondo del cuore.
Nel breve tragitto in auto verso l’aeroporto, ricevo finalmente una telefonata di Anastasia.
“Amore! Allora, ti hanno visitata? Cosa ti hanno detto?”
“Il travaglio è partito, la dilatazione è a 3 centimetri. La ginecologa di turno, la dottoressa Tracy, ha detto che sta andando tutto bene, Allie sta bene, anzi, direi fin troppo considerando i calci che continua a darmi”
Chiudo gli occhi e allargo le labbra in un sorriso. “Tu come ti senti?”
“Contrazioni a parte, abbastanza bene. La dottoressa ritiene che abbia fatto la scelta giusta a non venire in ospedale questa notte, perché sarebbe stato inutile e soprattutto avrebbe solo alimentato la mia ansia. Tu dove sei?”
“Io sto andando in aeroporto: dovremmo decollare prima delle 10:30, e il viaggio durerà circa 3 ore”
“Farai presto, vero?” chiede, con la voce di una bimba.
Sembra così piccola e indifesa da farmi divenire gli occhi lucidi. “Te lo prometto, amore mio, farò prima che posso”
“Va bene, amore. Oh, è entrata mia madre con la mia camicia da notte, devo indossarla prima di iniziare il monitoraggio”
“Ascoltami, sul jet della Apple c’è una connessione Wi-fi, quindi possiamo tranquillamente utilizzare whatsapp, okei?”
“Okei, a dopo amore”
“Ti amo, cucciola. Vi amo”
“Anche noi ti amiamo, papà”
Attacco proprio nel momento esatto in cui il nostro autista si ferma avanti agli ingressi riservati dell’aeroporto. Superati i vari controlli, esattamente dieci minuti dopo Taylor ed io veniamo accolti sul jet da due assistenti di volo in divisa, ci spiegano le solite norme di sicurezza e ci offrono anche qualcosa da bere. Declino gentilmente l’offerta, perché riesco a mandare giù a stento qualche sorso d’acqua: ho lo stomaco serrato dall’ansia e so già che queste tre ore di volo saranno infinite.
L’unica cosa che mi dà un minimo di sollievo è sapere che c’è Carla con Anastasia: per mia moglie è fondamentale avere sua madre accanto in questo momento, penso sia l’unica persona che possa riuscire a calmarla e a rassicurarla.
Conosco bene mia moglie e so quanto sia agitata e spaventata, e mi distrugge il fatto di non essere con lei adesso e di perdermi, molto probabilmente, gran parte del travaglio. Quando sono nati Teddy e Phoebe, sono stato al fianco di mia moglie in ogni istante, l’ho tenuta stretta nel viaggio in auto verso l’ospedale, le ho tenuto la mano durante gli infiniti monitoraggi, le ho massaggiato la schiena, ho detto battute stupide pur di farla sorridere, mi sono sentito impotente davanti al suo dolore atroce. Ma niente può paragonarsi all’impotenza che sento in questo momento, mentre sono seduto su un fottuto aereo e non posso fare nulla se non inviarle qualche messaggio.
Mi strofino le mani sul volto, frustrato, e prendo un lungo respiro nel tentativo di calmarmi. Devo restare tranquillo per Anastasia e per la nostra bambina. Sono quasi le 11 ed entro le 14 dovrei essere a Seattle. Sono solo tre ore di viaggio, i travagli non sono così brevi, giusto?
Se non dovessi arrivare in tempo per il parto, non potrei mai perdonarmelo. Ma non devo pensare a quest’evenienza, devo stare calmo e accumulare energie e positività per quando sarò accanto ad Anastasia, per quando vedrò la mia piccola principessa venire al mondo.
Andrà tutto bene, ne sono sicuro.
 

POV ANASTASIA

“Mamma, sono in grado di abbottonarla anche da sola la camicia da notte” osservo, con un pizzico di divertimento.
“Lo so, ma voglio coccolarti un po’” risponde mia madre, senza distogliere lo sguardo dai bottoncini della mia camicia da notte rosa, che sta infilando con cura nelle asole, dopodichè prende a spazzolarmi i capelli.
Non so cosa farei se non ci fosse lei accanto a me in questo momento, probabilmente sarei già impazzita. Non è per nulla semplice mantenere la calma con Christian lontano chilometri, e gestire l’infinito caleidoscopio di emozioni che mi attraversa l’anima: l’ansia, l’impazienza di conoscere la mia bambina, la preoccupazione che qualcosa possa non andare bene, la felicità di iniziare una nuova vita, la paura di vivere tutto questo senza mio marito.
Cerco di essere positiva e scacciare dalla mente l’ultima possibilità, perché per me non può esistere l’idea che Allie possa nascere senza il suo papà. La ginecologa che mi ha visitata, notando lo stato di agitazione in cui ero quando sono arrivata al pronto soccorso, è stata molto dolce e mi ha rassicurata tantissimo, spiegandomi che la dilatazione è a 3 centimetri, che la mia piccolina sta bene e che è altamente improbabile che io possa partorire prima di tre o quattro ore, tempo in cui è previsto il rientro di Christian dalla California.
Una delle ostetriche di turno mi ha concesso un po’ di tempo per rinfrescarmi ed indossare la camicia da notte e le mie ciabattine rosa, prima di iniziare il monitoraggio.
“Sei pronta?” domanda la mia mamma, prendendomi il viso tra le mani.
Pronta.
È una parola così complicata in un momento simile. Per quanto una mamma aspetti con euforia e pazienza il giorno in cui darà alla luce il suo bambino, non si sentirà mai pronta, non solo quando il fatidico momento giunge prima del previsto, com’è accaduto a me.
Per cui mi ritrovo a scuotere debolmente la testa, mentre i miei occhi si riempiono di lacrime.
“Piccola mia” mormora mia madre, abbracciandomi forte.
Niente è paragonabile al calore, all’amore e alla protezione di questo abbraccio.
“Andrà tutto bene, amore mio”
Annuisco e sorrido, quando una nuova contrazione arriva a spezzarmi il fiato.
“Oh.. cazzo..” quasi ringhio, aggrappandomi al braccio di mia madre.
Lei mi avvolge la vita con un braccio e mi aiuta ad uscire dal bagno e tornare in camera, dove mi attende l’ostetrica con il macchinario del monitoraggio già pronto.
“Possiamo cominciare, Mrs Grey?” chiede con gentilezza.
Mi avvicino lentamente al letto e mia madre mi aiuta a distendermi, sollevando un po’ lo schienale.
“Ho alternative?” ironizzo.
Odio essere sottoposta ai monitoraggi perché sono costretta a rimanere diverso tempo immobile, e quando ho le contrazioni sento l’esigenza di muovermi. Ma so che è necessario per valutare man mano la situazione, per cui devo rassegnarmi.
“Direi di no” risponde la ragazza con un sorriso.
Mi solleva la camicia da notte fino all’altezza dello stomaco e mi copre le gambe con un lenzuolo, dopodichè mi posiziona le due sonde con le relative fasce e avvia l’apparecchio.
“Aspettiamo almeno quaranta minuti e vediamo come evolvono le contrazioni, se ha bisogno di qualsiasi cosa, prema il pulsante alla sua destra e noi arriviamo subito, io sono Adele” spiega, senza mai perdere il sorriso.
Sembra una banalità, ma per un paziente è importante il sorriso dei medici, degli infermieri e di qualsiasi professionista sanitario che incontra, perché hanno il potere di calmare e rassicurare le persone.
“Grazie” mormoro, prima che Adele ci congedi “Dov’è il mio cellulare?” chiedo poi a mia madre.
Lei apre la sua borsa e me lo porge. “L’ho usato per avvisare i tuoi suoceri, il mio era scarico. Grace ha detto che lei e Mia stanno arrivando”
Annuisco e controllo lo schermo: nessuna notizia da parte di Christian. Però mi ha detto che sull’aereo c’è il wi-fi e quindi possiamo comunicare attraverso whatsapp. Decido così di scattarmi un selfie, e mi sforzo di mostrare un’espressione buffa, così da tranquillizzarlo, anche se in realtà sto morendo di paura e ho dolori ovunque.
Gli invio la foto, seguita da un messaggio vocale in cui lo informo della visita e del monitoraggio. Christian visualizza praticamente subito e altrettanto rapidamente mi risponde, continuando a ripetermi di stare tranquilla e rassicurandomi sul fatto che lui arriverà presto. Lo conosco troppo bene e so che è tremendamente in ansia; è il mio Maniaco del controllo e trovarsi in mezzo alle nuvole a chilometri di distanza da Seattle lo sta facendo impazzire, anche se lui tenta in tutti i modi di mascherarlo.
Pochi minuti dopo sento un delicato bussare alla porta, e fanno capolino la testa di Grace e quella di Mia.
“Possiamo?” chiede mia suocera.
Sorrido. “Ma certo”
Loro entrano, chiudendosi la porta alle spalle, e si avvicinano al mio lettino.
“Tesoro” mormora Grace, chinandosi a darmi un bacio su una guancia “Come ti senti?”
“Ho delle contrazioni abbastanza ravvicinate, importanti ma ancora sopportabili” dico, poi racconto loro i vari avvenimenti della mattinata fino a questo momento.
“Quindi Christian adesso è in aereo?” domanda Mia.
“Sì, stiamo comunicando su whatsapp, e questo mi aiuta un po’, anche se vorrei che fosse qui..” mi adombro.
“Non ti preoccupare, Ana, è già passata più di mezz’ora da quando Christian è partito. Vedrai che il tempo scorrerà più in fretta di quanto immagini”
“Lo spero.. oh..” mi blocco all’arrivo di una contrazione, stringendo da un lato la mano di mia madre e dall’altro quella di mia suocera, posso dire la mia seconda mamma “Dio.. si stanno intensificando..” bisbiglio, tentando di cavalcare il dolore, come mi ha sempre insegnato la dottoressa Greene.
Mia suocera lancia un’occhiata al tracciato del monitoraggio. “Infatti c’è un bel picco” osserva.
“Elliot e Chris dove sono?” chiedo poi, rivolta a Mia.
“Con Ethan, oggi per fortuna non aveva impegni all’università, né in studio”
Sbuffo. “Mi dispiace che abbiate dovuto rivoluzionare la giornata per colpa mia” mormoro, mortificata.
Mia si siede sul bordo del mio letto e mi accarezza il braccio. “Hey, cosa ti salta in mente? Colpa di cosa? Ciò che conta adesso siete tu e la mia nipotina” posa la mano in un punto del mio pancione libero da sonde e fasce e sgrana gli occhi “Oddio, cos’è che spinge così forte?”
“Credo sia un gomito, e considera che sono almeno due mesi che fa così..”
Mia trattiene una risatina. “In bocca al lupo, prevedo già che sarà un peperino”
Ridacchio, ma la mia espressione divertita viene lentamente sostituita da una smorfia quando avverto un crampo alla base della schiena.
“Vuoi che chiami l’ostetrica?”
Scuoto la testa. “No, mamma, sarebbe inutile. Devo resistere almeno mezz’ora, poi mi staccheranno tutto e controlleranno come va..” chiudo gli occhi, cercando di racimolare la forza e la pazienza per sopportare questo supplizio ancora trenta minuti. Riapro gli occhi quando sento una mano stringere la mia, e vedo Grace prendere posto sulla sedia accanto al mio letto.
“Grace” sussurro.
Lei mi sorride. “Dimmi, tesoro”
“Voglio la verità: la bambina potrebbe avere dei problemi a causa del parto anticipato?”
“Stai tranquilla, Ana: dopo le 37 settimane un neonato è considerato a termine. Anche se poi, alla fin fine, queste definizioni sono relative: possono esserci neonati in perfetta salute a 36 settimane, e altri che presentano qualche complicazione a 40. Allison sta bene e anche tu, quindi andrà tutto bene” mi rivolge un sorrido caldo e rassicurante “E poi mi sono già informata: oggi in sala parto è di turno il dottor Kitsch, uno dei miei migliori colleghi”
Sorrido a mia volta, cercando di tranquillizzarmi e convincermi che andrà davvero tutto bene, anche se non è semplice, perché ho la mente invasa da pensieri e preoccupazioni: Allie, il parto, Christian in volo, Teddy e Phoebe che, una volta usciti dall’asilo, dovranno essere informati della novità, e non so come la prenderanno.
Nella mezz’ora successiva alterno i messaggi con Christian alle chiacchiere con mia madre, mia suocera e mia cognata, che in questo momento sono i miei pilastri, le mie rocce. Ce la stanno mettendo davvero tutta per calmarmi e aiutarmi a superare il dolore delle contrazioni, che diventano via via più forti e più frequenti.
Poco prima delle 11:30 vedo entrare in camera Adele, accompagnata dalla dottoressa Tracy.
“Adesso stacchiamo il monitoraggio, Mrs Grey” mi informa l’ostetrica.
“Finalmente!” esclamo in un sospiro; non riesco più a stare ferma su questo letto.
Mentre Adele rimuove le sonde dalla mia pancia, la ginecologa esamina il lungo tracciato. “Le contrazioni sono più ravvicinate e più intense” osserva “Riesce ancora a sopportare il dolore?”
“Se potessi muovermi, lo sopporterei meglio”
“Non si preoccupi, adesso vediamo a che punto è la situazione, e poi sarà libera di alzarsi”
Il responso della visita è una dilatazione del collo dell’utero di quattro centimetri, liquido amniotico limpido e battito cardiaco fetale perfettamente nella norma. Le parole d’ordine sono sempre le stesse: bisogna aspettare.
Mia madre e Grace mi aiutano ad alzarmi dal letto e ad indossare una vestaglia, e mi prendono sottobraccio per farmi camminare un po’ lungo il corridoio.
Ad un tratto sento una voce femminile esclamare il mio nome, mi volto e vedo Kate uscire dall’ascensore e correre verso di me.
“Kate” mormoro, mentre lei mi abbraccia, e lotto contro me stessa per non scoppiare in lacrime.
Mi accomodo su una delle sedie del corridoio e la mia migliore amica si siede accanto a me, e poco dopo ci raggiunge anche Mia, mentre mia madre e Grace si allontanano per prendere un caffè al bar del piano terra.
“Allora, cosa mi combinate?” Kate mi sfiora amorevolmente il pancione.
Ridacchio. “Tua nipote è già una piccola peste, vuole fare tutto di testa sua”
La mia amica sorride e mi accarezza i capelli, mentre io le racconto, tra una contrazione e l’altra, tutto ciò che è successo questa mattina.
“Secondo me non devi preoccuparti delle tempistiche di Christian; io credo che arriverà in tempo”
“Ma non sono solo le tempistiche ad impensierirmi, già solo saperlo in aereo a chilometri di distanza mi preoccupa da morire.. poi penso ad Allie, a Teddy e Phoebe che usciranno da scuola e non mi troveranno a casa..” la mia voce si incrina progressivamente, fino a quando parlare diventa impossibile e lascio che le lacrime siano libere di venire fuori senza alcun freno.
“No tesoro” mormora Kate, abbracciandomi.
“Hey” sussurra Mia, massaggiandomi la schiena.
Mi sfogo tra le loro braccia, ne ho immensamente bisogno; è un modo per cercare di scaricare l’ansia e la paura. Kate mi asciuga le guance, mentre io tiro su con il naso e mi impongo di calmarmi, e poi stringe le mie mani tra le sue.
“Ohi, andrà tutto bene, ne sono sicura, e metterai al mondo una principessa meravigliosa” sorrido tra le lacrime, poi lei prosegue “Per quanto riguarda Teddy e Phoebe, Elliot ed io avremmo pensato di andare a prenderli all’asilo e portarli a casa nostra, così con calma raccontiamo loro tutto e magari, giocando con Ava e Lizzy, si divertono e si distraggono un po’..”
Le stringo più forte le mani e sorrido, infinitamente grata che abbia capito subito le mie preoccupazioni e stia cercando di dissiparle. I miei bambini sono il mio pensiero costante, e non posso fare a meno di chiedermi come reagiranno alla notizia e di preoccuparmi per loro; ma sapere che sono con Kate ed Elliot, che li amano come fossero figli loro, mi rende un po’ più serena e libera da un peso.
“Grazie” sussurro, con la voce tremante, e mi sporgo per abbracciarla ma vengo bloccata da una nuova contrazione. Stavolta il dolore non raggiunge progressivamente il suo picco, ma arriva subito forte e lancinante, e sembra quasi che mi spacchi a metà la schiena.
“Oddio” gemo, strizzando gli occhi.
“Vuoi tornare in camera?” chiede Mia, facendomi un massaggio alla parte bassa della schiena.
Scuoto vigorosamente la testa. “Mi manca l’aria lì dentro”
“Preferisci camminare un po’ allora? Ce la fai??” propone Kate.
Annuisco e loro mi aiutano ad alzarmi. Percorriamo lentamente il corridoio, fermandoci di tanto in tanto accanto alle finestre. Nonostante sia il primo dicembre e le temperature siano di pochi gradi sopra lo zero, io mi sento accaldata e sudata, e non oso immaginare come sarò tra qualche ora. Mi appoggio allo stipite di una finestra e mi fermo ad osservare il cielo: oggi c’è un bel sole, anche se di tanto in tanto spunta qualche nuvola, ma non credo che verrà a piovere.
Ad un tratto la mia attenzione è rapita dal cellulare che vibra nella tasca della mia vestaglia. Lo estraggo e scopro che è Christian che mi sta videochiamando.
Vado a sedermi su una delle sedie verdi del corridoio, mentre Mia e Kate restano a sorvegliarmi da lontano, probabilmente per lasciare un pizzico di privacy a me e mio marito. Accetto la videochiamata e un istante dopo appare sullo schermo il volto di Christian, in basso a destra c’è anche la mia inquadratura, ma forse è meglio non guardarla...
“Amore mio” dice, e mi bastano quelle due semplicissime parole, la sua voce, il suo viso, e i miei occhi diventano lucidi.
“Hey” sussurro, accennando un sorriso.
“Sei stravolta” afferma, con un’ombra tormentata negli occhi.
“Diciamo che le contrazioni si fanno sentire sul serio adesso.. ma non ho ancora dato in escandescenza..”
Sorride anche lui. “Non sai quanto mi stia maledicendo perché non sono lì..”
“Christian, no. Ti prego, non tormentarti in questo modo. Non potevamo sapere che questa principessa ci avrebbe fatto questa sorpresina..” abbasso il cellulare e inquadro per un attimo il mio pancione.
Lui sbuffa. “È che io dovrei essere accanto a te, dovrei supportarti ad ogni contrazione. Mi sento di impazzire non potendo abbracciarti, baciarti, guardarti negli occhi..”
Sospiro e sbatto velocemente le palpebre per impedire alle lacrime di fuoriuscire; anche io sto impazzendo non avendolo qui con me, mi sento molto meno forte, molto più sola, nonostante abbia con me le donne più importanti della mia vita, ma non voglio lasciar trasparire il mio stato d’animo, voglio mostrarmi forte, altrimenti Christian crollerebbe definitivamente, ed io con lui.
“Sarai qui tra poco, e preparati perché ti aspetta l’ultima fase, quella della Anastasia indemoniata” cerco di sdrammatizzare, e finalmente sento una leggera risata.
“Dovrebbe mancare poco più di un’ora, almeno così hanno detto dalla cabina di pilotaggio. Per me saranno minuti infiniti”
“Anche per me”
Una morsa di dolore mi stringe all’altezza del basso ventre, e purtroppo non riesco a mascherare la mia espressione sofferente.
“Amore, che succede?” domanda Christian allarmato.
Prendo qualche respiro profondo. “Normale amministrazione” cerco di rassicurarlo, ma sono evidenti nel suo sguardo la preoccupazione e l’ansia.
Cerco di alleggerire l’atmosfera e sposto il discorso su Teddy e Phoebe, e lui mi sembra più sereno quando lo informo che per oggi staranno da Kate ed Elliot.
Pochi istanti più tardi sono costretta ad interrompere la telefonata perché le contrazioni stanno diventando sempre più intense.
“Arriverò prestissimo amore mio, te lo prometto” mormora Christian, con la voce intrisa di dolcezza e al contempo di tormento.
Sento un brivido attraversarmi il corpo. “Fai presto” sussurro, prima di mandare un bacio nello schermo e chiudere la videochiamata.
Rientro in camera insieme a Kate e Mia e mi siedo sul letto, cercando una posizione che allevi un po’ il dolore alla schiena. Nel frattempo fanno ritorno anche mia madre e Grace, la prima si posiziona dietro di me per massaggiarmi la schiena, la seconda mi raccoglie i capelli in una coda disordinata e mi rinfresca il viso tamponandolo con un fazzoletto bagnato.
Poco dopo sento squillare un cellulare che non è il mio. Vedo Kate frugare nella sua borsa e tirare fuori lo smartphone, osserva per qualche secondo lo schermo e lo ripone nuovamente al suo posto, poi si avvicina a me.
“Tesoro, io adesso vado, tra poco i bimbi usciranno da scuola”
Annuisco, prendendole le mani. Vedo il suo viso molto sfocato a causa delle lacrime che mi riempiono gli occhi. “Mi raccomando i miei bambini” sussurro, con la voce rotta.
Anche lei ha gli occhi lucidi, mentre mi scosta una ciocca di capelli dietro all’orecchio. “Sono anche i miei bambini, lo sai” mi abbraccia forte, poi mi prende il viso tra le mani e mi dà un bacio sulla fronte “Ti voglio tanto bene”
“Anche io” sibilo, prima di lasciarla andare.
Nei minuti successivi le contrazioni aumentano ancora di più, talvolta non avverto neanche l’intervallo tra l’una e l’altra, il dolore è ormai costante e mi avvolge dalla pancia alla schiena.
“Vuole provare a fare una doccia calda?” mi propone Adele, chiamata da mia madre.
Annuisco, avviandomi insieme al lei nel bagno privato della mia camera. All’interno della cabina doccia c’è anche una sedia, così mi spoglio e mi accomodo, mentre l’ostetrica regola l’acqua, poi mi porge il telefono della doccia così che io possa far scorrere l’acqua dove preferisco. Mi appoggio con la testa alle piastrelle del muro e bagno principalmente la pancia e la schiena; in parte riesco ad alleviare leggermente il dolore, ma non posso fare nulla quando arriva il picco massimo della contrazione, se non stringere i denti e aspettare che passi. Adele resta con me, sedendosi su uno sgabello accanto alla cabina doccia.
“È davvero brava, Mrs Grey. Io lavoro qui da diversi mesi e molto raramente ho visto donne affrontare il travaglio come fa lei..”
Accenno un sorriso, grata per la sua dolcezza e il suo incoraggiamento.
“So che urlare e agitarmi non servirebbe a molto, anche se non so per quanto ancora riuscirò a mantenere questo autocontrollo”
“Perché dice così?”
“Mi manca mio marito.. è in volo dalla California e senza di lui sento di non.. non riuscire ad affrontare tutto questo..”
“Lei non si rende conto della forza che ha. Tutte le donne quando stanno per partorire si sentono stanche, deboli, sfinite, senza accorgersi che già solo vivere un travaglio e un parto rappresenta una dimostrazione di forza immane. Credo sia qualcosa di innato nelle mamme..”
Le sue parole, unite alla sensazione di Allie che scalcia dentro di me, mi infondono una nuova dose di ottimismo e di forza.
Poco dopo entra in bagno mia madre con il cellulare tra le mani, mi parla a bassa voce, coprendo il microfono.
“Ana, c’è Kate al telefono, dice che lei ed Elliot hanno spiegato la situazione ai bambini, e loro vogliono parlare con te”
Rifletto per qualche istante: so che non appena sentirò la voce dei miei figli scoppierò definitivamente in lacrime, ma so anche che in questo momento Teddy e Phoebe si sentono spaesati, confusi, e hanno bisogno di rassicurazioni. Così annuisco e prendo un lunghissimo respiro prima di portare il cellulare all’orecchio.
“Pronto?”
“Mamma!!” esclama il mio ometto “Dove sei?”
Non devo piangere.
Non devo piangere.
Rischierei di spaventarli.
“Cucciolo, sono in ospedale perché i dottori devono far nascere la sorellina”
“Ma avevi detto che era ancora presto!” mi fa notare.
Sorrido. “Hai ragione, ma Allie ha deciso che si è stufata di stare nella mia pancia e vuole uscire”
“E quando uscirà?”
Cazzo, una contrazione. Respiro profondamente e cerco la mano di Adele, che afferra la mia e la stringe forte.
“Mamma?” insiste mio figlio.
Stringo i denti e cerco di oltrepassare il dolore. “Presto, Teddy, prima di stasera, vedrai”
“Noi possiamo venire da te??”
Dio, non li vedo da poche ore e mi mancano da impazzire.
Mando giù il groppo che mi si è formato in gola e sospiro. “Magari questa sera, o domani mattina. Dobbiamo chiedere il permesso ai dottori” dentro di me prego che entro questa sera Allie sia nata e stiamo bene entrambe.
Sento un leggero trambusto al telefono e poi la voce angelica della mia bambina. “Mamma”
“Phoebe” sussurro.
“È nata la sorellina?”
“Non ancora, piccola. Quando nascerà sarete i primi a saperlo, promesso”
“Torni presto mamma??”
Le lacrime iniziano a scendere copiose lungo le mie guance. “Sì, piccolina mia. Torno presto. Adesso passami la zia Kate”
La mia amica mi rassicura sul fatto che i miei figli sono tranquilli e sereni, e aver sentito la mia voce probabilmente li ha rassicurati ulteriormente. Poi le chiedo di impostare il vivavoce, così da farmi sentire contemporaneamente da entrambi.
“Bimbi, mamma e papà tornano presto, voi mi promettete di fare i bravi con la zia Kate e lo zio Elliot?”
“Sì mamma” rispondono in coro.
“Vi voglio tanto bene. Ciao amori miei”
“Ciao mamma!!”
Restituisco il cellulare a mia madre e mi lascio andare alle lacrime. Sì, da quando sono arrivata non faccio altro che piangere, ma questo è uno dei momenti della vita in cui una donna si sente più vulnerabile, emozionata e spaventata che mai. Pensavo che parlare con Teddy e Phoebe fosse fondamentale per rassicurarli, in realtà sono loro che hanno dato forza a me: sapere che stanno bene, che nonostante la loro piccola età stanno cercando di capire la situazione, mi infonde un minimo di serenità, e mi fa sentire più forte.
“Posso uscire da qui?” chiedo poi in un sussurro.
L’acqua calda ha fatto innalzare una nuvola di vapore all’interno della cabina doccia, e inizio a sentirmi soffocare.
“Certo, Mrs Grey” risponde Adele con dolcezza, allungandosi verso un mobiletto per prendere un accappatoio di spugna monouso. Chiude il rubinetto dell’acqua e poi mi aiuta ad indossare l’accappatoio e ad uscire dalla cabina. Mi conduce in camera e mi fa sedere sul bordo del letto.
Mia madre si avvicina e mi abbraccia, facendomi posare la testa sul suo petto.
“Voglio Christian” piagnucolo.
Lei mi accarezza la schiena. “Arriverà presto, piccola mia”

L’ora successiva è fatta di contrazioni, dolore, imprecazioni, lacrime, abbracci, lunghi passi nel corridoio e messaggi con mio marito. Ormai dovrebbero mancare pochi minuti al suo arrivo, ed io sono sempre più ansiosa.
In ospedale sono arrivati anche mio padre, mio suocero, Thomas e Roxy. Mio fratello ha indossato il camice ed è entrato in camera con me, nonostante oggi sia il suo turno di riposo, mentre gli altri sono in sala d’attesa. Mia madre, mia suocera e le mie cognate si alternano per starmi accanto.
“Vuoi fare un altro controllo?” mi chiede Thomas, posizionandosi davanti a me, che sono seduta sul bordo del letto con le gambe penzoloni; è la posizione in cui riesco a sopportare un po’ meglio il dolore.
“Non voglio fare niente! Voglio solo Christian!” sbotto, alzando la voce.
Adesso è la parte psicologica a prevalere sul dolore: ho i nervi a pezzi e non riesco più ad affrontare tutto questo senza il mio Christian.
“Tesoro, tra poco sarà qui. È già atterrato a Seattle” mi rassicura Grace. Ma a me sembra passata un’eternità da quando mio marito ha avvisato di essere arrivato all’aeroporto di Seattle.
“Ohi, Ana, guardami” dice Thomas a voce bassa, guardandomi con quegli occhi che sono identici ai miei “Ascolta: sai bene che ci stiamo avvicinando alle fasi più intense, ti assicuro che non manca molto, ma adesso tu ed Allie dovete essere una squadra. Devi accumulare quanta più forza possibile per aiutarla a nascere. Tu SEI forte! Okei?”
Annuisco, rassicurata e quasi ammaliata dalla sua voce dolce ma ferma. Mi lascio andare contro il suo petto e lui mi abbraccia, mentre gemo e stringo i denti ad ogni nuova contrazione.
Resto in questa posizione fino a quando non sento un leggero trambusto nel corridoio, che mi fa sollevare di scatto il viso. Il mio cuore inizia a battere forte, come avesse capito prima di me cosa sta per succedere; aspetto pochi secondi e poi lo vedo entrare, stravolto e bellissimo. Il mio sole, la mia linfa, la mia forza.
“Christian” mormoro, con gli occhi che si riempiono di lacrime.
Lui lancia la giacca da qualche parte e poi corre verso di me, prendendomi tra le braccia. Scoppio a piangere e, per la prima volta dalle prime ore dell’alba, mi sento invincibile, mi sento completa, mi sento al sicuro.
“Christian” ripeto tra le lacrime, stringendo la sua camicia tra le dita, ridendo e piangendo allo stesso tempo.  Non riesco ancora a credere che lui sia qui.
Lui mi stringe forte e mi bacia ripetutamente la tempia e il capo. “Amore mio” mormora, con la voce quasi affannosa. Conoscendolo, avrà corso dalla macchina fino a qui, scale comprese.
Sento qualcuno bisbigliare un “Lasciamoli soli”, dopodichè la porta della mia stanza si chiude.
Christian mi prende il viso tra le mani, spostandomi tutti i capelli che si sono appiccicati alle mie guance umide.
“Perdonami. Perdonami se fin’ora non ci sono stato” mormora, con la voce carica di emozione e rimpianto.
Gli poso due dita sulle labbra, non voglio sentire queste cose, non voglio vederlo affranto.
“Ssshh. Non c’è nulla per cui debba perdonarti, nulla”
Lui accenna un sorriso e poi si china per baciarmi.
“Sei bellissimo” dico poi, posandogli una mano sulla guancia.
Scuote la testa. “Tu sei bellissima, anche con gli occhi gonfi e i capelli arruffati”
Ridacchio e lui mi bacia ancora, poi si siede sul letto accanto a me, attirandomi tra le sue braccia. “Ho avuto così tanta paura di non fare in tempo”
Gli poso una mano sul ginocchio per rassicurarlo “All’inizio anche io, poi però sapevo che saresti arrivato, che nostra figlia ti avrebbe aspettato”
Nei minuti successivi, tra una contrazione e l’altra, gli racconto tutto ciò che è successo, soprattutto come mi sono sentita e come mi sento. So che lui è arrabbiato con se stesso perché non era qui, ed io sto cercando di fargli capire che non ha alcuna colpa, perché non avremmo mai immaginato che Allie decidesse di nascere quindici giorni prima della data presunta.
“Adesso sono qui e non ti lascerò neanche per un istante” sussurra, stringendomi forte le mani.
Io stringo a mia volta non appena sento arrivare una nuova contrazione, e appoggio la fronte sul suo petto, respirando profondamente. Sento le sue labbra posarsi tra i miei capelli e i suoi muscoli tendersi; Christian non ama vedermi soffrire, anche se sa bene che è tutto assolutamente normale.
Lancio uno sguardo al cellulare: sono da poco passate le 14, e pochi istanti dopo fa il suo ingresso la dottoressa Greene, che suppongo abbia appena iniziato il turno. Non c’è bisogno che le spieghi tutto perché le ho telefonato già un paio di volte nel corso della mattinata.
“Signori Grey, ammetto che non mi aspettavo di incontrarvi così presto, ma evidentemente la vostra bambina la pensa in maniera differente”
“Dottoressa, potrebbero esserci problemi per la piccola?” la interrompe subito Christian.
“Due settimane di anticipo rientrano nella norma, Mr Grey. Su questo potete stare tranquilli” poi si rivolge a me “Come va, Mrs Grey?”
“Le contrazioni sono forti e gli intervalli tra l’una e l’altra si riducono ad appena un minuto o due”
“Sente l’esigenza di spingere?”
“No, non ancora”
“Bene, adesso vediamo un po’ a che punto è la situazione. Mr Grey..”
“Io non esco! Resto accanto a mia moglie!” tuona Christian.
“Veramente volevo chiederle di aiutarmi a far distendere sua moglie”
Trattengo a stento una risata, e anche l’espressione della dottoressa Greene sembra divertita, mentre mio marito sibila un “Mi scusi”.
Mi aiutano a mettermi distesa, poi la dottoressa si lava le mani, infila un paio di guanti e procede con la visita.
“Siamo a sette centimetri di dilatazione. Sta andando benissimo, Mrs Grey. Vedrà che tempo un paio d’ore e la piccolina sarà nata”
“Speriamo” dico in un sospiro.
Ogni minuto che passa sembra dilatato, interminabile; il dolore aumenta sempre di più, ma avere il mio uomo accanto rende tutto meno spaventoso e più sopportabile. Resto distesa sul fianco e Christian mi copre le gambe con il lenzuolo, prima di sedersi sul bordo del letto dal lato a cui do le spalle, per massaggiarmi la parte bassa della schiena.
“Voglio sapere come stanno i bambini” affermo all’improvviso.
“Amore, i bambini stanno bene. Sappiamo quanto si divertano con Ava e Lizzy”
“Sì, lo so. Ma prova a telefonargli, ti prego. Si sentiranno più sicuri e sereni nel sentire la tua voce” lo supplico.
“Va bene, posso far entrare tua madre?”
Annuisco e lui esce in corridoio, mentre la mia mamma prende il suo posto. Thomas mi ha procurato una pallina di gomma di quelle che si utilizzano per fare fisioterapia alle mani, io la mordo per superare il picco di dolore della contrazione, mentre contemporaneamente stritolo le dita di chi mi capita sotto mano. Quando Christian rientra, mi annuncia che Teddy e Phoebe erano felicissimi di sentirlo e hanno chiesto mille volte di me e della sorellina, ma tutto sommato erano tranquilli; questo mi rende un po’ più serena.
Dopo un’altra ora di contrazioni, strette di mano, qualche imprecazione, una serie infinita di “Non ce la faccio più”, stati d’animo che vanno dalla gioia alla paura più oscura, finalmente la dottoressa Greene annuncia che è giunto il momento di andare in sala parto.
Due infermiere mi aiutano a spostarmi su una barella e mi coprono con una coperta per non farmi avvertire lo sbalzo termico tra il corridoio e la sala. Subito uscita dalla mia stanza, vengo accerchiata dai miei genitori, i miei suoceri, Mia e Roxy che mi fanno l’in bocca al lupo.
“Aspettate!” sento una voce femminile urlare da lontano, e poco dopo la mia migliore amica entra nel mio campo visivo.
“Kate!” esclamo. Non mi sarei aspettata di vederla di nuovo qui, considerando che ha ben quattro bambini a casa.
“Tesoro mio” mormora, chinandosi su di me e baciandomi una guancia “Sta’ tranquilla, i bambini sono a casa con Elliot, felici e rilassati. Io non potevo immaginare di perdermi questo momento”
Sorrido e la abbraccio. Prima di procedere verso la sala parto, mia madre mi prende il viso tra le mani e mi dà un tenerissimo bacio sulla fronte.
“Ho tanta paura, mamma” sussurro.
Lei combatte contro se stessa per non piangere e mi rivolge uno dei suoi più bei sorrisi. “Andrà tutto bene piccola mia, te lo prometto” mi dà un altro bacio e poi mi lascia andare.
In quei metri di corridoio che percorriamo fino al blocco parto, con la mia mano di Christian stretta nella mia, rivolgo lo sguardo al soffitto, e mentre quei pannelli di cartongesso bianchi con le striature azzurre e i faretti incassati mi scorrono davanti agli occhi, io mi sento come se fossi in una realtà parallela. Come se fosse tutto un sogno, come se non stessi per vivere quel momento che sto immaginando da quasi nove mesi. Al di là di quella porta con i vetri verdi la nostra vita cambierà, e il tumulto di emozioni che mi stritola l’anima è impossibile da spiegare: la felicità più assoluta, unita alla paura che congela le ossa.
Non appena oltrepassiamo le porte che conducono alle sale parto, sento allentarsi la stretta della mano di Christian.
“No!” urlo “Non mi lasciare, ti prego”
Lui si china su di me e mi bacia la fronte “Devo solo indossare il camice e la cuffia. Arrivo subito, non ti lascio”
Nel frattempo le infermiere mi conducono in una delle sale e mi fanno sedere sulla poltrona da parto, non mi rendo neanche conto di ciò che si dicono e delle varie procedure che effettuano: la mia mente è concentrata solo sul dolore che mi sta togliendo il fiato.
“Amore, eccomi” Christian si materializza accanto a me e mi prende la mano.
Poco dopo vedo entrare la dottoressa Greene insieme ad Adele, e dietro di loro anche mio fratello.
“Le infermiere del nido e il pediatra sono stati avvisati?” domanda la mia ginecologa.
“Sì, dottoressa, stanno arrivando”
I minuti successivi sono confusi, concitati: le contrazioni sono fortissime, Christian non fa altro che tenermi la mano e incoraggiarmi, così come Thomas, che si posiziona accanto alla dottoressa e all’ostetrica. Dovrei provare un minimo di imbarazzo, ma in questo momento tutto quello che conta è far nascere la mia bambina.
Quasi non mi sembra vero quando la Greene mi annuncia che posso iniziare a spingere quando avverto la contrazione.
Ogni spinta mi sembra sempre più dolorosa e faticosa della precedente, ma i volti dei medici e delle ostetriche sono rilassati, quindi mi dico che non devo avere paura.
“Forza, Mrs Grey, si vede la testa!” mi incita Adele.
“Ha pochi capelli, tutto il contrario di Phoebe” aggiunge Thomas, facendo spuntare un sorriso sul mio viso stravolto.
“Non ce la faccio più” ansimo ad un tratto.
“Non è vero, sta andando benissimo! Si riposi un attimo e recuperi le forze” ordina la Greene.
Christian mi stringe la mano e con l’altra mi accarezza i capelli. “Dai amore mio, lo so che sei forte. Sei bravissima” mormora, e la forza che mi infondono le sue parole è indescrivibile.
Dopo altri dieci minuti di spinte, urla, imprecazioni e incitazioni, alle 16 in punto il mio mondo si ferma per la terza volta nella mia vita, non appena sento il suono forte e deciso del pianto di mia figlia.
“Eccola! È bellissima!” sento esclamare Thomas.
Mi lascio andare sulla poltrona, sentendomi completamente priva di forza, ma allo stesso tempo colma di amore. Trascorrono pochi istanti, che a me sembrano eterni, prima che la appoggino sul mio petto, e finalmente la vedo: uno spettacolo di pelle rosa, guanciotte rosse e pochi capelli su una testolina minuscola.
“Oddio” sibilo, cominciando a piangere.
La tocco per la prima volta, e il suo calore mi arriva fin dentro l’anima. È mia, è la mia bambina, la mia principessa, il mio miracolo. Sento il cuore spaccarsi e diffondere nel mio petto un’emozione così forte da essere quasi dolorosa; è un dolore che non ferisce, ma lenisce, che non rompe, ma ripara.
Alzo lo sguardo verso Christian, che ha gli occhi pieni di lacrime e le guance umide, si china per baciarmi e poi tocca timidamente nostra figlia. In questo momento non esiste più nulla intorno a noi, non esistono i medici, i macchinari, gli strumenti, non esistono le pareti di questa stanza. Tutto si perde nella perfezione di questo istante: esistiamo solo noi tre, il nostro amore e la gioia più grande che si possa provare nella vita.
“Papà, tagliamo il cordone?” Adele porge un paio di forbici a Christian.
Lui si allontana per qualche istante e poi torna da me, chinandosi per guardare negli occhi la nostra bambina.
“Amore, ciao” sussurra, con la voce roca.
“È stupenda” aggiungo io, continuando ad accarezzare quella piccola meraviglia.
Nel frattempo le infermiere la puliscono dal sangue ed eseguono l’assistenza di base senza allontanarla da me: con un tubicino le aspirano i liquidi dalla bocca, clampano il cordone, e la coprono con un lenzuolino riscaldato per non farle prendere freddo, mentre io non riesco a smettere di guardarla. Non riesco a credere di averla davvero tra le braccia, sembra un sogno.
“Grazie, amore mio” mormora Christian, baciandomi “Mi hai fatto per la terza volta il regalo più bello del mondo”
Lo bacio a mia volta. “Ti amo”
Lui mi accarezza i capelli e accarezza nostra figlia. “Vi amo da morire”
Adele mette un braccialetto al polso e uno alla caviglia di Allie, e due al mio polso, poi mi sbottona la camicia da notte.
“Il contatto pelle a pelle è importantissimo” mi dice dolcemente.
E se la sensazione di avere mia figlia tra le braccia era meravigliosa, il tocco della sua pelle sulla mia è qualcosa di indescrivibile, qualcosa che si avvicina tanto al paradiso. Non tento neanche più di frenare le lacrime, perché è impossibile, sono così tante le emozioni che mi pervadono l’anima in questo momento che non esiste altro modo per esprimerle.
Ad un tratto vedo Thomas accanto a me, con gli occhi rossi e un sorriso bellissimo.
“Sono andato fuori ad avvisare e tranquillizzare tutti” afferma, poi si china a baciarmi la fronte “Sei stata eccezionale, hai messo al mondo uno spettacolo”
“Anche il papà ha i suoi meriti” dico, guardando Christian.
Mio marito sorride, senza staccare gli occhi dalla nostra bambina; ha quello sguardo estasiato, emozionato, innamorato che mi fa scoppiare il cuore. Oggi ci siamo innamorati ancora una volta, davanti alla più pura incarnazione dell’amore, davanti al nostro terzo miracolo.
“Principessa di papà” sussurra Christian, avvicinando il dito al palmo della minuscola manina di Allison. Lei chiude la mano e lo stringe, mentre tiene l’altra manina sul mio seno.
“Sei la cosa più bella del mondo” bisbiglio, chinandomi per sfiorare la sua testa con le mie labbra.
Dopo alcuni minuti l’infermiera mi annuncia che devono farle il bagnetto, rilevare tutti i parametri auxologici (peso, altezza e circonferenza cranica, NdA) e farle i controlli di routine.
Non sono affatto pronta a separarmi da lei. Anche se devo ammettere che l’ho tenuta con me più tempo rispetto a quando sono nati Teddy e Phoebe, questi minuti sono stati comunque troppo pochi.
“Non si preoccupi, Mrs Grey, tra poco gliela riporteremo e potrà tenerla ancora un po’” mi rassicura l’infermiera con dolcezza. Poi delicatamente solleva Allie dal mio petto e, prima di portarla nella sala adiacente, la adagia per qualche istante tra le braccia di Christian.
È indescrivibile la bellezza che li avvolge, è indescrivibile l’intensità e l’amore che scorgo negli occhi del mio uomo, mentre fissa la sua principessa come fosse il fulcro dell’universo.
“Se vuole può seguirmi nella nursery, Mr Grey” dice l’ostetrica, prendendo in braccio Allison.
“Anche perché qui non può rimanere” interviene la dottoressa Greene “Dobbiamo procedere con il secondamento e poi sistemare la signora”
Christian annuisce e si china su di me. “Ci vediamo tra poco, promesso” mormora, baciandomi più volte, e poi si allontana nella stanza accanto.
Nei minuti successivi non realizzo a pieno ciò che accade, sono stanchissima e troppo frastornata dalle emozioni per rendermi conto delle classiche torture post-parto. Cerco di non pensare al dolore all’addome e alla schiena, concentrandomi invece su qualcosa di bello: sono diventata mamma per la terza volta e non mi sembra ancora vero. Ho davanti agli occhi il viso dolce e gli occhioni della mia bambina; per mesi ho immaginato il suo faccino, i suoi occhi, i suoi capelli, il suo nasino, ma la realtà è andata ben oltre la mia immaginazione. Mia figlia è semplicemente spettacolare, e non vedo l’ora di mostrarla a tutta la nostra famiglia, e soprattutto ai suoi fratellini.
È appena cominciata la nostra vita in 5.
Benvenuta al mondo, Allison Mia Grey.
 

POV CHRISTIAN

“Aspetta piccolina, abbiamo quasi finito” mormora l’infermiera con dolcezza, mentre passa una spugnetta morbida sul corpo di mia figlia, che si dimena infastidita.
“Direi che non le piace molto fare il bagnetto” ironizzo, perdendomi ad ammirare lo straordinario spettacolo che è la mia bambina.
Ogni tanto mi do qualche pizzicotto sul braccio per rendermi conto di stare vivendo davvero questo momento, per realizzare che quel mezzo metro di meraviglia davanti ai miei occhi sia veramente mia figlia. Anastasia è stata semplicemente eccezionale, ha tirato fuori una forza che va al di là dello scibile umano; dopo tre figli mi chiedo ancora come facciano le donne ad affrontare un parto, io sono un uomo e soffrivo per lei. Quei momenti di sofferenza, però, ci hanno condotto per la terza volta all’appuntamento più magico e stupefacente della nostra vita, quello che ci ha fatto conoscere il nostro terzo miracolo.
“Eccoci qui” l’infermiera la tira fuori dalla vaschetta e la avvolge in un telino, poi la appoggia su un materassino sormontato da una lampada riscaldante e la asciuga.
“Posso scattarle qualche foto?” chiedo.
“Ma certo, è la sua bambina! Si accerti solo che non ci sia il flash”
Disattivo il flash della fotocamera del mio cellulare e scatto qualche fotografia mentre l’infermiera la asciuga per bene, poi la solleva e la adagia sulla bilancia.
“Tre chili tondi tondi” annuncia alla collega, che lo scrive in cartella e poi visualizza delle tabelle affisse al muro.
“Per l’età gestazionale, il peso è perfettamente nella norma”
Tiro un sospiro di sollievo: temevo che, essendo nata quindici giorni prima della data presunta, Allie potesse avere un peso troppo basso, invece ha delle guanciotte paffute e dei rotolini sulle cosce proprio niente male.
Dopo averle misurato la lunghezza e la circonferenza cranica, l’infermiera le mette delle goccine negli occhi e poi le pratica un’iniezione sulla coscia. Il pianto di mia figlia mi fa inevitabilmente spuntare una smorfia sul viso, ma la ragazza mi spiega che sono procedure di routine, sicuramente fastidiose ma fondamentali. Mentre il pediatra visita Allie, l’altra infermiera mi chiede di confermarle i dati anagrafici di Anastasia e poi della bambina e non nascondo di provare una certa emozione nel pronunciare il suo nome completo.
Terminate le procedure burocratiche, mi avvicino nuovamente a mia figlia; l’infermiera le sta mettendo il pannolino e poi mi porge un cappellino rosa.
“A lei l’onore” dice la donna “Adesso mettiamo questo per farle disperdere quanto meno calore possibile, il completino che ci avete consegnato glielo faremo indossare più tardi perché ora è importante che la piccola abbia un contatto pelle a pelle con la sua mamma. Questo sarà fondamentale per entrambe, sia da un punto di vista fisico che psicologico” spiega.
Afferro titubante il cappellino, e con estrema delicatezza glielo infilo. È bellissima.
L’infermiera la avvolge in una coperta con un lenzuolino riscaldato e me la porge.
“È tutta sua”
Accolgo la mia cucciola tra le mie braccia e la osservo. È un’emozione indescrivibile, una sensazione di pace, completezza, amore, quell’amore così forte da stritolarti il cuore e poi farlo volare leggero.
“Posso?”
Mi volto e vedo spuntare il viso di Thomas.  
Sorrido. “Certo!”
Mio cognato mi raggiunge e mi dà una pacca sulla spalla, fermandosi poi a guardare la piccolina.
“Siete stati grandi, ragazzi! È meravigliosa!”
“Thomas, grazie per essere stato con Ana durante il travaglio e il parto. È stato importantissimo per lei”
Lui scuote la testa. “Non c’è nulla per cui ringraziarmi. Ana è mia sorella, ed era mia nipote che doveva venire alla luce; non sarei dovuto e voluto essere in nessun altro posto al mondo”
“Ana come sta?”
“Bene, ero venuto a dirti proprio questo: hanno terminato tutte le varie procedure post-partum e adesso l’hanno sistemata in una stanza accanto alla sala parto per tenerla sotto controllo”
“C’è qualcosa che non va??” chiedo, allarmato.
“No, assolutamente. È la prassi. Per quanto mia sorella sia stata fantastica, il parto è comunque un evento strettamente delicato, quindi vogliono tenerla appena una mezz’ora in osservazione per assicurarsi che non insorgano complicanze, e poi la riporteranno in reparto. Adele mi ha detto che, non appena hanno terminato i controlli alla piccola, puoi riportargliela così la tiene ancora un po’”
“Io posso restare con lei?”
“Ma certo! Io vado a dare aggiornamenti alla vostra famiglia, così si tranquillizzano”
Prima di tornare da mia moglie, chiedo a Thomas di scattare qualche foto ad Allie, così da mostrarla ai nonni e agli zii che aspettano trepidanti; poi l’ostetrica mi viene incontro per condurmi da Anastasia.
Mia moglie è in una stanza dalle tenui pareti color acquamarina, su un lettino con la schiena semi sollevata e un lenzuolo che la copre dal seno in giù; ha un monitor accanto che registra costantemente i suoi parametri vitali. Ha il viso un po’ pallido, un’espressione stravolta, i capelli arruffati e gli occhi rossi; eppure, non l’ho mai vista così bella come in questo momento, perché quel sorriso che spunta sul suo volto non appena mi vede entrare con Allie in braccio non è mai stato così luminoso e quello sguardo traboccante d’amore è la cosa più dolce che abbia mai visto.
“Mrs Grey, adesso potrà tenere ancora un po’ la sua piccolina, e le consiglio, se se la sente, di attaccarla al seno, anche se non ha avuto ancora la montata lattea, è comunque molto importante stimolare la suzione” le spiega Adele, poi prende delicatamente Allie dalle mie braccia e, abbassando il lenzuolo di Ana all’altezza della vita, la posa a pancia in giù sul petto della sua mamma, lasciandole la copertina così che possano stare entrambe al caldo.
E se prima mia moglie mi era sembrata bellissima, adesso non riuscirei a descrivere lo spettacolo che ho davanti agli occhi, mentre lei avvolge nostra figlia con le braccia e la fissa con lo sguardo incantato e innamorato. La nostra piccola si accoccola al petto della sua mamma come se avesse riconosciuto il suo porto sicuro.
“Io vi lascio un po’ soli, per qualsiasi cosa vi basta pigiare il pulsante rosso accanto al lettino” dice l’ostetrica, prima di uscire dalla stanza.
“Christian” bisbiglia Ana, allungando la mano verso di me.
Mi ridesto dai miei pensieri e mi siedo accanto a mia moglie, che mi fa spazio sul bordo del letto, prendendole la mano e portandomela alle labbra.
“Guarda quanto è bella, ci credi che sia nostra?” sussurra Ana, accarezzando la nostra bambina.
Poggio delicatamente la mano accanto alla sua e la muovo piano. “Ancora non riesco a crederci” mormoro, baciandole poi la tempia “Sei stata fantastica”
Siamo stati fantastici” puntualizza, sollevando il viso per baciarmi “Hai avvisato la nostra famiglia?”
“Tranquilla, ci ha pensato Thomas”
“E i bambini?”
“Penso che Elliot gli abbia raccontato tutto. Più tardi, quando tornerai in camera, se te la senti, gli telefoniamo”
La sento sospirare. “Mi mancano già così tanto”
Accosto la guancia alla sua. “Lo so piccola, hai tutte le ragioni del mondo, ma in questo momento dobbiamo pensare ad Allie. Teddy e Phoebe li porterò qui domani, per stasera devi riposare”
Lei annuisce, mentre sfiora con la leggerezza di una piuma il capo di nostra figlia, coperto da qualche ciuffetto di capelli apparentemente scuri. “Ci ha fatto una bella sorpresa, vero?”
“Già, aveva fretta di venire al mondo” sussurro, poi mi allungo e lascio un tenero bacino sulla mano di mia figlia. Le porgo il mio dito e lei subito lo stringe. È dolcissima.
Senza che me ne renda conto, sento qualche calda lacrima scendere lungo le mie guance, ma non tento di frenarla, non tento di reprimere queste emozioni che mi spaccano il cuore. È come se stessi realizzando poco a poco di essere diventato padre per la terza volta, e adesso che Ana ed io possiamo finalmente stringere tra le braccia la nostra stellina, mi sento l’uomo più fortunato e felice di questo mondo.
“Hey, cosa c’è?” mormora Anastasia, non appena si accorge delle mie guance umide.
Tiro su con il naso e sorrido. “Sono felice, immensamente felice” rispondo, appoggiando il viso sulla spalla di mia moglie e stringendo la manina di mia figlia.
Pochi minuti dopo, con l’aiuto di un’infermiera pediatrica, Anastasia prova a far attaccare Allie al seno. È incredibile quanto sia spontaneo e naturale per i bambini l’atto della suzione, è uno di quei momenti in cui sembra ancora che ci sia quel cordone che unisce madre e figlio, quel legame indissolubile che non ha spiegazioni razionali.
“Non mi sembra molto d’accordo” osserva ad un tratto Ana, notando che nostra figlia di tanto in tanto si stacca dal suo seno.
“È normale adesso, Mrs Grey, perché il suo seno non ha ancora iniziato a produrre latte vero e proprio, ma solo colostro. Tra domani e dopodomani tutto si normalizzerà” la rassicura l’infermiera.
Sono da poco passate le 17 quando la dottoressa Greene dà ad Ana il permesso per tornare in camera, mentre l’infermiera ci comunica che Allison deve restare qualche ora sotto una fonte di calore, come da prassi.
“Quando me la porterete?”
“In serata, Mrs Grey”
Non mascherando la sua disapprovazione, Ana dà qualche bacino alla nostra bambina e poi la affida all’infermiera.
Non appena usciamo dal blocco parto, i nostri familiari si fiondano, commossi, sul lettino di Anastasia per abbracciarla e farle le congratulazioni.
“Tesoro mio, è meravigliosa” afferma mia suocera, in lacrime.
“Sei stata eccezionale” aggiunge mia madre.
“Come ti senti adesso?” chiede poi Kate.
“Indolenzita e dolorante, ma felicissima” risponde Ana, emozionata.
“Lasciamola andare, così riposa un po’” suggerisce Ray, baciando sulla fronte la sua bambina.
Gli infermieri conducono Anastasia nella sua stanza, e Carla li segue. Io mi fermo in corridoio ad accogliere gli auguri e gli abbracci della nostra famiglia. Mia madre, come sempre, è super emozionata e mi avvolge in uno di quegli abbracci che mi fanno pentire di essermene privato per ventiquattro anni.
“Auguri tesoro mio” mormora, poi mi prende il viso tra le mani “Avete messo al mondo un altro capolavoro”
“Grazie mamma” le do un bacio sulla guancia.
Poco dopo sento vibrare il mio cellulare, lo estraggo dalla tasca e osservo lo schermo: è Elliot. Mi allontano in un angolo per sentire meglio e rispondo.
“Christian! Tanti auguri! Kate mi ha inviato una foto della bambina, è stupenda!”
“Grazie, Elliot, grazie davvero”
“Mi dispiace tanto non essere lì, ma...”
“Non dirlo neanche” lo interrompo “Tu stai facendo a me ed Ana il regalo più grande: stai badando ai nostri figli, e niente è più importante di questo per noi”
“A proposito, Teddy e Phoebe sanno che è nata la sorellina, ma non ho mostrato loro la foto, ho pensato che magari volessi farlo tu”
Sorrido, colpito dal modo in cui mio fratello abbia compreso esattamente ciò che avrei voluto fare.
“Grazie Elliot, effettivamente è così, vorrei fargliela vedere io”
“Vogliono parlarti, te li passo?”
“Certo!”
Sento qualche allegro urlo e uno scalpiccio di piedini, poi la voce allegra del mio cucciolo.
“Papiii, è nata la sorellina??”
“Sì, amore, è nata. È bellissima, sai? Proprio come te e Phoebe”
“Dov’è la mamma??”
Vorrei dirgli che sta riposando, ma, conoscendo mia moglie, se sapesse che ho parlato con i nostri figli e non glieli ho passati, mi scuoierebbe vivo.
“Aspetta solo un attimo, tesoro” cammino a grandi falcate verso la camera di Anastasia.
Carla l’ha aiutata ad indossare una camicia da notte pulita e adesso le sta spazzolando i capelli.
“È Teddy” le mimo con le labbra.
Lei mi ordina di passarle subito il cellulare e, non appena sente la voce di nostro figlio, comincia a piangere.
“Amore mio.. sì, la sorellina è nata, ed è bellissima.. certo, anche tu eri bellissimo.. no, adesso non potete venire qui, amore, altrimenti i dottori si arrabbiano, però hanno detto che potete venire domani.. cosa state facendo con lo zio Elliot?.. che bello!!.. mi raccomando, fate i bravi, okei?”
Dopo Teddy tocca a Phoebe, e la conversazione è più o meno la stessa. Poi mia moglie mi ripassa il cellulare, mentre si asciuga le lacrime.
“Papi, quando torni?” chiede la mia principessa.
“Presto, cucciola. Più tardi però verrà a prendervi Gail e vi porterà a casa”
Dopo ripasso il telefono ad Ana, perché Elliot possa fare gli auguri anche a lei, e poi attacco, facendo scivolare il cellulare in tasca.
Poco dopo entrano i nostri familiari per salutare Anastasia e poi, ad eccezione delle nostre madri, vanno tutti via, consentendo a mia moglie di avere un po’ di tranquillità.
Io prendo posto sulla sedia accanto al suo letto e appoggio la testa sul suo cuscino, le mie labbra sfiorano dolcemente la sua fronte.
“Amore perché non vai a casa? Sei distrutto..”
“Non ci penso neanche, non vorrei essere in nessun posto se non qui”
“Ma..”
“Sshhh” le tappo la bocca con la mia, accarezzando le sue labbra.
Lei sospira e si arrende, sa benissimo che non potrebbe mai spuntarla, perché io non riesco ad immaginare di allontanarmi da lei in questo momento.
Poco dopo mia madre ci avvisa che lei e Carla stanno per andare al bar a prendere un caffè e mi chiede se voglio mangiare qualcosa. In effetti, ora che ci penso, non tocco nulla dalla colazione, a parte due caffè, e ho un vuoto allo stomaco.
“Magari un tramezzino e una spremuta”
“Così poco? Non mangi da questa mattina” commenta Anastasia.
Sorrido, intenerito dal modo in cui non smette mai di preoccuparsi per me.
“Tranquilla piccola, per ora non voglio nient’altro”
Mia madre annuisce e lascia la stanza insieme a mia suocera.
“Chissà quando potrò mangiare anch’io..” mormora Ana.
“Io credo che a cena ti faranno mangiare qualcosa. Cosa ti andrebbe?”
Lei riflette per qualche istante. “Qualcosa di buono”
“Del brodo?”
Mi lancia un’occhiataccia. “Christian, hai un’opinione alquanto distorta di qualcosa di buono.. Io intendevo, che so, un enorme cheeseburger, oppure una torta con cinque o sei strati di cioccolato, o magari una pizza”
Ridacchio. “Diciamo che.. credo che a poche ore da un parto siano raccomandati alimenti un po’ più leggeri”
Sbuffa. “Che palle! Il brodo comunque non lo voglio. Ho già un aspetto terribile, mancano solo brodino e mela cotta e sarò a tutti gli effetti una malata cadaverica..”
Scuoto la testa, divertito. Poi sfilo la mano da quella di mia moglie e la poso sulla sua guancia. “Il tuo aspetto è meraviglioso”
Ana sorride. “Tanto quanto la tua capacità di mentire”
Scuoto di nuovo la testa, questa volta meno divertito: non sopporto quando non mi crede su quanto sia bella. “Hey, lo sai che non dico mai cose che non penso. Se ti dico che sei bellissima, è perché è così. Sei stanca, sei distrutta, lo so, e forse sarai un po’ pallida. Ma ti giuro che solo altre tre volte in vita mia ti ho vista così bella: quando mi hai raggiunto all’altare, e quando hai dato alla luce Teddy e Phoebe”
Ana sorride, di un sorriso vero, uno di quelli che arriva fino agli occhi, e sporge le labbra per lasciarsi baciare. La accontento subito, mentre la mia mano vaga tra il suo viso e i suoi capelli.
“Grazie” sussurro, perdendomi nel mare dei suoi occhi lucidi.
“Per cosa?”
Deglutisco per mandare giù il groppo che mi si sta formando in gola. Sono così emotivo oggi...
“Per avermi reso ancora papà, per avermi fatto vivere per la terza volta l’emozione più forte e più bella che si possa provare nella vita..” faccio una piccola pausa, poi riprendo “Io non.. non ti so descrivere a parole quanto sia grande, quanto sia magica la felicità che provo in questo momento, e quanto sia orgoglioso di te per quello che hai fatto”
I suoi occhi si riempiono di lacrime dolci, che scorrono sulle sue guance e vanno a posarsi sulle sue labbra. “Quello che abbiamo fatto. Allie è nostra figlia, Christian. Anche se, indubbiamente, la parte faticosa è toccata a me, non avrei mai potuto affrontare tutto questo senza di te”
Tiro su con il naso e nascondo il viso nell’incavo del suo collo, inspirando a pieni polmoni il suo profumo. Sento la sua mano intrufolarsi tra i miei capelli e le sue labbra sfiorarmi la fronte.
“Come ti senti?” mormoro poi, sollevando il viso.
Ana sospira. “Stanca, mi fa male tutto l’addome, la schiena, e non ho la forza di muovermi..”
“Perché non riposi un po’? Io sono qui accanto a te”
Le accarezzo dolcemente i capelli per farla rilassare e pian piano Ana si addormenta. Mi incanto per diversi minuti a guardarla dormire, come amo fare da oltre sei anni: le ciglia che vibrano leggermente, le labbra a cuore, il seno che si solleva e si abbassa al ritmo del suo respiro, i capelli che formano una nuvola bruna sul cuscino. Tutto questo mi trasmette una sensazione di pace e serenità, insieme alla consapevolezza che sia andato tutto bene; la mia Ana è qui, accanto a me, e la nostra stellina è solo a qualche decina di metri da noi, dolcissima e meravigliosa.
Non appena mia madre e Carla fanno ritorno, esco in corridoio per telefonare a mio fratello e avere notizie dei bambini; mi rende felice sapere che stanno giocando con le loro cuginette e si stanno divertendo. Poi mangio lo spuntino che mi ha procurato mia madre e infine, approfittando del fatto che Ana stia dormendo, chiedo a Taylor di recuperare dal mio bagaglio un cambio pulito e faccio una doccia veloce nel bagno privato della stanza, indossando un paio di jeans e un maglioncino.

Il mio cambio di vestiario è la prima cosa che nota mia moglie non appena si sveglia, circa un paio d’ore più tardi.
“Sei bello” afferma, con la voce ancora impastata dal sonno.
Sorrido e mi chino su di lei per baciarla. “Tu sei bellissima. Come ti senti?”
“Sempre indolenzita, ma un po’ meno dolorante. Avrei bisogno di andare in bagno”
Mia madre e Carla la aiutano ad alzarsi e la accompagnano in bagno. Sono felice di vederla camminare abbastanza spedita e senza piegarsi per il dolore alla pancia.
“Dio, mi sono spaventata nel guardarmi allo specchio” dice, rientrando in camera.
Alzo gli occhi al cielo, mentre scosto le coperte per farla rimettere a letto. “Non commento”
“Hai alzato gli occhi al cielo con me, Grey?” il suo tono ha il sapore di una velata minaccia.
Trattengo una risata e la bacio. Non so stare troppo tempo lontana dalle sue labbra, sono una tentazione troppo forte.
Nel frattempo, le nostre madri disquisiscono su chi delle due debba andare a casa e chi debba restare, ma Ana ed io, dopo diversi minuti di battibecchi, riusciamo a convincerle ad andare entrambe a casa e riposare un po’; impresa per nulla semplice, visto che in realtà nessuna delle due voleva allontanarsi, ma Anastasia sta bene, ci sono io con lei, e loro sono sveglie praticamente dall’alba, ed erano davvero stanchissime. In più, credo che sia positivo anche per Teddy e Phoebe trovare le nonne a casa quando rientreranno.
Poco dopo passa la dottoressa Greene, che si accerta delle condizioni di Anastasia e le dà il via libera per mangiare qualcosa. Io avevo già avvisato Gail, così passano solo pochi minuti prima che arrivi Sawyer con un prezioso bottino tra le mani: pasta al formaggio e pollo in umido. Ana inizia subito a mangiare, e sembra molto soddisfatta.
Riesce a terminare la sua cena proprio nel momento esatto in cui ci portano la nostra principessa. Lo sguardo acceso ed emozionato di mia moglie non appena vede entrare la culla in camera è indescrivibile.
“La mia piccolina” sussurra Ana, mentre l’infermiera verifica la corrispondenza tra i suoi braccialetti e quelli di Allie.
“Posso prenderla io?” chiedo timidamente. Ana annuisce con uno splendido sorriso.
Scosto la copertina rosa e delicatamente prendo in braccio la mia bambina. Ha gli occhietti aperti e le guance paffute di un color rosa acceso.
“Amore mio” mormoro, lasciandole un leggero bacino sulla fronte “Sei bellissima”
Sento l’infermiera dispensare qualche consiglio ad Anastasia sull’allattamento, ma sono solo voci di sottofondo, perché tutta la mia attenzione è rapita da tre chili di tenerezza accoccolati tra le mie braccia.
“Se dovesse avere qualsiasi tipo di difficoltà, non esiti a chiamarci” dice l’infermiera con un sorriso, prima di uscire dalla stanza.
Sfioro con un dito la minuscola manina di mia figlia e mi volto verso Ana, che ci osserva con uno sguardo colmo d’amore e un’espressione dolcissima.
“Siete meravigliosi” dice, con gli occhi che luccicano.
Sorrido e vado a sedermi sul bordo del suo letto, lei è seduta con lo schienale inclinato e accarezza delicata  il corpo di nostra figlia.
“Ma guarda quanto è bella” do un altro bacino sulla fronte di Allie.
Ana ridacchia e sposta la mano dal pancino di Allie ai miei capelli. “Hai già perso la testa, papino?”
“La testa l’ho persa nel mio ufficio quando quei due test ci annunciavano che lei era con noi” affermo, ritornando per un attimo con la mente a quel giorno “Ma oggi.. oggi non mi sento lucido, come se stessi vivendo un’esperienza extracorporea”
“Anche io” sussurra, accennando un sorriso “Io.. la guardo, la tocco, e non mi sembra vero. Fino a qualche ora fa era dentro di me e adesso è qui, davanti ai nostri occhi, tra le nostre braccia.. È qualcosa che non.. non riesco a spiegare..”
Vedo i suoi occhi riempirsi nuovamente di lacrime e mi allungo per baciarla.
“Vi amo da impazzire” sussurra, lasciando un bacio sulla guancia di Allie.
“Anch’io piccola”
Cullo ancora un po’ la mia principessa e poi la adagio tra le braccia di mia moglie, già pronta per allattarla. I primi approcci non sono dei migliori, perché Allie sembra non gradire molto il seno della sua mamma e si stacca spesso.
“Non ricordavo fosse così faticoso” Ana rilascia un sospiro “Con Teddy e Phoebe fu tutto un po’ più liscio”
“Forse perché con loro la montata lattea arrivò subito” azzardo.
Sbuffa. “Sì, probabilmente è così. Lei si arrabbia perché si affatica per ciucciare ma non ottiene nulla” poi si rivolge direttamente a nostra figlia “Vero, amore della mamma?”
Mi alzo e me ne sto in piedi accanto al letto, chinandomi per baciarle una tempia e le accarezzo i capelli. “Dai amore, non devi scoraggiarti. Hai sentito l’infermiera, no? È tutto normale. E ha detto anche che devi attaccarla quanto più possibile, perché più aumenta la suzione, più aumenta la produzione di latte”
Anastasia solleva il viso verso di me e mi sorride, poi torna a concentrarsi su Allison, mentre io di nascosto scatto qualche fotografia.
Dopo diversi minuti sentiamo un leggero bussare alla porta. Rivolgo ad Ana un’occhiata interrogativa, come a chiederle il permesso di aprire. Lei annuisce, tenendo con una mano la bambina e sistemandosi il reggiseno con l’altra.
“Vai, tanto per ora non voglio farla innervosire ancora, ci riproviamo più tardi”
Mi dirigo alla porta, apro uno spiraglio e vedo spuntare la chioma bruna di mia sorella.
“Posso entrare? O Ana sta riposando?”
Sorrido, aprendo di più la porta. “Certo che puoi”
Mia entra in camera e si porta una mano alla bocca, emozionata, non appena nota il fagottino rosa tra le braccia di Ana.
“Scusate se faccio irruzione a quest’ora, ma poco fa ho sentito la mamma e mi ha detto che a breve avrebbero riportato la piccolina. Non ho resistito!”
“E cos’aspetti a venire a vederla?” la incita Ana.
“Vado a lavare prima le mani”
Mia posa cappotto e borsa sulla poltroncina e si fionda in bagno; quando esce, si avvicina al letto di Anastasia e le dà un bacio sulla guancia.
“Come ti senti?”
“Meglio, ancora un po’ indolenzita, stanca, ma tutto sommato bene”
“E questa meraviglia?” sfiora delicatamente la manina di mia figlia “Ciao, amore della zia. Sai che sei uno spettacolo? E sai che io sono già pazza di te?”
E non sa ancora del secondo nome di Allie!
“Ehm.. Mia? Penso che tu debba vedere qualcosa” scambio uno sguardo d’intesa con mia moglie, che mi capisce al volo e sorride.
“Cosa?” chiede perplessa mia sorella.
Con un cenno del capo le indico la targhetta rosa sulla culla, e lei si appresta a leggere. Dopo appena due secondi la vediamo sgranare gli occhi, incredula.
“Allison Mia Grey” sussurra, scandendo ogni parola.
Solleva lo sguardo verso di noi, gli occhi lucidi. “Questo è.. io non.. voi.. cioè, voi avete dato il mio nome a vostra figlia?” farfuglia, e in questo momento ha la stessa espressione tenera di quando era piccola.
Mi avvicino a lei e le poso un braccio sulle spalle. “Sì, perché tu sei la sua madrina, e sei una delle persone più importanti della nostra vita”
Lei mi abbraccia di slancio, quasi singhiozzando, poi si stacca da me e, asciugandosi gli occhi, raggiunge Ana. La abbraccia e le mormora qualcosa all’orecchio.
“Dai zia, ti andrebbe di prendere in braccio la tua nipotina?” propone Ana.
“Non desidero altro” risponde euforica Mia, sollevando delicatamente Allie dalle braccia della sua mamma.
“Ciao, splendore” dice, con la voce tenera.
Il mio cuore ha un sussulto d’emozione nel vedere mia sorella con in braccio mia figlia.
“Dio, somiglia così tanto a Phoebe appena nata” osserva Mia.
“Infatti entrambe sono uguali ad Ana” aggiungo, e mia moglie non nasconde la sua gongolante soddisfazione.
Mia sorella si accomoda sulla sedia accanto al letto di Anastasia e coccola la sua figlioccia, mentre mia moglie le racconta le varie dinamiche del parto e post-parto.
Ad un tratto sento il cellulare vibrare nella tasca dei miei jeans; lascio le donne alle loro chiacchiere ed esco in corridoio per rispondere: vedo scorrere sullo schermo il numero di mia madre.
“Mamma?”
“Tesoro, come va lì? Tutto bene?”
“Sì, ci hanno portato la bambina, adesso è con Ana, c’è anche Mia. Tu sei a casa nostra?”
“Sì, e a proposito di questo, ti ho chiamato perché Teddy e Phoebe stanno facendo un po’ di capricci”
“In che senso?”
“Quando tuo padre ed io siamo andati a prenderli a casa di Elliot e Kate, loro si aspettavano di trovarti qui, e ci sono rimasti molto male..”
Sospiro, passandomi una mano sul viso. Amori miei, mi mancano così tanto.
“Passameli”
“Non vogliono parlare al telefono. Si rifiutano di mettere il pigiama e di andare a letto..”
“Hanno almeno mangiato?”
“Per fortuna sì, a casa di Elliot. Ma adesso piangono e non vogliono fare nulla senza di te..”
Sospiro ancora, frustrato. Vorrei andare da loro, e allo stesso tempo vorrei restare qui con Anastasia. Che diavolo devo fare?
“Mamma io non.. non so cosa fare. Non voglio lasciare Ana da sola”
“Posso tornare io, o Carla”
“No, vorrei restare io”
“E come facciamo con i bambini? Io non me la sento di insistere, perché in fondo hanno ragione. Non vedono la loro mamma da questa mattina, te da qualche giorno, e in più oggi anche la loro vita è cambiata. È normale che siano nervosi”
“Dammi cinque minuti per organizzarmi, okei? Cerca di calmarli in qualche modo”
Questa volta è lei a sospirare. “Va bene. A dopo”
Attacco e mi appoggio con la schiena ad una delle finestre del corridoio, sbuffando. Non so cosa fare, voglio restare accanto a mia moglie e alla nostra bambina appena nata, e allo stesso tempo mi mancano da impazzire Teddy e Phoebe. Mia madre ha ragione: è normale che siano nervosi, è stata una giornata particolare anche per loro. Già stare senza la loro mamma è dura, se non vedono neanche me, è il minimo che comincino a sclerare. Vorrei non dire niente ad Anastasia, so quanto sia in pensiero per i nostri figli, nonostante sappia che sono in ottime mani, ma purtroppo mi conosce troppo bene e so che mi farà il terzo grado non appena rientrerò in camera.
E infatti...
“Chi era? Perché hai quella faccia?”
“Era mia madre. Dice che Teddy e Phoebe piangono e fanno i capricci, reclamando la mia presenza..”
“E cos’aspetti a tornare a casa?” mi rimprovera mia moglie.
“Vorrei restare qui, con te”
“I nostri figli sono più importanti di tutto” afferma, e scorgo un’ombra farsi strada nei suoi occhi “Mi mancano tantissimo” sussurra poi, con la voce incrinata.
“In fondo c’è da capirli, è tutto il giorno che non vedono nessuno dei due” osserva mia sorella, accostando la guancia alla morbida testa di Allie.
Mi avvicino ad Ana e le prendo il viso tra le mani, scoprendo i suoi occhi pieni di lacrime. “Hey, va tutto bene. Sono piccoli, è normale che siano nervosi e facciano i capricci”
“Ti prego, Christian, fallo per me: se mi ami, se vuoi rendermi felice, va’ da loro. Io non.. non posso essere serena se i miei figli non lo sono”
Sospiro. “Non voglio lasciarti sola”
“Ma ci sono io qui, tranquillo” interviene Mia.
Mi volto verso di lei “Tu hai due bambini di un anno e mezzo, ricordi?”
“Ma non c’è alcuna necessità che resti qualcuno con me. Per la notte Allie torna al nido, io riesco tranquillamente ad alzarmi per andare in bagno, e se dovessi aver bisogno di qualcosa, mi basta chiamare un’ostetrica o un’infermiera”
“Facciamo così: Christian torna a casa dai bambini, io resto qui fino a quando non riportano la piccola al nido. Tanto Elliot e Chris hanno già mangiato e fatto il bagnetto, Ethan deve solo metterli a letto..”
Anastasia mi rivolge un sorriso rassicurante e uno sguardo da cucciola, così non mi resta altro da fare che salutare lei, coccolare la mia principessa e correre alla macchina; guido io perché vorrei che Sawyer, che ha dato il cambio a Taylor un paio d’ore fa, restasse in ospedale: la sua presenza è rassicurante per Ana e per me.
Il tragitto verso casa sembra durare un’eternità, probabilmente a causa della stanchezza. Ma, non appena faccio il mio ingresso in salone, gli abbracci dei miei bambini mi fanno subito sentire rigenerato. Teddy e Phoebe si aggrappano al mio maglione ed io li stringo forte, senza lasciarli andare neanche quando cado all’indietro con il sedere sul pavimento. Solo adesso mi rendo conto di quanto avessi bisogno di questo abbraccio, di questo calore, di questo profumo. La nostra vita oggi è cambiata, è cambiata in meglio, e mi sto accorgendo che, in qualche modo, è cambiato anche il mio amore verso di loro: lo sento ancora più forte, ancora più totalizzante, ancora più in grado di spaccarmi il cuore.
“Allora, come state?” domando, sedendomi sul divano con loro sulle gambe.
“Bene” rispondono in coro, asciugandosi le guance umide di lacrime.
“Ohi, e cosa sono queste lacrime?”
“Volevo papi” mormora Phoebe, accoccolandosi a me, con una tenerezza che mi fa tremare le gambe.
Teddy la imita. “Anche io”
Li stringo più forte. “Oh, amori miei, avete ragione. Adesso sono qui, e voglio vedere solo sorrisi”
Loro mi accontentano subito, mostrandomi i loro sorrisi più belli.
“Allora, siete felici che sia arrivata la sorellina??”
Annuiscono, e i loro sorrisi si allargano ancora di più.
“Perché è in ospedale??” domanda curioso Teddy.
“Perché i bimbi appena nati sono piccoli piccoli e i dottori devono controllare se stanno bene. Ma sarà solo per pochi giorni, promesso. Poi Allie e la mamma torneranno a casa”
“E noi possiamo andare?”
“Certo, domani mattina andremo in ospedale così finalmente conoscerete la vostra sorellina. Siete contenti??”
“Io ho fatto tanti disegni!” esclama Phoebe, facendomi ridere.
“Brava principessa” le do un bacio sulla fronte.
Pondero per un attimo l’ipotesi di mostrare loro qualche foto di Allison, così che possano iniziare ad abituarsi all’idea di un esserino in carne ed ossa, ma poi ci ripenso, perché credo che nulla potrà eguagliare l’emozione di assistere al loro primo vero incontro, e voglio che sia tutto una sorpresa, senza anticipazioni.
Dopo aver quasi obbligato mia madre ad andare a casa e Carla a riposare un po’, e dopo aver mandato un messaggio vocale di gruppo ad Anastasia per rassicurarla sul fatto che i bambini sono più calmi e sereni, riesco a convincerli a fare una doccia e indossare i pigiami.
“Papi, visto che non c’è la mamma, possiamo dormire nel lettone?” chiede Teddy.
Li fisso entrambi, fingendo di rifletterci, e loro mi propinano gli occhioni dolci e il labbruccio a cui davvero non so resistere. Così li prendo in braccio contemporaneamente e li lancio sul letto. Per diversi minuti ci perdiamo in una battaglia di solletico e cuscinate, e il suono delle loro risate è qualcosa che mi rigenera l’anima. Quando li vedo abbastanza stanchi, li faccio mettere sotto le coperte e mi preparo per raccontare loro una favola.
“Vieni qui papà” Phoebe mi invita a distendermi in mezzo a loro, e non posso (né voglio) fare a meno di accontentarla.
Sfilo le scarpe, scosto le coperte e prendo posto al centro del letto, con un libro in mano e i miei figli che si accoccolano al mio petto. Questa sera ho scelto un libro di fiabe natalizie, per dare il giusto benvenuto al mese di dicembre: Teddy e Phoebe sono affascinati e di tanto in tanto commentano e fanno domande, fino a quando non vengono rapiti dalle braccia di Morfeo.
Io li osservo incantato e accarezzo loro i capelli. I miei bimbi spettacolari. A volte fanno e dicono cose che li fanno sembrare grandi, maturi, ma in fondo sono così piccoli, e forse ai miei occhi lo saranno per sempre. Oggi sono diventati fratelli maggiori, ed io spero tanto che sappiano amare Allie esattamente nello stesso modo in cui si amano tra loro, che sappiano proteggerla e sappiano essere per lei un esempio. Allison ancora non lo sa, ma è una bimba molto molto fortunata...
Due vibrazioni consecutive mi ridestano improvvisamente dal sonno in cui ero sprofondato. Strofino gli occhi e metto a fuoco la stanza intorno a me, illuminata solo dal bagliore dell’abat-jour sul comodino: Phoebe è ancora accoccolata al mio braccio, mentre Teddy è rotolato sul fianco e mi dà la schiena. Con il braccio libero, estraggo il cellulare dalla tasca dei jeans e trovo due messaggi di Ana, anzi, per l’esattezza due foto: la prima ritrae Allie con la bocca attaccata al seno della sua mamma e reca la scritta “Piccoli progressi”, la seconda è un selfie di Anastasia con i capelli legati alla meglio e un finto broncio, e reca la scritta “Piccoli mostri”.
Scuoto la testa, divertito, e invio in risposta una foto di Teddy e Phoebe che dormono. Lei mi risponde a sua volta con una sfilza di cuoricini. Riguardo nuovamente la foto di Allie e mi chiedo ancora una volta com’è possibile che questo spettacolo sia nato per metà proprio da me. Cavolo, non la vedo da meno di tre ore e già mi manca tantissimo, insieme alla sua mamma ovviamente; non riesco a tollerare l’idea che questa notte Ana stia senza di me.
Controllo l’ora: manca poco alla mezzanotte. Poi sposto lo sguardo sui miei bambini: dormono come angioletti, e, considerando quanto fossero stanchi, dubito si sveglieranno durante la notte. Così mi alzo, mi do una rinfrescata, rimbocco loro le coperte e scendo in cucina; mangio al volo un po’ di frutta e un paio di merendine (ogni tanto bisogna pur mandare a quel paese l’alimentazione corretta) e, dopo aver avvisato Carla, esco e mi metto in macchina.
 

POV ANASTASIA

“Piccola diavoletta, non è che per caso mi stai prendendo in giro?” dico, rivolta a mia figlia, che è attaccata da un quarto d’ora al mio seno, ma sembra più intenzionata a dormire che a sfamarsi.
Mia, seduta sul bordo del mio letto, mi osserva e ride.
“Lo trovi divertente? Io mi illudo che stia iniziando a mangiare, e lei invece dopo due minuti si addormenta”
Lei solleva le spalle “Sarà stanca” sorride, posando lo sguardo sulla sua nipotina, e poi si lascia sfuggire uno sbadiglio.
“Anche tu sei stanca” affermo “Perché non vai a casa?”
“Voglio restare qui con te”
“Ma io sto bene, riesco a fare tutto, seppur piano piano. E poi qui ci sono tante infermiere e ostetriche che possono darmi una mano, se dovessi aver bisogno di qualcosa”
“Davvero Ana non..”
“Lo so che hai promesso a Christian di restare qui, e so che ti dispiace lasciarmi sola. Ma a me dispiace farti restare qui e sapere che a casa hai un marito e due bimbi che ti aspettano”
Mia sospira, e per diversi secondi si perde a riflettere. Non so in che modo convincerla del fatto che non ho bisogno che qualcuno resti con me.
“Facciamo così: adesso mettiamo Allie nella culla, che tanto non vuole saperne di svegliarsi, tu badi a lei mentre io vado in bagno a cambiarmi, poi io mi rimetto a letto e tu smammi via da qui. Chiaro?”
Mia scoppia a ridere e alza le mani in segno di resa; dopodichè prende la piccola dalle mie braccia per adagiarla nella culla e poi mi aiuta ad alzarmi. Prendo dalla valigia un cambio intimo, una camicia da notte pulita e il beauty-case e mi dirigo in bagno, lasciando la porta socchiusa in caso dovessi aver bisogno d’aiuto.
Tralasciando il mio viso pallido, le occhiaie, i capelli arruffati e un dolore latente al basso ventre, eseguo tutte le operazioni di routine, seppur con molta più lentezza rispetto al solito, poi spazzolo i capelli e torno in camera.
Dopo altri cinque minuti di persuasione, riesco a convincere Mia a tornare a casa. La mia principessina dorme beata, così io ne approfitto per sedermi sulla poltroncina e riprendo in mano il cellulare, che ho utilizzato poco fa per inviare un paio di foto a Christian e ascoltare i messaggi dei miei bambini. La notizia della nascita del terzo erede del grande Christian Grey ha già fatto il giro dei tabloid e dei siti di gossip e i messaggi di auguri che ho ricevuto sono davvero tanti; inizio a rispondere a quante più persone possibile, fino a quando sento Allie lamentarsi.
Lentamente mi alzo e mi avvicino alla culla; accarezzo il viso della mia bambina e quel modo in cui si tranquillizza semplicemente rassicurata dalla mia presenza mi fa venire il batticuore.
La guardo per diversi istanti e mi rendo conto che sento proprio l’esigenza fisica e mentale di tenerla stretta a me, di sentire il suo calore a contatto con la mia pelle. Così scosto la sua copertina e la prendo in braccio; torno a sedermi sulla poltroncina e tengo la mia stellina accoccolata contro il mio petto, sbottonando i primi bottoni della camicia da notte così che il suo visino possa essere a diretto contatto con la mia pelle.
È magica ed indescrivibile la sensazione del suo corpicino contro il mio, del suo profumo che mi investe i polmoni, del tocco di quella manina minuscola appoggiata al mio seno. Ho bisogno di stringerla, di tornare un’unica cosa con lei, com’eravamo fino a poche ore fa; ho bisogno di rendermi conto che lei è nata, che tutte quelle settimane trascorse a sentirla muovere, ad immaginarla, ad ascoltare il suo cuore ad ogni ecografia, sono finite, ed è appena cominciata la nostra vita insieme.
“Amore della mamma, sapessi quanto ti abbiamo aspettata” sussurro, accostando la guancia alla sua fronte “Sei arrivata all’improvviso, come tutte le cose speciali, magiche ed imprevedibili. Sei arrivata in un momento difficile, per ricordare a me e al tuo papà che non c’è nulla di più importante di noi, della nostra famiglia e del nostro amore..” mi interrompo, avvertendo un impercettibile cigolio. Mi volto verso la porta e vedo stagliarsi la figura imponente e bellissima di mio marito.
“Cosa ci fai qui?” domando, con gli occhi sgranati.
Lui entra in camera, sorridendo, e si chiude la porta alle spalle. Mi raggiunge e mi bacia, chinandosi poi davanti a me.
“Non ce la facevo a stare lontano da voi, mi mancavate troppo. Ma sta’ tranquilla, Teddy e Phoebe dormono ronfanti e beati nel nostro lettone, sono letteralmente crollati”
Mi accarezza una guancia, ed io inclino il viso verso la sua mano. “Da quanto tempo eri lì?”
“Qualche minuto. Stavo per entrare ma poi.. poi vi ho viste, ti ho sentita parlare e sono rimasto incantato”
Sorrido e mi allungo verso di lui per baciarlo. Dio, quanto lo amo.
“La principessa ha mangiato?”
Sbuffo. “Sinceramente non lo so; quando la attacco al seno, ciuccia per un po’ e poi si addormenta”
Christian ridacchia. “Credo sia normale, domani parleremo con un’infermiera del nido e chiederemo qualche consiglio” mi rassicura.
“La vuoi un po’?” chiedo, notando lo sguardo bramoso e innamorato che rivolge a nostra figlia.
Mi fa segno di aspettare, va in bagno a lavare le mani e poi torna in camera, prendendo posto sul bracciolo della mia poltroncina. Gli passo la nostra bambina, e lui la guarda come se fosse la cosa più bella del mondo; quel luccichio nei suoi occhi mi fa innamorare di lui ancora una volta.
Mi accoccolo con la testa contro il suo fianco, e lui mi accarezza i capelli con la mano sinistra, mentre con la destra regge nostra figlia, che sembra così piccola tra le sue braccia. E il mio uomo è così dolce da far venire una crisi iperglicemica al mio povero cuore: la coccola, le parla, la bacia e la accarezza come fosse il più prezioso degli scrigni del mare, il più delicato dei diamanti.
Adesso che lui è qui mi rendo conto di quanto avessimo bisogno di questo momento, di stare per un po’ solo noi tre, uniti in un unico corpo, a rivivere le emozioni di oggi e immaginare quelle di domani.
“Hai ragione tu, sai?” mormora ad un tratto mio marito “Non c’è nulla di più importante di noi, della nostra famiglia e del nostro amore”


 
Angolo me.
Buonasera mie meravigliose ragazze.
Quando scrivo un capitolo importante non so mai bene cosa dire.
Allora, partiamo, come al solito, dalle mie consuete scuse per la grande attesa. So bene che aspettavate con ansia questo capitolo e credetemi quando vi dico che anche io attendevo con ansia di scriverlo e farvelo leggere. Ormai sapete benissimo che manca sempre meno alla laurea e i corsi e il tirocinio sono terminati appena una settimana fa, lasciando posto allo studio per gli esami della sessione estiva. Le ultime settimane sono state un po’ complesse, perché mi sento molto stanca e faccio fatica anche ad adempiere ai miei doveri universitari, per questo a volte, pur avendo magari qualche sprazzo di tempo libero, alla fine mi ritrovo spiaggiata sul letto o sul divano.
Anche le aule universitarie e le stazioni della metropolitana mi hanno vista scrivere, e finalmente il nuovo capitolo è arrivato.
È stato un capitolo bellissimo da scrivere e complesso allo stesso tempo, perché quando devo trattare eventi così importanti mi sento ancor più sotto pressione. A questo proposito, ci tenevo a fare una piccola precisazione: nella mia storia, il momento del parto sia di Teddy che di Phoebe è stato narrato dal punto di vista di Christian; questo è stato il primo parto che ho raccontato dal punto di vista di Anastasia e ho cercato con tutta me stessa di immedesimarmi nella situazione. Nella mia esperienza di tirocinio ho assistito a vari parti, ma vivere un evento del genere dall’esterno è cosa ben diversa dal viverlo in prima persona, da mamma. Io non sono ancora mamma per cui non ho mai vissuto un’emozione del genere sulla mia pelle, per cui spero di essere riuscita a trasmettervi delle emozioni pur non avendole mai vissute in prima persona.
Christian è riuscito ad esserci senza dover ricorrere al teletrasporto; ma ormai mi conoscete e sapete che non avrei mai potuto concepire che mancasse alla nascita della sua bambina.
Nel prossimo capitolo assisteremo al primo incontro di Teddy e Phoebe con la loro sorellina. Non l’ho inserito in questo perché devo pensare e costruire per bene la scena nella mia mente, e non volevo farvi aspettare ancora.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e sono più impaziente del solito di conoscere le vostre opinioni. Le vostre parole, i vostri complimenti sono sempre per me l’incentivo più grande a fare meglio.
Vi anticipo già da ora che il prossimo capitolo non arriverà prima di un mese e mezzo, perché sono immersa nella sessione estiva e devo dare priorità assoluta allo studio e agli esami.
Vi mando un enorme abbraccio e vi ringrazio ancora immensamente per la vostra presenza e la vostra pazienza. Vi adoro.
A presto.
Mery.
 
 
 

 
   
 
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