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Autore: criceto killer    16/06/2019    0 recensioni
Al principe Death non piaceva essere in balia di altre persone, odiava sentirsi debole e vulnerabile, odiava la presenza di suo padre, odiava il suo nome e persino sè stesso.
Sono più di 10 anni che non mette piede fuori dal castello.
Nelle favole, le principesse vengono rinchiuse per proteggerle da qualcosa di oscuro o semplicemente dal mondo esterno, ma per Death è diverso.
È il mondo esterno che deve essere protetto da lui.
Nessuno gli ha mai insegnato ad amare o a sorridere.
Il suo mondo è costruito con odio e rabbia.
Genere: Fantasy, Guerra, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Storico, Sovrannaturale
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A Connor scappò un sorriso quando vide Death comparire nel suo campo visivo, lo aveva pensato così assiduamente che ora aveva persino le allucinazioni.

Death aveva seguito tutta la scena, aveva visto il ragazzino allontanarsi nel bosco e dalla finestra aveva visto la compagnia di mercanti andare verso la sua stessa direzione, non aveva perso un secondo di più, niente e nessuno avrebbe fatto del male a Connor in sua presenza.

Si catapultò giù dalle scale, correndo come un forsennato, spingendo persone a destra e creando scompiglio a sinistra, gli ci volle un grande sforzo mentale per rimanere lucido, era tutto così simile ai suoi incubi, e se anche in quell'occasione non fosse riuscito a salvare Connor?

No, era escluso, non voleva nemmeno pensarci, era stato stupido ad arrabbiarsi con lui, con l'unica persona che si era mostrata gentile, Connor, infondo, voleva capire semplicemente qualcosa in più di lui, e dopo aver baciato Jake e averglielo tenuto nascosto, averlo colpito con un pungo e gridato contro, almeno una risposta alle mille domande che doveva avere per la testa gliela doveva.

Quando spalancò i portoni venne accecato dal Sole, nessuna guardia osava fermarlo, in volto aveva dipinta un'espressione per cui nemmeno il più valoroso dei guerrieri avrebbe osato avvicinarsi. 

Attraversò con uno scatto il giardino e corse per il bosco a perdi fiato, inciampando nelle radici e rialzandosi subito dopo, graffiandosi il viso e le braccia con le spine della fitta vegetazione senza farci caso, se fosse arrivato troppo tardi non se lo sarebbe mai perdonato.

Nell'udire gli schiamazzi e le risa di alcuni uomini affrettò ancor di più il passo quasi come se non volesse neppure lasciare il tempo ai propri piedi di appoggiarsi al terreno.

La scena che gli si parò davanti tuttavia, gli fece perdere ogni ragione rimasta.

Quei balordi già stavano stabilendo il prezzo a cui avrebbero venduto il suo Connor.

Con un grido di frustrazione alzò entrambe le braccia, gli uomini fecero a malapena in tempo a voltarsi verso di lui che del ghiaccio si materializzò dal nulla ancorando a tutti quanti entrambi i piedi al terreno, il ghiaccio continuò a salire, le orecchie di Death non riuscivano a sentire le suppliche di quei uomini, la sua testa era completamente otturata dalla rabbia.

-DEATH!- 

Il ragazzo si voltò di scatto e il ghiaccio fermò la sua corsa appena sotto la gola degli uomini.

Connor, ormai, aveva capito che quello non si trattava di un sogno e non voleva che Death si sporcasse le mani a causa sua, solo per il fatto che fosse uscito dal castello sarebbe stato severamente punito eppure il suo petto si era riempito di una strana sensazione di sollievo.

Il Principe si avvicinò a lui lentamente, quasi come se non volesse spaventarlo.

-Va tutto bene, ti riporto al castello, il dottor Van De Meer saprà cosa fare-

Gli accarezzò i capelli con dolcezza liberandolo da quelle catene e corde che lo tenevano bloccato come un animale da macello.

Ancora non capiva perché lo avesse fermato, per averlo trattato a quel modo quegli uomini, se si può definirli tali, meritavano molto peggio.

Decise di non pensarci, la sua priorità ora era riportare Connor il più velocemente possibile al castello per assicurargli delle cure tempestive, se lo caricò in spalla e si avviò per il sentiero di ritorno.



Axel aveva appena finito di cenare nella sala mensa dedicata al corpo speciale dell'esercito. 

Aveva da sempre dato il massimo per potervi entrare, aveva un disperato bisogno di capire chi fosse, di avere delle conferme su chi fosse sua madre, suo padre, di ricominciare dopo una vita da orfano, una vita passata a mendicare e rubare cibo per sopravvivere, a raffare vecchie sudice coperte che persino la gente comune non osava più usare per tenersi al caldo d'inverno. 

Lì, al castello, aveva due pasti assicurati al giorno, un tetto che riparava dal vento e dalla pioggia, una brandina su cui dormire, vestiti sempre puliti, nessuno osava fargli troppo male, quell'occasione capitatogli ai confini Ovest era stato un vero colpo di fortuna.

Con quei pensieri camminò per i corridoi sotto le note delicate di un piano, non aveva idea di chi fosse a suonarlo ma sapeva che su quella melodia avrebbe tanto voluto ballarci.

Mentre quel pensiero gli rimbalzava nella testa passò davanti la palestra in cui si svolgevano gli esercizi, ora del tutto vuota.

Lì la musica subiva la distorsione di un eco che rendeva il suono così particolare, non muoversi era impossibile, chiuse gli occhi alzandosi sulle punte come aveva visto fare almeno un centinaio di volte alle ballerine di corte, ad Axel piaceva danzare, non aveva idea del livello delle sue capacità ma gli piaceva pensare di potersi muovere come quelle ragazze, con la stessa grazia, la stessa eleganza, la stessa flessibilità. 

Stava ballando già da un po' quando dietro di sé udì dei passi.

Axel si voltò di scatto trovandosi di fronte a Dylan, il quale era bloccato in un'espressione di stupore.

-I-io..- balbettò cercando di trovare una scusa plausibile. 

-Dove dormi la notte? In dormitorio con gli altri?-Axel annuì deglutendo non riuscendo più a muovere un muscolo.

Dylan alzò gli occhi al cielo, conosceva la vita da soldato meglio di chiunque altro.

-Dormi nella mia stanza, quelli la sera fanno sempre casino, non dormirai granché bene-

Il ragazzino rimase a bocca aperta davanti quella proposta, in effetti la vita con gli altri soldati non era facile eppure non sapeva se accettare fosse la cosa giusta.

-Beh non sei costretta- 

Dylan alzò le spalle incamminandosi verso la proprio stanza, gli si raggelò il sangue a scoprirsi felice nel sentire dei passi più leggeri dietro ai suoi.

Entrò nella propria stanza lasciando la porta aperta, per certi versi gli sembrava di avere a che fare con un cucciolo randagio.

-è gigantesca! Tu dormi davvero qui?- 

Axel non faceva altro che guardarsi attorno a bocca aperta, non aveva mai avuto nulla nella vita mentre quel ragazzo aveva una stanza grande un quarto dell'intera camerata di dormitorio tutta per sé.

-Si-Sotto il suo sguardo Axel si sedette sul letto come a volerne testare la morbidezza.

-Com'è essere il figlio del Generale?-

Dylan fissò il proprio sguardo nei suoi occhi, non voleva perdersi la sua reazione.

-Com'è essere l'unica femmina?-

Axel sgranò gli occhi avventandosi su di lui per tappargli la bocca.

Come lo aveva capito? 

Eppure era stata attenta, aveva cambiato modo di parlare, di camminare, l'atteggiamento, persino il tono di voce, si era bendata il seno così stretto da nasconderlo totalmente sotto i vestiti troppo larghi che le venivano forniti. 

-Mi farai sbattere fuori?- 

Dylan la guardò alzando un sopracciglio per poi toglierle piano la mano dalla propria bocca.

-Dovrei-

-Per favore, non farlo, questo posto mi serve!-

-Fare il soldato è difficile per una ragazza-

-Ho passato tutti i test! Mi sono arruolata da poco e faccio i tuoi stessi turni! Dammi una possibilità , la merito, farò ciò che vuoi, faccio amicizia con tutti e farò anche il bagno con tutti gli altri, cioè no, questo non posso farlo ma..-

Dylan sorrise prendendole il viso con una mano.

-Non lo dirò a nessuno, sarà il nostro piccolo segreto-
  
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