Serie TV > Riverdale
Ricorda la storia  |      
Autore: Joy2000    18/06/2019    3 recensioni
Ultimi due episodi della seconda stagione.
Incentrato sul pestaggio di Jughead.
Dal brano:
*Provò a chiamarmi, a svegliarmi, ma io non rispondevo. Avevo un respiro flebile. Non avevo abbastanza vita per parlargli. Eppure avrei voluto rassicurarlo. Avrei voluto stringerlo e dirgli che ci avevo provato a salvare la nostra famiglia, ma che avevo fallito.*
Genere: Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
NDA: questa nota è necessaria al fine di capire la storia. Ho immaginato che l'anima di Jughead si sta casse dal suo corpo, in modo che fosse lui a narrare la storia, come nella serie TV. Buona idea, no?                                                            
P. S. Scusate il format ma non mi prende l'html avendolo caricato dal cellulare. 

Something about riverdale Mi vidi accerchiato. Avevo paura ma cercavo di non darlo a vedere perché infondo ero un serpent e i serpents non hanno paura. Almeno non lo mostrano. Eppure dentro tremavo come una foglia. Temevo di non poter più rivedere mio padre, Archie, Betty…. Quei suoi occhi azzurri, grandi, curiosi e puri. Non volevo abbandonarli. Eppure ero consapevole del mio sacrificio ai Goolis, almeno di quello che mi era stato promesso. Cambiò tutto non appena Penny si rimangió la promessa. Mi montò una rabbia tale da farmi ribollire il sangue nelle vene. Ciò che avevo fatto era inutile. Io ero inutile. Mi avvicinai a lei guardando in cagnesco quella sua espressione soddisfatta. Poi uno della sua nuova gang mi provocò e allora non ci vidi più. Lo colpii. Un gancio destro dritto in faccia. Il poverino cadde a terra con la bocca sanguinante. I suoi amici mi guardavano esterrefatti, ma solo per qualche minuto,giusto il tempo affinché penny desse ordine di farmi fuori. Fui attaccato da almeno una dozzina di ragazzi che mi colpiva ripetutamente in ogni parte del mio corpo. Ma non sentivo dolore, sentivo solo una grande rabbia perché ero impotente. Provai a difendermi ma erano troppi e all'ennesimo pugno in faccia rimasi a terra stremato. Loro ne approfittarono per calciarmi alla pancia, alla schiena, alle costole. Cercai di proteggermi la testa fino a che non la sentii pesante e dolorante. Provai a chiudere gli occhi. Mi svegliai dopo poco vedendo il mio corpo a terra, sanguinante e distrutto. Ormai i Goolis erano andati via. Sentii dei passi, frettolosi e poi.. La voce di mio padre. Provai a chiamarlo, provai a gridare il suo nome perché avevo un disperato bisogno di vederlo, di abbracciarlo, ma ero come senza voce e quando fu di fronte a me non poté neanche vedermi. Vide solo il mio corpo martoriato. Provò a chiamarmi, a svegliarmi, ma io non rispondevo. Avevo un respiro flebile. Non avevo abbastanza vita per parlargli. Eppure avrei voluto rassicurarlo. Avrei voluto stringerlo e dirgli che ci avevo provato a salvare la nostra famiglia, ma che avevo fallito. Papà continuava a chiamarmi con le lacrime agli occhi fino a che non mi prese in braccio con estrema delicatezza e amore, come quando da piccolo mi addormentavo sul divano e lui mi prendeva piano per non svegliarmi e per riportarmi a letto. Lo seguii. Il suo passo era veloce, ma delicato. Quando uscimmo dal bosco c'erano Archie e Betty ad aspettarlo. La mia ragazza cominciò a piangere. Mi si frantumó il cuore vedendo quelle lacrime che le rigavano il suo viso tenero e innocente. Non ero lì a consolarla, a rassicurarla. Archie la strinse a sé ripetendo le che tutto si sarebbe sistemato. Ma io sinceramente non ne ero sicuro.   Quando l'ambulanza ci portò in ospedale fui ricoverato d'urgenza. Non entrai nella sala operatoria, ma rimasi ad aspettare fuori con mio padre anche se non poteva vedermi. Era preoccupato. Piangeva e stringeva i pugni. Prendeva a calci il muro per poi sprofondare a terra con la testa nascosta tra le mani. I ragazzi invece erano dietro le porte della sala operatoria. Betty, coraggiosa come sempre cercava di sbirciare. Sentivo la sua speranza, il suo calore che  raggiungeva  il mio corpo sotto i ferri. Anche lei piangeva, ma cercava di essere forte… Per sé stessa, per mio padre, per Archie e perfino per me. Ero fortunato ad avere una ragazza come lei. Era intraprendente, misteriosa, brillante. Era sbocciata come un fiore che dal più piccolo e insignificante seme, nasce in tutti i suoi colori e in tutto il suo profumo. Era fiera di essere sé stessa, dopo che col tempo aveva imparato ad accettarsi. Ed era proprio questo che amavo di lei: la sua sicurezza. Era il mio punto di riferimento.  Archie invece, fissava il vuoto con gli occhi fissi sulla macchinetta del caffè. Vedevo i pensieri che gli scorrevano per le pupille. Erano pensieri violenti, di vendetta, di armi, di botte. Archi era cambiato molto da quando eravamo piccoli. Aveva sempre avuto il germe di 
proteggere gli altri anche a costo della sua vita, ma crescendo é diventato una scusa per passare alle mani. Aveva così tanto rancore e odio per non aver protetto suo padre da black hood che cercava in ogni altro nemico un modo per riparare a quello che credeva fosse un errore. Non riusciva a capire che non avrebbe potuto fare niente. Che in un momento del genere, quando un bastardo ti punta la pistola alla testa sei pietrificato dalla paura. Si sentiva colpevole per una situazione che sarebbe potuta finire peggio senza il suo aiuto. E noi, anzi io, non potevo far niente per fargli cambiare idea.   Dopo quasi 3 ore di attesa, nessuno uscì dalla sala operatoria. Così decisi di andare a controllare. Vidi il mio corpo fasciato un po' ovunque. Stavano cercando di cucire il mio braccio, ormai privo del tatuaggio dei serpents. Era una ferita profonda e perdeva molto sangue. Ad un certo punto, quando parve che i medici stessero tirando un sospiro di sollievo, la macchina collegata al mio cuore aumentò i bip per un breve momento per poi farci sentire un rumore continuo. L'elettrocardiogramma era piatto. Stavo morendo. Vedevo tutto sfocato intorno a me, non riuscivo più a distinguere cosa stessero facendo i medici, non riuscivo più a vedere il mio corpo. Vedevo solo tanta luce chiara e sentivo un fresco piacevole. Ma avevo paura perché non sapevo a cosa stavo andando incontro. Si sa che le novità spaventano. Provai a camminare verso la luce che pian piano si intensificava così come la sensazione di fresco. A quel punto decisi di accettare il mio destino e continuai a camminare e a camminare verso una meta che potevo solo immaginare. Camminavo senza stancarmi, senza sudare e senza perciò fermarmi. Ad un certo punto sentii un urlo straziato del mio nome. Era Betty, sapevo che era lei anche senza riuscire a vederla. Urlò ancora e ancora sempre più disperata. Al quarto urlo tutta la luce che mi circondava sparì. Mi ritrovai a precipitare in un vuoto cupo, scuro, nero, senza però gridare. Decisi di chiudere gli occhi. Non volevo neanche più capire cosa sarebbe accaduto.   Ad un certo punto aprii gli occhi. Mio padre era seduto sulla poltrona a fianco al mio letto con gli occhi socchiusi. Non provai neanche a chiamarlo, consapevole del fatto che non mi avrebbe sentito perché infondo ero un'anima vagante allo stato gassoso. Mi guardai intorno cercando di capire come fossi arrivato nella stanza precipitando in quel vuoto. Il mio corpo non lo vedevo, al contrario della stanza, piccola e di colore azzurro. Ad un certo punto sentii la voce di mio padre. Riusciva a vedermi, sentivo il suo tocco sulla mano. Solo in quel momento realizzai che ero ancora vivo. Gli sorrisi trattenendo le lacrime e lui mi strinse in quell'abbraccio che tanto avevo desiderato sin da quando era venuto a recuperarmi nel bosco.  Mi tranquillizzó accarezzandomi i capelli, mi spiegò cosa era successo nel frattempo: dopo una lotta tra i due clan purtroppo i serpents avevano perso il South Side. Ero triste e arrabbiato, ma mio padre mi spiegò quanto fossi stato coraggioso e quanto i Serpents fossero in pena per me. Quindi mi calmai. Poi papà alzò lo sguardo verso la porta della mia stanza. Sull'uscio, in silenzio e con gli occhi licidi c'era la mia dolcissima ragazza, che entrò a passo lento cercando di trattenere le lacrime. Le sorrisi incantato. Si sedette sul letto vicino a me e si accovacció sul mio petto, stringendo i forte. Mio padre tolse subito il disturbo. Alché Betty cominciò a singhiozzare. La strinsi a mia volta accarezzandole i capelli e dicendole che era tutto finito ormai e che stavo bene. Sembro contrariata e cominciò a contare le mie numerose bende. 'Non farmi più preoccupare così. Ho avuto paura di perderti' disse infine in un soffio guardandomi negli occhi. Le accarezza il viso liscio e morbido e la 
baciai con dolcezza assaporando il suo sapore di frappè alla fragola. 'Non mi perderai mai' dissi poi poggiandomi alla sua fronte. Rimanemmo abbracciati fino a che non cademmo in un sonno pesante e liberatorio.  
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Riverdale / Vai alla pagina dell'autore: Joy2000