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Autore: thewickedwitch    19/06/2019    1 recensioni
SwanQueen/ principalmente ambientata nella 7X2 ma ripercorre anche la 6
L’aria è calda, dove l’odore è acre.
A coprirti una giacca, troppo pesante per le miti temperature di quel regno a te ancora sconosciuto. Ma non ti è importato, nel calore ritrovato dell’abbraccio di tuo figlio, che lasciasti bambino e ritrovasti uomo, nella vuota sensazione di aver perso ancora una parte di lui.
Non ti importa ora, che caldi brividi ti percorrono la pelle, paura di perdersi nell’infinita solitudine della disperazione, consapevolezza e rassegnazione senza ritorno, più aguzza e gelida di schegge di ghiaccio.
Ora che senti freddo, ma non senti niente, e un sospiro rimane tutto ciò che dà voce al tuo sguardo, l’unico debole ruggito della tempesta che esso custodisce, gelosamente, mostrandone parte, rabbiosamente, in quel lieve desiderio di vendetta che forse non spegnerà neppure quel ghiaccio, perché anche lei, anche lei non sente niente.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Killian Jones/Capitan Uncino, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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//Salve a tutti.
Breve introspezione basata su questa canzone che mi ha sempre ricordato questo loro momento, l'addio della 7X2, con quella mancanza di parole che tenterò sempre di giustificare, ma più in generale i loro trascorsi dell'ultimo periodo prima della 7 (matrimonio e conseguenze).
Detto questo, spero vi piaccia. é stata scritta di getto e non è neanche troppo lunga ma... di sicuro a me ha fatto male (come fa sempreXD). La cosa che rincuora è sapere almeno che non finisce davvero così. 
Buona lettura e grazie a chiunque vorrà lasciare un pensiero (anche un insulto per la cattiveria XD) e anche a chi la leggerà solamente.
Ah, la canzone é 'So cold' di Ben Cocks per chi non la conoscesse. Eleonora //






Oh, you can’t hear me cry
See my dreams all die
From where you’re standing
On your own.
 
 
L’aria è calda, dove l’odore è acre.
A coprirti una giacca, troppo pesante per le miti temperature di quel regno a te ancora sconosciuto. Ma non ti è importato, nel calore ritrovato dell’abbraccio di tuo figlio, che lasciasti bambino e ritrovasti uomo, nella vuota sensazione di aver perso ancora una parte di lui.
Non ti importa ora, che caldi brividi ti percorrono la pelle, paura di perdersi nell’infinita solitudine della disperazione, consapevolezza e rassegnazione senza ritorno, più aguzza e gelida di schegge di ghiaccio.
Ora che senti freddo, ma non senti niente, e un sospiro rimane tutto ciò che dà voce al tuo sguardo, l’unico debole ruggito della tempesta che esso custodisce, gelosamente, mostrandone parte, rabbiosamente, in quel lieve desiderio di vendetta che forse non spegnerà neppure quel ghiaccio, perché anche lei, non sente niente.
Non può sentirti piangere, urlare dall’interno. Le parole non sono mai abbastanza, ed un tacito accordo ha stabilito che niente, è meglio di insufficiente, per voi due.
Così anche le parole si sono spente, trovando custodia in quelle già spese, restando immobili, sospese, nei tuoi sogni morenti. Sogni di notti folli, di un corpo che reclama ciò che la ragione non può ottenere, di un cuore che è rimasto sospeso ogni volta che li ha sentiti più vicini, più reali, lasciandosi cadere subito dopo, ogni volta di una nuova frattura ornato.
Ma lei continua a restare li, neppure lo sguardo sa ormai ingannarti, darti l’impressione che sia sul punto di andare via. Sola, con te, non è questo ciò che conta.
Ma no, lei è li, convinta delle sue azioni per quel suo meccanismo, forse di difesa, che non potrai mai capire ma che hai imparato ad amare.
E in tutto ciò, tutto quello che ti tiene ancorata a terra è il suo sguardo, una sorta di dolente consapevolezza di star facendo ciò che è giusto, sebbene la stia uccidendo.
E in questa sofferenza malcelata dalla sicurezza capisci che tutto è finito, che non c’è nulla che tu possa fare, colpita da cento e più domande celate dietro quelle iridi verdi , possedendo ormai ogni risposta.
 
 
It’s so quiet here
And I feel so cold
This house no longer
Feels like home
 
 
E ripensi a questi ultimi mesi, in cui ciò che sapevi già essere presente, e che con la potenza  di un uragano, ma non con la stessa velocità, aveva sconvolto la tua vita, era diventato un sottile pensiero costante, un lamento, più forte di notte, tra le pareti bianche di quella casa immacolata ormai mancante di vita. Ripensi a quando, bloccata in un istante di muta tristezza, lasciavi che le tue dita ripercorressero gli anni, le loro piccole gioie, tacche nere sul muro che mai nessuno avrebbe immaginato di poter trovare nella tua casa, pregne di mille e più ricordi. Quando ti chiedevi come sarebbe potuto essere, vivere quei momenti, incidere quelle tacche, con qualcuno, quel qualcuno, al tuo fianco. Ma l’immaginazione, capace di così tanto, falliva di fronte all’immensità che le si apriva dinnanzi. Non sapevi, non riuscivi a vedervi, in una semplice risata sul prato, in uno scherzo gentile a tavola, in un sussurro dolce di notte, eppure vi vedevi così tanto in tutto quello, che forse non sapevi semplicemente da dove cominciare. Non sapevi se sareste mai state degne, o forse semplicemente in grado, di accettare una felicità naturale, che vi era stata negata a lungo, prima, e poi proposta ripetutamente, quando pareva ormai impensabile, in mille istanti. Una felicità vera. Troppo per voi, sarebbe stato. Un’idilliaca eutopia che sbiadisce alla luce del sole. Alla luce di un amore che non è il tuo.
 
Oh, when you told me you’d leave
I felt like I couldn’t breath
My aching body fell to the floor
Then I called you at home
You said that you weren’t alone
I should’ve known better
Now it hurts much more
 
 
E la tua mente viaggia ancora, ancora più indietro, nel giorno in cui l’ultima ferita, la più profonda di tutte, è stata inflitta al tuo cuore. Quel giorno terribile, in cui hai nascosto tutto per non smettere di lottare, per la sua salvezza e felicità, ma la cui notte hai passato a piangere, svuotata di ogni cosa, nel ricordo di quell’ultimo contatto, atto solo a riempire quel vuoto di parole nella gola secca.
Gli eventi erano stati capaci di distrarti da quel ormai imminente punto di fine, ma non troppo a lungo, non quando tutto era piombato, improvvisamente, avresti detto, nella normalità e nel grigiore di giorni ormai spenti, non fosse stato per quel figlio, luce della tua vita quando la sua era ancora al principio e ancora allora e adesso unica salvezza. Ma quando lui era andato via, aveva portato con se l’ultimo barlume di felicità, e tutto era ripiombato nell’oscurità, come un tempo, ma essa non poteva salvarti allora, come un tempo, perché il tuo cuore non ne era pervaso bensì circondato, ancora vivo, troppo vivo, e causa del suo stesso dolore.
E quasi ti vergogni di quei giorni di debolezza, quei giorni inferiori al tuo orgoglio, in cui dimenticavi persino di averne uno, quando ti abbandonavi alle lacrime, e con tutta la forza rimastati in corpo stringevi quel telefono, pronta a selezionare quel viso sorridente che stringeva tuo figlio, ancora bambino,  al petto.
E quell’unico, singolo, giorno in cui cedesti a quell’istinto primario, e dimenticando il principale dei valori che ornavano il tuo essere rinnovato, e innamorato, ti spingesti così oltre da riuscire a sentire la sua voce. Sussurrasti il suo nome, nella folle credenza che forse, forse c’era una speranza, un modo, per far cessare quella sofferenza. Forse, per una volta, sarebbe bastato non avere paura.
E chiaramente avevi percepito,  la consapevolezza nella sua voce, perché quel sussurro, quel modo unico che avevi e hai di dire il suo nome quando sei ormai al limite, aveva tradito ogni tua intenzione. Lei aveva capito. E si, spaventata era risuonata la sua voce, su un distante frastuono di stoviglie che già ti aveva preannunciato ciò che lei era prossima a dirti, forse non ancora pronta ad affrontare tutto
“Non sono sola, Killian è in cucina”
E non avevi più detto nulla, lasciando cadere il telefono e con esso la comunicazione, riuscendo a fermarti, prima che fosse troppo tardi, negli ultimi echi della sua voce che bassa e, se solo fossi stata lucida te ne saresti accorta, piena di emozione, chiamava il tuo nome.
E avresti dovuto saperlo, pensarci, ma eri solo una stupida, e quel gesto ti aveva solo fatto più male.
 
 
You caused my heart to bleed and
You still owe me a reason
Cause I can’t figure out why…
Why I’m alone and freezing
While you’re in the bed that she’s in
And I’m just left alone to cry.
Eppure cerchi ancora una ragione, nello sguardo che si destreggia tra i raggi solari, luce filtrata dai rami,  che illuminano il suo viso. 
Cerchi ancora un motivo, per cui le cose sono andate così, o forse ancora di più, un motivo per cui  non sono andate come avrebbero potuto, e come avrebbero dovuto, perché un quadro così perfetto non possa essere stato portato a compimento, nell’indecisione eterna del suo astratto pittore.
Lei ha fatto sanguinare il tuo cuore, e te ne deve ancora una ragione, perché davvero ci sono istanti in cui ti pare tutto così assurdo, e non riesci a capire, istanti in cui vorresti urlarle di darti almeno una spiegazione, ma l’inseguimento tra le parole e la tua voce è troppo serrato ed inarrestabile, lo sai perché è così da anni, e riesci a sentirlo anche adesso, bloccato dal nodo che ti stringe la gola.
E sei sola, e stai congelando.
Congeli nel vedere come lui la tocca, la stringe, possiede lei e quel suo bambino. Congeli, nel vedere come lei glielo lascia fare.
E sai di averle fatto male, ma sai che non le hai fatto male abbastanza, per meritare questo. Sai di essere stata pronta, ad attenderla, e di averla vista andare via lentamente, continuando a cercare una fuga anche quando non ne aveva più bisogno.
E forse é colpa tua, il tuo ennesimo errore, cercando di  sopprimere, in quel tuo innato masochismo, quella parte di te che invece ti dice che non é così, che tutto questo non é giusto. Quella parte, che si aggrappa a quella agognata ragione solo per sopravvivere, e che ti ha lasciata troppe volte sola a piangere.
 
 
Oh, you can't hear me cry
See my dreams all die
From where you standing
On your own
It's so quiet here and I feel so cold
This house no longer
Feels like home.
 
 
Torni alla realtà, bruscamente, forse non te ne sei mai andata, non hai mai staccato gli occhi da lei, ed é passato solo un secondo da quando l'hai vista abbracciare vostro figlio per l'ultima volta. Ma non avrebbe potuto farlo con te, troppo tra di voi, troppa la consapevolezza, devastanti le conseguenze.
Ti guarda, non guarda altri se non te, lo sai, tramite il velo opaco che le copre gli occhi, non dice una parola. E non lo fai neanche tu, non sapresti cosa dire, in fondo. Sai di parere fredda, rilassata, stai mentendo ancora, come ormai fai da anni, ma non ti importa. Non ti importa più di niente.
Starai bene, ti dici, ti sei ripetuta fino alla nausea, lo sai. Li con tuo figlio, in un mondo più simile al tuo. 
Non sei stata abbandonata, in un posto che non é casa tua. I tuoi sogni non stanno morendo, la tua anima, la tua anima é ancora intera, forte, non sta piangendo. E senti solo il freddo perché é tutto ciò che lei dovrebbe sentire, e tutto quello che tu puoi sentire, mentre vedi quell'uomo tirarla con se nel portale. Ma si prende ancora un istante, uno ancora, per girarsi e incrociare il tuo sguardo. E per quanto tu sia arrabbiata senza sapere neanche il perché, insensibile, speri con tutto il tuo cuore che, in quest'ultimo istante, lei abbia potuto scorgere nei tuoi occhi quello che hai sempre dovuto nascondere quando non hai mai voluto.
La gioia, per ciò che ti ha regalato.
Il dolore, per ciò che ti ha negato.
La paura, per quello che siete diventate.
E l'amara, amata consapevolezza, che quello che avete condiviso, seppur bloccato nel ghiaccio, e ormai coperto dalla cenere, non smetterà mai di esistere. Per quanto il vostro cuore possa essere grande abbastanza da ospitare un altro amore, lui resterà li, sigillato da quel cerchio innanzi a te che si chiude, come una dolorosa morsa, che porta via la tua luce per sempre.
E lo sentirete ancora, di giorno, in un segno che vi ricorderà il passato, di notte, quando farà così freddo...
 
 
 
 
   
 
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