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Autore: 92Rosaspina    20/06/2019    4 recensioni
"Il battito delle ali di una farfalla in Brasile, può provocare una tromba d’aria nel Texas". Così il fisico Edward Lorenz spiegò, in una conferenza del lontano 1979, la Teoria del Caos, secondo cui il minimo cambiamento può significare una storia del tutto diversa. Da un’azione svolta o non svolta, oppure svolta in modo diverso, possono nascere futuri ed eventi imprevedibili.
Contrariamente al pensiero comune, però, Caos non è disordine. Caos è un ordine così complesso da sfuggire ad ogni tentativo di comprensione dell'uomo. Una sequenza ben definita ma così piena di variabili da risultare imprevedibile.
E se è vero che il minimo cambiamento può condizionare l'epilogo di una storia, e che la vita è fatta di scelte e ogni scelta ha le sue conseguenze, allora le possibilità diventano infinite.
Tutto però ha un inizio ben definito, una comune origine. Un lounge bar nel mezzo di Nuova Domino. E tutto passa sotto lo sguardo indagatore di un occhio carico di conoscenza.
Genere: Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri personaggi, Atemu, Mana, Seto Kaiba, Yuugi Mouto
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Pharaoh's Kingdom 13


11. 50 sfumature di che casino ho fatto?!







    -    Sono un cretino-
    -    E quindici. Arriva a venti e vincerai una bambola gonfiabile con la quale sfogarti-
    -    E che palle-
    -    Seriamente, Judai, qual è il problema?-
   -    Maledizione Yusei! Voglio lamentarmi un po', va bene? Posso rimproverarmi sulla mia imbecillità senza che tu debba per forza commentare ogni cazzo di cosa che dico? E andiamo!-
Il pugno di Judai si abbatté sul tavolino del bar, facendo voltare un paio di ragazze sedute a qualche metro da loro. Yusei scosse il capo, portandosi la tazza alle labbra e bevendo qualche sorso di caffellatte.
Inutile dire che il sonno gli era passato tutto d'un colpo. Il sollievo provato alla notizia che Judai era vivo e vegeto era stato rimpiazzato da un crescente sospetto, che l'aveva seguito fin quando, in sella alla sua moto, non aveva assistito di persona alla precipitosa fuga del compagno dalla casa di Alexis. Aveva voltato alla svelta la Bimota e l'aveva seguito, affiancandolo e facendogli segno di stargli dietro, guidandolo fino al loro bar preferito, quello che sfornava i migliori cornetti caldi del mattino. Un ambiente piccolo e intimo, dove tante volte si erano fermati, a fine turno, per fare colazione in santa pace prima di tornarsene a casa a dormire. Judai si era sempre divertito un mondo a vedere Yusei fronteggiare la ragazza svampita alla cassa, quella giovinetta che aveva una cotta epocale per il suo amico; tuttavia, stavolta era rimasto a fissare la vetrinetta dei cornetti con un vuoto preoccupante negli occhi. Yusei era rimasto a guardarlo a lungo, quasi a volergli trovare un malanno, ma proprio non riusciva a capire cosa gli passava per la testa.
E il fatto che avesse passato quegli ultimi cinque minuti a maledirsi e darsi del cretino, invece di spiegargli cos'era successo, non lo aveva certo aiutato a quadrare la situazione. Il capobar sapeva solo che Judai era finito a letto con la sua migliore amica, che GUARDA CASO era innamorata persa di quel tordo, era poi scappato dalla casa di suddetta amica come un ladruncolo e ora, per qualche motivo, non faceva altro che rimuginarci sopra e darsi del cretino, come se la cosa lo preoccupasse o mortificasse.
Se prima Yusei aveva sperato che Judai avesse finalmente messo in moto il cervello, e ragionato più o meno un minuto per rendersi conto dell'ovvio, tutte le sue speranze si stavano ora infrangendo verso il muro di silenzio eretto dal compagno.

    -    Okay, ricapitoliamo- cominciò poi il moro, posando la tazza nel piattino e dando un altro morso al suo cornetto.
    -    Sono un cretino- gemette Judai, scuotendo il capo e passandosi le mani sul volto, stropicciandosi gli occhi.
    -    E questo è chiaro, e io dico evviva l'ossigeno che te ne sei accorto! Dovrei chiedere a Yuya di costruire davvero una freccia luminosa con su scritto CRETINO e appiccicartela addosso. Ora, fermati un attimo, interrompi momentaneamente la tua autocommiserazione e dimmi: cos'è successo, stanotte, con Alexis?-
Judai si morse il labbro inferiore, gli occhi fissi sul caffellatte quasi volesse cercarci dentro qualcosa. La risposta, forse, oppure le parole. Magari quel poco di dignità che aveva e che aveva vergognosamente perso, chissà.
La verità era che non sapeva da dove iniziare. C'erano così tante cose in gioco, che lui aveva inizialmente ignorato e ora non poteva più fare a meno di notare, che non sapeva davvero che pesci pigliare.
    -    ...Ci siamo incontrati- cominciò poi – E siamo andati al 31. Ci andiamo spesso, è un locale piccolo ma carino, e a mezzanotte sfornano anche i cornetti. Ha cominciato a bere, un drink dietro l'altro-
    -    Cosa ha bevuto?-
    -    Cuba Libre-
    -    Quanti?
    -    ...Quattro-
    -    Quattro?! Mi prendi in giro?!-
    -    Affatto. Quattro Cuba Libre uno dietro l'altro. Avevamo anche gli stuzzichini salati, ma credo non l'abbiano aiutata granché-
    -    ...Si è sbronzata-
    -    Sì. Beh, succede sempre quando beve. Ha una resistenza all'alcol pari a zero, cosa vuoi che ti dica...-
    -    Continua. Cos'è successo?-
    -    Ho deciso di riportarla a casa, in quelle condizioni rischiava di collassarmi sul tavolo da un momento all'altro. È stato un viaggio...turbolento, lei era sbronza e rideva per cose senza senso, si sbracciava, mi prendeva il volante, insomma, sai...-
    -    Le cose che fanno tutte le persone ubriache. Poi?-
Poi? Judai prese un grosso respiro, preparandosi ad un'immersione a testa bassa nei ricordi.
    -    Poi siamo entrati nel suo appartamento, e lì...lì ha dato il meglio di sé. Ha esordito con dire che aveva caldo, mi si è spogliata davanti ed è corsa in cucina. Ha provato a bere del latte finendo col rovesciarselo addosso, quasi mi centrava lanciando via una scarpa e poi l'ho trovata a piangere nella sua stanza-
Yusei non rispose, ma sapeva che lo stava ascoltando. Per quanto si ostinasse a mantenere gli occhi sul caffellatte, Judai sentiva distintamente le sue iridi perforanti addosso.
    -    Ha...ha cominciato a sragionare- continuò poi – A dire cose senza senso, del tipo che non le voglio bene, e che non la voglio perché sono più preso dalle altre. Ho cercato di farla ragionare, le ho detto che non era vero niente, che le volevo bene come nessun'altra ragazza al mondo...ed è vero, eh! Sai l'affetto che mi lega a lei!-
    -    Certo. Continua-
I suoi occhi facevano paura. Lievemente schermati dalle mani di fronte al volto, le cui solo i polpastrelli erano in contatto, e da qualche ribelle ciocca scura, gli occhi blu lo osservavano senza perdersi neanche un battito delle sue ciglia.
    -    E lei, per tutta risposta, mi è saltata addosso. Così, come se fosse una facilona in piena astinenza sessuale. Io l'ho respinta, perché...non era giusto insomma! Non era quello che volevo, e neanche lei!-
    -    Aha-
   -    Ha ripreso a piangere, allora le ho promesso che ne avremmo discusso per bene stasera al Pharaoh's, entrambi a mente lucida e senza alcol in corpo. Avevo bevuto anche io, e un po' mi aveva fatto effetto, per cui non ho voluto addentrarmi in un simile discorso in quello stato-
    -    Più che giusto. Poi?-
   -    Poi sono rimasto con lei. Ho detto “resto con lei finché non si addormenta e poi me ne vado”...e invece mi sono addormentato con lei. Mi sono risvegliato non so a che ora, con lei accanto. Ancora nuda e con un preservativo in mano-
    -    ...Ah-
    -    Eh. Manco ci fosse bisogno di un disegnino, no?-
    -    Aspetta un secondo-
    -    Cosa?-
    -    Ancora nuda hai detto? Ma perché, quando si è spogliata?-
    -    Te l’ho detto prima, cretino. Comunque è stato prima di rovesciarsi il latte addosso-
    -    ...mi era sfuggito. E tu? Quando lei si è ripresentata con...questo “disegnino”?-
    -    E io cosa vuoi che abbia fatto? L'ho...l'ho assecondata-
    -    Quindi hai davvero fatto sesso con lei?!-
    -    ...Sì. Ehi, lo so, è stato un errore madornale, però--
    -    Però cosa, Jud?! Cazzo, era sbronza da fare schifo! Anzi, direi proprio ubriaca, stando a quello che mi hai detto! E se lei non ricordasse nulla di quello che vi siete--
    -    Lo ricorda, tranquillo. Ne abbiamo parlato appena sono uscito dall'armadio-
Solo in quel momento Judai ritrovò la voglia di sorridere, osservando il gigantesco punto interrogativo che sembrava sormontare la testa del compagno. Yusei sbatté comicamente gli occhi un paio di volte, incredulo.
    -    Dall'ar...madio?!- chiese poi, stupito, incerto se avesse sentito bene o meno.
    -    Dall'armadio- confermò Judai – Quando ti ho chiamato, stamattina, e ho interrotto la comunicazione, è stato perché Atticus è tornato dal turno notturno-
    -    E quindi ti sei chiuso nell'armadio per AHAHAHAHAH!!!-
    -    Non c'è un cazzo di divertente!-

Poche erano le cose che strappavano a Yusei una risata divertita: quel musone dallo sguardo severo e il delicato umorismo di un taglialegna con l'ascia smussata trovava da ridere solo in cose estremamente plateali. E l'idea di Judai chiuso in un armadio per non farsi scoprire dal fratello della sua migliore amica era plateale abbastanza, più che altro per quello che gli riportava alla mente.
Un mese prima, o qualche giorno di meno, Judai frequentava una ragazza di alto borgo, una giovane universitaria molto carina a dirla tutta, sebbene non avesse niente di speciale. Yusei l'aveva definita un po' anonima, con quei capelli castani e gli occhi scuri, e quando Judai gli aveva chiesto di trovarle un difetto lui ci aveva pensato sopra e aveva indicato il suo naso, troppo lungo per i suoi gusti; tuttavia aveva ammesso che, nel complesso, si trattava di una bella ragazza e con una personalità...interessante, una piccola bibliotecaria a cui piaceva molto leggere.
Il fatto era che si incontrava con Judai mentre era già fidanzata con un altro ragazzo, un tipo che, stando ai racconti del castano, era grosso come un armadio e con la voce piuttosto rude: la ragazza sosteneva non lo amasse più e che stesse cercando di lasciarlo in qualche modo. Judai aveva preso ad incontrarla più per semplice amicizia che altro, avendola conosciuta in diverse serate al Pharaoh's: inizialmente le piaceva la sua compagnia, poi aveva scoperto che farci sesso era ancora più divertente. Il problema si era presentato quando quel bestione di fidanzato che si ritrovava era tornato a casa prima del previsto, quasi cogliendoli sul fatto e costringendo il castano ad una precipitosa fuga nell'armadio di lei: nudo come un verme e con il cellulare in mano, Judai aveva subito contattato Yusei per metterlo al corrente della situazione e dettargli testamento, salvo poi inviargli un messaggio audio per fargli ascoltare quel penoso amplesso a cui era stato costretto ad assistere dietro le ante. Si era rivestito al buio nell'armadio, con complicate torsioni e insperata delicatezza, salvo uscire fuori dalla cabina mentre l'energumeno era andato a farsi una doccia. Aveva optato per una fuga veloce dalla finestra di lei, era appena al secondo piano; peccato che la vecchina del piano di sotto avesse iniziato a strillare come un'arpia dell'Odissea quando lui era atterrato sul balconcino, prima di prenderlo a bastonate e costringerlo a scendere di corsa, atterrando tra le misere fronde di un albero e cascando poi sull'asfalto del marciapiede. Era rimasto a casa una settimana, assentandosi dal Pharaoh's Kingdom: la caduta non gli aveva causato particolari problemi per fortuna, ma per qualche giorno si era sentito tutto ammaccato e, soprattutto, era ricoperto di graffi lasciatigli dai rami che gli avevano inciso la pelle, senza contare l’abominevole livido comparso sulla coscia destra. Tutto era bene ciò che finiva bene, si diceva, e infatti ormai ci ridevano entrambi su quella storia assurda: Judai non aveva più voluto sapere nulla di quella tipa, e Yusei aveva preso qualche screenshot della conversazione nell'armadio e l'aveva salvati sul suo laptop. Non si sa mai, aveva detto.

E stando a quanto gli aveva appena raccontato, sembrava che quella di nascondersi negli armadi altrui e rivestirsi al loro interno fosse diventata una sua specialità: bastava solo che gli dicesse che era saltato fuori dalla finestra ed era a posto.
    -    Se hai finito di ridertela come un deficiente...- borbottò Judai, azzannando il suo cornetto con la grazia di un'anaconda verde.
    -    Eheheh...perdonami. Dai, ti ascolto adesso-
    -    Ti dicevo, lei ricorda tutto. Siamo rimasti d'accordo che ne parleremo effettivamente stasera, al Pharaoh's-
    -    Mh. Ottimo direi, no?-
    -    Se lo dici tu...-
    -    E perché no? Avrete modo di chiarirvi così, no? Tu sicuro avrai modo di fare chiarezza nel tuo cervello una volta per tutte...-
    -    Io ho le idee chiare-
   -   Ma non penso proprio, altrimenti non staresti qui a flagellarti e darti del cretino! O sbaglio? Se tu avessi le idee chiare come dici tu, a quest'ora saresti ancora da lei! Non mi avresti telefonato, forse mi avresti mandato un messaggino, saresti rimasto con lei, avresti salutato Atticus direttamente dal letto e avresti ammirato la sua faccia nel vedervi insieme!-
C'era un motivo se Yusei era il suo migliore amico, e stava soprattutto in questo: nella schiettezza delle sue parole, dirette e spietate come una lama rovente piantata nella carne.
    -    In questo caso sì, devo concordare con te: sei un cretino. Ora smettila di fare la lagna o ti faccio dare io una calmata-
    -    Non sto facendo la lagna-
    -    Ti stai dando del cretino da quando siamo arrivati. Il tutto per una ragazzina-
Judai alzò lo sguardo di scatto, fissandolo dalla testa ai piedi mentre terminava di mangiare il suo cornetto.
    -    Non chiamarla ragazzina- sibilò poi.
    -    Lo vuoi un consiglio?- gli domandò Yusei, ignorandolo.
    -    No, non lo voglio-
    -    Piantala di raccontarti quelle belle storielline fesse del tipo “siamo migliori amici, non ci lasceremo mai!”. Le cose non vanno mai come credi, Judai. Quello di Yuya e Yuzu è stato un caso su mille, ma tu e Alexis, a quest'ora, potevate benissimo essere uno dalla parte opposta del mondo rispetto all'altra, completamente dimentichi della vostra esistenza. E stando ai tuoi racconti lo siete stati, per un bel po’. E se vuoi la mia opinione—
    -    Non la voglio-
    -    E invece la ascolti, visto che è anche gratis—
    -    Cosa chiedi a fare le cose—
    -    Se le vuoi davvero bene come tanto decanti, allora fallo e senza misure-
Judai aveva imparato a temerle, quelle lunghe occhiate dall'alto verso il basso che il suo collega gli riservava, quando stava facendo qualcosa di insensato e lo sapeva.

    -    Solo...è solo che non mi sembra...non so-
    -    Non ti sembra cosa?-
   -   Non mi sembra giusto, ecco! Lei è la mia migliore amica, Yusei, non posso farle del male in alcun modo! E se qualcosa dovesse guastarsi, in un nostro ipotetico rapporto “serio”?- domandò, mimando le virgolette con indice e medio di entrambe le mani.
    -    Ah, allora ammetti di pensarlo, ogni tanto-
    -    Ma certo! Chi non fa pensieri sui migliori amici? Anche tu con Aki, se è per questo...
    -    Non cambiare discorso adesso!- Yusei s'irrigidì di colpo – Stiamo parlando di te!-
    -    Ooooh...non lo so, Yus-
    -    Non devi chiamarmi così-
    -    Non...non mi sembra corretto, ecco-
    -    Corretto amare la tua migliore amica?-
    -    ...Sì. Voglio dire! Ascoltami un attimo e non alzare gli occhi al cielo cazzo, che nervoso...!-
    -    NO! Ascoltami tu adesso!-
C'era da dire che, appena alzava di poco il tono di voce, Yusei metteva leggermente paura. Ma leggermente, lo stesso timore che poteva incutere un drago che scopriva che qualcuno aveva rubato delle gemme preziose dal suo inestimabile tesoro. Judai chiuse gli occhi, mordicchiandosi il labbro inferiore, pronto a farsi investire dal fiume di parole che avrebbe contribuito a farlo sentire ancora più idiota.

    -    Quante volte hai osservato Alexis andare con altri ragazzi e commentato che non erano giusti per lei? Che non la rispettavano abbastanza?- gli domandò Yusei, puntandogli minacciosamente contro la tazza di caffellatte – Ti rispondo io: SEMPRE! L'hai sempre fatto, e le sei sempre stato accanto quando lei troncava le sue relazioni per un motivo o per un altro! Hai sempre guardato i suoi fidanzati con disgusto e pensato che non fossero giusti per lei, che non la rispettavano, e sai che ti dico? Che hai ragione su tutta la linea dannazione! Perché TU sei l'unica persona degna di restare al suo fianco! E nel profondo ne sei convinto anche tu, perché non ci sarebbe altro motivo, per te, per andarle così dietro!-
Quattro parole piazzate in croce. Tanto era bastato, a Yusei, per smontargli tutte le (ormai poche) illusioni rimaste. E senza neanche andare nello specifico della cosa, perché in realtà c'era di che parlare anche su questo.
Judai era sempre stato il povero idiota che consolava Alexis dalle sue disgrazie sentimentali, la sua spalla su cui piangere: e lei lo trattava da tale perché era lui stesso a mettersi in quelle condizioni, perché fino a quel momento non aveva fatto nulla di concreto per aiutarla davvero, solo farsi usare come sfogo e muro del pianto.
Per la bontà del cielo, Yusei era qualcosa di sconvolgente a volte. Chissà se lui se ne rendeva conto.
    -    Continuare a mentirvi a vicenda potrebbe essere solo controproducente-
    -    Io...io non so che dire. Non ci ho mai pensato...cioè, ci ho pensato eccome, ma ho sempre pensato che--
    -    Ecco, il tuo problema è qui, Judai. Pensi troppo, dannazione. Lo fai raramente, ma sempre quando non devi-
    -    ...Non so se essere contento o meno, di quello che hai detto-
    -    Hah! A tua discrezione Jud-

Terminarono la loro colazione in silenzio, senza più tirare l'argomento in ballo. La testa di Judai lavorava febbrilmente.


****



L'orologio sullo smartphone segnava le dodici e mezza appena, ma erano già tutti svegli. Yuma a parte, che continuava a ronfare sul divano letto. Yuya fece capolino dalla porta che separava la cucina abitabile dal corridoio, osservandolo mentre allungava una mano per grattarsi una gamba, sempre nel sonno.
L'idea era stata di Yuzu: ritrovarsi tutti insieme nell'appartamento del suo fidanzato, per passare insieme qualche divertente giornata e farsi compagnia. Kotori era stata entusiasta dell'idea, Yuma e Yuya neanche a dirlo: avevano quindi preparato qualche borsone e si erano spostati nell'appartamento di quest'ultimo, grande abbastanza per ospitare quattro persone senza farle stare troppo strette. L'idea dello scherzo, però, era stata proprio di Yuya. Diceva che era da tempo che non aveva modo di punzecchiarlo, e gli mancava sentire le sue urla ed improperi quando il compagno gli faceva qualche sorpresa. Faceva parte della loro complicità e del loro rapporto: ogni tanto si molestavano con qualche innocente burla.
Ghignando mefistofelico, Yuya corse in punta di piedi nella stanza da letto: Kotori li aveva raggiunti poco prima, lasciando Yuma da solo sul divano-letto. La trovò seduta sul materasso insieme a Yuzu, mentre guardavano qualcosa sul cellulare e frenavano le risate.
Ma che carine che erano, tutte e due? Kotori era di una tenerezza disarmante, amica di Yuzu fin dalla prima tintura dallo stesso parrucchiere prima di conoscere il fantastico mondo delle colorazioni della Manic Panic, e Yuzu...ah beh, Yuzu era sempre più bella ogni volta che la guardava, anche con i capelli sfatti e gli occhi ancora cisposi. Le aveva detto di poter dormire ancora, che ci sarebbe voluto del tempo prima di mettere in atto lo scherzo vero e proprio, ma lei aveva insistito: voleva vedere anche lei di che si trattava, cos'aveva architettato stavolta. Una cosa semplice e d'effetto, le aveva risposto lui, mostrandole quello che aveva tutta l'aria di essere un...
    -    ...un altoparlante Bluetooth?!- domandò Kotori, anticipando Yuzu e prendendo la confezione tra le mani, studiandola incuriosita- E cosa dovresti farci? Non vorrai risvegliarlo con la musica a tutto volume? Non so se funzionerà...-
    -    Oh, non proprio- gongolò Yuya, andando a rovistare dentro un cassetto del suo scrittoio – L'idea è sì svegliarlo con la musica, ma non solo! Voglio fare in modo che la musica lo accompagni ovunque vada!-
    -    E come farai a--
La risposta le venne piazzata proprio sotto il naso: Kotori quasi storse gli occhi e fu costretta ad allontanarsi un pochino per mettere meglio l'oggetto a fuoco, ma quando si rese conto di cosa fosse seguì Yuzu nelle sue risatine soffocate dietro le mani. Il ghigno di Yuya si allargò raggiungendo misure inquietanti, prima che questo cominciasse ad aprire le confezioni.
    -    Ma-ma poi si toglierà?- domandò, asciugandosi una lacrima spuntata all'angolo destro dell'occhio e spostandosi i capelli verdi sull'altra spalla.
    -    Ma certo!- le garantì Yuya – Altrimenti che scherzo sarebbe? Ci dobbiamo ridere sopra, non farci male inutilmente!-
    -    ...Mi sembra sensato-
    -    Preoccupata?-
    -    Della sua reazione-
   -    Stai tranquiiiiilla, non lo sciuperò troppo! Sarebbe carino vedervi finalmente insieme entro la fine dell'anno, e sarà meglio che lui sia in perfetta forma e senza cose strane sul corpo!-
    -    Ma-ma che cosa...!-
    -    Ahaaaaa, è arrossita, allora avevo ragione! Guardala Yuzu guardala!-
    -    Nnnnoo ma cosa mi fate dire!-
Kotori quasi ignorò l'abbraccio con cui Yuzu se la strinse addosso, troppo occupata a coprirsi il volto per nascondere le guance arrossite dall'imbarazzo.
Sempre così quando ci si ritrovava a parlare di qualche sentimento nascosto tra lei e Yuma; col senno di poi, Kotori aveva scoperto che Yuya e Yuzu non erano esattamente le due persone più silenziose al riguardo, e che rivelargli un simile segreto era stato, forse, un errore. Non erano certo corsi a rivelarglielo, non erano tipi da fare bambinate di quel genere; in compenso si divertivano a punzecchiarla quando possibile, tra allusioni velate e voli pindarici espressi a voce alta. E ora che Yuya e Yuzu erano insieme, lei non aveva neanche la possibilità di ribaltare la situazione con uno dei due: tutto quello che le riusciva era arrossire e ammutolire, incapace di difendersi da quei due lestofanti che sembravano sempre desiderosi di rivangare la realtà.
C'era sempre stata una forte complicità con Yuma, quell'intesa tipica di due persone che si conoscevano da tanto tempo e sapevano prevedere uno i pensieri dell'altra: l'aveva vista in Yuya e Yuzu, e anche in Judai e Alexis. Un affetto molto forte, un sentimento duraturo che, nel caso della prima coppia, era sfociato in amore reale, e nella seconda sembrava di vedere due rette parallele, che viaggiavano insieme senza mai incontrarsi davvero. Ecco, tra lei e Yuma c'era più o meno lo stesso feeling: il ragazzo adorava la sua compagnia, e lei si era profondamente legata a quello stramboide che metteva tanta, troppa energia in qualsiasi cosa facesse. Parcheggi, drink, videogiochi, musica, faccende casalinghe, perfino andare a fare la spesa per comprare un tubetto di dentifricio diventava, per lui, un pretesto valido per portare un po' di scompiglio e allegria. E col tempo, Kotori si era resa conto che di quell'energia era davvero difficile farne a meno.
Stare accanto a Yuma era un po' come essere posizionati accanto ad un accoppiatore energetico: a non fare attenzione si rischiava di prendere anche la scossa. Kotori aveva accettato questo rischio fin dall'inizio.

    -    Aaaallora, vediamo un po'!- esclamò Yuya, estraendo il piccolo altoparlante quadrato dalla confezione e cominciando a studiarlo per bene, facendolo ruotare rapidamente tra le dita – Qui dice che servono un paio di batterie ministilo...tipo quelle del telecomando, dovrebbero andare bene! Yuzu, le ho nel mio comodino!-
Detto, fatto: la ragazza dalla chioma rosa aprì con dolcezza il primo cassetto del comodino, mettendoci dentro le mani come se fosse stato il suo. Scostò il caricabatterie del telefono, un mucchietto di calzini spaiati, una confezione di preservativi quasi vuota...quello era grave, dovevano ricordarsi di quell'acquisto...prima di lanciargli dolcemente il blister contenente un paio di pile nuove di zecca.
    -    Ora non potrà più lamentarsi del mondo troppo silenzioso per i suoi gusti!- esclamò il ragazzo, inserendo le batterie e accendendo l'altoparlante – Potrà ascoltare tutta la musica che vuole, dove vuole, quando vuole!-
    -    Esattamente, dove hai intenzione di appiccicarglielo?- domandò Kotori, dubbiosa – In fronte?-
    -    Aha, certo! In bella vista!-
    -    ...Tu sei un pazzo-
    -    No, sono solo uno che vuole tanto divertirsi!-
    -    Divertirsi a spese degli altri!-
    -    E vabbé, è l'unico effetto collaterale! Restate qui-
Era chiaro che Yuzu e Kotori non gli avrebbero mai obbedito, troppo curiose com'erano, ma a Yuya la cosa non diede alcun fastidio, anzi: sogghignò tra sé quando notò la sua compagna prendere il cellulare e cominciare a riprendere l'intera scenetta.
Il solo pensiero di aver rischiato di perderla per sempre gli dava alla testa. Yuzu non faceva altro che ripetergli che l'avrebbe aspettato per sempre, anche se lui non si fosse mai più fatto vedere; Yuya non sapeva quanto di vero ci fosse, in quelle parole, ma non era così curioso di conoscere la risposta.
Si accovacciò accanto al divano dove Yuma continuava a ronfare, a braccia spalancate e la maglietta mezza sollevata a scoprirgli la pancia: con i capelli lasciati liberi da pettinature strane era quasi irriconoscibile. Quasi trattenendo il respiro, e tuttavia incapace di reprimere quel grosso ghigno che gli deformava la faccia, Yuya aprì con delicatezza il tubetto della supercolla e ne cosparse una buona quantità sul retro.
L'improvviso squillare del cellulare di Yuma lo fece trasalire. In una paurosa moviola, il ragazzo osservò il braccio del suo collega muoversi in direzione del telefono, a pochi centimetri da lui, per prenderlo e disattivarne la sveglia, prima di lasciarlo morbidamente cadere sul materasso e tornare a dormire come se niente fosse. Teso come la corda di un violino, Yuya si voltò verso le due ragazze: il tenerissimo duo riusciva a stento a trattenere le risate.
Doveva fare in fretta. Veloce e preciso. Senza indugiare oltre posò l'altoparlante sulla fronte di Yuma, attendendo qualche secondo perché questo aderisse bene, prima di voltarsi e tornare rapidamente nella stanza in punta di piedi. Yuzu non riuscì a trattenersi oltre e saltò sul materasso, affondò la faccia nel cuscino e scoppiò in una forte risata.
A volte pensava di essersi fidanzata con un pazzo. Ma solo a volte.
    -    E ora diamo il via alle danze!-
Afferrando il suo cellulare, Yuya settò rapidamente le impostazioni giuste per collegarsi con l'altoparlante ora ben appiccicato alla fronte di Yuma; qualche attimo dopo eccolo che scorreva velocemente la playlist del suo smartphone per selezionare la prima canzone da mettere in riproduzione.
The Vulture dei Pendulum risuonò a tutto volume per la cucina abitabile. In un primo momento Yuma non sembrò percepire nulla intorno a sé, ma quando la canzone entrò nella sua parte più ritmata sembrò scuotersi completamente: il ragazzo si rizzò a sedere di scatto, quasi fosse tirato da invisibili fili, e prese a sbraitare.
    -    YUYAAAAA!- urlò, con tutto il fiato che aveva in gola – ABBASSA QUEL CAZZO DI VOLUME!-
    -    Come ha fatto a sapere che ero io?!- sibilò Yuya per tutta risposta, coprendosi la bocca ghignante e fermando la riproduzione musicale.
    -    Forse perché sei l'unico che conosce che ascolta i Pendulum?- avanzò Kotori, frenando le risate.
    -    Aaaah, ma che fa?! Si è riaddormentato?!-
    -    Aspetta aspetta! Ci provo io! Come ti sei collegato?-
    -    Vieni, ti faccio vedere!-
Dopo qualche tentativo fallimentare, anche Kotori riuscì a collegarsi al piccolo altoparlante, e lo imitò cercando la canzone prescelta nella sua playlist. Inizialmente non capì cosa cercasse con tanto fervore, ma quando sentì le familiari note di Gangnam Style non riuscì più a trattenere le risate, crollando ignobilmente a sedere a terra mentre Yuma si rimetteva di nuovo seduto, gli occhi stretti e il naso arricciato in un'espressione indecifrabile. Rimase ad osservare il vuoto per qualche secondo prima di rendersi conto che FORSE c'era qualcosa di strano che gli tirava leggermente la pelle della fronte. Alzò una mano e si tastò comicamente l'altoparlante bluetooth, prima di voltarsi verso loro tre con sguardo truce.
    -    Tutto ma Gangnam Style NO!- sbottò poi, scattando in piedi – Non la sopporto quella canzone! Spegnetela! Maledizione! AAAAAHIA!-
    -    Yuma no! Cazzo, è incollata!- gridò Yuya tra le risate, quando vide l'amico afferrare il cubetto con la destra e cercare di tirarlo via.
    -    Co-COSA?! Come sarebbe a dire?! Yuya razza di DEFICIENTE!-
    -    AH! NOOOO!-

Troppo tardi per correre a nascondersi: con una velocità impensabile perfino da un iperattivo come lui, Yuma saltò giù dal divano letto e corse letteralmente dal compagno dai capelli verdi e rossi, caricandolo e sbattendolo di peso sul letto dove Yuzu stava ancora ridendo, costringendola a piegare le gambe sul petto per evitare di essere travolta dai due compagni. L'urto lasciò i due senza fiato, e Yuya scoppiò a ridere come un cretino, con Yuma che non sapeva se ridere a sua volta o scaricargli addosso il suo migliore repertorio di insulti.
    -    Mi hai incollato sta roba alla fronte?!- sibilò poi, indicandosi con foga l'altoparlante con entrambe le mani – E mi dici come la tolgo adesso?!-
    -    Molto semplice! Non la togli!-
    -    COME SAREBBE A DIREEEE?!-
    -    Ahahahah! Andiamo, non te la prendere! È uno scherzo innocente!-
    -    E per uno scherzo innocente devo stare con questo coso appiccicato in faccia A VITA?!-
    -    Non a vita! Solo per questa sera!-
    -    IO TI AMMAZZO!-
L'istante dopo, Yuzu e Kotori furono costrette a lanciarsi in mezzo ai due, per evitare il pestaggio.
Pareva proprio che Yuma non l'avesse presa così bene...



Si risvegliò autonomamente pochi minuti prima che la sveglia le segnalasse le dodici e mezza. Aki spalancò gli occhi sul soffitto, godendosi per qualche attimo il silenzio.
Il suo sonno era stato piuttosto agitato. Dopo quella giornata in cui aveva toccato tutti gli spettri dello stato d'animo umano, Aki era crollata sul materasso senza neanche svestirti: si era spogliata nella notte, complice il caldo soffocante e il ventilatore che le dava davvero poco sollievo, ma quando si abbandonava tra le braccia di Morfeo i mostri tornavano subito. I mostri, gli incubi, le insicurezze, decine di immagini oniriche le bombardavano la testa, in un turbinio di situazioni paradossali e scollegate tra loro che le avevano disturbato il sonno e portata ad aprire gli occhi almeno ogni ora.
Si mise lentamente a sedere, stropicciandosi gli occhi malamente struccati. Le bruciavano un po', probabilmente aveva anche pianto, ma non se lo ricordava.
Il pensiero corse subito alla sera precedente.
Yusei l'aveva accompagnata a casa, per cambiarsi d'abito e indossare qualcosa di più comodo per stare al Pharaoh's. Aveva fatto qualche allegro commento sul suo appartamento, notando quanto lo stesse arredando bene: aveva aggiunto delle tende nella camera da letto e nella cucina abitabile, usando le sfumature di malva per la stanza dove dormiva e le gradazioni del giallo per la seconda. Yusei si era stupito di quanto fosse piccolo, quell'appartamento: Aki gli aveva spiegato che, dopo aver vissuto anni in una casa grande abbastanza per perdersi, aveva volutamente cercato qualcosa di piccolo e facile da gestire, che le desse un aspetto più intimo e meno imponente, meno “freddo”.
Erano poi tornati al Pharaoh's Kingdom, sempre in sella alla sua moto: già il secondo giro aveva avuto un impatto diverso sulla ragazza, rapidamente abituata alla nuova situazione. Cominciava davvero a piacerle, e non aveva potuto fare a meno di notare come la sicurezza di Yusei, già lampante nel suo lavoro, si rifletteva anche sulla conduzione della moto. La faceva piegare e curvare con pochi, semplici spostamenti del corpo, oltrepassando la fitta muraglia costituita dal traffico cittadino come se non esistesse.
Abbracciarlo per reggersi a lui non era più stato così strano o imbarazzante: Aki aveva iniziato a vederla come una necessità. Non c'erano appigli che le permettevano di restare in sella senza rischiare di essere sbalzata via ad ogni cambio di andatura, e Yusei non sembrava farne un problema, anzi. Considerando che lui stesso era stato il primo ad invitarla ad un simile contatto, Aki aveva seguito di nuovo le sue indicazioni e si era stretta a lui. Gli aveva restituito la giacca: non le andava che girasse a mezze maniche per far stare più riparata lei, per cui si era munita di una giacca in similpelle rossa e aveva reso l'altra al ragazzo.
Eppure era ugualmente riuscita a percepire il suo calore, quando l'aveva stretto. Istintivamente, aveva sorriso.

E l'avere la serata libera dall'attività lavorativa l'aveva messa in condizioni di poterlo osservare meglio al lavoro, in quello che sembrava il suo habitat naturale. Era divertente guardarlo mentre dava ordini a Yuma e Yuya, mentre cercava di tenerli a bada e li esortava a non perdere tempo in stupidi giochi o rotazioni eccessive delle bottiglie. Le aveva portato il suo analcolico preferito, le aveva chiesto se stava bene, le aveva accarezzato la testa e aveva chiesto ai ragazzi delle cucine di prepararle un vassoio di dolci. I loro occhi si erano incrociati spesso, lui dal bancone e lei dal piccolo tavolo singolo a lei riservatole, un gioco di sguardi e silenziosi dialoghi che nessuno aveva voluto disturbare. Neanche Atem, quella sera sostituto di Judai: era rimasto ad osservarli in silenzio, prima uno e poi l'altra, con l'ombra di un sorriso sulle labbra. Come se aspettasse quella scena.
Purtroppo la serata non aveva avuto esito tranquillo. Suo padre l'aveva contattata per telefono, avvisato dell'uscita di scena della figlia durante la festa: le aveva comunicato che lei e il suo amico teppista avevano quasi rischiato di far rompere un fidanzamento, complice l'insinuazione di Yusei sull'effettiva autenticità dell'orologio, confermata poi dopo un accurato esame dei materiali di cui era composto. La giovane Kochiyo era entrata in una crisi di panico che l'aveva scossa e lasciata in lacrime per mezz'ora, zia Sakue l'aveva chiamato su tutte le furie e aveva sputato veleno come se non ci fosse stata possibilità di vedere un nuovo giorno. Sua madre era profondamente costernata dal suo atteggiamento e lui...lui sembrava davvero deluso.
Aki aveva faticato. Aveva faticato a spiegargli come le cose erano effettivamente andate, cosa era successo, cosa era stato detto: aveva sudato quando aveva dovuto spiegare chi fosse Yusei e come mai era con lei, perché lei frequentasse un ragazzo che aveva visitato la Struttura come gli era stato comunicato. E infine, quasi a voler mettere la ciliegina sulla torta, l'aveva rimbeccata ancora sulla sua scelta di vivere un futuro lontano dalla famiglia, ripetendole che stava sbagliando tutto, che era un'incosciente irrispettosa e che era il caso che lasciasse perdere e tornasse a casa.
Lì aveva visto rosso. Si era alzata, avvicinata alla porta di vetro della sala e aveva cominciato a sbraitare. Non ricordava neanche cosa avesse detto di preciso, ma il rabbioso fiume in piena di parole aveva fatto ammutolire suo padre, dall'altra parte della linea. Si era fermata solo quando si era resa conto che l'uomo aveva interrotto la comunicazione.
Aveva pianto come troppo spesso le era accaduto in quegli ultimi tempi, e a quel punto Yusei si era fatto avanti.
Non era riuscita a non guardargli, per l'ennesima volta, il segno dorato che gli percorreva il lato sinistro del volto: l'aveva osservato bene, il marchio della Struttura, quella sottile linea dorata che l'aveva bollato a vita come delinquente, sebbene la storia fosse davvero molto più complicata e molto meno scontata di quanto appariva. Aveva studiato tutte le pieghe di quella linea, il modo in cui svettava sulla sua pelle ambrata come un segnale di pericolo illuminato nella notte: un carcerato della Struttura, un tipo probabilmente pericoloso, stare alla larga. Ma tutto quello che aveva visto, e che continuava a vedere, era solo un giovane uomo che aveva perso tanto e stava faticosamente ricostruendo la sua vita da zero; e che, nonostante tutto quello che aveva messo in gioco, tutto lo schifo in cui era passato, trattava le altre persone con un rispetto fuori dall'ordinario.
Quando le aveva poi promesso che avrebbe fatto in modo di non farla ma più piangere, ecco, lì aveva cominciato a raschiare il fondo. Aki era stata scossa da un nuovo scoppio di lacrime calde e gli si era letteralmente lanciata tra le braccia. E poco le era importato di tutti gli sguardi della crew puntati addosso, non aveva badato a quella scomoda sensazione di essere diventata il centro dell'attenzione, il punto su cui convergevano tutti o quasi gli sguardi della sala: in quel momento, aveva solo badato alle mani e braccia di Yusei che risalivano lentamente la sua schiena, ricambiando poi la stretta con dolcezza. Non aveva più parlato, limitandosi ad attenderla mentre piangeva tutte le lacrime che aveva da versare, finché il suo pianto non si era ridotto a qualche singhiozzo isolato.
Solo allora Atem si era fatto avanti e le aveva proposto di tornare a casa, di accompagnarla di persona: era stata indubbiamente una giornata poco piacevole per lei, quella appena trascorsa, e sebbene non avesse voluto scendere nei dettagli, Aki aveva capito che lui sapeva. In quel momento le era tornata in mente quella mattina in cui l'aveva convocata nel suo ufficio e le aveva mostrato i tarocchi egizi: l'immagine dell'Arcano della Persuasione le era balzata in mente come un flash fotografico.
Il conseguimento di un discorso, e di un obiettivo. A patto che tu sia perseverante e non perda la speranza. Vedi, alcune questioni familiari, insieme a intoppi, infamie e gelosia, potrebbero condurti a perdere degli amici...ma la tua ostinazione sarà degnamente ripagata con nuovi rapporti rigenerativi.
Perdere degli amici, aveva detto Atem: considerati gli eventi successi ventiquattro ore prima, Aki poteva dire tranquillamente di aver perso un'intera famiglia, ormai. Ora che era stato reso pubblico che la figlia del senatore Izayoi lavorava in un locale notturno (perché sia mai che si dicessero le cose così come stavano...) e frequentava un bruto che aveva soggiornato nella Struttura, poteva tranquillamente dire di aver perso ogni posizione che le spettava nell'alta società.
E il bello era che non gliene importava nulla.

Quando il telefono squillò, non gli diede neanche peso, convinta che fosse l'allarme della sveglia; le occorse qualche secondo per leggere il nome di Atem sul display. Lo sbloccò velocemente e rispose alla chiamata.
    -    Pro-pronto?!-
    -    Buongiorno a te, Aki. Dormito bene?-
La voce calda di Atem le causò un brivido lungo la schiena. Era così limpida e chiara che sembrava di averlo davvero a pochi centimetri di distanza.
    -    ...Diciamo di sì- rispose poi la rossa, grattandosi la testa e lasciando ricadere il braccio destro a lato del suo corpo -  Ho avuto nottate migliori, comunque-
    -    Immaginavo. Non credo sia necessario ripetertelo, ma se dovesse servire hai tutta la crew pronta a sostenerti. Non farti scrupoli a parlare di quello che ti preoccupa. Ovviamente, se te la senti di ripercorrere i momenti e spiegare, e se te la senti di raccontare certe cose a quelli che sono, fondamentalmente, degli sconosciuti. In qualunque momento, noi siamo qui-
    -    Va...va bene. Grazie-
In quel breve attimo di silenzio che seguì, Aki giurò di averlo percepito sorridere.
    -    Indovina dove sono ora?- le chiese poi il Faraone, Aki aggrottò le sopracciglia.

    -    ...a giudicare dall'ora, a casa tua?!- buttò lì lei, incerta: che razza di domanda era quella?
    -    Diciamo di sì...sembra che anche tu abbia cominciato a pensare al Pharaoh's Kingdom come una seconda casa, mh?-
    -    ...è così palese?-
    -    Lo consideriamo tutti. È un altro dei motivi per la quale tutti si ritrovano lì, anche nei giorni di riposo-
    -    Capisco. Quindi sei al locale?-
    -    Esattamente, nel mio ufficio. Ho quattro carte davanti, quale di queste volto?-
Fu improvvisamente chiaro cosa intendesse fare. Aki si mordicchiò il labbro inferiore, incerta.
Non aveva mai preso sul serio quelle robe...strane, come la lettura delle carte o della mano e affini: le aveva trovate sempre confusionarie e dai significati fin troppo ampi, e come Atem stesso le aveva confermato ognuno ci leggeva quello che voleva, in quelle carte. Non aveva molto senso, farsi predire il futuro da qualcosa che non era una scienza esatta, ma solo una formula il cui esito dipendeva dagli occhi di chi guardava.
Poi ripensò alle parole di Atem di quella mattina: le carte erano come una piantina stradale, le aveva detto. Mostrano le vie possibili, ma non certo obbligatorie. Un modo come un altro per aprirsi la mente a più possibilità.
    -    ...la seconda- gli disse poi, dopo un attimo di pausa – Dalla tua sinistra-
    -    Mh! Non crederai mai a cosa è tornato!-
    -    Fammi indovinare? La Persuasione?-
    -    Esattamente. La previsione della precedente volta è confermata-
Aki sorrise amaramente. Altri guai in arrivo, sembrava dire. E figurarsi.
    -    Vuoi voltarne un'altra?-
    -    Quella subito dopo-
    -    ...Oh. Interessante-
    -    Cosa c'è di interessante?-
    -    Sai cosa si è rivelato?-
    -    No. Cosa?-
    -    Diciassettesimo Arcano, La Speranza-
Per un attimo fu tentata dal chiudere la telefonata. L'ironia era troppo sottile.
    -    Che-che cosa vuol dire?- domandò poi, la gola secca.
    -    Lo sviluppo di intuizione e di forza. Illuminazione e nascite. Ci sarà anche, se accompagnata da insoddisfazioni, una piccola soddisfazione in egual misura-

    -    Mi stai quindi dicendo che potrò vedere quel covo di serpi saltare in aria?-
    -    Ahahah! Sì, mettiamola così. Ecco, proprio questa rabbia che ti porti dentro: verrà quietata, e ci saranno anche riconciliazioni-
    -    Riconciliazioni, eh? Vorrei proprio vedere-
    -    Non disperare, Aki: tutte le privazioni del passato verranno debitamente ripagate-
    -    Tu dici?-
    -    Certo. Basta che ricordi la Persuasione. O la Forza. Cambiano i nomi ma non i significati-
    -    ...Ci proverò-
    -    Brava, quello che volevo sentirmi dire! Se poi, oltre che a provare, riesci anche, saremo tutti più contenti, soprattutto tu. Domani sera hai la serata libera-
    -    EH?!-
   -    Non prendermi per filantropo o chissà cosa: è nel mio interesse che tu mi lavori con la stessa efficienza dei giorni scorsi, e non puoi attingere a quell'energia se sei così turbata nell'animo. Avrei preferito farti riposare stasera stessa, ma io sono assente, ho altre...questioni urgenti a cui pensare-
Aki ripassò in mente la figura di Mana.
    -    E tra l'altro, anche Yusei riposerà domani. C'è meno urgenza di personale nella prossima serata che in questa. E poi so che vi divertite quando io non ci sono! Per cui non voglio privarti di questo divertimento!-
Aki ebbe la conferma ufficiale di avere a che fare con un matto.
    -    Solo, so che ti chiederò l'impossibile, ma ci provo lo stesso: puoi dare un occhio a quei mattacchioni e evitare che bevano in servizio?-
    -    Li minaccerò dicendogli che il Grande Fratello li sta guardando-
    -    Brava! Peccato che lì in mezzo solo Yusei abbia letto 1984. Forse lo ha letto anche a Judai, ma non sono sicuro. Per cui ti basterà ricordargli di un certo Terzo Occhio-
Mentre chiudevano la comunicazione, Aki ripensò alla mattinata in cui Atem le aveva letto le carte, nel suo ufficio, e alla strana sensazione di essere scrutata, effettivamente, da un terzo occhio.
Sembravano tutti prendere quella caratteristica troppo sul serio, per considerarla solo uno scherzo.


****


    -    ...Io non voglio sapere cosa sta succedendo. Sono appena arrivato e sono già stanco-
Yusei si stropicciò gli occhi, costernato, mentre scorreva rapidamente la home di Instagram sul suo smartphone. Aki si voltò verso la direzione da cui sentiva quella musica: esattamente dal basso, dalla scala da cui si saliva per accedere alla terrazza. Judai si voltò ad osservare i due bartender mentre facevano la loro rumorosa entrata in scena, seguiti da Yuzu e Kotori. Più di tutto, ad attirare la loro attenzione, fu Yuma, o meglio il suo profilo che sembrava aver guadagnato una strana protuberanza cubica. Dovettero attendere che si avvicinasse un po' di più perché si rendessero conto trattarsi di un piccolo altoparlante bluetooth. Aki sgranò gli occhi, incredula, mentre Judai si piegò in due dal ridere e Yugi, intento ad apparecchiare la seconda metà del bancone, si affrettava a cercare qualcosa sul cellulare senza smettere di ridere.
    -    Ahahaha, molto divertente, massa di squilibrati- commentò Yuma sarcastico, ghignando beffardo – Divertitevi pure finché non si stacca!-
    -    Ohohoh, puoi giurarci!- esclamò Judai, asciugandosi una lacrima spuntata alla base dell'occhio destro – Preparati per un'infernale serata!-
    -    Yuya, amico mio...ti voglio un bene dell'anima, mi getterei nel fuoco per te, ma GIURO a volte ho voglia di riempirti di cazzotti-
   -    Oh andiamo dai! Ti stai divertendo un sacco anche tu!- protestò l'altro, fronteggiandolo con un grosso sorriso – Hai sparato tutte quelle canzoni idiote in auto! Questo sbandato ha l'intera discografia apparsa fino ad ora su tutte le versioni uscite di Dance Dance Revolution! Io non potevo crederci!-
    -    Meglio di quell'Oppa Porcaputtanaharottolepalle Style!-
Senza aspettare la sua risposta, Yuma allungò una mano e artigliò gli occhialetti del compagno, tirandoli quel che bastava per farglieli schiantare in faccia. Yuya sobbalzò all'indietro, gridando di sorpresa, prima di alzargli gli occhialetti e scoppiare a ridere come un idiota: due invidiabili cerchi rossi gli contornavano gli occhi diversi.
    -    Chi ha messo Dark Horse ora?!- sbottò Yuma tra le risate, quando sentì la musica partire dall'altoparlante.
   -  Perdonami Yuma, non ho resistito!- esclamò Yugi, ghignando dietro il bancone degli stuzzichini, mentre gli mostrava lo smartphone con uno sventolio.
    -    TU?! Tu non eri quello che ascoltava gli Avenged Sevenfold a colazione, pranzo, cena e merenda?!-
    -    Ringrazia Atem, è lui che mi ha azzeccato questa canzone-
    -    Atem?!- Yuma era semplicemente allibito – Quello che ascolta musica classica?!-
    -    Se per musica classica intendi i Rhapsody Of Fire, sì, parliamo di quell'Atem-
    -    Quelli o gli Alestorm-
    -    Gli Alestorm li ascolto io. Lui sente spesso gli Orphaned Land, sai...Estarabim, Estarabim!-
    -    ...e gli piace Katy Perry?!
    -    Da morire-
    -    Perdonami ma non lo vedo proprio a cantare California Girls sotto la doccia...-
    -    Sotto la doccia non canta affatto, infatti-
    -    Yugi era un modo di dire...-
    -    Ma gli piace ascoltare e vedere qualcosa di più leggero e trash, ogni tanto. Avreste dovuto vederlo quando guardò il video di Wrecking Ball la prima volta, era lì per morire dalle risate...-
    -    A proposito, oggi riposa?- domandò allora Yuya, sfregandosi gli occhi. Aki annuì.
    -    L'ho sentito questa mattina- spiegò poi.
    -    Mmmmh. E ti ha anche detto se passava?-
    -    Non direttamente. Mi ha detto che ha delle questioni urgenti da risolvere-
    -    Questioni urgenti le chiama ora, eh?-
Yuya arricciò il naso e si portò una mano sotto il mento, scrutando i compagni durante quell'attimo di silenzio creatosi.
    -    Mana- disse poi, facendo spallucce.
    -    Sì, Mana- lo seguì Yuma.
    -    Definitivamente Mana- annuì Yusei.
    -    Assolutamente Mana- confermò Judai.
    -    Yugi, sei sicuro di voler tornare a casa, stavolta?- domandò Yuma, circospetto.
    -    Non ci torno, a casa- rispose Yugi, con un'alzata di spalle – Sono ospite di Jonouchi. Insieme a Honda e Bakura-
    -    ...ti sei premunito stavolta, eh?-
    -    Diciamo che voglio evitare errori del passato-
    -    Potevi approfittarne per imparare qualcosa quella volta, no?!-
    -    Non ho assolutamente nulla da imparare, fidati-
    -    Questa conversazione sta diventando davvero strana- notò Aki, incerta.
    -    Fidati Aki, questa conversazione è anche troppo tranquilla per i nostri standard- la rassicurò Yusei, con un sorriso divertito.
   -   Sul serio, a volte mi ritrovo ad invidiare la carica erotica di quel tipo- borbottò Judai, sistemando un piatto sul bancone – Ne è completamente circondato! Secondo me anche Mai Kujaku ci ha fatto un pensierino qualche volta!-
    -    Mai Kujaku è stata la prima, credo- notò Yuya.
    -    Ah quindi c'è stato qualcosa tra quei due?!-
    -    Secondo te da dove viene tutta quella confidenza? Nessuno dei due va a sbandierarlo ai sette mari ma è palese-
    -    Bah, non mi stupirei se un giorno entrasse al Pharaoh's con un harem di fanciulle dietro...-
    -    Ehi, hai presente le ragazze del Dark Magician? La moretta, la biondina e quell'altra che cambia colore di capelli ogni settimana, giorno più o giorno meno?-
    -    La biondina non è Mana? O ce n'è un'altra?!-
    -    Ce n'è un'altra! E credo se la intende anche con quelle là!-
    -    Su questo permettetemi di deludervi- avanzò Yugi – Quelle hanno gli occhi puntati su di me-
Aki sbatté gli occhi confusa, nel vedere il resto della crew del Pharaoh's Kingdom, comprese Yuzu e Kotori, voltarsi all'unisono verso il ragazzo e guardarlo tutti con la stessa, lestofante espressione! La rossa indietreggiò, quasi spaventata.
Gli standard di conversazione si stavano alzando molto rapidamente...
    -    Ohoooo, ma davvero! Il prossimo in linea di successione ricalca bene le orme del maggiore!- esclamò Yuya, con sguardo scintillante e una mano ad accarezzarsi il mento.
    -    Anche tu Yugi, cazzo...- borbottò Judai, scuotendo il capo – Come diavolo fai! Ehi, chi si ricorda quella cinesina al contrario? Victoria, Vera, come si chiamava...-
    -    Vivian-
    -    Vivian! Quella fu una conquista da ricordare!-
    -    Quella aveva gusti troppo estremi per me. Quando ha tirato fuori collare e guinzaglio ho avuto seriamente paura...-
    -    Poi davanti ad Anzu perdi la facoltà di pensiero e parola, io non lo so...AHIA! Ma sei matto?!-

Il bicchiere da shot scagliato da Yusei rimbalzò dalla testa del castano sul tavolo degli stuzzichini, con una precisione di traiettoria che sembrava calcolata. Judai si portò una mano al punto colpito, voltandosi a scrutare il compagno con sguardo assassino.
  -    Tu devi solo stare ZITTO!- soffiò Yusei, già armato di un altro bicchiere e pronto ad un altro lancio – Tu che con Alexis hai le capacità di comprendonio azzerate!-
    -    Ma quando mai?! E poi dopo tutto quello che ti ho raccontato, la pensi ancora così su di me?!-
    -    Certo! Perché se nasci tondo non puoi morire quadrato! Per me cretino resti, per il solo fatto di aver impiegato tutto 'sto tempo per decidere di che morte morire, tu e il tuo rapporto con Alexis!-
    -    Ma porcamiseria! Ma ti ho anche spiegato le mie motivazioni! Io--
    -    Prosciutto!-
    -    Che bordello!- esclamò Yugi, allargando le braccia.
    -    Toh, bevici su-
Senza dargli tempo per rispondere, Yusei gli porse un bicchiere collins, pieno di quello che Aki riconobbe come un Cuba Libre. La rossa spalancò gli occhi, sorpresa: quando l'aveva preparato, quello?!
    -    Proprio del bere vi volevo parlare- esclamò Aki, dopo un attimo di incertezza – Atem mi ha chiesto di dirvi che c'è un...un terzo occhio che vi guarda-
    -    Il silenzio fu generale, e molto diverso da quello che li aveva inglobati prima di farsi domande sull'effettiva vita sentimentale del padrone di casa: era un silenzio carico di incertezza e tensione, dove Judai alzò lo sguardo su Yusei e il capobar annuì col capo.
    -    Bevi quello e basta- gli disse poi – A tutti quanti, comprese voi due BESTIE...niente bicchierini in servizio. Facciamo alla chiusura-
Yuma e Yuya non trovarono nulla con cui replicare. Aki rimase ad osservare la scena sconcertata.
E seppe che no, il terzo occhio che aveva intravisto sulla fronte di Atem non era un sogno.

****

Le Harpy Ladies erano un trio di ragazze dalla bellezza disturbante e lo sguardo perforante, oltre ad essere dotate di una voce potente e meravigliosamente evocativa. Sul palco della terrazza del Pharaoh's Kingdom, si stavano esibendo in una serie di pezzi originali e cover, oltre ad interessantissimi mashups, accompagnandosi con il violoncello della giovane dai lunghi capelli rossi, seduta tra le due compagne. Quello, insieme ad altri semplici strumenti, tra cui un rullante, fungeva da accompagnamento strumentale alla loro splendida voce. Aki ne era rimasta assolutamente incantata: tre sensuali ed ammalianti sirene che stregavano occhi e orecchie di chi le ascoltava, e proprio quel loro sguardo la inquietava: sembravano pronte a far di un solo boccone chiunque presente in sala.
    -    Due Cosmopolitan, un Bacardi e uno Strawberry Mojito- disse la rossa, avvicinatasi al bancone.
    -    Iiiin arrivo!- esclamò Yuma, momentaneamente dimentico dell'altoparlante appiccicato alla fronte. Nell'arco della serata, erano state molte le volte in cui era stato messo in funzione, facendo esasperare il giovane bartender.
    -    Atem mi ha concesso la serata libera, domani- continuò Aki, attirando l'attenzione di Yusei.
    -    Lo sappiamo- rispose il moro – Ci ha mandato un messaggio in conversazione-
    -    Conversazione?!-
    -    Sì, abbiamo una conversazione di gruppo sui telefoni, in cui ci scambiamo orari e informazioni lavorative. PURAMENTE LAVORATIVE-
    -    Uffaaaa, sempre a puntualizzare la cosa...- borbottò Yuya, mentre terminava di preparare il primo Cosmopolitan.
    -    In realtà è stata creata dopo che la prima conversazione era stata trasformata in una fiera di tette, gatti e videogiochi-
    -    ...Non voglio sapere altro-
    -    Figuriamoci-
Alle sue spalle, Aki percepì la figura di Judai inchiodare di colpo, quasi qualcosa gli avesse ancorato i piedi al suolo. La rossa si voltò a guardarlo, incerta e, in un certo senso, preoccupata. Era impallidito di colpo, neanche avesse visto un fantasma; ma a fare il suo ingresso in terrazza era stata semplicemente Alexis, impeccabile e bellissima nel suo vestitino bianco ottico. Si guardò intorno, scrutando la folla, e quando si accorse della presenza di Judai si illuminò di colpo e fece per avanzare in sua direzione, salvo poi fermarsi quando Judai le fece cenno di restare lì dov'era. Il giovane chef si slacciò velocemente il grembiule e lo lasciò sul bancone, senza rivolgere né una parola né uno sguardo a Yusei o a nessun altro, gli occhi puntati sulla figura della ragazza.
Le si avvicinò a passo spedito, invitandola ad allontanarsi ulteriormente verso il sentiero d'acqua, lontani dalla folla e dai compagni. I loro discorsi, complici la musica e la distanza, divennero incomprensibili.

    -    Bene, eccomi qui- cominciò Alexis, spostandosi una ciocca bionda dietro l'orecchio destro – Come...come va?-
    -    Bene- annuì Judai, la gola secca – Si lavora, c'è gente, si passa il tempo-
    -    Ah-ha, vedo. Mmmh...novità?-
    -    Nessuna-   
    -    A casa tutto bene?-
    -    Tutto bene-
    -    Yusei? La moto?-
    -    Alla grande-
    -    Aki?-
    -    Bene anche lei-
    -    Bene-
    -    Già-
Seguì un attimo di silenzio, carico di incertezza e tensione. Alexis si torse le mani, tracciò distrattamente un piccolo cerchio con la punta del piede destro, Judai si mordicchiò il labbro inferiore.
Sapeva che sarebbe finita così, a fare il gioco degli sguardi e dei silenzi. Sapeva che quello che aveva fatto avrebbe inevitabilmente causato un punto di rottura nel loro rapporto. Ora dipendeva tutto da lui, se salvare la situazione o continuare a battere su quel punto fino a sfondare la vetrata.
Ormai era da quasi ventiquattro ore che si dava del cretino.
    -    Ascolta...-
Parlarono insieme, all'unisono, con una coordinazione che mai si sarebbero aspettati, neanche si fossero messi d'accordo. Si guardarono in volto, sorpresi, e la situazione si sciolse un pochino, complice la risata imbarazzata di Alexis e il sorriso di Judai.
    -    C'è una cosa di cui devo parlarti- esordì Alexis, guardandolo timidamente negli occhi.
    -    Già, anche io-
    -    Ecco-
    -    Chi comincia?-
    -    Tu, la tua cosa è molto più importante della mia-
    -    E chi l'ha detto?-
    -    Io. La mia cosa viene dalla fiera delle ovvietà-
    -    Mh. Punto tuo. Va bene, allora comincio io-
Judai prese un bel respiro, le mani sui fianchi; strusciò distrattamente un piede a terra, si stropicciò un occhio, prima di alzare di nuovo lo sguardo su di lei.
    -    Sono un cretino-

    -    Ma che diavolo stanno facendo?!- domandò Yuya, incuriosito, gli occhi puntati sulla coppia allontanatasi poco prima.
    -    Parlano Yuya, parlano!- rispose Yuma, accanto a lui, ancora con quello stupido altoparlante appiccicato in fronte – Ma da qui non si sente un tubo!-
    -    Ehi, voi due! Bestie!- li richiamò Yusei, quasi infastidito.
    -    Ehi! Non stavamo facendo nulla di male!-
    -    A parte ficcanasare come due comari! Tornate alle vostre posizioni! Mancano un altro Cosmopolitan e lo Strawberry Mojito, chi ci pensa?-
    -    Tu!-
    -    Ma non penso proprio!-
Di nuovo, nella testa di Aki si formò ancora l'immagine di mamma gatta con i suoi micini: Yusei si avvicinò ai due colleghi e li afferrò per il colletto della camicia, sollevandoli entrambi e riportandoli alle loro postazioni. La rossa trattenne una risata, coprendosi la bocca con un paio di dita.

    -    Sono un cretino- ripeté Judai, meritandosi un'occhiata sorpresa da Alexis – Sono un cretino perché per tutto questo tempo non voluto accettare quello che era ovvio. E mi dispiace che sia stata tu quella ad andarci in mezzo, ma come ti ho già detto sono un cretino e dovrai aspettartele spesso da me, queste idiozie-
    -    Judai, cosa--
    -    Per tutto questo tempo non ho fatto altro che cercare me stesso in altre relazioni, spesso anche complicate. Alcune anche pericolose, c'è stato un periodo in cui me ne andavo con ragazze fidanzate, fai tu. E in tutto questo tempo ti ho...ti ho ignorata, come un imbecille-
Alexis preferì restare in silenzio, limitandosi ad osservarlo con tanto d'occhi.
    -    Io ti avviso, sono un vero fiasco con le relazioni– continuò Judai, prendendole entrambe le mani tra le sue – Non ricordo i compleanni, e semmai mi dirai che hai messo la data del nostro fidanzamento come password del Wi-Fi allora resterò senza internet a vita pur di non chiedertela ed evitare la figuraccia del cretino a cui sembra non importare niente. Le mie abitudini alimentari fanno davvero schifo e non ho pazienza di passare intere giornate in mezzo ai negozi. Non so riconoscere le almeno dieci sfumature di rosa degli smalti e tiro calci nel sonno. E in generale sono un tordo che si rende conto delle cose troppo tardi, quando combina casini allucinanti e rischia di mandare all'aria le relazioni sociali. Per cui, ammesso che tu voglia davvero stare ancora con un cretino di questa portata, sappi che è questo quello che ti aspetta. E anche peggio. Donna avvisata mezza salvata-
    -    Hai finito?-
    -    ...Sì-
    -    Bene-
La giovane annuì, passandosi la lingua sulle labbra e mordicchiandosi il labbro inferiore, lo sguardo basso e le mani ancora strette tra quelle di Judai.
Gli serrò le dita con forza, quasi facendolo sobbalzare.
    -    I compleanni non li ricordo neanche io- cominciò poi – Devo segnarmeli ogni volta sul cellulare ed impostare un promemoria giornaliero per ricordarmene. Sono un fiasco con i regali, e odio farli perché non so mai come uscirmene. La mia password Wi-Fi è sempre stata unoduetrequattro perché mi secca ricordarmi qualcosa di più complicato. Le mie abitudini alimentari sono peggio delle tue, sono solo stata graziata da un metabolismo veloce e da una costanza per gli esercizi in palestra. Sono anni che non faccio shopping al centro commerciale, compro tutto online. Il rosa mi fa schifo. Quando dormo sbavo e bagno tutto il cuscino. E non so cucinare, ogni volta che ci provo rischio di mandare a fuoco la stanza e chiunque capiti nei paraggi. Per cui, ammesso e concesso che io scelga di stare con un cretino della tua portata, sappi che dovrai pensarci tu a nutrire l'uno e l'altra, perché se aspetti me moriremo entrambi di fame-
    -    Sembra sensato. Allora? Che si fa?-
    -    ...Ma come che si fa?!...un tordo. Sei un tordo-
Alexis gli lasciò le mani di scatto, per stringergli il volto tra le sue e azzerare la distanza che li separava con un bacio.

Nel caos generale, l'inequivocabile suono di una bottiglia finita in frantumi arrivò alle orecchie dello chef. A seguire furono le urla e le risate di Yuma e Yuya, mentre Yusei cominciò a sbraitargli contro e a chiedere aiuto per pulire dietro al bancone. Sorrise nel bacio, al pensiero che il capobar aveva FINALMENTE fallito una presa. Strinse a sé Alexis, enormemente sollevato dal fatto di non aver aperto gli occhi troppo tardi.
Col senno di poi, si rese conto che la sua mossa azzardata della sera prima non gli aveva fatto perdere nulla, essenzialmente perché non c'era nulla da perdere. Aveva solo anticipato, con i fatti, quello che provava a parole.
Era strano sentirsi finalmente completi.


****


    -    Sei sicuro di voler stare ancora qui?- domandò Aki, muovendo liberamente le gambe nell'acqua, seduta a bordo piscina.
   -    Certo- rispose Yusei, seduto accanto a lei – Dopotutto sono io che ho insistito affinché Judai se ne tornasse a casa...secondo te cosa staranno facendo, lui e Alex? Io eviterei di ritrovarmi davanti lo spettacolo-
    -    ...Avrei giurato che saresti stato pronto quantomeno a origliare-
    -    Non sono pettegolo come lui, ricordatelo-
Aki annuì e sorrise, voltandosi verso il sole nascente.
A serata finalmente conclusa e a terrazza sistemata, la crew si stava finalmente concedendo il sospirato relax in piscina. L'altoparlante appiccicato alla fronte di Yuma si era poi staccato da sé, complici il sudore e la supercolla non proprio super usata da Yuya; tuttavia, tanto per sottolineare che lo scherzo era stato crudele e l'avrebbe pagata, soprattutto per aver usato quel piccolo altoparlante per sparare orgasmi a tutto volume quando non c'era musica, il giovane vittima della marachella aveva trascinato Yuya in un tuffo in piscina mentre erano ancora vestiti. Roba che Yusei, appena uscito dai camerini, aveva assistito alla scena e si era schiaffato entrambe le mani sul volto, scuotendo il capo e borbottando imprecazioni. Judai e Alexis erano ormai lontani, ma Yuzu, Kotori e Yugi erano rimasti a fare foto stupide ai due barman bagnati come pulcini, mentre si dimenavano nell'acqua come ragazzini.
Yusei alzò lo sguardo sulla ragazza, sorridendo sollevato nel vederla di nuovo rilassata e sciolta. Sembrava che la giornata di ieri non l'avesse impensierita troppo, o quantomeno che stesse provando a non pensarci: encomiabile impegno, si vedeva quanto fosse desiderosa di voltare pagina.
    -    Hai detto di riposare domani?- le domandò poi, disinvolto. Aki si voltò a guardarlo, i due occhi nocciola sbatterono un paio di volte: un gesto talmente femminile che Yusei provò istantaneamente tenerezza.
    -    Affermativo- rispose lei, reclinando lievemente il capo, come a volerlo osservare meglio.
    -    Mh. E se ci vedessimo?-
    -    Qui al Pharaoh's?-
    -    Anche. Ma pensavo a qualcosa di diverso, del Pharaoh's-
    -    Oh?-
    -    Pensavo ad un giro in moto, insieme. La sera-
    -    La sera?-
    -    Immagino che durante il giorno tu abbia delle cose da fare. Io ho da studiare, sono rimasto un po' indietro-
    -    Studi? Non me l'avevi detto-
    -    Davvero? Ero convinto di avertene parlato-
    -    Mh-hm. Cosa studi?-
    -    Astronomia e astrofisica-
    -    Oh, uao! È...insolita, come scelta!-
    -    Lo so, ma ho questo pallino fin da bambino. Mi piacciono le stelle, tutto qui-
Tutto qui. E lo disse con una tenerezza disarmante, facendo perfino spallucce. Un capobar, appassionato di moto, vissuto in quel ciarpame galleggiante che era stato il Satellite, finito in prigione per i suoi amici, e che nonostante tutto continuava ad inseguire i sogni del bambino che era ancora in lui, nascosto da qualche parte.
    -    Immagino sia anche per questo che ti piace uscire la sera in moto, vero?- domandò poi Aki – Per vedere le stelle-
    -    Già, ma non in città. Devo spostarmi più lontano, dove so che le luci cittadine non possono dare fastidio. Belle anche quelle però-
    -    Va bene-
    -    Uh?-
    -    Va bene ho detto. Ci sto. Usciamo insieme-
    -    Mi prometti di vestirti comoda?-
    -    Va bene!-
Rise, cogliendo l'allusione all'incriminato vestitino del giorno prima.
Quello poteva essere davvero considerato un appuntamento.


Decise di aprire gli occhi solo quando il sole diventò più fastidioso. Ancora avviluppata in un unico, grande bozzolo bianco di lenzuola, Mana si voltò sul materasso, inspirando sollevata, sorridente.
Atem non era lì, ma sembrava aspettarla in terrazza, placidamente steso sul divanetto in tessuto, un modello molto simile a quelli che aveva al Pharaoh's Kingdom. Contro la luce del sole, Mana riuscì a distinguere la forma intricata del suo narghilè, posato sul tavolino.
Si districò fuori dalle lenzuola, indossando la vestaglia da camera bianca che Atem le aveva lasciato accuratamente piegata accanto a lei, prima di alzarsi in piedi e uscire sulla terrazza; le gambe indolenzite le davano un'aria deliziosa, ma temeva che quel segno rosso al collo non sarebbe andato via molto presto. Quando finalmente raggiunse il Faraone, lui si accorse della sua presenza e si tirò su, facendole spazio per farla accomodare a sua volta.
Subito entrò nel caldo rifugio offerto dalle sue braccia, un sorriso ad incresparle il volto. Alzò gli occhi verdi verso di lui, osservandolo mentre, con gli occhi ametista fissi verso l'orizzonte, traeva una boccata dal narghilè e soffiava via il fumo, con una noncuranza che sembrava studiata e che, inspiegabilmente, le piaceva davvero tanto, forse troppo.
    -    Dormito bene?- le chiese poi, abbassando lo sguardo per guardarla a sua volta, intrecciando le dita tra le sue ciocche bionde. Mana annuì, sorridendo.
    -    Splendidamente- si limitò a risponderle lei, gli occhi che le brillavano.
    -    Forse ho esagerato un po' stavolta. Le tue compagne non mi guarderanno più allo stesso modo-
Era chiaro che si riferisse al segno rosso sul suo collo, quel marchio di possesso che le aveva impresso in un momento di foga, tra un amplesso e un altro. Mana fece spallucce, senza tuttavia togliersi quel sorriso dal volto.
    -    A me non dà fastidio- rispose – Anzi. Mi piace-
    -    Ti piacciono i morsi. Mh, questa dovrò ricordarmela-
Proprio non riuscì a trattenersi dallo sferrargli un buffetto sul naso, facendolo ridacchiare.
    -    Come mai già in piedi?- le domandò poi, prendendo un'altra boccata.
    -    Potrei farti la stessa domanda-
    -    Mah, ero solo un po' sovrappensiero per i ragazzi-
    -    Ma dai, se la saranno cavata alla grande!-
    -    Sicuro. Ho lasciato un messaggio ad Aki da riferire loro, se sono stati coscienziosi e furbi avranno capito e avranno fatto i bravi-
    -    ...A volte sei spaventoso, sai?-
    -    Lo so! Ma la cosa non mi preoccupa granché-
    -    No?!-
    -    No. Al momento sono più concentrato su come convincere Seto Kaiba a far scendere quelle auto-
Mana annuì, osservando insieme al Faraone le decine di quattro ruote che solcavano l'aria sopra i grattacieli.




_________________________________________________________

Quanto c'è di vero nell'affermazione "il lupo perde il pelo ma non il vizio"? C'è tanto di vero ragazzi, ma tanto davvero.
No che mi ero dimenticata di questa storia! Mai potrei dimenticarmi di nessuna delle mie storie, da quelle che più mi hanno divertito nel scriverle, come questa, a quelle a cui ho importanti ricordi legati, a quelle che si sono rivelate profetiche, come una storia a tema fantasy iniziata nel lontano 2012 e che, complici alcuni avvenimenti degli ultimi tempi, mi sono decisa a riprendere in mano e riscrivere, migliorandone forma e contenuti. Non so se anche quella finirà pubblicata, vedremo come si evolverà.
Sono successe molte cose negli ultimi tempi ragazzi: la mia carriera universitaria mi ha messa di fronte ad una prima, molto dura sessione di esami, e quella che sto attraversando adesso è anche peggio se possibile. In più sono successe cose che mi hanno costretta ad un veloce trasferimento d'urgenza: almeno mi sono avvicinata al mio ateneo, a quanto pare con le sfighe qualcosa di buono arriva sempre!

E con questo capitolo chiudiamo finalmente una questione lasciata aperta da un po' di tempo! Il magico rapporto che unisce Judai e Alexis è ormai definitivamente decollato, Yuma e Yuya cominciano la loro epopea di scherzi cretini e potenzialmente pericolosi, Aki e Yusei continuano il gioco degli sguardi, Yugi continua a essere trattato come la mascotte del gruppo e Atem pensa a come ricambiare il megascherzone mattutino di Seto Kaiba. Mi sembra ordinaria amministrazione insomma!
Fatemi sapere! Sto tornando, arranco un po' ma sto tornando! <3

92Rosaspina
   
 
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