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Autore: nisa95_    21/06/2019    1 recensioni
*Per chi si lascia rapire dalle love story tra umani ed esseri mitologici.*
Tutti sognano di trovare l’amore vero, quello per cui si scalerebbero montagne e attraverserebbero deserti, l’amore che abbatte ogni ostacolo.
Selvaggia è una ragazza di diciotto anni come tante, o forse no. Ultimamente non è più in sè da quando ha iniziato a fare strani incubi... Così fuori di testa, da non riuscire più a distinguere ciò che è sogno da ciò che è reale; ma è solo l'inizio, perchè con l'arrivo di Jareth, un ragazzo nuovo a scuola, le stranezze non faranno altro che peggiorare...
Una storia d'amore e morte, in cui il sentimento lega Jareth a Selvaggia e viceversa, che li porterà ad uno scontro destinato a stravolgere tutto ciò che lei conosce o almeno, così credeva.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Selvaggia, riprese i sensi nonostante possedesse un mal di testa formato famiglia.
Stesa su un letto a baldacchino, solo il bagliore d’una misera candela sul comodino affianco, scorgeva solamente il buio perenne di quella camera. I toni e le stoffe di quella stanza, erano cupi e freddi.
Gli stracci che coprivano il suo corpo però, erano stati sostituiti da un magnifico abito gotico color porpora e le sue ferite, erano sparite...

Come per magia…

La sua.
Selvaggia si studiò minuziosamente le mani, non trovando nessun ematoma o macchia di sangue e quando si ispezionò il viso, toccandolo – non avendo nessuno specchio nelle vicinanze – percepì la sua pelle perfettamente intatta, senza provare dolore. Cosa diavolo è successo?!
Ricordò all’improvviso, il lieve bacio che aveva dato a Jareth, avvampando al solo pensiero.
Ora lei ricordava tutto.
Sapeva davvero chi lei fosse e quali fossero i suoi obblighi.
Era davvero la Regina dell’Erlkönig. La Strega dei corvi che lo aveva sposato per amore.
La sua infanzia, passata a giocare col Re e sua sorella per ore interminabili e poi crescendo, il legame con lui, era diventato sempre più forte, fino a diventare amore puro e solido…
Od almeno, così credeva.
Sapeva che la vita che aveva vissuto fino a quel momento, era stata solo una copertura per proteggere il Cuore e che per farlo, doveva stare lontano dal suo amore… Dal suo Re.

Re che non ha minimamente esitato nel colpirmi e giudicarmi come traditrice.

Corrugò le sopracciglia. Domandandosi con angoscia come avesse potuto anche solo pensare l’Erlkönig stesso, che lei lo stesse tradendo.
No, che l’avesse tradito e abbandonato!
Una lacrima corse lungo la guancia diafana della Strega.
Jareth – ormai aveva iniziato a chiamarlo così – era il suo amato. Avrebbe dovuto fidarsi di lei, della sua Regina che millantava d’amare alla follia.

Amore significa anche fiducia.

Un’altra lacrima sgorgò dagli occhi, per finire sulle pieghe della lunga gonna del vestito. Faticava a respirare tanto quelle sue riflessioni erano soffocanti. Ogni battito del suo cuore era una sofferenza. Il dolore fisico era sparito, ma quello emotivo, l’aveva investita come un treno. Un dolore indescrivibile, che non avrebbe voluto augurare a nessuno.
Come poteva amare “un uomo” che non si fidava di lei? Come poteva amare “un uomo” che non avrebbe esitato un solo secondo nel giustiziarla per alto tradimento?!
Semplice, non poteva… O per meglio dire, non doveva.
Eppure era così; lei lo amava ancora.

Se l’amore è una cosa così bella, perché fa tanto male?!

<< Vorrei non provare niente… >> Singhiozzò nell’oscurità della camera da letto. Ove l’unico testimone era un teschio accanto alla candela, che la fissava con quelle sue orbite vuote, inespressive.
Selvaggia cominciò a piangere in silenzio; rendendosi conto che in quella battaglia, purtroppo era da sola e che nessuno, l’avrebbe salvata.
Nemmeno il suo Erlkönig.
Cercò di farsi forza, asciugandosi le lacrime col dorso della mano, sul viso bagnato e si guardò attorno in cerca d’una via di fuga.
Una cosa era certa, non avrebbe atteso la morte. Le sarebbe andata incontro, perché i problemi andavano affrontati di petto. In qualsiasi situazione ci si potesse trovare, pensava per darsi coraggio.
Ripetendosi quelle frasi come una litania nella sua mente, con cautela, afferrò la bugia in ottone della candela di cera sul comodino, e si fece l’argo con quella, fra le ombre sinistre della stanza dai tetri colori angoscianti.
Prima sarebbe uscita da lì e meglio sarebbe stato.


Jareth, si sentiva esausto come mai prima d’ora.
Ormai aveva perso il conto delle numerose volte in cui aveva provato a buttare giù la porta a spallate e poi a calci, in vano.
Edelweissfee stava cercando – inutilmente – invece, di scassinare la serratura con delle forcine incantate da diverso tempo, e più i minuti passavano, più lui sentiva l’ansia montargli addosso, prendendo possesso dei suoi pensieri. Incupendosi sempre più. Se non fosse uscito da quelle prigioni a breve, avrebbe dato di matto, poco ma sicuro. Aveva addirittura provato a mettersi in contatto telepaticamente con Selvaggia, ma quella dannata porta stregata, bloccava anche la sua comunicazione di pensiero con lei, isolandolo ancora di più.
Sperava con tutto il cuore che lei stesse bene. Che fosse ancora viva…
Era colpa sua in fondo se ora era in pericolo.
 
È solo colpa mia…

Si passò una mano fra i capelli per distrarsi da quella sua frustrazione quando la voce vellutata di sua sorella, lo colse del tutto alla sprovvista: << Non torturarti così. Non potevi saperlo… >>
Jareth cercò di farle un sorriso, ma gli venne solo una smorfia malinconica: << No, ma avrei potuto continuare a fidarmi di lei invece che soffrire inutilmente… >> Gli disse con una profonda tristezza.
Il peso della colpa lo schiacciava a terra come un macigno.
<< Non sei l’unico a non esserti fidato… >> Confessò in fine la Dama Bianca, facendo calare una quiete colpevole fra loro due.
Quiete che venne bruscamente interrotta da una voce aldilà della porta: << Ohi, Vostre Altezze, siete ancore vive? >> Chiese Trock, provando a forzare la maniglia dell’entrata.
Forse non era tutto perduto.
  
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