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Autore: lady lina 77    23/06/2019    1 recensioni
Una nuova fanfiction, una AU (che sarà molto lunga), che parte dal tradimento di Ross della S2. Cosa sarebbe successo se Elizabeth si fosse accorta prima di sposare George, della gravidanza del piccolo Valentine? Cosa sarebbe successo se avesse obbligato Ross a prendersi le sue responsabilità?
Una storia dove Ross dovrà dolorosamente fare i conti con le conseguenze dei propri errori e con la necessità di dover prendere decisioni difficili e dolorose che porteranno una Demelza (già incinta di Clowance) e il piccolo Jeremy lontano...
Una storia che, partendo dalla S2, abbraccerà persone e luoghi presenti nelle S3 e 4, pur in contesti e in modalità differenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Nuovo personaggio, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Clowance aveva deciso di scappare dalla Scozia e di tornare a casa e Jeremy ne aveva compreso i motivi e li aveva fatti suoi, accettando di compiere quell'impresa insieme a lei.

In realtà, essendo più grande, aveva anche mille paure in più di sua sorella: erano lontani da Londra, sarebbero stati due bambini spersi in terra straniera, senza soldi e cibo e avrebbero gettato la loro mamma nella disperazione più nera. Ma di contro, non doveva essere un addio quello ma un far capire proprio alla mamma che non erano disposti a rinunciare alla famiglia che amavano solo perché un padre che un tempo non li aveva voluti, era tornato per reclamare qualcosa che riteneva di sua proprietà.

Jeremy sapeva che sua madre vedeva il signor Ross Poldark e sapeva anche che i rapporti fra uomini e donne adulti erano particolari, complicati e intimi, anche se di fatto non ne capiva ancora tutte le sfaccettature. Non sapeva se essere o meno arrabbiato con lei per il fatto di aver riallacciato i rapporti con quell'uomo che tanto l'aveva fatta piangere, Jeremy rispettava da sempre le scelte di sua madre e sapeva anche che era una donna adulta ed intelligente che sceglieva sempre per il meglio. E che ciò che la univa a Poldark erano faccende 'da grandi', non certo cose da raccontare a un bambino quale lui ancora era.

E poi c'era il signor Poldark... Suo padre, quello di sangue quanto meno. Jeremy ricordava poco di lui del periodo in cui vivevano insieme in Cornovaglia, forse perché non c'era mai e se c'era, non passava troppo tempo con lui e la sua mamma. Solo una cosa ricordava e a quel ricordo ci si era aggrappato per tanti anni, finché non aveva capito che era stata solo una crudele bugia.


"Quando la tua manina sarà grossa la metà della mia, ti insegnerò ad andare a cavallo".


Ci aveva creduto allora, ci aveva continuato a credere anche quando la sua mamma gli aveva detto che suo padre non sarebbe tornato e li aveva abbandonati, ci aveva creduto di nascosto anche quando aveva iniziato a chiamare Hugh 'papà'. Un uomo che fa una promessa a un bambino che è suo figlio, potrebbe mentire? No, per tanto aveva ritenuto impossibile che fosse una bugia.

Poi però la sua mano era cresciuta davvero e lui non era arrivato, quindi aveva capito e aveva deciso. Ed era stato un maestro ad insegnargli ad andare a cavallo, al galoppo, a saltare gli ostacoli e a rialzarsi dopo ogni caduta. Da quel momento Jeremy aveva smesso di credere che i padri amano sempre i propri figli e non dicono bugie e aveva deciso di non aspettarlo più.

Aveva odiato a lungo suo padre e lo aveva fatto anche quando lo aveva rincontrato a Londra. Ora non sapeva cosa provasse, i racconti di sua madre sulla sua nascita e sulla vita in Cornovaglia lo avevano incuriosito ma non abbastanza da spingerlo ad indagare e a parlare con quell'uomo che all'inizio aveva rifiutato con ogni fibra del suo essere ma che poi aveva dovuto accettare come presenza costante nei rapporti che intercorrevano fra lui e i Boscawen. Non sapeva cosa provasse ora, guardava di sottecchi Ross Poldark e gli sembrava una brava persona. E le brave persone non lasciano i loro figli... E la sua mamma sembrava serena e felice e lui voleva che lei lo fosse ma desiderava esserlo altrettanto, quindi cosa pensare? Forse tanti dubbi sarebbero potuti scomparire se avesse avuto meno paura e orgoglio per parlare con lui, ma non ce la faceva. E scappare era più facile. In un certo senso, almeno...

Doveva trovare denaro ed organizzarsi e ovviamente Clowance non aveva pensato a queste cose, né a tutte le difficoltà che avrebbero affrontato. Soprattutto lei, abituata a vivere da principessa, come avrebbe affrontato notti nei boschi e giornate polverose sulla strada?

C'era una cosa che doveva fare, prima di tutto: trovare denaro!

E siccome era un bambino buono che aiutava e faceva tanti lavoretti, perché non farsi dare delle mance? Era una buona idea e tanti suoi amici a Londra, chiedevano monetine per dei lavoretti!

Scese le scale di soppiatto, quando mancavano una manciata di minuti all'ora di cena. Suo zio era stato fuori tutto il pomeriggio a visionare castelli da acquistare, assieme a Ross Poldark e a Dwight e Jeremy aveva deciso di aspettarli all'ingresso per salutare ed eventualmente aiutare lo zio a togliersi gli stivali.

Sua madre, coi suoi fratelli, era già al piano di sotto, a predisporre per la cena con Prudie e le cuoche scozzesi.

Quando arrivò all'atrio lanciò un'occhiata di intesa a Clowance, a cui aveva confidato i suoi piani, che faceva avanti e indietro dalla sala da pranzo all'ingresso e poi, da bravo bambino, si appoggiò a lato della porta in attesa.

Non dovette rimanere lì molto, in pochi minuti il portone si spalancò e i tre uomini fecero il loro ingresso, bagnati come pulcini a causa dell'ennesimo acquazzone.

Jeremy corse loro incontro mentre nel salone da pranzo i gemelli facevano baccano inseguiti da Prudie e Clowance che cercavano di calmarli. "Buonasera!" - disse, cercando di essere formale, a Dwight e Ross. "Ciao zio!" - aggiunse poi in modo più caloroso. "Hai trovato un castello?".

L'uomo sbuffò, alzando gli occhi al cielo. "Sono tutti in rovina! Cadono a pezzi Jeremy, questi selvaggi non hanno effettuato la giusta e dovuta manutenzione. Ma ovviamente che ci si può aspettare da gente che veste con le gonne e suona le cornamusa tutto il giorno?".

Jeremy non rispose, in realtà a lui piaceva il suono della cornamusa che da quando erano arrivati lì, qualche sconosciuto suonava in campagna di sera, facendo giungere la melodia fino alla finestra della sua stanza. Ma questo era meglio non dirlo allo zio. "Cercherai ancora, quindi?".

"Certo, piccolo! Troveremo il nostro maniero e ne diverremo i padroni!" - rispose Falmouth, accarezzandogli i capelli.

L'uomo mise a terra un borsone pieno di pergamene e mappe, chiamando un servo per farselo portare in camera. Ma Jeremy intervenne. "Se vuoi, te lo porto io!".

Dwight e Ross, in disparte, si guardarono accigliati, così come Demelza, appena giunta a salutarli.

Falmouth sorrise. "Bravo bambino! Così si fa o si dovrebbe fare! Rendersi utili, ecco cosa dobbiamo insegnare agli scozzesi!".

Jeremy si mise le mani dietro la schiena, ciondolando soddisfatto. "Devo portarti in camera altro?".

"Sì, se vuoi. La mia giacca è fradicia, ti darebbe fastidio portarla di sopra?" - propose, levandosi l'indumento ormai fradicio.

Jeremy scosse la testa. Forse era maleducato chiedere solo allo zio se avesse bisogno, ma Dwight se non c'era Caroline era meno ricco di quando era a Londra, col signor Poldark non parlava molto e suo zio lo adorava ed era generoso. "Se ti porto su due cose invece che una... mi dai due scellini?".

Falmouth spalancò gli occhi e Demelza intervenne subito. "JEREMY!" - lo richiamò nervosamente, cercando con lo sguardo Ross che, a quella domanda del bambino, era rimasto spiazzato ed interdetto.

Jeremy non si fece scoraggiare. "La mancia, mamma! Tutti ne hanno una, quando lavorano!".

Falmouth per un attimo si chiuse in un mutismo perplesso ma poi, sorprendendo lo stesso Jeremy che credeva si stesse arrabbiando, si aprì a un caldo sorriso. Gli picchiò le mani sulle spalle ridendo rumorosamente e poi si tolse dalle tasche delle monete. "Vedete! E' un Boscawen, ragiona come io voglio che ragioni! QUESTE sono le basi degli affari e della finanza, dell'economia e della politica! Tu fai un lavoro per qualcuno e quel qualcuno deve ricompensarti! Era ora che Jeremy capisse che le cose vanno così, al mondo!".

"Non sono d'accordo e ora Jeremy chiederà scusa!" - lo bloccò Demelza, guardando poi suo figlio con aria severa.

Ma Jeremy la ignorò. "Grazie zio...".

"JEREMY" – lo richiamò Demelza.

Ma il bambino non si fece intimidire. "Mamma, sono le basi per il mio futuro. Mio e dei miei figli..." - concluse, con una fenomenale faccia tosta nel rimanere serio.

"Giusto, giusto e saggio!". Falmouth gli diede un'altra pacca sulla spalla, mettendogli poi in mano una montagna di monetine. "Altro che due scellini, per quello che hai fatto e capito oggi, ne meriti di più! Prendili tutti e tienili da parte! E avrai a breve un tesoretto".

"Ohhh". Jeremy guardò la sua mano piena di monete, tanti scellini che gli sarebbero tornati utili nella fuga. Sorrise soddisfatto, ignorando le occhiatacce di sua madre e lo strano sguardo severo e di disappunto che Ross aveva piantato su di lui. Che voleva ora, quell'uomo? Se voleva vedere sua madre e lei glielo permetteva, andava bene! Ma lui non gli aveva certo dato il permesso di essere suo padre e giudicarlo! Se la sua mamma aveva potuto scegliere, poteva farlo anche lui! Ed era strano stare a pensarci perché in fondo avrebbe dovuto importargli poco nulla di quel che Ross Poldark pensava mentre invece, in quel momento, si rese conto che gli stava piacendo provocarlo e vederne le reazioni. Chissà perché, poi?

Facendo finta di nulla, il piccolo prese la giacca dello zio e la sacca con le pergamene, correndo poi di sopra per riporle in camera. Gliel'avrebbe anche piegata e messa vicino al camino, la giacca, in modo che al mattino avrebbe potuto rimetterla bella asciutta e calda. Sì, era stato pagato bene e avrebbe lavorato bene.

Mentre andava di sopra incrociò lo sguardo di Daisy che, facendo capolino dalla sala da pranzo, lo guardava pensierosa. Ignorò anche lei che sapeva essere furba quanto lo zio anche se era ancora piccola, nessuno doveva capire il perché di quella richiesta di mance a parte Clowance.

E mentre saliva, al suo orecchio, giunsero le lamentele di sua madre e... forse di Ross Poldark... indirizzate allo zio che aveva ceduto alla richiesta di mancia. Beh, il fine valeva i mezzi. Non che si sentisse un bravo bambino e di solito gli faceva piacere aiutare gratis chi amava, ma ora aveva bisogno di soldi e quindi doveva imparare a sviluppare un buon senso degli affari. Lo faceva per il bene di Clowance e per farla stare bene durante la loro fuga e sua madre ne sarebbe stata contenta, se avesse saputo la verità. E anche lo zio sembrava contento! E se erano tutti contenti, tutto era giusto e stava andando bene!

E con quel pensiero, tornò a sentirsi un bravo bambino!


...


Dopo cena, sua madre l'aveva preso da parte e gli aveva fatto una sonora ramanzina, ricordandogli che aiutare chi ci ama va fatto con cuore e non per lucro. Tutte cose che Jeremy sapeva, ma se in quel momento aveva bisogno di soldi e Clowance non si spicciava a trovare un modo per guadagnarli pure lei, che ci poteva fare?

Aveva annuito senza controbattere, quando sua madre ci si metteva era difficile tenerle testa, e allo stesso tempo aveva capito che doveva trovare altri modi per guadagnare denaro. Oppure agire da furbo, in combutta con lo zio, e prendere le mance di nascosto.

Mentre sistemava i suoi abiti e si metteva la camicia da notte per andare a dormire, la porta della sua stanza si aprì e Daisy vi sgattaiolò dentro di soppiatto, con in braccio il suo orsacchiotto bianco. "Che fai?" - chiese la piccola, chiudendo l'uscio dentro di se.

Jeremy non parve sorpreso di vederla. Sua sorella aveva visto come si era guadagnato dei soldi e di certo la cosa doveva averle riempito la testolina di domande. Daisy non era come Demian, era un'osservatrice, credeva poco alle fiabe e ancor meno alle balle delle persone. Certe volte sembrava lei la sorella maggiore di tutti e difficilmente le si poteva tener nascosto qualcosa. "Vado a letto, cosa che dovresti fare anche tu!".

"Mamma ti ha sgridato prima, per aver chiesto i soldini allo zio!" - rispose lei, senza dar cenno di volergli dare retta.

Jeremy si sedette sul letto, indicando il suo salvadanaio. "Sì, ma intanto son più ricco di stamattina".

"A che ti servono i soldi?" - domandò la bimba, osservando il salvadanaio.

"Da spendere!".

"Ma mica li devi guadagnare, se ti serve qualcosa basta chiedere e mamma o lo zio o la nonna, te lo comprano".

Jeremy sospirò. Che doveva inventarsi, ora? Daisy aveva capito che stava nascondendo qualcosa e allo stesso tempo lui sapeva anche che forse rivelargliela, sarebbe stata la strada migliore per tenerla buona. In fondo, a differenza di Demian, lei era da sempre stata bravissima a mantenere i segreti. "Non posso chiedere alla mamma ciò di cui ho bisogno. E' un segreto".

Daisy sorrise con la sua migliore aria da monella. "Me lo dici? Io son brava a tenere i segreti! Ne conosco tanti, di tante persone!".

"Se te lo dico, non lo dici a nessuno?".

"Nessuno, nessuno!".

Jeremy la invitò a sedersi sul letto accanto a lui. Forse Clowance l'avrebbe ucciso se avesse saputo, ma con Daisy bisognava giocare d'astuzia e magari avrebbe anche potuto tornargli utile che lei sapesse. "Io e Clowance ce ne andiamo, torniamo a casa dalla nonna a Londra".

Daisy spalancò gli occhi. "Ma è lontano!? Tornate con Dwight e i cavalli che compra?".

"No, torniamo da soli, scappiamo dalla Scozia di nascosto e torniamo a casa".

Daisy impallidì. "Scappate? Perché?".

Jeremy dondolò le gambette nel vuoto. "Perché abbiamo paura che ora che mamma vuol stare col signor Poldark, ci porti via lontano dalla nonna e dallo zio e dalla nostra casa per tornare in campagna. Se scappiamo e torniamo a Londra, capirà che noi non vogliamo perdere i nostri amici e la nostra famiglia".

Daisy tremò. "Ma... Ma mamma mica vuole portarci via dalla nonna e dallo zio. E neanche il signor Poldark. Basta che glielo chiedi, invece di scappare".

"No, non è così semplice! Lei vuole stare con quell'uomo, lo bacia pure, li ha visti Clowance".

Daisy rise. "Bello!".

"Bello un corno!" - borbottò, indispettito che sua sorella non si scandalizzasse della cosa. "Lui non lo voglio".

"Ma lui è il tuo papà" – rispose Daisy, con una sincerità dolorosa e disarmante che Jeremy non voleva sentire.

"Mi ha lasciato, me, la mamma e Clowance! E tu non puoi capire".

"Perché?".

Jeremy alzò gli occhi al cielo. Era così complicato spiegare le cose a una di quattro anni! "A te nessun papà ti ha mai lasciata".

E Daisy rispose ancora con parole che sapevano metterlo in difficoltà. "E allora chi è quello che andiamo a trovare di domenica al cimitero, che sta sotto il sasso grande?".

Era esasperante, per Jeremy, non riuscire a trovare le parole giuste per farle smettere di dire cose che non voleva sentire. "Lui è morto, non ti ha lasciata".

"E' lo stesso! Poteva guarire e non morire ed essere mio papà! Si che mi ha lasciata".

Jeremy per un attimo rimase in silenzio, incerto su cosa dirle. Daisy aveva a volte dei modi di ragionare strani ed era difficile starle dietro e anche se spesso sembrava illogica, alla fine si rivelava la più saggia di tutti. "Non è che poteva scegliere... Ross Poldark sì! E non ha scelto noi!".

"Ohhh". Daisy ci pensò un pò su, grattandosi il mento. "Ma se tu non lo vuoi come papà, posso prendermelo io se mamma vuole? E se lui vuole? A me piace!".

Jeremy la guardò storto, non sapendo bene che dire. Voleva Ross Poldark lontano? O non voleva condividerlo con nessuno? Non ne aveva davvero idea, era tutto coì confuso quando pensava a lui. "Se... Se ti va! Ma perché ci tieni tanto?".

Daisy si imbronciò, forse esasperata quanto lui per il fatto di non riuscirsi a spiegare. "Tu hai avuto due papà! DUE! Io non ho mai chiamato 'papà' nessuno! Voglio vedere com'è! E poi mi piace quando mi parla e mi prende in braccio, piacerebbe anche a te".

Jeremy le diede una piccola spinta scherzosa, facendola cadere sul materasso di schiena, assieme al suo orsacchiotto. "A te non è mai piaciuto essere presa in braccio. Solo da me te lo facevi fare! Poi è arrivato lui e mi hai abbandonato".

Daisy si tirò su, offesa. "No, non è vero! Mi piaci ancora tu! Ma lui mi fa volare più in alto e mi tiene più forte".

"Solo perché è più alto di me!" - le fece notare Jeremy. "Davvero ti piaccio ancora?". Da sempre si era sentito onorato di essere il preferito di Daisy che non voleva mai nessuno ma che quando faceva i capricci cercava lui, facendolo sentire importante. E da quando Ross Poldark era entrato nelle loro vite, aveva preso un pò dell'affetto della sua sorellina che in lui aveva trovato un nuovo eroe.

Daisy annuì. "Certo che mi piaci! Tu e Clowance, anche se non volete, siete di Ross Poldark! Demian è di mamma, ma io? Io non sono di nessuno a parte te. E Prudie".

Il cuore di Jeremy prese a battere più forte. Davvero era lui il suo punto di riferimento? Lei, che era la principessina della casa e l'erede più grande di Falmouth per diritto di sangue, lei che sarebbe stata l'amore più grande di Hugh se fosse stato vivo, preferiva lui? Si sentiva onorato e lusingato e spinto da questi sentimenti, la abbracciò. "Grazie! Ma anche tu sei di mamma, come noi".

"No, Demian è di mamma!".

Si sentì di dover essere maturo e spiegarle, non voleva che pensasse qualcosa del genere perché pur con tutti i dubbi del mondo, Jeremy sapeva che le cose non stavano come pensava lei. "Demian sta sempre attaccato a mamma, per questo lei ce l'ha sempre vicino. Stalle attaccata pure tu e sarà lo stesso che con lui".

Lei scosse la testa. "Io non voglio stare attaccata alle persone, mi da fastidio!".

La guardò storto. "E allora non ti lamentare, mamma semplicemente rispetta ciò che vuoi".

Daisy non sembrava ancora convinta. "Ma se scappo io e se scappa Demian, mamma piange più per Demian secondo me!".

"No, piangerebbe uguale per tutti e due! E quando vi riprende, vi fa il sedere viola uguale a tutti e due!". Fu conciso e fermo, nel dire quelle parole. Se per caso Daisy stava pensando di scappare con lui, era meglio che si togliesse di testa SUBITO quel pensiero.

Daisy rise davanti a quella velata minaccia. "E allora anche tu e Clowance le prendete, se scappate".

"Sì, ma noi siamo obbligati".

La piccola sospirò. "Ma poi se vai via, io resto sola! Ci rivediamo a Londra?".

La abbracciò di nuovo, per tranquillizzarla e per farle capire che sarebbe stato per sempre il suo fratello maggiore e il suo punto di riferimento. "Certo, te lo prometto".

Rinfrancata, Daisy saltò giù dal letto, avvicinandosi alla scrivania e prendendo in mano il salvadanaio. "Son pochi soldini, Clowance costa cara da portare in giro!".

"Non sono pochi!".

Daisy insistette. "Sì che sono pochi, con questi non arrivi nemmeno alla fine del bosco, con Clowance!".

Le si parò davanti, con le mani sui fianchi. "Non sai nemmeno contare, ancora! Come fai a sapere che sono pochi?".

Daisy alzò le spalle. "Lo zio dice che i Boscawen sanno riconoscere il valore dei soldi, sempre!".

"Ma resta il fatto che non sai contare!" - la rimbeccò lui.

"Ma resta il fatto che sono una Boscawen!" - ribattè lei. "E tu sei povero! Ma io posso aiutarti! Quando faccio la brava e mangio tutto, Mary mi da sempre di nascosto un soldino di premio!".

Jeremy si illuminò in viso. "E vuoi darli a me?".

"Sì, certo, basta che poi ci rivediamo!".

Era commosso da tanta generosità, adorava Daisy. "Davvero? Grazie!".

Daisy fece un sorriso furbo. "Grazie a te! Lo zio mi ha spiegato che se dai soldi a qualcuno, poi te ne devono restituire di più di quelli che gli hai dato! Io ti presto i soldi e poi divento ricca!".

Jeremy deglutì davanti a cotanta faccia tosta ma santo cielo, aveva bisogno dell'aiuto di tutti! E lei era una Boscawen fatta e finita, che ancora non sapeva leggere e scrivere ma già conosceva le basi dell'economia che a lui aveva spiegato il maestro. "D'accordo, ti ridarò gli interessi. Ma tu non dire niente a mamma e a nessuno! E' un segreto!".

Daisy annuì. "Sì, ma... Quando vai?".

"Quando si presenta l'occasione giusta!".

"Sicuro? Magari nessuno ti vuol portare via e il signor Poldark ti vuole tanto bene".

Jeremy sospirò, ancora incerto se sperarlo o averne paura. "Avrà te! Mica vuoi chiamarlo papà?".

Daisy alzò le spalle. "Sì, ma lui vuole essere chiamato così da te! Vuole te e Clowance, vuole voi più di me".

Jeremy, come successo poco prima, si sentì di consolarla. Era brutto non sentirsi di nessuno e a lungo lui aveva provato, seppur in circostanze diverse, i sentimenti che ora viveva Daisy. E non voleva che la sua sorellina si sentisse così! Hugh sarebbe stato orgoglioso di lui, ne era certo, era stato proprio lui ad insegnargli che l'amore vero esiste in tante forme ed era stato sempre lui ad affidargli il difficile compito di fratello maggiore e protettore dei più piccoli della casa. "Quando mamma e papà-Hugh si sono sposati, lui ha voluto bene a me e Clowance come poi ne ha voluto a te e Demian quando siete nati. Quando un adulto vuol bene a un bambino, gli vuol bene e basta. E tu al signor Poldark piaci! Non vuole te più di me!".

Daisy lo abbracciò, forte, anche se forse non era convinta del tutto dalle sue parole. "Grazie... E sta attento quando vai in giro con Clowance per tornare a casa da nonna!".

Jeremy annuì. "E tu, ricordati di mantenere il segreto!".

"Sì, lo farò!" - rispose lei, cercando conforto nell'abbraccio al suo orsacchiotto. "Però...".

"Però?".

"Posso venire con voi?" - azzardò.

Jeremy sbuffò, se lo aspettava... "Non ne hai motivo, lo hai detto proprio tu che ora potresti avere un padre!".

Incerta, Daisy strinse a se l'orsetto. "Sì ma voglio anche stare con te! Dai, portami! Sono brava, ho già quattro anni quasi e mezzo, cammino veloce e mangio anche poco".

Jeremy le accarezzò la testolina. "Non puoi! Solo chi ne ha motivo può scappare e tu non ne hai! Chi è come te, a casa, ci torna in carrozza, mica a piedi per boschi e paludi".

Daisy sbuffò rumorosamente, per nulla spaventata dall'eventualità di un viaggio complicato e pieno di insidie. "Sembra bello".

Jeremy le sorrise, sapendo quanto in lei fosse radicato uno strano spirito d'avventura e scoperta. "Sembra bello? Con Clowance?".

Daisy ridacchiò. "No, con Clowance no!" - dovette ammettere.

"E allora, resta con mamma!".

"Va bene".


...


Era calata la notte e dal ballatoio del maniero, con indosso uno scialle di lana verde, Demelza osservava il selvaggio paesaggio che li circondava, cullata dal soave suono di una cornamusa che qualche pastore stava suonando nei boschi lì accanto. Si accarezzò il ventre, forse non più così piatto anche se ancora nessuno se n'era accorto, chiedendosi per quanto avrebbe potuto mantenere quel segreto. Era ormai, a occhio e croce, al terzo mese di gravidanza e nel giro di poco anche un cieco si sarebbe accorto che era incinta.

Ma quella sera aveva ben altri pensieri per la testa e tutti rivolti ai figli che già erano nati. Era indispettita con Jeremy e col suo strano comportamento e non capiva perché suo figlio fosse diventato improvvisamente tanto interessato ai soldi. Non era da Jeremy chiedere denaro in cambio di un gesto gentile o una mano tesa a chi aveva bisogno e se conosceva suo figlio come credeva, sicuramente c'era qualcosa sotto ma non aveva idea di cosa fosse! Se lui voleva mantenere un segreto, era pressocché impossibile cavargli una mezza parola di bocca e nemmeno tutte le sgridate del mondo gli avrebbero fatto cambiare idea. Guardò il cielo e le stelle, chiedendosi se e dove avesse sbagliato e se quella vita che stavano conducendo, fosse effettivamente quella più giusta per lei e i bambini. Troppo aveva lasciato correre, in passato, tante volte aveva taciuto quando Falmouth aveva inculcato nella testa dei bambini idee sul suo stile di vita ideale che lei invece non approvava e ora questa educazione forse iniziava a chiedere il conto.

Di soppiatto sentì dei passi farsi vicino e voltandosi, si trovò Ross alle spalle.

"Prenderai freddo, se te ne stai fuori a quest'ora, con indosso solo quello scialle" – le sussurrò, baciandola sulla nuca e stringedola a se.

"Il freddo e il silenzio mi aiutano a pensare!".

"A cosa devi pensare?".

"A cosa passa nella testa di Jeremy! Lo hai visto anche tu, oggi".

Ross si oscurò. "Sì e non mi piace. Ma non posso dire niente, non posso fare paternali e sono contento che tu gli abbia fatto una ramanzina dopo cena. Funzionerà?".

Demelza scosse la testa, scettica. "Con Falmouth dalla sua parte?".

Ross le accarezzò il viso, cercando di darle conforto. "Eppure Jeremy non mi sembra un bambino avido ma al contrario, un ragazzino gentile e sensibile".

"Lo è, infatti. Oh Ross, ho così paura che stia architettando qualcosa".

Lui la strinse a se ancora più forte. "Cosa potrebbe architettare con qualche scellino? Su, sta tranquilla! Forse desidera qualche giocattolo o farti una sorpresa e sta racimolando i soldi per portare a termine ciò che si è prefissato".

Si sentì sciocca ad essere tanto apprensiva e forse non lo sarebbe stata se i suoi figli fossero cresciuti dove avrebbero dovuto. "Lo spero. Anche se a volte, spesso, vorrei essere meno ricca, più libera e povera e crescere i bambini dove sono nati, nella loro terra".

Ross la baciò, sulle labbra stavolta. "Nampara?".

Demelza deglutì. Nampara... Da quanto tempo non sentiva pronunciare quel nome? Quella casa che era diventata la sua casa, a cui erano legati i ricordi più belli della sua vita ma anche i più terribili, degli ultimi mesi che vi aveva trascorso. "Ricordo il giorno che ho chiuso quella porta dietro di me, con Clowance in braccio e Jeremy per mano. Nevicava, faceva freddo e Prudie aveva con se una piccola borsa con le poche cose che avevamo. E' stata dura dire addio a Nampara e per tanto l'ho sognata. Anche quando ho partorito i gemelli, la desideravo".

Con un gesto gentile, Ross le accarezzò le guance. "Non era un addio, faremo in modo che non lo sia! Tu non hai idea di come vorrei tornarci, manco da oltre un anno dalla Cornovaglia e prima o poi dovrò tornarci per andare a dare un occhio alla mia miniera e salutare coloro che lavorano per me e la mandano avanti al mio posto. Vieni con me".

"A Nampara?".

"Sì, tu, io e i bambini".

Demelza sorrise tristemente. Faceva quasi paura sentir dire a Ross quelle parole e credere che fosse possibile tutto quello che lui diceva. "Falmouth non ne sarebbe contento e nemmeno i bambini".

Ross le prese le mani nelle sue, la attirò a se e la baciò a lungo sulle labbra, accarezzandole i capelli rossi che le ricadevano sulla schiena. "Falmouth non comanda le nostre vite. Siamo io e te! E i bambini! Solo loro dobbiamo portare dalla nostra parte, gli altri non c'entrano e lo sai anche tu. Sei la loro madre e la tua autorità vale più di quella di chiunque altro, anche per quel che riguarda i gemellini".

"Sì, tutto questo è vero, ma ti assicuro che in questo caso, anche gli altri c'entrano! Ora faccio parte dei Boscawen e ci sono delle regole! E andare a convivere, anche solo per una breve vacanza, in Cornovaglia, non fa parte delle libertà che mi vengono concesse".

Ross si fece serio e la sua voce tremò mentre con un gesto gentile, si portava alle labbra la sua mano destra. "Non parlavo di convivere! Parlavo della Chiesa di Sawle e di tornare a casa da marito e moglie! Sposarti fu la scelta migliore della mia vita, annullare quel matrimonio la peggiore! E se posso rimediare, non mi lascerò scappare l'opportunità che la vita mi ha dato".

A Demelza mancò il fiato e dovette appoggiarsi al parapetto del ballatoio per non cadere. Stava... Stava chiedendoglielo davvero? Stava chiedendole di sposarlo? Come quel giorno, seppur per motivi diversi, su quel sentiero di campagna? "Ross...".

E lui si inginocchiò, come non aveva fatto allora, tanti anni prima, dove ogni cosa era avvenuta con praticità ma senza romanticismo. "Sposami".

Le gambe le cedettero, si inginocchiò davanti a lui e lo abbracciò. Felice! E non solo per quello che gli aveva chiesto, forse lo avrebbe comunque fatto una volta scoperta la gravidanza. Ma il punto era proprio quello, Ross non sapeva della bimba che aspettava!!! La cornamusa sembrò portare più nitidamente il suo suono alle loro orecchie, come volesse accompagnare con la sua musica quel momento speciale fra loro e lei decise che era il momento giusto per dare una risposta e riprendersi in mano la sua VERA vita. "Sì! Sì che ti sposo, Ross Poldark!".

Lui la strinse a se, commosso, felice, affondando il viso nel suo collo e riempendola di baci gentili. "Ti amo..." - sussurrò al suo orecchio. "E forse non te l'ho nemmeno detto troppo spesso".

Demelza lo fronteggiò, appoggiando la fronte contro la sua. "Anche io ti amo! Sempre, da sempre... E nulla, mai nulla per quanto buono, gentile e romantico era nel mio destino, a parte te". Non era un addio ai sentimenti provati per Hugh, non era un rinnegarlo perché insieme erano stati felici e avevano saputo costruire un matrimonio sereno, arricchito dall'arrivo di bambini senza i quali non avrebbe più saputo vivere, ma un ammettere che niente e nessuno avrebbe potuto essere ai suoi occhi quel che era Ross. Ross era nel suo destino e per quanto la vita e gli errori passati li avessero divisi, erano destinati a ritrovarsi. Ora era felice, come non succedeva da tanto! Hugh avrebbe sempre e per sempre avuto un posto speciale nel suo cuore, un posto solo suo. Ma era il momento di andare avanti e riprendersi in mano la sua vita, quella a cui era destinata da sempre!

Ross la ribaciò con passione e infine, senza fiato, la aiutò a rialzarsi, sistemandole poi lo scialle sulle spalle. "Copriti, non vorrai ammalarti nella sera più importante della nostra vita!".

Demelza rise, stringendosi a lui e lasciandolo cingerle le spalle per riaccompagnarla in camera. Era così bello vivere quel lato romantico e pieno di premure che nel loro rapporto era sempre un pò mancato.

Rientrarono nel silenzio generale, tutti ormai erano a dormire e doveva essere tardissimo. Salirono al piano superiore e quando lei fu davanti alla sua camera, dalla stanza delle bimbe sgattaiolò fuori Daisy. "Mamma!".

Lei e Ross la guardarono, sorpresi che fosse ancora sveglia. Demian lo era di certo, non si addormentava senza di lei, ma l'orsetta?

Demelza le si avvicinò, preoccupata. "Tesoro, stai male?".

"No, volevo chiedere una cosa?".

"Cosa?".

"Se Demian sparisce, tu piangi?".

Demelza guardò Ross in cerca di spiegazioni a quella strana domanda e poi ancora Daisy. "Certo" – rispose, incerta.

"E se sparisco io? Piangi?".

"Certo tesoro".

"Come piangi per Demian?".

Demelza sospirò, forse capendo quale fosse il problema. Non si era mai accorta che Daisy fosse gelosa... "Certo! Ma non succederà! Mamma col cavolo che permette a qualcosa o qualcuno di farvi sparire! Nessuno deve toccare NESSUNO dei miei bambini!".

Ross intervenne, inginocchiandosi accanto a loro. "E io l'aiuterò in questo, te lo giuro!".

Daisy lo occhieggiò. "Speriamo! Perché magari serve il tuo aiuto, signor Poldark!".

Ross le sorrise, scompigliandole i capelli. "Mi sa che la gente che lavora quì, vi racconta troppe leggende sugli elfi scozzesi delle campagne e ti sei un pò spaventata. Per questo eri preoccupata?".

Daisy ci pensò su. "Mhhh... Sì, per questo!".

Demelza sorrise, era tenero che Ross pensasse che Daisy si lasciasse spaventare da qualche favoletta, ma lei aveva capito bene quale fosse il vero problema. Demian era molto legato a lei e di fatto, anche se cercava di dividersi equamente fra tutti i suoi figli, lui assorbiva gran parte delle sue energie e del suo tempo. Afferrò velocemente la bimba prima che scappasse, la strinse a se e la prese in braccio. Lei tentò di divincolarsi come sempre ma non la lasciò andare, voleva che Daisy sentisse la forza del suo abbraccio e quanto la amasse e rispettasse la sua indipendenza. "Catturata! Da me e nessun altro!" - esclamò, ridendo.

Daisy tentò una debole difesa ma poi si abbandonò a quella stretta e la abbracciò, cingendole le spalle con le sue braccia esili.

Ross sorrise, accarezzando i capelli di entrambe. "Vuoi dormire anche tu con la mamma?".

"Noooo! Mica sono Demian!" - rispose lei, piccata.

Ross le strizzò l'occhio. "Pure Demian fra un pò dovrà imparare a dormire da solo come te. Non credi sia ora?".

Daisy sospirò. "Sì, io sì! Lui e mamma, no!".

Demelza le fece il solletico sul pancino, rimettendola a terra. Grande verità e grosso problema e in effetti era ora di risolverlo. Per tanti motivi... "Su, prenderai freddo, fila a dormire!".

Soddisfatta, Daisy le ubbidì. Le diede un bacio sulla guancia e poi, inaspettatamente, lo diede anche a Ross. E poi di corsa, sparì in camera sua.

Demelza sospirò. "Dobbiamo andarcene dalla Scozia, rende i miei figli strani! Prima Jeremy e ora Daisy...".

Ross le prese la mano, baciandola. "Abbiamo una meta da raggiungere in caso di fuga, no?".

E lei sorrise, un sorriso caldo e gentile. "Sì, l'abbiamo decisa poco fa!".



  
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