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Autore: _astronaut_    26/06/2019    2 recensioni
Peter non riesce più a stare in casa Stark, schiacciato dal dolore proprio e altrui per la dipartita di Tony. Esce, e si rifugia nel boschetto sul retro, lasciando che le lacrime scorrano copiose sul suo viso, convinto che nessuno si sia accorto della sua piccola fuga. L'occhio attento di Strange, però, lo segue da lontano. E alla fine, lo Stregone decide di raggiungerlo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doctor Stephen Strange, Peter Parker/Spider-Man
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Little talks
Words fell out like water
Tangled in our thoughts
I just want to hold you
Buy you won’t let us move on
  • Lany, Taking me Back
 
Lo guarda sparire tra le fronde della boscaglia circostante casa Stark, le spalle ricurve a sostenere un fisico troppo stanco per appartenere a un ragazzo così giovane, le gambe fasciate in un completo scuro, elegante, nuovo per l’occasione, che lo trascinano fiaccamente lontano da quel dolore che lui, forse più di tutti, non riesce a sopportare.
 
Forse perché è già la seconda volta che lo prova.
 
Gli occhi cristallini di Strange seguono la figura di Peter, assottigliandosi per riuscire a scorgerlo fino a quando il giovane si lascia avvolgere dai colori dorati degli alberi al tramonto, sparendo dalla visuale altrui.
“Credo che tu debba andare da lui” gli sussurra Wong a qualche centimetro dal suo orecchio “Sei l’unico che riuscirebbe a parlargli”
Stephen scuote la testa, storcendo appena il naso. “Temo di essere l’ultima persona al mondo con la quale Peter voglia avere a che fare, Wong”
L’amico scuote appena la testa, appoggiandogli la mano sulla spalla, poi sparisce di nuovo tra le poche persone che sono riunite nel dolore per la perdita di Tony.
Anche Stephen si volta e osserva ciò che accade attorno a sé. La sua mente sveglia nota con facilità che l’aria che si respira in casa Stark è pesante. Molto più pesante di quanto si scopre essere pronto a sopportare. Quasi non si respira, il dolore si potrebbe tagliare a fette, e a nulla serve il piccolo, umile rinfresco che Pepper ha allestito: l’acqua, seppur ghiacciata, non riesce a lenire il dolore delle ferite psicologiche che tutti si portano appresso.
 
Forse perché tutto, in quella casa, sa di Tony.
 
Dallo stile delle scale agli elettrodomestici di ultima generazione, dalle grandi finestre al piano di sopra al portico in riva al fiume. C’è ancora il suo profumo che aleggia nell’aria e si mischia a quello di tutti i presenti, attaccandosi ai loro vestiti, come se alla fine lui fosse ancora lì. Il problema è che ognuno è conscio del fatto che Iron Man, il Signor Stark, Tony, non se ne sarebbe mai veramente andato. Il cuore e la mente, talvolta, sono delle brutte bestie.
 
Forse perché Tony non c’è più e nessuno riesce ancora a capacitarsene.
 
Perché alla fine lui era Iron Man, aveva rischiato la morte molteplici volte, ma era sempre sopravvissuto. Lui e il suo ghigno beffardo avevano sempre fatto ritorno a casa, tra le braccia di Pepper.
 
Forse perché tutti, ora, pensano a Morgan, addormentata tra le braccia di Steve.
 
Fa male, fa male al cuore vedere come l’eroe simbolo dell’America stia piangendo lacrime amare e piene di rimpianto, silenziosamente, mentre accarezza dolcemente la testolina dell’erede Stark addormentata sulle sue gambe, conscio del fatto che Tony, il suo ritrovato amico e compagno di battaglia, non avrebbe mai più potuto farlo.
 
Forse perché
 
Forse perché Tony alla fine era un uomo migliore di quanto mai avesse mai voluto far credere, e più di quanto mai avesse lui stesso creduto. Un uomo buono, giusto. Un padre che di sicuro si sarebbe rivelato ottimo.
 
Ma questo nessuno avrebbe mai potuto scoprirlo.
 
La zia di Peter stringe comprensiva la mano di Pepper, che, complice il quadretto di Steve e Morgan, è scoppiata a piangere senza più alcun freno, gli occhi chiusi come a voler cacciare via il dolore lancinante che la pervade in ogni fibra del suo corpo. May sa come ci si sente, ci è già passata. E’ un dolore che va ben oltre il dolore fisico, è come un mostro che dilania l’anima, il petto e il cuore, non ti lascia respirare, ti annebbia la vista. Ti distrugge, pezzo per pezzo, e poi ti lascia, solo, a raccogliere i pezzi di ciò che è stato e che non potrà mai più essere.
A Stephen manca l’aria. Deve uscire di casa, per mantenere il suo contegno da impassibile Stregone Supremo. Non vuole farsi veder piangere, lui che proprio sente di non averne alcun diritto. Alla fine, se Tony è morto è stata solo colpa sua.
 
Una possibilità, gli aveva mimato con la mano. E Tony aveva capito, solo in quel momento, che il mondo avrebbe potuto salvarsi solo tramite un suo sacrificio.
Lui, che aveva tutto da perdere, avrebbe dovuto rinunciare a quel tutto pur di salvarlo.
 
C’era stato un attimo di esitazione, prima che schioccasse le dita. Un attimo in cui probabilmente si era concesso di pensare a Morgan, al suo viso bambino e ai suoi occhi vispi, al suo sorriso dolce e alla sua voce pimpante, per poi rivolgere il suo sguardo a Pepper, la sua amatissima Pepper.
Poi, per amore nei loro confronti, aveva schioccato le dita. Sapendo che non le avrebbe più riviste. Sapendo che non avrebbe mai visto Morgan crescere, innamorarsi, sposarsi, sapendo che non avrebbe mai più stretto al petto il corpo di Virginia, la sera, prima di addormentarsi.
 
“Io sono Iron Man”, e tutto era finito. Così come tutto era iniziato.
 
Sente rimbombare nella sua testa le parole di Wong, ma stavolta la voce è quella di Tony. Si spaventa di sé stesso, Stephen. Si spaventa perché è così vera la voce che si immagina, che si gira di scatto, pronto a trovarsi di fronte Tony vivo e vegeto.
Ma davanti a sé vede solo l’acqua del fiume scorrere placida e imperterrita verso una meta indefinita.
 
Un po’ come la vita, del resto.
 
Decide di raggiungere Parker. Almeno per accertarsi che non si sia scaraventato giù da un albero, o che non si sia sentito male. Strange si ritrova a correre senza che nemmeno se ne accorga, il cuore gonfio di una preoccupazione non troppo razionale e fino a quel momento sconosciuta, e non appena entra nel folto della boscaglia, trova Peter seduto per terra, le gambe stese e molli, la testa appoggiata al tronco di un albero e gli occhi chiusi.
Si concede un attimo per guardare il viso del ragazzo, pallido, smunto e rigato di lacrime. I capelli sono scompigliati e gli ricadono sparsi sulla fronte, e visto così, Peter sembra un povero bambino sperduto.
 
Forse si sente davvero così.
 
“So che sai che sono qui, Peter” esordisce Strange “I tuoi sensi mi avevano di sicuro già sentito arrivare” sospira “Sono qui per…” si ferma. Si blocca, ha un nodo in gola. “Per…”
Peter apre gli occhi, mettendolo a fuoco tra le lacrime che copiose continuano a scendere dai suoi occhi gonfi.  Attende.
Prende un respiro profondo, Strange, per scacciare via le lacrime, la commozione e tutto ciò che non vuole mostrare al resto degli Avengers. Si schiarisce la voce, poi, finalmente, trova la forza per proseguire il discorso.
“Volevo vedere se stessi bene. Ti ho visto andare via, e… Ho pensato che magari volessi qualcuno al tuo fianco”
Peter si morde il labbro, ritirando le ginocchia al petto. “Molto gentile da parte sua. Ma sto bene, davvero”
Strange si abbassa al suo livello, perfettamente consapevole della bugia che il ragazzo gli ha appena detto, senza preoccuparsi troppo di nascondere la verità. Lo sente trattenere il fiato e irrigidirsi, ma Peter comunque non si scosta, accettando la sua presenza. Azzardando la mossa, Stephen appoggia una mano sull’avambraccio del ragazzo, stringendoglielo appena, e sente le difese di Peter crollare miseramente, così come la sua palese bugia sullo stare bene.
 
Perché Peter non sta bene, e questo lo sanno entrambi.
 
Peter è distrutto, spezzato, schiacciato dal dolore per la perdita di quell’uomo che, senza rendersene conto, era riuscito a sostituire la figura mancante del padre che Parker non aveva mai avuto la fortuna di avere. Era riuscito a prendere il posto dello zio Ben. Peter appoggia la fronte sulla mano di Strange e riprende a piangere, più forte di prima.
 
Stephen si sente morire.
 
Gli appoggia delicatamente una mano sui capelli, trovandosi ad accarezzarglieli per fargli capire che tutto sommato Peter non sia solo quanto crede. Anche se si sente la persona meno qualificata a donargli conforto in una occasione come quella, si rassegna all’idea che Wong abbia ragione.
“C’era solo una possibilità” mormora Peter all’improvviso “Perché proprio lui?” gli domanda con il labbro tremante “Perché Tony? Aveva una famiglia, una figlia… C’erano tanti altri eroi che avrebbero potuto farlo e magari sopravvivere” il suo tono di voce si alza, gli occhi si accendono di rabbia. Stephen l’aveva previsto e attende paziente che Peter esterni tutto il rancore che prova. Probabilmente, se Peter gli tirasse un pugno, non si sottrarrebbe nemmeno.
 
In fondo, sente di meritarselo.
 
“Perché lui? Dopo tutte le battaglie che ha affrontato in vita, aveva finalmente trovato la pace. Perché lui?” urla, il ragazzo, le gote arrossate e la voce roca “E’ ingiusto!”
Stephen sospira. “Se ci fosse stato un altro modo, Peter, fidati, avrei impedito con tutte le mie forze che accadesse tutto questo. Avrei impedito la sua morte e quella della Romanoff, avrei fatto tutto il possibile per far avverare quel futuro che tutti avremmo voluto. Ma c’era una possibilità, una soltanto. Doveva farlo lui. Non pensare che io non mi senta in colpa, o che mi senta un eroe per avercela fatta. Ho fatto in mondo che il mondo venisse salvato al prezzo della morte di un mio amico. Al prezzo della morte di un marito. Al prezzo della morte di un padre”
Peter stringe la mascella, trattenendo a stento le lacrime al sentir nominare la parola “padre”.
Perché sì, Stephen aveva ragione. Tony per lui era diventato come un padre. Seppur distante, Stark era sempre presente, tramite qualche regalo, qualche messaggio, qualche chiamata. E quel dannato schiocco si era portato via tutto, lasciando alle proprie spalle solo il desiderio di avere avuto più tempo, più tempo per tentare di salvarlo, più tempo per dirgli quanto gli volesse bene, più tempo per dirgli che era l’eroe, l’uomo, più coraggioso di tutto il mondo. E oltre a quel dannato desiderio, tanti, in quel momento troppi, ma alla fine mai abbastanza, ricordi felici che permeavano la mente delle persone che avevano avuto la fortuna di incontrarlo.
“E porterò questo peso nel mio cuore fino alla fine dei miei giorni” conclude Stephen con gli occhi lucidi.
Peter guarda quell’uomo tanto potente sgretolarsi di fronte a sé. Guarda gli occhi glaciali di Strange riempirsi di lacrime e farne scendere due, prontamente cacciate via con uno stizzito movimento della mano libera che trema più del solito.
“Lei non ha colpe, Doctor Strange” mormora Peter “Non si colpevolizzi. La colpa è solo di Thanos, ma ormai non c’è più nulla da fare. Non abbiamo nessuno con cui prendercela, e quindi colpevolizziamo noi stessi. Lei ha visto una sola possibilità di vincita, che avrebbe potuto non avverarsi, se Tony avesse scelto di non schioccare le dita. Ma il Signor Stark ha scelto. Dolorosamente, ma ha scelto”
“Mi dispiace, ragazzo. Mi dispiace tanto. So quanto Tony contasse per te, e soprattutto quanto tu contassi per lui. Se ha fatto quello che ha fatto, è stato perché non riusciva a sopportare di non averti più al suo fianco. Ha costruito la macchina del tempo solo ed unicamente per salvare te, perché alla fine, Peter, sei stato come un figlio per lui. E voleva riaverti accanto”
Peter abbassa lo sguardo per nascondere le lacrime che, nuovamente, minacciano di rigargli il viso. “Mi manca. E mi mancherà sempre”
Strange annuisce, grave. “Anche a me, che tu ci creda o no”
Si alzano in contemporanea e solo in quel momento Parker si accorge di quanto il Dottore sia alto. Strange lo stringe a sé con un goffo, impacciato abbraccio, all’interno del quale i due trovano la forza per lasciar andare tutto il dolore che, residuo, impesta ancora la loro anima.
Quando si staccano, Strange si schiarisce la voce mentre Peter tossicchia imbarazzato. Quel contatto non era certo stato previsto da nessuno dei due, ma alla fine ha fatto bene a entrambi. L’uomo alza un angolo della bocca, accennando con la testa la direzione della villa e Peter annuisce, lasciandosi andare a un timido, seppur triste, sorriso, grato a Strange per averlo raggiunto e avergli offerto sostegno in un momento così difficile.
 
Si guardano un’ultima volta, poi, in un muto accordo, si allontanano l’uno dall’altro e, fianco a fianco, si incamminano verso casa Stark.

 
 
Angolino disagiato
Eccomi qua, rediviva, tornata dopo un lungo, lunghissimo, inaccettabile periodo di assenza. L’Università e lo sport mi hanno tenuta particolarmente impegnata, e non ho più avuto tempo di mettermi a PC e scrivere qualcosa di decente.
So che ormai sono passati mesi da EndGame, ma dovevo scrivere questa cosa. Dovevo scrivere di Peter, dovevo scrivere di Strange e degli altri. Dovevo scrivere qualcosa di più su quel funerale sul quale mi sono fatta un sacco di pensieri (oltre che pianti, ma dettagli).
E… inutile dirlo, penso abbiate capito che Tony sia il mio eroe preferito: non ho ancora digerito la sua dipartita, e nello scrivere alcuni tratti di questa fic mi sono messa ANCORA a piangere.
Spero che vi sia piaciuta, fatemi sapere se volete (anche se magari vi ha fatto schifo, visto che è da tempo che non scrivo…). Ogni parere, ripeto, è davvero importante.
Vi auguro una buona estate e spero di riuscire a tornare a scrivere con più frequenza e regolarità.
Un abbraccio a tutti
 
_astronaut_
   
 
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