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Autore: Mave    26/06/2019    0 recensioni
[Non Dirlo al Mio Capo]
Rimescoliamo le carte! Lisa ed Enrico sono sposati e hanno tre figli. Non sarà facile gestire la famiglia, soprattutto a fronte di un evento che fa vacillare tutte le loro certezze.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Antonio l’aveva fatta grossa!

Con l’ardire dei suoi otto anni, si era presentato in uno studio legale chiedendo di poter parlare con l’avvocato Diego Venturi.

La segretaria dell’uomo aveva inarcato un sopracciglio a quella richiesta bizzarra anche perché era la prima volta che le capitava di avere a che fare con un ometto che si atteggiava ad adulto.

L’avvocato non l’aveva di certo presa bene quando era entrato nello studio e scoperto che il suo nuovo cliente era poco più alto di cinquanta centimetri.

“Cos’è uno scherzo?”

“I miei genitori sono indifferenti e si preoccupano solo di mio fratello!”

“Queste cose dovete vedervele in famiglia, bambino!”

Antonio si era fatto piccolo, piccolo sulla grande poltrona dove lo avevano fatto accomodare e aveva proseguito con la voce titubante che si abbassava di qualche tono.

“Mio fratello è malato e vogliono convincermi a dargli il mio midollo…”

“Nessuno può costringerti a farlo contro la tua volontà!”

“Nemmeno i miei genitori?”


Diego Venturi si era reso conto di essersi cacciato in una situazione spinosa quando i due genitori in questione erano entrati nel suo studio a rotta di collo.

Era stata una sorpresa scoprire che si trattasse di Enrico e Lisa.

Enrico Vinci : collega e amico di scorribande ai tempi dell’università.

Lisa Marcelli: sua ex fiamma.

Dopo l’imbarazzo e lo smarrimento iniziale, la principale preoccupazione dei due genitori era stata convincere Antonio che nessuno lo considerava un figlio di serie B e che volevano lo stesso bene a lui e a Romeo.

Il bambino era molto combattuto e provato e Lisa gli aveva promesso che avrebbero ascoltato anche il suo punto di vista, ora meglio tornare a casa e, sul tragitto del ritorno, gli aveva promesso un bel gelato tre gusti.

Diego invece aveva invitato Enrico a prendere un caffè insieme nel Bar vicino al vecchio palazzo, sede del suo ufficio.

“Lisa ricorre sempre al vecchio trucco di un bel gelato per calmare i nostri figli. Però ci sono promesse che non sempre si possono mantenere…”

L’avvocato Vinci aveva strappato la bustina contenente lo zucchero e lo aveva versato a pioggia sul suo cappuccino.

“Chi lo avrebbe mai detto che un giorno ti avrei ritrovato, sposato con la più bella del nostro corso di giurisprudenza e per giunta con due figli! E pensare che una ventina d’anni fa eri lo scapolo d’oro più ambito!”

Enrico aveva sorriso, rimestando con il cucchiaino il suo caffè-latte.

“Tre. Tre figli!”

Aveva rettificato.

“Addirittura?”

“Romeo è stato il frutto del nostro amore incosciente e folle; eravamo così giovani quando è nato! Per otto anni è stato il nostro raggio di sole, poi si è ammalato di leucemia. Né io, né Lisa eravamo compatibili per poterlo far guarire e così i medici ci hanno suggerito di mettere al mondo un altro figlio. Antonio, brutto da dire, è quasi la ruota di scorta di suo fratello. Appena nato, le sue cellule staminali sono state usate per aiutare Romeo. E poi c’è Giuseppe, concepito proprio in quell’anno di caos, di incertezze e di grandi cambiamenti…”

Per qualche secondo Diego non aveva saputo cosa dire, poi si era stretto nelle spalle sorseggiando il suo caffè lungo.

“Sembra quasi la trama di quel romanzo di Jodi Picault!”


“Custode di mia sorella ” era stato anche una trasposizione televisiva che tutti in famiglia avevano guardato quando era stato trasmesso sullo schermo piatto del soggiorno, una sera di qualche settimana prima.

L’idea allora era venuta a Romeo…

E aveva subito trovato in Antonio un collaboratore entusiasta. Il piccolo era stufo di andare in ospedale anche se era sano come un pesce, di tutti quei prelievi e quelle punture dolorose…

I genitori avevano iniziato a sospettare di quella strana alleanza. Che Romeo fosse la mente lo aveva scoperto, accidentalmente, Enrico qualche sera dopo.

Il ragazzo stava facendo la doccia e, contrariamente al solito, aveva lasciato socchiusa la porta della sua camera. Per suo padre la tentazione di entrare era stata troppo forte.

Il pc era acceso, incautamente aperto sulla pagina facebook di Romeo.

Enrico vi aveva letto un post che lo aveva allarmato.

Piuttosto soffrire che morire è il motto degli uomini.

La morte è passare soltanto in un’atra stanza.

La grande, tremenda, verità è questa: soffrire non serve a niente !


Enrico aveva deciso di parlare a quattrocchi con suo figlio perciò il pomeriggio seguente lo aveva portato con sé, al club che frequentava sin da ragazzino.

Romeo aveva inspirato a pieni polmoni l’aria di mare: le sue narici filtravano quell’odore salmastro, sentiva il sale sulla pelle.

“Sono fortunato ad essere nato al sole. Il mare ce l’ho dentro!”

Enrico aveva sorriso nel vedere suo figlio così sereno, poi il pensiero di quel lato oscuro della sua vita l’aveva punto come uno spillo.

Il golfo che racchiude Napoli è come se la custodisse e la proteggesse e anche per lui, per tanto tempo, è stato casa.

“Io e tuo zio Tommaso venivamo spesso qui!”

Romeo si era irrigidito di colpo.

Tommaso era sempre stato un fantasma troppo ingombrante, un ricordo troppo doloroso perché potesse anche solo essere menzionato.

“Il giorno che è morto affogato, io lo ricordo benissimo. Ed è così vivido ancora il dolore dei miei genitori, della mia famiglia. Perdere un figlio è disumano, la cosa peggiore che possa capitare nella vita…”

Romeo aveva distolto lo sguardo a disagio, fissando la linea d’orizzonte che separava mare e cielo.

Suo padre sapeva tutto!

“Io non voglio più far soffrire nessuno papà, soprattutto Antonio. Li vedo i sacrifici che fate tu e mamma, le torture che deve subire Antonio, le lunghe giornate che Giuseppe è costretto a vedere soltanto il viso di Perla. Posso anche accettarlo di dover morire ma sono stanco di essere un peso per la mia famiglia!”

“Hai pensato che senza di te cesseremo di essere una famiglia? Se le ragioni per vivere ti sembrano così scadenti, almeno non cercarne una per arrenderti!”

   
 
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