La notte è stellata e lui non è con me
“È così breve l’amore, ed è sì
lungo l’oblio.
Perché in notti come questa la
tenni tra le mie braccia,
la mia anima non si rassegna di
averla perduta.”
[Pablo Neruda – Posso scrivere i
versi più tristi stanotte]
Catelyn
corre aggraziata tra le mura della Fortezza Rossa, con un’eleganza che non ha
sicuramente preso da sua madre e degli occhi azzurri che renderebbero
impossibile dire che non siano proprio quelli della sua genitrice.
Tuttavia,
a parte l’intenso colore delle sue iridi, si ritrova ben poco di lei che
appartiene alla donna che l’ha messa al mondo, in quanto Catelyn somiglia in
tutto e per tutto a suo padre, come se fosse una piccola versione di lui al
femminile.
Sono
ormai quasi quattro anni che Bran Lo Spezzato è
salito al Trono e la pace, per quanto strana ed insolita, regna costantemente
senza interruzioni sin dal suo incoronamento.
I
rapporti tra i Sei Regni e il Nord si mantengono tranquilli, favoriti
sicuramente dalla stretta parentela dei due regnanti e i lunghi anni di guerra
hanno probabilmente scoraggiato i Regni dal tentare sommosse o rivolte di alcun
tipo.
Inaspettatamente,
la Fortezza Rossa si è quindi rivelata un ottimo posto in cui crescere, ormai
rinata dalle ceneri dei suoi passati orrori e divenuta una Fortezza splendente,
dove non si trama più in ogni stanza per uccidere il prossimo e dove i segreti
che serpeggiano si riducono a pettegolezzi di poco conto, invece che degli
antichi sussurri.
Il
lavoro del Re e del Concilio Ristretto si è concentrato sulla ricostruzione di
Approdo del Re e sul risanamento delle finanze del Regno, ridotte quasi al
nulla dopo la fine dell’Ultima Guerra, insieme al mantenimento della pace nei
Sei Regni, compito che Tyrion ha svolto sempre con grande maestria.
Brienne
di Tarth, Lord Comandante della Guardia Reale, ha aiutato
senza sosta il popolo nella ricostruzione, senza mai tralasciare i suoi doveri nell’addestramento
delle nuove reclute e nell’allenamento quotidiano che continua a mantenere con
Ser Podrick, sua fedele spalla destra.
A
causa di questi fattori, Re Bran, appena saputa la
notizia, aveva deciso che Catelyn avrebbe potuto vivere lì, insieme a sua
madre, invece che essere educata nella lontana isola di Tarth.
Forse
anche a causa delle stranezze dei membri del Concilio – un nano come Primo
Cavaliere, una donna con una figlia come Lord Comandante, un mercenario come
Maestro del Conio e un giovane ex guardiano della Notte con due figli come Gran
Maestro -, quella soluzione si era rivelata la migliore e la nascita di Catelyn
aveva portato una ventata di gioia inaspettata, specialmente nel cuore di
Brienne e Tyrion, animando la Fortezza di risate e felicità.
La
prima persona a cui lo aveva rivelato, dopo la conferma di Sam, era stato
proprio Tyrion che, stupefatto, aveva fatto il primo vero sorriso dopo la fine
della guerra.
La
bambina era nata mentre la Fortezza era ancora in ricostruzione e Brienne, al
momento del parto, non si era affatto stupita che fosse una femmina: lo aveva
sentito fin dal primo istante e, già da allora, aveva deciso come l’avrebbe
chiamata.
Aveva
scelto Catelyn perché era il nome di sua madre e, in aggiunta, in onore di
Catelyn Stark che si poteva considerare a tutti gli effetti la causa
dell’incontro tra Brienne di Tarth e Jaime Lannister.
Stringendo
tra le braccia quella minuscola bambina, così fragile e delicata, il cuore di
Brienne aveva tremato di paura più che in tante altre battaglie: lei, un
cavaliere che sapeva destreggiarsi solo con l’acciaio, avrebbe saputo crescere
quella bambina nel modo più adeguato? Avrebbe saputo amarla nel modo migliore
possibile? L’aveva già condannata a una bruttezza che l’avrebbe accompagnata
per sempre come era accaduto a lei?
Se
Jaime fosse stato lì, sicuramente le avrebbe detto qualche battuta sul suo
neonato senso materno, magari deridendola e ricordandole che a portare la
bellezza ci avrebbe pensato lui, oppure avrebbe taciuto, troppo impaurito da
quel minuscolo essere umano che pesava poco meno di tre chili.
Ma
Jaime non c’era.
E
Brienne aveva pianto, tenendo stretta a sé sua figlia, perché anche se sarebbe
stato sicuramente spaventato, era certa che Jaime sarebbe stato felice e fiero,
finalmente, di poter avere un figlio che portasse il suo nome e a cui poter
donare il suo amore senza alcun condizionamento.
Ne aveva
discusso con Tyrion e, con l’appoggio del Re, la bambina aveva preso il cognome
dei Lannister, pur non essendo nata sotto un legittimo matrimonio e non avendo
un padre che l’avrebbe potuta riconoscere.
La
casata dei Lannister, ormai destinata al tramonto, si era nuovamente riaccesa con
l’arrivo di quella nuova leonessa.
Crescendo,
Catelyn aveva iniziato a domandare: dov’era suo padre? Perché non era con lei?
Brienne
le aveva raccontato delle valorose gesta di Ser Jaime Lannister, Comandante
della Guardia Reale prima di lei, del suo eroismo nell’abbandonare Approdo del
Re per sconfiggere il Re della Notte, del suo senso di lealtà che lo aveva
spinto a proteggere la sua regina fino alla fine.
Tratteneva
sempre le lacrime, alla fine della storia, perché faceva troppo male il
pensiero fisso e costante di non essere stata abbastanza.
Aveva
saputo fin dall’inizio che non avrebbe mai potuto essere alla pari di Cersei,
eppure durante quelle notti a Grande Inverno non aveva potuto evitare di
iniziare a sperare che rimanesse con lei. Forse non per amore, ma perché saturo
del tossico legame che lo legava alla sorella.
Ma
Jaime se ne era andato, nel cuore della notte, lasciandola con un vuoto nel petto
e una nuova vita dentro di lei.
Catelyn,
inconsciamente intuendo la tristezza della madre, aveva smesso di chiedere
storie sul padre, ma Brienne aveva continuato a raccontarle, perché sua figlia
doveva essere fiera di suo padre, fiera di essere la figlia di Jaime Lannister.
«Madre,
ma perché papà ha deciso di andarsene?» chiede Catelyn, in una tranquilla
serata.
«Per
proteggere la Capitale e la Regina.»
«Ma
non avrebbe dovuto proteggere te?»
Brienne
sente mancarle il fiato a quella domanda e si impone di stare calma.
«L’ha
fatto. Voleva evitare che scoppiasse una guerra che avrebbe potuto ferire anche
me.»
Questa
scusa se l’era ripetuta svariate volte, nelle fredde notti a Grande Inverno, ma
sapeva benissimo che era soltanto una giustificazione insensata, perché il
motivo era molto più semplice: Jaime aveva scelto Cersei.
Jaime
e Cersei Lannister erano stati portati nel mausoleo di famiglia, a Casterly Rock, dopo la richiesta di Tyrion e l’autorizzazione
del Re e i loro corpi si erano aggiunti a quella lunga trafila di leoni caduti.
Verso
il sesto anno di vita di Catelyn, Brienne aveva deciso di portarla a Casterly Rock, luogo che già le spettava di diritto, ma che
sarebbe andato a lei soltanto dopo la morte di Tyrion, insieme all’isola di Tarth, di cui era anche legittima erede.
L’aveva
portata davanti alla tomba di Jaime, perché era quello che aveva fatto suo
padre con lei, quando sua madre era morta e Brienne ancora ricordava l’importanza
in cui aveva visto quel freddo marmo in cui, ancora a stento, leggeva il nome
di sua madre.
L’aveva
abbracciata, stringendola a sé e le aveva detto di lasciare il fiore che aveva
portato.
«Tuo
padre sarebbe stato tanto fiero di te. Ti avrebbe coperto di regali e di amore.»
«Avrei
voluto conoscerlo.»
«Manca
molto anche a me. Ma, se tu lo porti sempre qui con te,» le dice Brienne,
puntandole un dito sul cuore. «lui sarà sempre lì, pronto a darti forza e
coraggio.»
Catelyn
sorride e, lanciando un ultimo sguardo alla tomba di Jaime, lo saluta con una
mano, prima di uscire dal mausoleo e di mettersi a giocare nel prato lì vicino.
Brienne,
rimasta sola, appoggia le dita su quella superficie fredda e sospira, con un
dolore nel petto che, in sei anni, non si è mai attenuato. È la prima volta,
anche per lei, che si ritrova davanti alla tomba di Jaime.
«Sto
facendo del mio meglio, Jaime. Non è facile e questo compito di genitore mi
spaventa ancora molto. Ora che ho una figlia, non riesco a immaginare come tu
abbia potuto vivere con tre figli che chiamavano padre un altro uomo, non riesco
a figurarmi quanto devi aver sofferto.»
Brienne
prende una pausa, iniziando debolmente a piangere.
«Ti
ho perdonato. Sono stata presuntuosa, perché credevo che avrei potuto regalarti
un po’ di serenità e sono sicura che Catelyn sarebbe riuscita a curare le
ferite del cuore, ma tu hai seguito i tuoi sentimenti e io… l’ho sempre
rispettato.»
Si
strofina gli occhi, imponendosi di non piangere, come ha sempre fatto fin da
piccola.
«Cazzo,
questo discorso non ha nessun senso…» si deride da sola, perché ha immaginato
tante volte di parlargli un’ultima volta, ma davanti a lei c’è soltanto un
blocco di marmo gelido che non parla, non sorride sbeffeggiandola, non la
guarda con quegli occhi verdi che le illuminavano tutta la stanza. «Forse la
verità è che non ho niente da dirti. So le motivazioni che ti hanno spinto ad
Approdo del Re e l’ho accettato e ti ho perdonato…»
Brienne
prende fiato, mentre la verità più dolorosa esce lenta dalle sue labbra: «Il
problema è che mi manchi, Ser Jaime Lannister. Avrei voluto che rimanessi con
me, che crescessi nostra figlia con me, che ti addormentassi la sera con me.
Avrei voluto vedere la tua gioia la prima volta che Catelyn ti avrebbe chiamato
“padre”.»
Un
forte richiamo si diffonde nell’abitacolo e la figura di Catelyn, impaziente,
spunta sulla porta.
«Vieni
a vedere il tramonto, madre!»
Ser
Brienne di Tarth segue la figlia, sentendosi più
leggera e facendosi coraggio, perché, come ha detto a Catelyn, porterà il
ricordo di Jaime nel suo cuore, di come l’abbia resa felice facendola diventare
un cavaliere, di come insieme abbiano creato la loro figlia e di come,
innumerevoli volte ormai, lui l’abbia salvata.
“Poco importa che il mio
amore non potesse conservarla.
La notte è stellata e lei non è
con me.”
[Pablo Neruda – Posso scrivere i
versi più tristi stanotte]
Fine.
Scrivo
questa storia a poco più di un mese dalla fine di GOT, ma mi gira in testa sin
dal momento in cui la serie è finita. Il titolo riprende, ovviamente, i versi
finali della meravigliosa poesia di Neruda.
Lungi
da me creare discussioni o ledere le opinioni altrui, ma faccio parte di quella
cerchia di fans che ritiene che il personaggio di Jaime, nella quinta puntata,
sia stato preso e ridotto all’ombra di quello che non è mai stato.
Un
Jaime che ha perso il suo onore per salvare il popolo dal Re Folle a cui viene
fatto dire, con disprezzo, che non gliene può fregare di meno del popolo; un
Jaime che compie un percorso di vita che lo porta a realizzare quanto l’amore
che provi per Cersei sia tossico e malato, che ritorna su suoi passi,
abbandonando Brienne in quel modo così assurdo.
Per
carità, io non mi aspettavo finisse con Brienne felice e contento (purtroppo),
ma le sue scelte sono state affrettate e insensate: un Jaime che ancora provava
dei sentimenti così forti per Cersei non avrebbe mai fatto l’amore con Brienne,
MAI, e sarebbe corso dalla sorella appena finita la battaglia, non rimanendo a
ciondolare a Grande Inverno.
Ho
letto che molti hanno trovato la sua fine coerente, perché lui è sempre tornato
da Cersei e l’amava follemente, ma non mi sembra affatto una giustificazione
sensata per un cambio di comportamento così repentino.
Se
alla base del legame tra Cersei e Jaime ci fosse del vero amore, forse potrei
comprenderlo, ma il loro rapporto è malsano, tossico ed è qualcosa di cui Jaime
si deve liberare e in tutta la serie ci viene mostrato come lui capisca questa
cosa; come, grazie a Brienne, riesca a capire quale sia un rapporto sano.
Cersei
è stata definita una dipendenza, non l’amore della sua vita: se un amore ti
porta ad essere un assassino, se ti porta a compiere le brutture che ha fatto
Jaime per lei, non è amore! È un sentimento malato, di cui si deve trovare la
forza di liberarsi e Jaime, grazie a Brienne, lo aveva capito.
E
invece nulla, alla fine se ne torna con la coda tra le gambe come se niente
fosse e addio sogni di gloria. Jaime è la parabola di un uomo che non ce l’ha
fatta, come succede spesso nella vita, ma il fastidio più grande è stato che il
suo ultimo gesto sia stato esaltato, perché ci fanno intendere che lui sarebbe tornato
per amore, quando Jaime è tornato soltanto perché non ce l’ha fatta a liberarsi
della sua dipendenza.
A
quel punto, che senso ha avuto Jaime per otto stagioni? A che pro farlo
crescere, se poi è tornato esattamente come prima? Nessuno, perché la fretta
dell’ottava stagione non ha permesso uno sviluppo consono e ci siamo ritrovati
a questo punto.
Oh cielo, ho parlato troppo. Se vi
siete annoiati, vi capisco. Vi dico giusto due ultime notine:
ho immaginato che, temporalmente, Brienne fosse incinta di tre mesi quando si
sono riuniti nella Fossa del Drago (e che, quindi, non si vedesse ancora) e
che, nella scena finale, la figlia fosse già nata da un bel po’ (del resto, per
ricostruire tutto, ci avranno messo, spero, più di un anno!).
Ho
cercato di dare una gioia alla povera Brienne che ha veramente amato Jaime, più
di ogni altra. Che, anche a fronte del suo tradimento, ha messo il suo onore al
primo posto e lo ha amato anche in quella scelta che lo ha condotto alla morte.
Vi
saluto, scusate queste lunghe note, vi mando un bacio e lasciate un commentino!
EclipseOfHeart