Grugnì
un gorgoglio infastidito, un suono rauco e spazientito.
Sentì
qualcuno reprimere uno sbuffo divertito e pure con un forte mal di
testa si costrinse ad aprire le palpebre; con molto sforzo, erano
pesanti, spalancò gli occhi su un soffitto sconosciuto e
saltò su
immediatamente, in allarme.
Mise
a fuoco una giovane donna lì accanto, occhi castani e
capelli scuri,
che la guardava con un gran sorriso stampato in volto; a dispetto
dell'aria rassicurante non sapeva chi fosse, perciò si
lanciò in
avanti con il pugno chiuso, ma il suo colpo andò a vuoto.
La
donna aveva schivato senza nessuno sforzo.
“Piano,
ti sei appena ripresa” disse con voce dolce e un sorriso
perfino
più grande, spingendola facilmente con un tocco gentile in
posizione
sdraiata; nonostante l'espressione accigliata, Sam ne fu grata,
perché le girava lievemente la testa per il gesto repentino.
“Chi
sei?” sbottò comunque minacciosa, seguendo ogni
movimento
dell'altra donna.
Quella
stava maneggiando con alcuni attrezzi chirurgici poggiati su un
carrellino di acciaio e solo in quel momento Sam si accorse che la
stanza sembrava una piccola camera di ospedale, bianca e asettica.
Una
fitta le strinse la gola e deglutì a vuoto.
“Dov'è
coso?”
Si
era ricordata tutto, di colpo.
Questa
volta combatté contro il martellare fitto nelle sue tempie e
si
sedette di scatto, pronta a lanciarsi contro la donna.
“Coso?”
La
sua espressione confusa e sorpresa non la intenerì
né la convinse
per nulla.
Sam
gettò le gambe oltre il bordo del letto e si
avvicinò a passi
veloci, solo leggermente instabile per i primi secondi. Si
piantò di
fronte alla donna e le puntò contro un dito, gli occhi che
scintillavano di cattiveria.
“Coso!
Michelangelo! Dov'è? Come sta? Se gli hai fatto del male, se
lo
tieni nascosto per dissezionarlo e farci esperimenti, se- se-...
giuro che ti uccido con le mie mani!”
Se
Michelangelo era ancora vivo, disse una crudele vocina nella sua
testa. L'esplosione era stata potente e lui aveva preso la maggior
parte del colpo, nel tentativo di proteggerla.
Tutto
quel sangue le tornò alla mente, il sangue di Michelangelo,
e si
guardò le mani, ne erano state ricolme; ma in quel momento
erano
pulite, perfino gli indumenti che portava erano intonsi; era sicura
di essere stata colpita da qualche frammento di vetro e di
calcinacci, ma non ne trovò traccia.
Sembrava
come fosse stato tutto un brutto sogno.
La
donna non aveva reagito alle sue minacce e non si era mossa di un
millimetro durante la sua sfuriata, né durante il momentaneo
blocco.
Sam sollevò lo sguardo su di lei e la trovò a
sorriderle,
bonariamente, con una scintilla di affetto nel fondo degli occhi
scuri.
Sembrava
perfino divertita, leggermente.
“Coso
sta bene, te lo posso assicurare! Non gli farei mai del male,
tranquilla” esclamò pacatamente, indietreggiando
appena da lei.
Sam
la studiò ancora per qualche attimo, come a voler sentire se
le
stesse mentendo; indecisa, non riusciva davvero a leggere quella
donna e non riusciva a fidarsi di qualcuno appena incontrato e che la
teneva in una stanza sconosciuta, tirò su il mento con aria
di
sfida.
“Portami
da lui” comandò, secca.
L'altra
donna spalancò gli occhi, sorpresa, poi quel ghigno le
tornò sul
viso, quasi una presa in giro.
Sam
non sapeva cosa volesse dire, ma la faceva arrabbiare vederla
così
sicura e spavalda mentre lei non capiva cosa stesse succedendo.
Sapeva
solo che nel cercare sua sorella si era imbattuta in un fastidioso
mutante che aveva insistito nell'aiutarla; che Melissa aveva lasciato
un misterioso indizio prima di andarsene dal suo posto di lavoro; che
suddetto posto di lavoro era saltato in aria quando erano entrati ad
investigare e infine che il fastidioso mutante, Michelangelo, si era
ferito gravemente nel cercare di proteggerla.
Niente
aveva senso. Ma per cercare di capirci qualcosa, per tornare sui
binari, le serviva Michelangelo. Doveva sapere che stava bene, doveva
vederlo.
“Portami
da Michelangelo. Adesso!” insisté ancora.
La
donna le fece un gesto per invitarla a seguirla e si diresse a passi
sicuri verso la porta, superandola poi per entrare in un piccolo
corridoio anch'esso bianco candido.
Sam
non fece caso a niente, focalizzata solo sulla donna di fronte a
sé
nel caso che decidesse di fare qualche mossa strana.
Quella
si diresse verso destra, verso l'altra porta che si affacciava sul
corridoio e la aprì lentamente, fermandosi sulla soglia:
lanciò
un'occhiata dolce verso chiunque fosse all'interno, poi si rivolse a
Sam, indicandole di entrare.
Sam
valutò in fretta se fosse il caso di entrare per prima, se
potesse
poi fidarsi, ma si mosse prima ancora di aver deciso: superò
la
donna e si diresse a grandi passi dentro la stanza, coi nervi tesi a
fior di pelle.
Era
identica a quella in cui lei si era risvegliata, ma non ci fece caso,
focalizzata invece sulla figura verde stesa sul lettino: ce n'era
un'altra di una sfumatura di verde un po' diversa nell'altro lato
della stanza, ma lei vedeva solo quella che gli sorrideva. Non aveva
più la benda arancione attorno alla testa e i suoi occhi
splendettero nel vederla.
“Melissa!”
esalò Michelangelo come in estasi, mettendosi a sedere
all'istante.
Non
c'erano tracce di sangue o di ferite sul suo corpo, e si muoveva con
agilità e fluidità, tanto che Sam si chiese se
non fosse davvero
stato un brutto sogno.
Nessuno,
nemmeno un mutante, poteva guarire così velocemente da una
cosa del
genere.
Si
interrogò dubbiosa, cercando di ricordare, ma era certa,
più che
certa, che Michelangelo era stato ferito dal colpo dell'esplosione,
dalle schegge di vetro e dai detriti e aveva perso così
tanto sangue
ed era in stato d'incoscienza o addirittura ad un passo dalla morte,
quando lei stessa era svenuta per il dolore.
Si
fiondò verso il mutante col braccio già alzato e
quando gli fu ad
un passo lo colpì alla spalla con un cazzotto deciso, che
risuonò
secco contro i suoi muscoli.
“Brutto
cretino! Mi hai fatto morire di paura!”
Michelangelo
portò la mano contro la spalla offesa, massaggiandola
lentamente, ma
sembrava troppo sconvolto per lamentarsi. Poi si aprì in un
gran
sorrisone, che faceva stranamente contorno alle risate che sentiva in
sottofondo.
Che
la rendevano solo più arrabbiata.
Gli
diede un altro pugno, questa volta più forte, visto che era
così
energico da non esserne nemmeno infastidito.
“Ahi!
Ho capito, mi dispiace, davvero, mi dispiace. Fammi parlare!”
esclamò lui cercando di bloccarle le mani per non farsi
colpire
ancora.
Sam
incrociò le braccia sotto il seno, sfidandolo con uno
sguardo duro.
“Allora,
per prima cosa le presentazioni... ehm, Melissa, questo
è-”
“Mi
chiamo Sam. Samantha. Melissa è mia sorella” lo
interruppe lei, e
Michelangelo annuì con sussiego, seppure nel suo viso si
leggevano
le mille domande che voleva farle.
“Ok,
dunque, Sam, questo è mio fratello Donatello, il genio, ti
ho
parlato di lui.”
Sam
registrò finalmente la presenza dell'altro mutante nella
stanza, che
la salutava da lontano con un timido cenno della mano, forse per
paura che lei picchiasse anche lui.
Aveva
una benda viola al collo.
Gli
rivolse un lieve assenso con la testa e Mikey lo prese come un segno
per continuare.
“E
questa è Isabel, la nostra adorata sorellina.”
Isabel,
da parte sua, le sorrideva apertamente e con l'aria di saperla lunga,
una spavalderia che la spiazzava completamente.
Sam
la squadrò da sotto a su, con lentezza calcolata, poi
sollevò un
sopracciglio in direzione di Michelangelo.
“Sì,
noto proprio la somiglianza” sbottò roteando gli
occhi al cielo.
Li
sentì ridere tutti e tre, per cosa poi non riusciva davvero
a
capirlo.
“Continui
a confondere la gente, Mikey” disse affettuosamente
Donatello,
scuotendo la testa. “Dovresti dire semplicemente cognata,
ormai è
quasi ufficiale, del resto.”
Prima
che Sam potesse dire che no, cognata non aveva più senso di
sorella
in fin dei conti, in quel contesto, la porta si aprì e altri
due
mutanti, di diverse sfumature di verde tra loro e da quelli presenti,
entrarono.
Li
osservò guardinga, ancora non completamente a suo agio, e
quelli si
bloccarono un secondo al notarla.
Uno
aveva una benda azzurra e un'aria solenne, l'altro una benda rossa e
non era solo la sua mole enorme a darle l'impressione, ma sentiva una
certa furia emanare dal suo corpo che le sembrò in sintonia
con la
sua. Lo sentì quasi uno spirito affine.
“Ok,
venite qua voi due: questa è Sam, non Melissa,
Samantha” sentì
dire a Michelangelo, ogni sillaba scandita bene come se fossero
idioti.
“Sam,
loro sono gli altri miei due fratelli, Leonardo, il leader della
squadra-” quello con la benda azzurra le rivolse un sorriso
affabile, “e Raphael, quello brutto della famiglia.”
Quello
più alto sbuffò dal naso e le fece solo un
leggero cenno del capo
prima di rivolgersi verso il fratello.
“Pensavo
che il colpo alla testa potesse averti reso almeno un po' normale, ma
evidentemente speravo invano.”
Sam
sbottò una risata spontanea, come non le succedeva da tempo,
poi si
interruppe con un grugnito, al sentire tutti i loro occhi addosso.
Mikey
sembrava sul punto di scoppiare a ridere a sua volta. Poi
incrociò
il suo sguardo e lei ci lesse quella domanda che lui sembrava volesse
farle da troppo, forse da quando l'aveva vista senza il capello dopo
l'esplosione.
Si
schiarì la gola e si distanziò un po' da loro,
erigendo una
mentale barriera invisibile.
“Mi
chiamo Samantha e sto cercando mia sorella gemella, Melissa”
iniziò
a raccontare, senza guardarli in volto. Nessun rumore,
perciò
continuò.
“Lei
è scomparsa undici mesi fa, senza una parola. No, non
è scappata!”
esclamò con veemenza al vedere le loro espressioni dubbiose.
“Sono
sicura che sia stata rapita. Melissa non sarebbe mai andata via senza
dirmi nulla!”
Michelangelo
le rivolse uno sguardo di simpatia e comprensione, prima di
domandarle:
“Come
fai ad esserne così sicura?”
Sam
respirò a fondo, deglutendo a vuoto un paio di volte, e
strinse gli
occhi appena per prendere tempo e non dover raccontare ancora quella
storia. Era passato, sì, ma faceva ancora male.
“Io
e Melissa non siamo cresciute assieme. Nostra madre era
un'alcolizzata e nostro padre non lo abbiamo mai conosciuto... era
uno dei tanti che pagava l'alcol a nostra madre,
probabilmente”
sputò fuori con rancore e disgusto, incurante dell'ombra di
pena sui
loro volti. C'era abituata.
“I
servizi sociali vennero a prenderci, una sera. Avevamo sei anni, mi
pare. Le ricordo ancora, le urla. Nostra madre morì poco
dopo e noi
fummo messe in adozione. Saltò fuori che non c'è
molta gente
disposta ad adottare due gemelle, soprattutto se una delle due non
era buona e docile come l'altra. Ho sempre avuto un carattere
più...
spigoloso di Melissa.”
Li
osservò con dubbio, come a volerli sfidare a fare una
qualche
battuta, ma trovò solo comprensione sui loro volti, che la
fece solo
sentire più vulnerabile, in difetto. Il mutante dalla benda
rossa,
Raphael credeva, sembrava capire perfettamente.
“Melissa
venne adottata, pochi mesi dopo. Non ce lo dissero nemmeno. Non ci
permisero di salutarci, di trovare un modo per tenerci in contatto.
Tornai dal cortile per cercarla e lei non c'era
più.”
Si
interruppe e sembrò rimuginare, ingabbiata nel ricordo,
mentre
riviveva qualcosa che le fece storcere il naso. Nessuno
fiatò e
nessuno la pressò a continuare, le diedero tutto lo spazio
concesso,
immobili e attenti.
“Io
invece ho fatto da casa famiglia in casa famiglia finché non
sono
diventata maggiorenne, poi mi misi finalmente a cercarla. Non sapevo
nemmeno se lei si ricordasse di me o se volesse vedermi, ma ci
trovammo subito, anche lei mi stava cercando. Da quel momento siamo
state sempre assieme, abbiamo condiviso tutto, finché l'anno
scorso
lei non è sparita. Senza una parola, nel nulla.”
Michelangelo
sentiva l'impulso irrefrenabile di alzarsi ed abbracciarla, ma sapeva
che lei non avrebbe reagito bene, perciò non lo fece: Sam
era brusca
e dura, troppo orgogliosa per lasciarsi andare, ma lui sapeva quanto
tenesse a sua sorella, con quanta foga la stesse cercando e dopo aver
sentito del loro passato, quel suo carattere aspro aveva senso.
Aveva
perso di nuovo la sua metà perfetta, forse l'unica persona a
cui
concedeva un sorriso o una parola dolce.
E
lui l'avrebbe aiutata a ritrovarla. E se prima desiderava farlo solo
per Melissa, per salvarla, ora lo avrebbe fatto anche per Sam, per
restituirle quello che rimaneva della sua famiglia.
“La
troveremo” le disse con dolcezza e convinzione, attirando la
sua
attenzione. “Ora che abbiamo anche l'aiuto dei miei fratelli
la
troveremo facilmente.”
Sam
lo occhieggiò sospettosa e diffidente, troppo abituata a
fare solo
affidamento su sé stessa e Mikey si affrettò ad
aggiungere:
“ E
poi ora abbiamo un indizio!”
Era
vero. Il poster. Si voltò attorno per cercarlo, ricordava di
averlo
con sé mentre scappavano dal palazzo prima della
detonazione, ma poi
troppo occupata a cercare di fermare il sangue di Michelangelo lo
aveva perso di vista.
Non
riusciva a ricordare cosa ci fosse scritto dietro, le parole
cancellate dalla paura e dall'adrenalina.
“Coso,
cosa c'era scritto? Te lo ricordi? Il poster- ce l'avevo-”
Il
mutante gentile, Donatello se ricordava bene, si mosse alle sue
parole e si avvicinò ad uno schedario lì vicino,
prendendo qualcosa
da sopra: era strappato e ricoperto di sangue, ma era di sicuro il
poster di Melissa.
“L'ho
trovato accanto a voi quando siamo venuti a cercarvi.”
Lei
lo prese con urgenza e lo rovesciò e lasciò
andare un sospiro di
sollievo nel vedere che le parole non si erano cancellate,
né
lacerate.
“Vi
somigliate davvero molto” disse Donatello, guardando la foto
attaccata sul retro.
“Ah,
no, quella è una mia foto. Insisteva sempre per
fotografarmi. E io
invece non ne ho di sue. Ma dato che siamo identiche ho pensato
'perché no'?”
Con
la coda dell'occhio vide il sorriso di Michelangelo e si trattenne
dal girare gli occhi al cielo; sì, era lei quella ritratta
nella
foto, ma non voleva certo dire che lui avesse indovinato il suo
carattere solo da quella.
“Quello
è un indirizzo, e il nome dovrebbe essere della persona che
ci
abita. Cosa sappiamo di questa Lois Miller?”
domandò Leonardo dopo
aver letto anche lui le nuove informazioni.
Donnie
saltò su e prese un portatile lasciato aperto sul carrellino
degli
strumenti chirurgici e iniziò a digitare velocemente, con
una mano
sola.
“Dunque,
poche informazioni sulla sua vita privata, ha preso una laurea in
bio-chimica e presenziato a numerose conferenze, sembra che sia una
luminare nel suo campo, però è strano-”
Attesero
in silenzio, mentre le sue dita volavano sui tasti e la fronte di
Donatello si corrucciava sempre più.
“Non
riesco a trovare nemmeno una sua foto o dettagli sulla sua vita da
una decina d'anni a questa parte e non mi era mai capitato, come se
fosse stata occultata volutamente.”
Sam
non lo poteva capire, ovviamente, ma a tutti loro sembrò
molto
strano che un genio come Donnie, che poteva entrare perfino nei file
secretati della polizia, non riuscisse a trovare informazioni su una
semplice persona.
Se
poi semplice lo era davvero.
“Chi
se ne importa! Andrò a parlare con lei e mi farò
dire tutto quello
che sa su mia sorella!”
Sam
era già vicina alla porta, intenzionata ad andarsene, quando
la voce
di Michelangelo la raggiunse.
“Ehi,
aspetta! Vengo con te, veniamo tutti con te!”
Lei si voltò e lo osservò mentre cercava di
scendere dal letto e dopo
averlo fulminato con lo sguardo, ripercorse con pochi passi la
distanza che li separava e gli si piantò davanti.
“No
che non vieni! Tu sei ferito, c'era tantissimo sangue,
avevi-” strillò sulla sua faccia, allungando le
mani per controllarlo,
tirando il colletto della sua tuta con impazienza, la zip abbassata
in un secondo.
Michelangelo
trasalì al contatto e spalancò gli occhi sorpreso.
“Cosa
stai-”
“C'era
un pezzo di vetro conficcato nel tuo collo, c'era tanto sangue, eri
praticamente morto-”
Le
sue mani scivolarono sulla sua pelle, più delicate di come
ci si
sarebbe aspettato da una ragazza così ruvida, cercando un
segno, dal
collo alla spalla, con dita leggere.
“Ok,
non è che mi lamenti di te che mi spogli e mi
palpi-”
Lo
scappellotto di Sam lo colpì dritto in fronte e lui rise
della sua
aria seccata.
“Sto
bene, te lo assicuro. Non ho nulla, vedi?” la
rassicurò,
allargando il colletto per permetterle di controllare.
La
pelle di Michelangelo era di un verde chiaro, più chiaro dei
suoi
fratelli, tesa su muscoli e nervi, ma intonsa, assurdamente perfetta
e intonsa.
“Donnie
e Isabel sono due dottori molto in gamba. Ma grazie per esserti
preoccupata.”
Sam
si scostò con un passo secco all'indietro.
“Non
ero preoccupata per te, coso” esalò cinicamente,
mettendo quanta
più distanza tra loro due.
Qualcuno
trattenne una risata con un colpo di tosse molto poco convincente, ma
Sam non ci fece caso e di nuovo si diresse verso la porta, ma la
donna, Isabel, ci si parò davanti in un secondo, bloccando
la sua
corsa.
“No,
aspetta, Mikey ha ragione, è meglio che veniamo con
te.”
“Sono
capace di badare a me stessa. Sto andando a chiedere informazioni,
non a trattare con dei terroristi!”
“Dato
che siete stati vittime dell'esplosione di un palazzo, c'è
da
presumere che questa storia sia più pericolosa di come
appaia”
intervenne Donatello, con fare pacato. “L'indizio lasciato da
tua
sorella potrebbe portarti da una persona amica come da chi ha messo
quella bomba e preso Melissa.”
Sam
valutò le sue parole, quel genio non aveva tutti i torti.
“Sarebbe
meglio che Isabel venisse con te, mentre noi vi controlliamo
nascosti” propose Leonardo, che si era accorto del cedimento
nella
sua corazza.
La
ragazza squadrò di nuovo l'altra donna, -e Isabel lo avrebbe
trovato
offensivo se non fosse che Sam le piaceva ogni secondo di
più,- poi
scoccò loro un sopracciglio alzato di scetticismo.
“E
cosa potrebbe mai fare questa bella bambolina se ci trovassimo
davvero in pericolo?” chiese sarcastica.
Il
boato di risate che suscitò la sua domanda non se lo era
aspettato e
la spiazzò non poco. Erano letteralmente piegati in due,
quattro
grossi mutanti che si tenevano la pancia mentre cercavano di smettere
di ridere.
“Tu-
tu non farla arrabbiare, ok?” ansimò Michelangelo
quando riuscì a
riprendere fiato.
Isabel
scuoteva la testa davanti alla loro sceneggiata, ma un bel sorriso
compiaciuto e solo vagamente imbarazzato le illuminava il viso.
“Oh,
lasciali perdere. Andiamo, ti accompagno” le disse
sbrigativa, poi
si rivolse agli altri.
“Voi
ci seguirete. Mikey, sei sicuro di stare perfettamente bene? Nessun
capogiro quando ti sei alzato?”
Il
mutante fece spallucce, poi annuì, ma poco convinto.
Isabel
sbuffò impercettibilmente, avvicinandosi a piccoli passi;
prese il
viso di Michelangelo tra le mani, alzandosi in punta di piedi per
arrivarci.
“Devi
dirmelo se hai qualche sintomo. Sei guarito, ma ancora non al cento
per cento” lo sgridò, prima di sporgersi un po' di
più e
piantargli un bacio sulla fronte, naturalmente.
Sam
osservò quel gesto intimo con stupore, forse per la
semplicità con
cui lei lo aveva fatto, senza esitazione. Osservò il modo in
cui lei
teneva gli occhi chiusi, con tenerezza, e quelli di Michelangelo
serrarsi con sollievo e affetto. Le sembrò una cosa molto
dolce, e
stranamente naturale. Eppure in qualche modo sbagliata.
“Se
dovessi sentirti debole dimmelo, ok?” disse Isabel quando si
staccò
da lui. “C'è già Raffaello che mi
nasconde quando sta male, per
fare il duro e lo stoico.”
Agitò
una mano alle sue spalle, indicando alla cieca.
Sam
si chiese per un secondo di chi stesse parlando, prima che il mutante
dalla benda rossa rispondesse a tono.
“Non
ti nascondo quando sto male, ma tu non devi stancarti a curare anche
le più piccole ferite, non ne vale la pena.”
Isabel
scosse di nuovo la testa con condiscendenza e si allontanò
da loro,
fermandosi vicino a Sam.
“Allora,
noi andiamo. Se doveste perderci sapete l'indirizzo. Ci teniamo in
contatto con gli auricolari, d'accordo?”
I
quattro annuirono simultaneamente e Sam si stupì
dell'influenza che
quella donna aveva su di loro.
Si
accodò alla sua scia, seguendola oltre la porta e alla fine
del
corridoio, che si apriva in un ambiente che non aveva mai visto,
ricoperto di teloni e secchi da pittura e impalcature e mattonelle
poggiate a terra.
“Stiamo
ancora finendo, sarà una clinica per animali, ma il progetto
è
ancora in alto mare” le disse Isabel, come se lei dovesse
capire di
cosa stesse parlando. “Ma le stanze nel retro, pensate per
essere
ambulatori per mutanti, quelle le abbiamo terminate subito.”
Sam
voleva chiederle come diamine fosse immischiata con Michelangelo e i
suoi fratelli, perché sembravano molto più che
una semplice
conoscenza per quella donna, ma non ne ebbe il tempo perché
si sentì
guidare verso l'uscita di quella che scoprì essere una
piccola
clinica in costruzione, in un quartiere praticamente solitario,
accanto ad un vecchio garage chiuso da decenni.
Isabel
si incamminò decisa, e da parte sua aveva in mente di
chiedere molti
dettagli a Sam, senza essere invadente o pressante, ma prima che
potesse anche solo incominciare con la prima di molte domande, il suo
telefonino squillò.
Diede
uno sguardo allo schermo, poi si rivolse verso la ragazza al suo
fianco.
“Scusami,
ti spiace se rispondo? Se non lo faccio, sarebbe capace di mandare la
polizia a cercarmi e non sarebbe carino.”
La
risposta di Sam fu un paio di sopracciglia aggrottate e un gesto con
le spalle, come a dire che non le importava.
“Ehi,
Ape, ciao... no, non ti sto evitando- no- April, ascolta sul serio,
ero impegnata! Lo giuro, non mi stai assillando!...certo che vorrei
vedere gli abiti delle damigelle, ma solo se volete... se volete
farmi una sorpresa non- ...ok, verrò a vederli, vi
dirò quelli che
mi piacciono di più e poi voi sceglierete in segreto, va
bene? No,
prometto che non cercherò di scoprirlo, li vedrò
al matrimonio, lo
giuro, Ape! Ascolta, prendi l'appuntamento per domani, ok? Adesso
devo lasciart- no, della torta ne parliamo domani, non ho la forza
mentale di pensare a combinazioni di meringhe e creme... se mi
costringi ti mando Michelangelo come giudice ufficiale per la torta e
sai che sceglierebbe qualcosa di disgustoso!”
Isabel
rise per qualsiasi cosa la misteriosa April aveva risposto e Sam era
ormai caduta in un baratro di confusione, perché quella
donna aveva
davvero poco senso.
“Ok,
adesso vado, ci sentiamo dopo. Sì, ti racconterò
meglio stasera,
dai un bacio a Carl e August, ciao.”
Isabel
chiuse il telefonino e sospirò rumorosamente, come a voler
lasciare
la tensione.
Sposarsi
era di certo il coronamento di un sogno, ma April la stava facendo
impazzire con le preparazioni.
“Quindi
ti sposi, giusto?” sentì chiedere con tono casuale
a Sam e si
ricordò all'improvviso dove fosse e cosa stesse facendo
prima di
rispondere alla chiamata.
Camminavano
in una via più trafficata, dirette verso la metropolitana.
“Sì,
tra un mese , l'ultima settimana di Settembre” le
annunciò con un
gran sorriso.
Sam
annuì poco convinta, non sapendo come continuare. Non era
particolarmente interessata ai matrimoni e non aveva intenzione di
far finta di interessarsene per fare conversazione con quella donna.
Ma
poi ci pensò un attimo e...
“E
il tuo futuro marito non ha nulla da dire sui mutanti? A quanto ho
capito cos- Michelangelo è invitato e sei molto in
confidenza con
loro... li conosce? Lo sa che li baci con casualità e un po'
troppa
confidenza?”
Aveva
parlato velocemente, quasi mordendosi la lingua, confusa e irata,
vagamente.
Isabel
stringeva le labbra per non riderle in faccia e Sam si chiese se non
la stesse prendendo in giro. La osservò prendere un paio di
respiri
per calmarsi, prima di risponderle.
“Credo
che non gli importi davvero, sa tutto su di loro. Anche troppo in
effetti. Hai presente il mutante alto, pelle verde scuro, con la
bandana rossa?”
Isabel
aveva alzato un braccio fino alla sua massima estensione per indicare
l'altezza di Raphael, ma non ci arrivava nemmeno. Sam annuì,
aspettando che continuasse.
“Lui
è lo sposo” esclamò con un ghigno
compiaciuto, osservando la sua
reazione.
Ok,
pensò Sam, la stava decisamente prendendo in giro. Ma poi si
ricordò
che Michelangelo l'aveva presentata come sua sorella e Donatello le
aveva detto che cognata aveva più senso, che di
lì a poco sarebbe
stato ufficiale. Allora era a quello che si riferivano!
Quella
stramba donna aveva davvero intenzione di sposare un mutante. E
sembrava euforica al solo pensiero, a giudicare da come le
scintillavano gli occhi.
Ogni
domanda che voleva farle a riguardo, ed erano tante, vennero messe
momentaneamente da parte, perché erano arrivate
all'imboccatura
della metropolitana e si trovarono in poco tempo a spingere nella
calca per salire a bordo del mezzo, decisamente il luogo meno
indicato per parlare di un argomento del genere.
Comunque,
mentre la metropolitana sferragliava veloce, e Sam occhieggiava
omicida chiunque intorno perché non si avvicinasse a lei ed
Isabel,
la sua mente si focalizzò solo su sua sorella e sulla pista
che
stavano seguendo. Non aveva mai sentito parlare di quella Lois
Miller, ma poteva essere una collega di Melissa, per quanto ne
sapeva; ma perché lei aveva scritto il suo nome dietro il
poster era
un mistero.
Era
come se Melissa volesse che lei lo trovasse e il pensiero le strinse
il cuore di un misto di preoccupazione e apprensione. Se sua sorella
aveva fiducia che lei l'avrebbe cercata, doveva fare ancora di
più
per trovarla.
Isabel
le lanciò di tanto in tanto uno sguardo assorto, ma non le
chiese
nulla per tutto il tragitto e ne fu grata.
Arrivarono
in fretta ad Harlem e uscirono dalla metropolitana con sollievo: il
sole le colpì cocente una volta in superficie e si fermarono
un
secondo per capire dove andare.
Isabel
trafficò col telefonino per qualche secondo, portando
qualcosa
all'orecchio, poi le porse un piccolo tondino di plastica.
“Auricolare”
le disse semplicemente, prima di incamminarsi.
“Ehi,
ragazzi, ci siete?” la sentì chiedere al nulla,
mentre lei
infilava con titubanza l'aggeggio, scostando i lunghi boccoli biondi.
Immediatamente
una babele di voci le esplosero nella testa.
“Siamo
qui da almeno dieci minuti” disse quello che le parve
Leonardo.
“Immagino
che la metropolitana fosse piena. È andato tutto
bene?” chiese
Donatello, gentilmente.
“Ah,
dubito che chiunque abbia avuto anche solo il pensiero di
avvicinarci. Sam li ha uccisi tutti con lo sguardo, era
terrificante”
esclamò divertita Isabel, voltandosi ad osservarla con un
gran
sorriso.
“Sam!”
strillò Michelangelo e le sembrò di riuscire a
sentirlo davvero,
oltre che nell'auricolare. “Ti sono mancato?”
Lei
rollò gli occhi al cielo, anche se lui non poteva di certo
vederla.
“Certo,
coso, come mi può mancare un attacco di
dissenteria” rispose
laconica, godendosi le risate che ne seguirono. Michelangelo rideva
perfino più degli altri.
“Ok,
siete quasi arrivate. Noi siamo sul palazzo di fronte, se vi dovesse
servire” annunciò Leonardo, il primo a essersi
ripreso. “Isabel,
intervieni se senti che qualcosa non va, noi rimaniamo in ascolto e
pronti.”
La
donna sollevò la testa verso l'alto e annuì,
solennemente. Sam
seguì il suo sguardo e vide quattro figure sul tetto del
palazzo
poco distante, vigili e guardinghe.
Le
diede uno strano senso di protezione, una cosa a cui non era affatto
abituata. Aveva sempre dovuto combattere per proteggersi, essendo
cresciuta per le strade e in case famiglie decisamente discutibili;
non era abituata ad avere qualcuno che la proteggesse.
E
la terrorizzava, quella sensazione di sollievo. Non ci si doveva
abituare.
Isabel
le fece cenno non appena arrivarono all'indirizzo, indicandole la
casetta a due piani alla loro sinistra. Era piccola e fatiscente,
aveva visto di certo tempi migliori, e il giardino incolto era
disseminato di ferri vecchi e elettrodomestici spaccati e
abbandonati.
Come
poteva, chiunque abitasse in quella casa, avere a che fare con sua
sorella?
Si
diressero verso la porta d'ingresso e Isabel bussò sul legno
scrostato con decisione. Attesero in silenzio per interminabili
secondi, poi ribussò, più forte.
Avevano
visto la luce accesa in una stanza al primo piano, c'era di certo
qualcuno.
Un
rumore di passi le mise sul chi vive e dopo qualche altro attimo la
porta si aprì lentamente, rivelando una donna di mezza
età
trasandata e stralunata: i suoi occhi passarono dalla
curiosità
all'orrore nell'attimo in cui passarono da Isabel a Sam. Poi si
spalancarono di meraviglia.
“Tu...
tu non- sono così felice di vederti, non pensavo- non
pensavo-”
iniziò a balbettare, in preda all'agitazione.
“Ehi”
disse Donatello cautamente, osservando la scena dal palazzo di
fronte. “Noi conosciamo quella donna.”
Lo
avevano pensato tutti, nel momento in cui era apparsa sull'uscio, e
Michelangelo tremò di paura. Perché l'avevano
vista solo per pochi
istanti, ma non era possibile dimenticarla.
“Andiamo!
Sento che Sam è in pericolo!” urlò
gettandosi in picchiata, prima
che fosse troppo tardi.