Buonsalve lettori e lettrici. Probabilmente
molti di voi avranno già letto questa brevissima OS senza pretese sulla Fanzine
per il 15° anniversario di TMM che abbiamo pubblicato due anni fa (Se non l'avete
fatto e non sapete di cosa accidenti stia parlando, ci sono ancora diverse copie
cartacee ordinabili... basta che mi contattiate in privato e vi do tutte le info
al riguardo! :3). È da tempo che medito di postarla, ma ero un po' intimorita al
pensiero che chi ha acquistato la Fanzine potesse aversene a male di una sua ripubblicazione
"a gratis" qui su EFP, ma è passato molto tempo, nella fanzine c'erano decine di
illustrazioni decisamente più meritevoli del prezzo pagato di questa robina qui...
ed io alla fine vorrei sapere un po' le vostre impressioni al riguardo di questa
storiella che, da accordi di impaginazione, aveva un limite di parole inumano
per i miei prolissi standard... XD
Inoltre il fandom è parecchio morto nelle ultime settimane (immagino causa esami
universitari) e la stesura del prossimo capitolo di Until mi sa che richiederà un
po' più tempo del previsto, visto che, assai di recente, tutti i progetti di vita
della sottoscritta autrice sono andati a putt... emh... in briciole nel giro
di mezz'ora e sono tuttora parecchio scossa e abbastanza "giù per i coppi". Vi spiegherò
meglio quando aggiornerò la long però, promesso. Per ora avevo solo voglia di lasciarvi
qualcosina di mio per ravvivare un po' EFP e di sentire un po' di calore umano nelle
vostre eventuali e sempre graditissime recensioni. (Amesso che 'sta roba non vi
faccia proprio schifo al cubo... altrimenti mi accontenterò degli insulti... X°D).
Buona lettura.
*** Wilderness ***
Era ormai notte fonda e Minto stava arrancando come meglio poteva lungo quello
stretto sentiero di montagna, col fiato corto che si condensava in piccole nuvolette
davanti al suo viso, mentre con una mano si stringeva il cappotto di lana al collo
e con l’altra, infilata in tasca, tastava nervosamente la sua spilletta da Mew Mew.
I suoi stivaletti, decisamente inadatti per quell’uscita, sdrucciolavano ad ogni
passo sul terreno brullo del sottobosco, intanto che faticava a tenere dietro al
passo sicuro e veloce di Zakuro.
Doveva essere un weekend tranquillo quello...
Doveva solo accompagnare Zakuro ad un servizio fotografico per la SPA di un albergo
fuori porta, in cui poi si sarebbero concesse due giorni di totale relax assieme
al resto della troupe, lontano dalla confusione di Tokyo e della compagnia caotica
delle altre ragazze al Caffè. Zakuro era l’unica delle cinque che, conclusa la battaglia
con gli alieni, aveva smesso di lavorarvi come cameriera, per dedicarsi a tempo
pieno alla sua carriera da modella, e lei soffriva da pazzi all’idea di perderla
gradualmente di vista. Quelli dovevano essere due giorni per loro. Solo per loro.
Ed invece...
L’aveva tirata giù dal letto dell’albergo in cui alloggiavano, svegliandola di soprassalto
nel cuore della notte con una chiamata al cellulare. “Sono fuori in terrazza, sto
uscendo a controllare una cosa...” era tutto quello che le aveva detto, criptica
e lapidaria come sempre. E lei si era infilata al volo le prime cose che aveva trovato
in valigia e si era precipitata all’esterno, allarmata e col cuore in gola. Zakuro
aveva scavalcato il divisorio del balcone che univa le loro due camere e l’aspettava
lì ritta in piedi come se nulla fosse. Nessuna spiegazione, nulla di nulla. Erano
sgattaiolate giù dalla terrazza del primo piano in piena notte come due ladre
e si erano buttate nel bel mezzo del bosco che circondava il retro dell’albergo,
iniziando ad inerpicarsi lungo un sentiero che conduceva per le disabitate montagne
del parco naturale di Chichibu Tamakai, ai confini occidentali della prefettura
di Saitama.
Fissò con un moto d’angoscia Zakuro che procedeva implacabile parecchi metri avanti
a lei, chiusa nel suo silenzio. La sua figura snella si stagliava a tratti contro
i chiaroscuri del bosco, tra la luce della Luna quasi piena che filtrava a sprazzi
tra gli alberi ritti e spogli, dando all’ambiente un’atmosfera onirica, sospesa,
spettrale quasi. Oltre allo scalpiccio confuso dei suoi stivaletti, il silenzio
tombale del bosco era rotto ogni tanto da strani scricchiolii, frusci sinistri alle
loro spalle, nonché dai lugubri richiami di alcuni uccelli notturni. Minto inghiottì
a vuoto per umettarsi la gola, secca da quella marcia notturna ed insensata che
andava avanti ormai da più di mezzora. “O’nee-sama...?” la chiamò titubante, sperando
finalmente in una spiegazione che tardava ad arrivare. “Fai troppo rumore...” la
redarguì invece lei, freddandola sul posto.
Minto roteò gli occhi, ormai sul punto di perdere la pazienza. Si era fatta rapidamente
un calcolo mentale, valutando le possibili ipotesi. Era successo, dopo la chiusura
del Progetto Mew di due anni prima, che in alcune occasioni avessero avuto bisogno
di trasformarsi ancora, intervenendo per eliminare qualche chimero misteriosamente
sopravissuto. Altre volte, invece, quel disgraziato di Shirogane le aveva mandate
ad indagare su strani fenomeni nelle vicinanze, nella vana speranza che fosse rimasta
qualche traccia di Mew Aqua, tuttavia in quell’ultimo anno le loro spedizioni si
erano andate diradando, facendo tornare lentamente le loro vite nella normalità.
Possibile che ora Zakuro avesse avvertito un qualche pericolo? Aveva sempre avuto
quell’infallibile sesto senso per quel genere di cose...
Scorse Zakuro rallentare di colpo l’andatura e per alcuni istanti Minto avrebbe
giurato di vederla tendere le orecchie ed annusare l’aria come un animale,
in cerca di una traccia. A quel punto scattò all’improvviso sulla sinistra ed abbandonò
il sentiero per inoltrarsi nel fitto del bosco, mentre la mora tratteneva incredula
il respiro, prima di buttarsi alla svelta dietro di lei nella vegetazione per non
perderla di vista.
Un animale...
Ripercorse mentalmente i fatti della loro normalissima giornata, in cerca di indizi.
Erano arrivate all’albergo nel primo pomeriggio e Zakuro e la sua troupe si erano
messi subito al lavoro. Lei aveva aspettato pazientemente, sorseggiando una ad una
le tisane benessere offerte dal centro e sfogliando annoiata alcune riviste di gossip
di dubbia tiratura, finché, a servizio finito, tutta la troupe si era radunata su
un divanetto della sala d’attesa della SPA a valutare sommariamente i risultati
del lavoro sul portatile del fotografo. Persino il direttore dell’albergo, seppur
non invitato, si era unito a loro, mentre Minto si concedeva di sbirciare da lontano
gli splendidi scatti di Zakuro mentre posava come potenziale cliente del centro,
sdraiata sui lettini da massaggio od intenta a calarsi in una vasca d’acqua termale.
Poco dopo la modella stessa li aveva raggiunti, ancora agghindata per il servizio,
il viso velato da un trucco naturale ed impeccabile, i capelli raccolti ornati di
fiori di loto, la pelle ancora artificiosamente imperlata d’acqua di rose ed addosso
solamente un soffice telo da bagno candido. Si era accomodata su un bracciolo del
divanetto, accavallando con noncuranza le gambe e, mentre lei osservava i silenzio
le proprie fotografie, a Minto non era passata inosservata l’occhiata ammagliata
del direttore all’indirizzo della modella. Quando il gruppo si era infine sciolto,
l’uomo era passato direttamente a complimentarsi con la ragazza per il pregevole
lavoro, quindi aveva invitato la modella ad unirsi a cena con lui ed il resto della
direzione. Il modo in cui, nel chiederglielo, le aveva sfiorato lascivamente la
spalla non le era piaciuto per niente.
Minto si era infilata in mezzo con... beh... una certa malagrazia, aveva
afferrato sottobraccio Zakuro e l’aveva trascinata a distanza di sicurezza con una
scusa. Aveva ignorato l’occhiata divertita di Zakuro alla sua palese dimostrazione
di gelosia, quindi si era finta interessata alla sfilza di fotografie appese alle
pareti che immortalavano le meraviglie del parco naturale in cui si trovavano. Vi
erano scorci dei sentieri di montagna, di panorami invidiabili, il fiume sulle cui
rapide si poteva fare canotaggio, scatti di animali selvatici del posto e tanti
piccoli, antichi santuari da visitare, nonché le attività proposte direttamente
dall’albergo. Poi avevano visto quella foto. Uno scatto in bianco e nero
che era spiccato subito tra gli altri, strappando a Minto un moto di raccapriccio.
Sembrava un’immagine di altri tempi, in cui due uomini con i fucili in spalla reggevano
il cadavere di quello che sembrava un lupo particolarmente piccolo. Il direttore
dell’albergo, che non aveva accennato a demordere e continuava a tallonarle, alla
vista dell’espressione sul suo viso si era prodigato in giustificazioni. “È una
foto scattata esattamente un secolo fa, nel 1905. Quello è ufficialmente l’ultimo
esemplare di Lupo del Giappone esistente, ucciso a qualche centinaio di chilometri
da qui, nella prefettura di Nara.”
“Che cosa raccapricciante...” aveva commentato inorridita Minto. “Perché metterla
qui?”
“Per tranquillizzare in clienti che partono per le escursioni.” aveva spiegato loro
l’uomo “Ci sono sempre stati voci di fantasmagorici avvistamenti in questa zona,
ma ovviamente una simile ipotesi è inconcepibile. All’inizio del secolo scorso vi
è stata una campagna di bonifica delle aree rurali e tutti i lupi sono stati sterminati
a causa delle dilaganti epidemie di rabbia. Il governo giapponese ha dichiarato
ogni specie autoctona di lupi ufficialmente estinta da allora, tuttavia...” aveva
proseguito poi “...negli ultimi mesi qualcuno sostiene di aver sentito ululati nei
boschi ed abbiamo persino ospitato una squadra di ricerca di biologi per smentire
il fatto. Com’era prevedibile non hanno trovato nulla. Potete pertanto godervi tranquille
il vostro soggiorno, signorine...” aveva concluso, gongolando soddisfatto. Minto
aveva liquidato la questione storcendo il viso in disappunto, però non le era sfuggita
l’espressione cupa ed attenta sul volto di Zakuro.
Ora stava cercando di collegare i due avvenimenti.
Zakuro nel frattempo si era immersa sempre più a fondo nel bosco, finché non aveva
iniziato a scendere lungo un pendio troppo scosceso, saltando agilmente tra le radici
nodose e bitorzolute di alcuni alberi. Minto, dal canto suo, le teneva dietro come
poteva, faticando sempre di più ad intravedere la sua sagoma tra i chiaroscuri lunari.
Si stava facendo largo a tastoni tra i rami appuntiti degli arbusti, sbuffandosi
via ciuffi di capelli dal viso e tentando di capire dove posare i piedi sul terriccio
morbido che le franava malamente sotto gli stivaletti. “O’nee-sama! Aspetta!” le
urlò dietro spazientita Minto, tentando di aggrapparsi al tronco rugoso di un albero
ed azzardando un balzo più lungo degli altri. Fu lì che scivolò brutalmente per
terra, finendo col didietro sul terreno sconnesso e precipitando verso il basso
di un paio di metri buoni. Cacciò involontariamente un urlo di paura, che si smorzò
solo quando la ragazza più grande intercettò al volo la sua caduta, calcandola a
terra e premendola per le spalle. La mora sbatté le palpebre un paio di volte, il
cuore in gola per lo spavento, incrociando lo sguardo imperturbabile nelle iridi
zaffiro dell’amica, a pochi centimetri da lei. “Stai bene?” si limitò a domandarle
Zakuro, senza scomporsi.
“No che non sto bene!” sbottò Minto, scansandole via le mani con rabbia mista a
vergogna e tentando di mettersi a sedere. “Adesso basta! Voglio sapere che sta succedendo!”
“È tutto apposto...” ribadì laconica Zakuro, acquattata vicino a lei “Te l’ho detto,
volevo solo controllare una cosa...”
“E cosa, di grazia!?” rimbeccò inasprita Minto. “Siamo in pericolo? Hai sentito
qualcosa? Un chimero o...”
“No, niente del genere...”
“E allora perché diamine mi hai trascinato in un bosco in piena notte!?” sbraitò,
esasperata.
“Nessuno ti ha obbligato a venire...”
Minto chiuse gli occhi e respirò a fondo, molto a fondo, cercando di calmarsi, perché
l’unica persona sulla faccia del pianeta a cui poteva accettare di non rispondere
male, in una situazione così ai limite dell’assurdo, era Zakuro. “O’nee-sama...”
scandì, molto lentamente “Non puoi pensare di uscire all’improvviso, a notte fonda,
senza darmi una spiegazione ed aspettarti che io non... non mi preoccupi.”
Dichiarò, con la voce che si incrinò penosamente sulle ultime parole.
Zakuro la fissò un po’ in silenzio, le labbra rosa pastello tirate in una linea
dritta e pensosa, quindi voltò lo sguardo alla loro sinistra, dove la vegetazione
sembrava diradarsi e filtrava più forte il chiarore lunare. Si alzò con calma, muovendo
alcuni passi in quella direzione, mentre Minto la seguiva nervosamente con lo sguardo.
“Tu credi alla storia che ci hanno raccontato oggi in albergo?” le domandò poi la
modella.
“Quella sui lupi?” fece Minto. “Se ci sono dichiarazioni ufficiali del governo giapponese
al riguardo non vedo perché dovrei mett...”
“Io non credo ad una sola parola.” La interruppe tagliente l’altra. “C’è molta riluttanza
in questo paese a mettere in discussione le autorità, eppure da anni si sentono
storie di avvistamenti di lupi per il paese e testimonianze di alcuni rari ricercatori
indipendenti che tentano di far luce sulla vicenda. Non voglio ignorarlo.” Dichiarò,
raggiungendo lentamente il limitare della vegetazione.
“Ma...” fu mentre tentava di replicare che Minto si rese improvvisamente conto dell’abbigliamento
dell’amica, le scarpe sportive adatte all’escursione e il giubbotto leggero in tessuto
tecnico, ed ebbe lo sgradevole presentimento che si fosse preparata da tempo
per quell’uscita notturna. “Aspetta, hai... accettato il lavoro in questo albergo
apposta?” si azzardò a domandare, basita.
“È possibile” commentò evasiva Zakuro, fissando con la coda dell’occhio Minto che
la raggiungeva incredula ed a passi incerti. Zakuro non aveva mai dimostrato alcun
particolare legame od interesse per l’animale con cui condivideva il DNA. Non era
Ichigo, con le sue fastidiose trasformazioni feline, né la piccola Purin, a cui
pure era capitato spuntassero orecchie e coda animali e che aveva finito per prendersi
una scimmietta da compagnia, né tantomeno Retasu, che aveva lottato contro la sua
paura per il mare tanto da finire per trasformarsi in una specie di sirena. E non
era neppure come lei che, seppur in modi più discreti, spesso si vedeva a danzare
come un leggiadro cigno nei suoi sogni, per poi risvegliarsi al mattino rendendosi
conto di afferrare scorci di conversazioni degli uccelli sul suo balcone. Zakuro
no, era sempre sembrata immune a tutto a ciò. Almeno fino ad ora.
Nel frattempo la mora aveva raggiunto l’amica sul limitare del bosco, rendendosi
conto che davanti a loro si allargava a strapiombo il letto di un largo fiume. Zakuro
si arrampicò con noncuranza su alcuni grossi massi che sporgevano dalla scarpata,
pericolosamente sospesi sul vuoto. La vide fissare in silenzio il paesaggio, con
gli occhi blu zaffiro che riflettevano inquieti il chiarore dell’acqua sotto la
luce lunare. “Sai come fanno i biologi a tracciare la presenza di un branco di lupi?”
le domandò ad un tratto.
“Non ne ho sinceramente idea” replicò Minto, reggendosi prudentemente alla parete
di roccia al suo fianco e tentando di avvicinarsi a lei.
“Di solito portano un registratore nei boschi e lanciano degli ululati di richiamo
per vedere se ottengono risposta.”
“Non vorrai...” mormorò incredula Minto.
“È l’unico modo che ho...” si limitò a ribattere l’altra, stringendosi appena nelle
spalle.
Quindi lo fece.
Alzò fieramente il viso nell’aria pungente della notte, socchiuse le labbra e lanciò
un lungo, profondo ed angoscioso ululato. Un ululato che montò su lentamente,
spandendosi nella conca sottostante del fiume, raggiungendo la foresta dirimpetto
a loro e riecheggiando contro il versante opposto della vallata che incombeva sul
paesaggio. Minto cercò sostegno con le mani contro la parete rocciosa dietro di
sé, gli occhi sgranati dall’incredulità, mentre vedeva Zakuro prendere brevemente
fiato, prima di lanciare un secondo richiamo, un ululato melanconico che di umano
non aveva davvero nulla e che le fece salire i brividi e chiudere lo stomaco in
una morsa istintiva di timore. Fu lì che la natura duale ed irrequieta di Zakuro
la colpì in pieno viso come uno schiaffo. Da un lato la Zakuro che aveva sempre
idolatrato, la fotomodella che si destreggiava con grazia e padronanza nel mondo
luccicante dello spettacolo, a suon di sorrisi di circostanza e sguardi ammaglianti,
e dall’altro la Mew Zakuro che non vedeva ormai da parecchio tempo, quella che guizzava
feroce e libera sul campo di battaglia ed abbatteva i suoi nemici con un colpo fulmineo
della sua frusta, fiera ed implacabile. Era, quella, la stessa Zakuro che aveva
davanti ora e che si stava mostrando a lei, e solo a lei, e che all’improvviso le
sembrò estremamente più viva e reale dell’altra. La stessa Zakuro a cui ora brillavano
gli occhi di una luce inquieta e lontana.
L’eco dell’ululato di spense pian piano nella notte, lasciando il posto solamente
ad un silenzio così assordante da rimbombarle nelle orecchie, assieme al battito
accelerato del suo cuore.
Nei lunghi minuti che seguirono, le accompagnò solo il fruscio lieve del vento che
increspava i riflessi di luce lunare sul fiume, mentre restavano in attesa di una
risposta che non arrivò.
Infine Minto si sedette garbatamente sulla roccia del pendio, imitata da Zakuro,
che si accovacciò accanto a lei stringendosi una gamba al seno, l’altra a penzoloni
nel vuoto. Fu la più giovane a decidersi a spezzare per prima il silenzio. “O’nee-sama...”
le sussurrò “Ti manca essere una Mew Mew?”
“Ed a te?” domandò l’altra.
“Rischiare ogni giorno di farmi uccidere?” commentò sarcastica la mora, seppur a
mezza voce. “Non esattamente...”
Zakuro sorrise appena, addolcendo i tratti del viso. “A volte mi manca, ma mi piace
pensare che la forza che ci ha animato per mesi e ci ha permesso di salvare la Terra
non si possa... far sparire nel nulla.” bisbigliò “Anche se siamo costrette a tenerla
nascosta, cova sotto la cenere e non la si può estinguere del tutto...”
“Come i lupi?”
“Come i lupi...”
Rimasero a lungo accoccolate vicine su quello sperone roccioso, mentre l’aria fredda
della notte batteva loro sul viso e gonfiava di umidità le ciocche dei loro capelli.
Minto si strinse il cappotto al collo, azzardandosi a cercare un minimo di tepore
contro la spalla dell’amica. “Mi dispiace...” mormorò poi, con un filo di amarezza.
“Per cosa?” chiese l’altra, incuriosita.
“Per questa storia dei lupi...” mormorò Minto.
Zakuro sorrise di nuovo, incurvando delicatamente le labbra. “Questo parco non è
l’unico posto in Giappone dove ci sono stati avvistamenti...” commentò poi “Ed io
ho intenzione di fare molti altri servizi fotografici” aggiunse, pacata.
“Ed io ho intenzione di accompagnarti...” dichiarò Minto, senza battere ciglio.
“Ma la prossima volta avvisami così non rischio di cadere in qualche dirupo!” aggiunse,
fingendosi tanto stizzita dall’accaduto che quasi Zakuro dovette trattenersi dal
ridere.
“Hai ragione.” ammise poi l’altra, fissandola divertita. Quindi, per lo stupore
di Minto, si concesse di scostarle una ciocca di capelli dalla fronte e posarvi
sopra un bacio. “Grazie...” si limitò a sussurrare, fissandola dritta negli occhi
e regalandole un sorriso talmente sincero che Minto non poté evitare di arrossire
vistosamente.
La modella quindi si alzò agilmente in piedi, porgendo la mano alla mora per aiutarla
a fare altrettanto. “Pare che stanotte non avremo risposta.” dichiarò, serena “Torniamo
in albergo prima che questo freddo ci faccia venire qualcosa. Domani ci aspetta
una lunga giornata di relax... insieme.”
Minto annuì appena, ancora scossa, traballando sui tacchi degli stivaletti mentre
si inerpicavano ancora su per il pendio sulla via del ritorno.
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Bene, spero che vi sia piaciuto questo piccolo accenno
molto, molto soft di Zakinto, questa Zakuro decisamente fuori dalle righe e, soprattutto,
abbiate apprezzato il tema ambientalista. a cui tengo tantissimo e che ogni tanto
infilo a forza nei miei scritti (soprattutto per la Mew Lupo... chissà perchè...
*mumble*).
Tutto quanto raccontato in questa fikkyna sui lupi giapponesi è reale, potete consultare
un paio di link che riassumono un po' la vicenda della loro estinzione Giappone
(estremamente simile a quella di quasi tutti i paesi del mondo, purtroppo) che vi
metto qui sotto:
https://mysteriousuniverse.org/2015/06/the-mysterious-wolves-of-japan/
https://mysteriousuniverse.org/2014/04/howls-in-the-night-one-mans-quest-for-the-japanese-wolf/
(So che "Mysterious Universe" può sembrare un sito poco credibile,
ma in realtà riassume in modo piacevole argomenti che potete trovare spulciando
quanto dicono le varie wikipedie in modo però più dispersivo e noioso... X°D)
Se volete dare un occhio al parco di Chichibu-Tama-Kai, questo è il sito del ministero
dell'ambiente Giapponese:
https://www.env.go.jp/en/nature/nps/park/chichibu/guide/view.html
E queste invece l'hotel termale a cui mi sono ispirata:
https://hotelandplace.com/hotel/fuefukigawaonsen-zabou
(e sticazzi... io partirei domani).
Buoni esami a tutti, buone vacanze a chi li ha già finiti (da pochi giorni o da
diversi anni, come la sottoscritta XD), spero di riuscire ad aggiornare Until in
tempi umani e di avere qualche piccolo feedback di conforto con questa OS piccina
piccina ma piena d'amore. Zau!