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Autore: Ed1505    01/09/2003    8 recensioni
Digimon Tamers!! Takato, si sa, ha da sempre una cotta per Jeri. E se lei, un giorno, partisse? E se partendo gli confessasse di stare assieme ad uno dei suoi più cari amici? Avvertimento: coppie fuori dal comune.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Takato Matsuda | Coppie: Juri Katou/Jeri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FOR MY LOVE

 

“America?!”
Il giovane dai capelli castani lasciò cadere la scopa con cui stava pulendo l’aula.

“Esatto. Partirò la prossima settimana.”

Una ragazza carina, dai capelli leggermente più scuri, gli stava di fronte, a testa bassa.

“Ma come…?”

“E’ stata una cosa improvvisa. Sai, mio padre ha sempre desiderato aprire un ristorante giapponese negli Stati Uniti e ora il suo sogno può diventare realtà!”

“M- ma ormai sei all’ultimo anno di scuola! Non puoi aspettare ancora qualche mese?”

“No…papà ha già trovato un liceo per me ed i moduli sono già pronti. Visto che tu sei il mio più caro amico, ho preferito dirtelo di persona. Non volevo che venissi a saperlo da altri…”

“Già…Ti ringrazio…”

Takato ancora ripensava a quelle parole. Jeri Kato, la ragazza di cui era innamorato fin dai tempi delle elementari, stava per andarsene. Era assurdo…

Il giovane se ne stava seduto sull’altalena a fissare il terreno, con sguardo vuoto. Era cambiato molto rispetto a quando, assieme a Jeri e tutti gli altri, combatteva con i digimon. Aveva ormai 18 anni, era diventato più alto e aveva tagliato i capelli. Inoltre aveva smesso d’indossare sempre i suoi inseparabili occhiali.

All’improvviso, mentre rifletteva, notò due ombre sovrapporsi alla sua. Alzò la testa e si trovò di fronte due dei suoi più cari amici.

“Henry, Rika.”

“Ciao Takato. Che succede? Sei a terra!”

“Già…Ho appena saputo che la prossima settimana Jeri partirà per l’America.”

“Cosa!? Sul serio?”
Henry era molto sorpreso, mentre Rika fissava Takato con sguardo triste. Lui ricambiò lo sguardo.

“Lo sapevi già, vero?”
“E’ venuta da me un attimo prima di venire da te. Anche per me è stato un brutto colpo…”
“Lo so…dopotutto tu sei la sua migliore amica.”

Rika sorrise, anche se tristemente. Anche lei era cambiata decisamente. Si era addolcita un po’, anche se manteneva sempre la sua aria da dura, come dimostravano la divisa trasandata e la cravatta slacciata. I capelli erano cresciuti ed aveva cominciato a legarli in una coda più bassa. Nonostante la scuola privata in cui andava ai tempi dei digimon comprendesse tutto il percorso fino all’università, aveva preferito andare a quella pubblica con Takato e gli altri amici. Così erano diventati ancora più inseparabili.

Henry guardava Takato, preoccupato per lui. Sapeva bene quali erano i suoi sentimenti per Jeri e gli dispiaceva vederlo così a terra. Lui era rimasto sempre lo stesso, a parte la statura. Era poco più alto di Takato e manteneva sempre la sua aria matura.

“Senti, Takato…visto che ormai partirà…non credi sarebbe il caso che ti decidessi a dichiararti?”
Il giovane abbassò di nuovo il capo. Rika, invece, cercava di far capire ad Henry che era meglio chiudere il becco.

“Già…ci stavo pensando anch’io…In fondo, non ho più nulla da perdere, no?”
“NO!”

I due ragazzi fissarono la loro amica, che sembrava agitata.

“Che ti prende, Rika?”
“Perché hai detto no? Non vuoi che mi dichiari?”
“No, ecco, è che…Sarebbe crudele confessarle i tuoi sentimenti proprio ora…Sarà costretta ad andarsene con questa consapevolezza…Così per lei sarà ancora più dura dirti addio. E lo sarà anche per te.”

Henry e Takato continuavano a fissarla. Poi, il secondo si alzò, sospirando.

“Forse hai ragione tu…”
“Ma no! Almeno, se sarà a conoscenza dei tuoi sentimenti, un giorno tornerà per te!”

Rika tirò una gomitata nel fianco a Henry, per zittirlo. Fortunatamente Takato non se ne accorse.

“Ci devo pensare…Beh, ragazzi, ora vado a casa…sono piuttosto a pezzi. Ciao, ci vediamo domani. E grazie per l’aiuto.”

Ancora dolorante, Henry rispose:

“Figurati. Siamo amici no? A domani.”
“A domani, Takato…”

Quando il giovane fu scomparso dalla loro vista, Henry si voltò verso Rika.

“Si può sapere che ti è preso?! Perché mi hai picchiato?”
“Sei uno stupido, Henry! Non dovevi istigarlo a dichiararsi!”
“E perché no? La tua idea è assurda, secondo me. Perché dovrebbero stare meglio senza conoscere i reciproci sentimenti?”
“Non è per quello, scemo! Tu sei davvero tanto convinto che Jeri ricambi il suo amore?”
“Certo! E’ evidente, no?”

“E’ qui che ti sbagli. E poi, lei conosce benissimo i sentimenti di Takato. Insomma, mi pare che chiunque fosse in grado di comprenderli…”

“Lei sa cosa prova Takato? E perché non ne parla con lui?”
“Prova a pensarci un po’ su, testa di rapa! E’ incredibile come un ragazzo intelligente e maturo come te non riesca a comprendere nulla di questioni amorose!”
“Ehi, non è vero! Comunque…vuoi dire che Jeri non è innamorata di Takato?”

“Temo che presto otterrai la risposta che cerchi, Henry.”

“Ohi ohi. Credo proprio che questo sarà un gran brutto periodo per il nostro amico.”
“Posso dirti solo che avrà bisogno di tutto il nostro sostegno…”

“E lo avrà.”

 

In men che non si dica, arrivò il giorno della partenza di Jeri. Tutti gli amici andarono a salutarla all’aeroporto, compreso Takato. La ragazza piangeva, molto dispiaciuta all’idea di doversi separare da tutti loro. C’erano Rika, Henry, Takato e Kenta. Kazu non era andato. Da qualche tempo aveva smesso di frequentare il loro gruppetto, senza dare nessuna spiegazione.

“Mi raccomando, Jeri. Stammi bene.”

“Ti ringrazio, Henry. Anche tu stammi bene.”

“L’America è un bel posto, ti troverai bene. E magari verremo anche a trovarti, così avremo la scusa per visitare gli Stati Uniti!”

“Vi aspetterò tutti con ansia.”

Il giovane abbracciò l’amica, poi si fece indietro per lasciare spazio agli altri. Andò da Takato, che se ne stava silenzioso, in un angolo. Tocco a Kenta salutare Jeri.

“Scrivi, mi raccomando. Io aspetto tue notizie, Jeri.”

“Certo. Ti farò avere al più presto il mio indirizzo.”

Il loro abbraccio durò un po’ di più, mentre Rika li fissava cercando di ricacciare indietro le lacrime. Quando Kenta si fu allontanato, toccò a lei salutare l’amica. Nonostante si fosse addolcita, rimaneva comunque una dura, e non era facile trattenersi. Jeri lo sapeva e, senza una parola, l’abbracciò stretta. A quel punto Rika non riuscì più a resistere. Ricambiò l’abbraccio, scoppiando in lacrime.

“Rika, ti ringrazio. Sei la più cara amica che io abbia mai avuto! Mi hai aiutata così tanto, in ogni occasione…Se non ci fossi stata tu, a Digiworld, non ce l’avrei mai fatta.”

“Non dirlo, non serve. Anche tu sei stata la mia più cara amica. Anzi, la mia prima vera amica. Non potrò mai dimenticarti.”
“Nemmeno io. E ti giuro che ti scriverò, così potremo confidarci come se fossimo ancora vicine.”
“Va bene. Ora basta. C’è un’altra persona che devi salutare. Fai buon viaggio, Jeri.”
“Sì. Arrivederci, Rika.”

Ancora piangendo, la ragazza andò da Takato, che stava ancora a testa bassa.

“Ehi. Ormai sta per partire. Vai a salutarla.”

Takato annuì ed andò da Jeri. Si guardò intorno. Rika si era allontanata, per non dover assistere al momento in cui sarebbe partita, mentre Henry e Kenta stavano parlando poco distante. Lui e Jeri erano soli, l’uno di fronte all’altra. Lei gli sorrideva, con le lacrime che le correvano sulle guance arrossate.

“Beh, è arrivato il momento, a quanto pare. Mi mancherai molto, Takato.”

“Non quanto tu mancherai a me. Vedi, Jeri…prima che tu parta, c’è una cosa che devo assolutamente dirti…”

Il sorriso scomparve dal volto di Jeri. Impallidì, cercando di impedirsi di fuggire.

“No, perché proprio ora? No, no!! Andava tutto così bene! Non voglio!”

“La verità, è che per me sei sempre stata qualcosa di più di una semplice amica. Fin dai tempi delle elementari…io…ti voglio bene. Non come amico…Ecco, io sono…innamorato di te, Jeri.”
Lei lo fissava, piangendo ancora di più.

“Perché? Perché devi dirmelo proprio ora, Takato?”
“Lo so, sono ingiusto. Tu stai partendo e non ci vedremo, ma non potevo più stare zitto, volevo che tu sapessi.”

“No! Non capisci! Così hai rovinato tutto!”

Il ragazzo non capiva, la fissava sorpreso.

“Io lo sapevo, Takato, l’ho sempre saputo!”

“C- come…lo sapevi…?”
“E’ così! Ho sempre saputo quali erano i tuoi sentimenti per me, ma non dovevi dirmelo!”

“P- perché?”
“Perché avrei voluto lasciarti da amica…invece ora…Takato, io…c’è una cosa che ti tengo nascosta da tanto, tanto tempo…”
“C- cosa…?”

“Io e Kenta stiamo insieme…”
Per Takato fu come essere pugnalato al cuore. La ragazza di cui era innamorato…una delle sue più care e vecchie amiche…stava con un altro dei suoi più cari amici. E lui non ne sapeva niente. Si voltò verso Kenta e notò che lui e Henry lo fissavano preoccupati. Poi vide Rika, che scuoteva la testa, guardandolo. Infine tornò a guardare Jeri. Con occhi e bocca sbarrati le afferrò la mano, stringendogliela.

“A- addio, Jeri. Abbi cura di te…Addio.”

Quindi corse via, uscendo dall’aeroporto, con Henry e Rika che, dopo un rapido ultimo saluto, lo seguivano.

 

Takato corse, corse più veloce che poteva, senza fermarsi. Dopo qualche minuto, arrivato ad un piccolo parco nei pressi dell’aeroporto, crollò a terra, senza fiato. Immediatamente dopo, Rika ed Henry lo raggiunsero, crollando anch’essi. Per circa cinque minuti nessuno parlò. Rimasero a terra ad ansimare, cercando di riprendere fiato dopo quella folle corsa. Poi Takato parlò.

“Tu…tu lo sapevi, non è così, Rika?”

Lei non rispose. Si limitò a fissarlo, mentre il suo petto si alzava e si abbassava ritmicamente. Poi, chiuse gli occhi.

“E’ per questo che non volevi che io mi dichiarassi…Che stupido! Tu me l’avevi detto. L’avevi detto che avrei solo combinato un casino! E io, da bravo idiota quale sono, non ti ho dato retta!”

“Non dire così, Takato! Tu sentivi il bisogno di essere sincero e questa non è assolutamente una cosa sbagliata! Hai semplicemente seguito la strada che il tuo cuore ti suggeriva. E…è vero. Sei rimasto ferito. Ma in fondo, anche questo è necessario per riuscire a crescere. Non lo credi anche tu, Henry?”
“Sì. Rika ha perfettamente ragione, Takato. Tu non hai sbagliato assolutamente nulla. Hai fatto la cosa giusta. E se ora stai male…beh, presto starai meglio. Prova a pensare questo: oggi hai raggiunto l’apice della sofferenza, per questa tua storia con Jeri. D’ora in avanti, non potrà che andare meglio, no?”
Takato continuò a fissare il cielo in silenzio. Poi si mise a sedere. Fissò i due, sorridendo.

“Hai ragione. Grazie a voi, mi sento già un pochino meglio, sapete? Eh, in fondo…noi tre siamo legati da qualcosa di speciale…Jeri, Kazu e Kenta sono miei amici di vecchia data. Loro li ho conosciuti così, per caso. Ritrovandomi in classe con loro. E poi…poi ci siamo piaciuti, e siamo diventati inseparabili. Ma con voi due…è completamente diverso. Noi non ci siamo conosciuti per caso, ma grazie ai digimon. E’ stato il destino a farci incontrare. E poi, in seguito, abbiamo scelto di continuare a vederci e diventare amici. Ricordi, Rika? Tu, all’inizio, non volevi nemmeno saperne di collaborare con me ed Henry.”

“Già. Non avevo amici ed ero convinta che quello fosse il mio destino. Non concepivo l’idea di collaborare con voi. Invece, un po’ alla volta, ho cominciato a conoscervi. Ho visto che voi mi aiutavate senza avere secondi fini e per la prima volta in vita mia ho compreso cosa fosse l’amicizia. E alla fine sono diventata una di voi.”

“La nostra è davvero una bella amicizia. Quando sono con voi due, mi sento felice…come mai in nessun’altra occasione. Un tempo pensavo che Terriermon fosse il mio più caro amico, e che mai avrei potuto ricreare quel rapporto con qualcuno. E invece, con voi è la stessa cosa. Completa e assoluta fiducia…”

Rimasero in silenzio, troppo toccati da quel bel momento per rovinarlo con le parole. Poi Henry si alzò.

“Vado a controllare a che ora abbiamo il prossimo treno per rientrare. Voi restate ancora un po’ qui.”

“D’accordo.”

Rimasti soli, Rika e Takato si alzarono ed andarono verso una panchina, pulendosi i vestiti dalla polvere. Si sedettero e presero a guardare alcuni bambini che giocavano sullo scivolo di fronte a loro.

“Da quanto tempo stanno insieme?”
“Eh?”
“Jeri e Kenta…Da quanto stanno insieme?”
“Beh…”
“Lo so che tu sai tutto. Ne sono certo.”

“…Circa…circa due anni…”

“Due anni…due anni in cui non mi sono accorto assolutamente di nulla…”

“Non te l’hanno detto…perché avevano paura di farti soffrire. Sapevano quali erano i tuoi sentimenti, e pensavano che saresti stato davvero male, se l’avessi saputo.”

“Uhm…molto premuroso da parte loro. Ma saperlo così è stato molto peggio.”

“Mi dispiace…”

“Non devi. Ma…hai detto due anni?”
“Sì. E, se stai pensando a Kazu…ti rispondo io. E’ così. Si è allontanato perché aveva scoperto tutto.”

“Capisco…”

“Quando l’ha saputo, ha cercato di convincerli a dirti tutto. Sai, so bene come sono andate le cose, perché c’ero anch’io, quel giorno. Kenta non voleva saperne, continuava a ripetere che non avrebbe detto nulla e Jeri gli dava ragione. Noi…cioè, Kazu insisteva che si stavano comportando male, che erano ingiusti e che la loro amicizia nei tuoi confronti era falsa. Poi ha detto che lui non aveva nessuna intenzione di restare amico di persone così crudeli e se n’è andato. Io l’ho seguito e mi ha comunicato la sua intenzione di allontanarsi anche da te. Tutto perché altrimenti ti avrebbe detto cosa stava accadendo e si sarebbe “abbassato al loro livello”. E’ questo il motivo che l’ha spinto ad allontanarsi.”

“Già. Mi dispiace molto…immagino che per lui sia stato davvero duro, smettere di essere nostro amico. Mi sento in colpa.”

“Non devi, Takato. Lui ti vuole davvero bene, per questo l’ha fatto. Se sapesse che stai male per questo, ne soffrirebbe…”

“E’ un vero amico, il buon vecchio Kazu…”

“Sì, hai ragione.”

“E anche tu lo sei, Rika.”

“Eh? Che vuoi dire?”
“Anche tu hai cercato di convincere Jeri a dirmi tutta la verità, non è vero?”
“N- non capisco, cosa…”

“Lo so. Non è nel tuo carattere nascondere le cose. Mentirmi deve esserti costata una fatica immensa. Per fortuna, non hai reagito come Kazu. Se anche tu avessi deciso di abbandonarmi…ora mi rimarrebbe solo Henry.”

“Non dire così. Anche a scuola, tu sei circondato da amici.”

“Io sto parlando di amici veri. Ed oggi ho capito che siete solo tu, Henry e Kazu. Beh, poi ci sono anche Yamaki e Kaori (questo è un nome inventato, per la donna che sta sempre con Yamaki, la sua ragazza. Siccome non ho idea di quale sia il suo nome, ho inventato questo. Spero che gli appassionati sapranno perdonarmi! NdRyuen). Ma con loro è diverso, è come avere degli zii…Ma…Henry, per me, è come un fratello. E tu…sei una sorella.”

Rika sorrise, ma la sua espressione non era felice.

“Ti ringrazio. Comunque…i prossimi giorni, saranno piuttosto duri, per te. E sappi che, in qualunque momento, se avrai bisogno di qualcuno con cui parlare, o anche solo di stare un po’ in compagnia, a piangere…io sono sempre disponibile. Puoi chiamarmi in qualunque momento. Anche di notte. Io sarò sempre felice di aiutarti, ok?”
“Va bene. Accetto volentieri il tuo aiuto, Rika. E, comunque…non preoccuparti. Anche se non mi hai rivelato la verità, non ce l’ho con te. Posso capirti. In fin dei conti, Jeri è sempre stata la tua migliore amica. E’ ovvio che tu abbia cercato di aiutarla…”

“Sì, è vero. Jeri è la mia migliore amica. Tuttavia, anche tu…sei il mio migliore amico…”

La ringraziò con un sorriso, poi prese a fissarla, mentre lei guardava verso l’orizzonte.

“Senti, Rika…Ma tu…hai mai subito una delusione d’amore?”
La ragazza sobbalzò. Poi si voltò a guardarlo, con aria decisamente sorpresa.

“P- perché? Come mai…mi chiedi una cosa…del genere…?”

“Ecco, mi è venuto questo dubbio. Non so, mentre parlavi, sembrava quasi che tu capissi. E poi, mi è capitato, a volte, di vederti giù, proprio come lo sono io, ora.”

Per un po’ non rispose. Era difficile, per lei. Infine, disse:

“Beh, a dire il vero, hai ragione. Sì, anch’io ho subito una delusione d’amore. Sai, mi sono innamorata…di uno dei miei più cari amici. Quindi, posso capire che ora tu ti senta a terra. Perché anch’io ho provato le tue stesse emozioni. E, forse, continuo a provarle tuttora.”

“Ma tu ti sei dichiarata, a questo tuo amico?”
“No. Perché non avrebbe avuto senso. Lo conosco davvero bene e so che lui ama un’altra ragazza.”

“Mi dispiace, Rika…”

In quel momento videro Henry che correva verso di loro e Rika si alzò.

“Mi raccomando, Takato. Acqua in bocca, è un segreto!”

E, dopo avergli strizzato l’occhio, si avvicinò ad Henry per avere notizie sul loro treno, mentre Takato li fissava senza dire una parola.

 

Nei giorni successivi, l’umore di Takato rimase pessimo. Per un paio di giorni, visto che era vacanza, rimase chiuso in camera sua, senza voler uscire, se non per mangiare. Non voleva nemmeno ricevere visite, le uniche persone a cui permetteva di entrare erano Rika ed Henry. Kenta non provò nemmeno ad andare a parlare con lui e questo irritò non poco i due amici di Takato. Così, un giorno, Henry si recò da lui. Quando si ritrovarono faccia a faccia, subito lo apostrofò.

“Insomma, Kenta! Si può sapere perché non hai nemmeno tentato di parlare con Takato?”
“Non avrebbe avuto senso. Figurati se vuole vedermi, ora! Sarà infuriato con me.”
“Ti sbagli di grosso! Lui non è arrabbiato, è avvilito, triste, distrutto! Perché ha scoperto che due suoi carissimi amici gli hanno mentito! Ciò che lo fa stare peggio, non è tanto sapere che Jeri non lo ama, quanto il fatto che voi due gli avete tenuta nascosta la cosa per ben due anni!”

“Se abbiamo fatto una cosa del genere, è stato solo per evitare di farlo soffrire.”

“Balle! Sai cosa ti dico? Che secondo me, l’unico motivo per cui tu non hai voluto dirgli la verità, è che avevi paura della sua reazione. Non so, magari temevi che ti avrebbe preso a pugni…O che ti avrebbe causato qualche altro problema…”

“Oh, senti, Henry…Ma di che t’impicci? Non sono affari che ti riguardano, mi pare!”

“Invece mi riguardano eccome! Il mio migliore amico, colui che per me è come un fratello, sta malissimo, ed è solo colpa tua. Quindi, ora voglio darti un avvertimento…Se vuoi scusarti con Takato per avergli mentito…allora vai da lui immediatamente. Ma se non hai questa intenzione…Vedi di non ripresentare più il tuo brutto muso davanti a lui! Sono stato chiaro?”
“Tsk, e sennò che mi fai?”
“Ti faccio ciò che avrebbe dovuto fare Takato. O Kazu. Spaccarti il muso!”

E, detto questo, se ne andò, lasciando Kenta non poco spaventato.

Quattro giorni dopo la partenza di Jeri, Takato ricevette una visita inaspettata. Era in camera sua, quando sua madre gli disse che era arrivato Kazu. Il ragazzo entrò nella camera dell’amico, titubante. Teneva il capo chino, non aveva coraggio di guardarlo negli occhi. Per un pezzo stettero entrambi in silenzio, poi Kazu esordì dicendo:
“Rika è venuta da me, ieri. Mi ha detto che hai saputo tutta la verità.”

“Già.”

“Ecco, Takato…mi dispiace molto. Non avrei mai voluto allontanarmi da te e dagli altri. Ma dopo ciò che era accaduto con Kenta…non avevo più il coraggio di guardarti in faccia. Inoltre, ero davvero deluso, perché avevo scoperto che una persona che credevo davvero amica, in realtà era solo uno sporco bugiardo. Se lui non ti ha mai detto nulla, è stato solo perché aveva paura di te. Sei molto più forte di lui, e più simpatico. Temeva che tu potessi prenderlo a pugni, oppure che tentassi di portargli via Jeri. Non potevo più stargli vicino, mi faceva schifo. Così, ho pensato di girare al largo.”

“Non ce l’ho con te, Kazu. Rika mi ha spiegato come sono andate le cose. Ti ringrazio. Per esserti dimostrato un vero amico.”

“Non devi. E’ ciò che siamo, in fondo, no?”
“Giusto!”

E risero insieme, come un tempo. Poi, dopo averci pensato un po’ su, Takato prese la parola.

“Senti Kazu…ma tu e Rika siete rimasti amici, in tutto questo tempo?”
“Non proprio. Lei veniva da me, a volte, per convincermi a tornarti amico…e poi mi raccontava ciò che accadeva e come andavano le cose. Comunque, si può dire che siamo buoni amici, credo.”

“Capisco.”

“Anche se, te lo confesso, non credevo che mi sarebbe rimasta amica, dopo ciò che è accaduto…”
“Ti riferisci al fatto di Jeri e Kenta?”
“No, no…quello è successo dopo. Mi riferisco alla mia dichiarazione.”

“Dichiarazione?”
“Come, non te l’ha detto? Mi sembra strano, dice sempre che tu sei il suo migliore amico…”
“Dirmi cosa, Kazu?”
“Qualche tempo prima del fatto di Kenta, io le ho dichiarato il mio amore. Il fatto è che avevo un debole per lei fin da quando ci eravamo conosciuti. Così, ad un certo punto, mi sono fatto coraggio e gliel’ho confessato.”

“Sul serio? E lei che ti ha risposto?”
“Che le dispiaceva, ma per lei sono solo un ottimo amico. Inoltre ha aggiunto di essere innamorata di un’altra persona.”

“Questo lo so anch’io! Me l’ha detto l’altro giorno. Mi ha anche detto che è un suo caro amico, che però ama un’altra. Tu hai idea di chi potrebbe essere?”
“No, non ne ho idea…”

“Io credo che si tratti di Henry, sai?”
“Di Henry? Beh, ora che ci penso…potrebbe davvero essere così! Ma tu hai idea se lui abbia una ragazza?”
“Non credo, non mi ha mai detto niente. Però, sai una cosa? Voglio scoprirlo.”

“Perché?”
“Rika mi sta aiutando davvero tanto. Mi è sempre vicina e mi è capitato di vederla piuttosto giù. Non voglio che continui a soffrire. E’ molto importante per me.”

“Sì, forse hai ragione. Però attento a non immischiarti troppo nei suoi affari. Non vorrei che si seccasse.”

“Ok, starò attento.”

Dopodiché presero a parlare di altri argomenti. L’umore di Takato, grazie ai suoi tre cari amici, stava pian piano migliorando.

 

Qualche giorno più tardi, Takato si decise a ricominciare ad uscire di casa. Come prima cosa si recò da Henry. Quando suonò il campanello, fu Suzie ad aprire la porta.

“Takato! Ciao!”

“Ciao, Suzie. Tuo fratello è in casa?”
“Sì, è in camera sua. Vai pure.”

“Grazie.”

Suzie frequentava l’ultimo anno delle medie ed era diventata una ragazza molto carina. A scuola aveva parecchi spasimanti e la cosa infastidiva non poco Henry, che tendeva ad essere molto protettivo nei suoi confronti. Ma comunque Suzie non ricambiava le attenzioni dei suoi compagni, affermando che era alla ricerca del suo ragazzo ideale. Tale e quale a suo fratello maggiore.

Takato bussò alla porta dell’amico.

“Avanti! Suzie, vedo che finalmente hai imparato a bussare!”

“Beh, ho imparato a bussare molto tempo fa, a dire il vero…E, comunque, non sono Suzie.”

Henry si voltò di scatto, dalla sedia a cui era seduto.

“Takato! Wow, sei uscito! E’ fantastico!”

“Già, ormai va un po’ meglio. Allora, che facevi, di bello?”
“Mah, lavoravo un po’ con il computer. Yamaki mi ha chiesto se controllavo un programma per lui.”

“Ah, già. Prima mi ha chiamato per chiedermi se domani posso passare a dargli una mano.”

“Sì, ha chiamato anche me e credo anche Rika. Era un bel po’ che non succedeva…”

“Già.”

Yamaki aveva dato vita ad una società di creazione software, assieme al padre di Henry ed ai suoi amici. Fin dagli inizi ai ragazzi capitava spesso di andare a salutare e pian piano avevano cominciato a dare una mano. Ormai Yamaki li chiamava sempre quando c’era da collaudare un nuovo programma, o qualche altro lavoretto da sbrigare. Erano ormai degli esperti, molto più in gamba di molti uomini operanti nel settore.

“Allora, dimmi. C’è un qualche motivo per cui sei qui oppure la tua è solo una visita?”
“Beh, visto che sei stato così gentile da venirmi a trovare tutti i giorni, mentre ero barricato in camera mia, ho pensato di ricambiare.”

“Capisco. Che ne dici, andiamo a farci un giro? Hai bisogno di prendere aria, dopo tutti quei giorni al chiuso.”

“Ci sto.”

“Prendo la giacca e arrivo.”

Uscirono e cominciarono a camminare per la città. Chiacchieravano del più e del meno, con tranquillità. Il loro rapporto era sempre stato così. Riuscivano a parlare di ogni cosa con naturalezza. Fiducia reciproca e assoluto rispetto erano le caratteristiche della loro amicizia. Così, per Takato non fu troppo complicato esordire con la questione che gli stava a cuore.

“Senti, Henry. Mi sono reso conto che c’è una cosa di cui io e te non abbiamo mai parlato.”

“Ah, sul serio? Non pensavo potesse esistere!”
“Invece è così. Non mi hai mai detto se c’è qualche ragazza che ti piace.”

“Davvero? Io e te non abbiamo mai affrontato questo argomento?”
“Già.”

“Mi dispiace, Takato. Ti assicuro che non era mia intenzione nasconderti qualcosa. Solo, non mi è mai passato per la testa.”

“Non preoccuparti, non te ne faccio una colpa. Solo, sono un po’ curioso, tutto qua.”

“Beh, in questo caso, rimedio subito. Sì, una ragazza che mi piace esiste. Inoltre lei è la mia ragazza.”

“Sul serio?! Tu hai una ragazza?!”
“Esatto! Si chiama Lai Fe, è cinese. Però vive qui in Giappone, anche se in un’altra regione. Possiamo vederci solo di rado, ma siamo entrambi molto innamorati. Inoltre, devi sapere che, come da usanza della sua terra d’origine, che poi sarebbe anche quella di mio padre, ci siamo già scambiati la promessa di matrimonio.”
“Cosa?! Sei già fidanzato ufficialmente?”
“Al compimento del nostro ventesimo anno, ci sposeremo. Il fidanzamento ufficiale è avvenuto l’anno scorso.”

“E a te è passato di mente di dirmelo?”
“Ti giuro che non volevo tenertelo nascosto. E’ che sembra una realtà così diversa dalla nostra, che quando sono con voi mi passa di mente. Comunque, se questo può consolarti, sappi che sei il primo amico a saperlo. Prima lo sapevano solo le nostre famiglie.”

“Wow…incredibile…Dì, ma anche tua sorella Suzie lo sa?”
“Sì. Lo so cosa pensi. Lei mi adora ed infatti inizialmente è stata gelosa. Ma poi lei e Lai Fe sono diventate amiche.”

“E tu ami davvero questa ragazza?”
“Sì. La conosco da anni e mi è sempre piaciuta. Poi ho scoperto che anche lei mi voleva bene e i nostri genitori si sono occupati del resto. Sai com’è, hanno delle menti piuttosto antiquate…”

“Però, se vi amate sul serio, non vedo nulla di male. Ok, forse a vent’anni è un po’ prematuro, ma non così pazzesco.”
“La penso come te. Per questo ho accettato di buon grado il fidanzamento.”
“Beh, in questo caso, congratulazioni, amico. Sono felice per te. Dico sul serio.”

“Ti ringrazio. E, visto che ci siamo…beh, è presto, effettivamente…ma sarei felice se tu mi facessi da testimone, Takato.”

“Cosa? Io? Ne sei sicuro?”
“Sicurissimo. Sei come un fratello per me e lo resterai sempre. Voglio te, al mio fianco.”
“Ci sarò. Sarà come sdebitarmi per l’aiuto ricevuto in questi giorni.”

Si strinsero la mano, poi si abbracciarono. Quindi ricominciarono la loro passeggiata.

Quella sera, mentre tornava a casa, Takato rifletté su molte cose.

“E così, tra soli due anni Henry si sposerà. Sposarsi…Passare il resto della propria vita al fianco della persona che si ama…Forse è davvero troppo presto. Io non riesco nemmeno a immaginare di impegnarmi in modo tanto esclusivo alla mia età. Ma forse è perché non ho ancora incontrato la persona da amare davvero con tutto me stesso. Anche con Jeri, forse era solo una cotta. In fin dei conti, sono passati solo pochi giorni ed io sto già meglio. Merito dei miei amici…Povera Rika. Lei soffre sicuramente di più, perché si è tenuta tutto dentro. Non ha avuto modo di sfogarsi e quindi nemmeno di ricevere il nostro appoggio. Anche se posso ben immaginare che avere l’appoggio di Henry non l’avrebbe aiutata molto. Quindi, a questo punto…tocca a me. Devo starle vicino ed aiutarla, proprio come lei ha fatto con me. In fondo è la mia migliore amica. Voglio che sia felice! Lei se lo merita più di chiunque altro.”

Senza accorgersene era arrivato fino a casa sua. Guardò il portone per qualche istante, poi entrò, sorridendo.

“Basta piangermi addosso. E’ arrivato il momento di agire. Oggi nasce un nuovo Takato!”

 

La scuola ricominciò, dopo la settimana di vacanza e Takato tornò quello di sempre. Anzi, notarono i suoi amici, era diventato più sereno e deciso. In classe con lui c’erano Henry e Rika, mentre Kazu era nella stessa classe di Kenta. Kazu aveva saputo da Henry della loro conversazione ed ora guardava il suo ex amico con maggior disprezzo. Kenta, dal canto suo, sembrava non essere disturbato dalla perdita dei suoi amici. Se ne stava con altri secchioni come lui, tranquillo e beato come al solito. E presto tutti gli altri dimenticarono la sua esistenza.

Da quando aveva scoperto del fidanzamento di Henry, Takato cercava di stare più vicino possibile a Rika. Non aveva mai affrontato la questione direttamente, sapeva per esperienza che era sufficiente la vicinanza di una persona cara per sentirsi meglio. E Rika sembrava davvero felice di tutte quelle attenzioni da parte dell’amico.

Un giorno, mentre Takato la riaccompagnava a casa…

“Ehi, Rika! Senti, che ne diresti di andare al cinema, sabato?”
“E a vedere cosa, scusa? Mi auguro non un altro film di mostri, non ne posso più!”

“Preferiresti forse un bel film romantico e strappalacrime?”
“Se vuoi che vomiti dillo subito…”
“Eh eh, come ti conosco, amica mia! Comunque, pensavo ad un bel film d’azione. Ti va?”
“Uhm, va bene. Mi voglio fidare di te, Takato. Ma ti avverto, se mi porti a vedere uno dei soliti film stupidi che piacciono solo a te e Kazu, te la faccio pagare!”
“Ok, promesso! Allora ci vediamo domani, ciao!”
“Ok, ciao!”

Ed entrò in casa tutta contenta, mentre lui si allontanava fischiettando. Era davvero contenta di quell’avvicinamento improvviso. Takato sembrava essersi risollevato del tutto, dopo la delusione causata da Jeri, ed era diventato persino più allegro di prima. Questo la rendeva felice, per svariati motivi. Inoltre la loro amicizia si rinsaldava ogni giorno di più.

Passarono alcuni mesi, in cui Takato, Henry, Rika e Kazu divennero ancora più inseparabili di prima. Takato e Rika passavano moltissimo tempo insieme ed era rarissimo vedere l’uno senza l’altra. A scuole circolava la voce che facessero coppia fissa, ma la cosa non li disturbava minimamente. Erano amici e questo era ciò che contava. La loro vicinanza, comunque, cominciava a risultare sospetta anche agli occhi degli amici più vicini.

“Senti, Henry…Hai sentito le voci che circolano a scuola riguardo a Rika e Takato?”
“Certo. Dovrei essere sordo per non averle sentite!”
“Ma secondo te, non c’è un fondo di verità?”
“Che vuoi dire?”
“Ecco, secondo me quei due sono innamorati.”

“Che? Scherzi? Takato e Rika?”
“Già. Ma scusa, li hai visti anche tu, no? Hai notato le occhiate che si lanciano?”
“Ma dai, Kazu! Takato era innamorato perso di Jeri e Rika…lei non s’interessa a queste cose!”

“E’ qui che ti sbagli. Sai, so che Rika è innamorata di qualcuno.”

“Davvero? E come fai a saperlo?”
“Me l’ha detto lei. Beh, quando mi ha rifiutato…”

“Ah!”

“Vabbè, comunque, lei è innamorata di un suo carissimo amico, che però ama un’altra ragazza…Inizialmente ero convinto si trattasse di te, ma quando ci hai detto del tuo fidanzamento non ha fatto una piega. Quindi, andando per esclusione…tu non sei, io tanto meno, visto che mi ha rifiutato…non resta che…”

“Takato.”

“Esatto. E poi lui era innamorato di Jeri e lei lo sapeva benissimo.”

“Però lei sapeva che Jeri stava con Kenta.”

“Ma se si fosse dichiarata a Takato, avrebbe dovuto dirglielo, e non voleva. Gli è semplicemente rimasta accanto come amica.”

“E Takato? Credi che lui la ricambi?”
“Non ne ho idea. Non credo sia più innamorato di Jeri, però non credo nemmeno ami Rika. E’ che lui non ne parla molto, lo sai. E poi è ancora convinto che sia innamorata di te.”

“Beh, ma noi che possiamo fare?”
“Temo nulla. Credo che spetti a loro sistemare la cosa.”

“Mi sa che hai ragione. Comunque, mi sembra che per ora le cose vadano lo stesso a gonfie vele.”

“Ma Rika non potrà resistere così per sempre. Prima o poi scoppierà.”
“Speriamo che le cose si risolvano prima…”

 

“Bene, signorina Rika. Eccola qui, a casa, sana e salva.”

“Oh, la ringrazio di cuore, signor cavaliere.”

Scoppiarono a ridere. Takato aveva accompagnato Rika a casa dopo essere usciti insieme.

“Allora, piaciuta la giornata?”
“Certo che sì. Sai, stai migliorando, Takato. Ora riesci ad essere una buona compagnia.”

“Ehi, come ora? Lo sono sempre stato!”

“Ah, beh, se lo dici tu…”

“Strega!”

“Antipatico!”

Si mostrarono la lingua, poi scoppiarono di nuovo a ridere.

“Ok, ora vado. Se faccio troppo tardi, poi chi la sente mia madre?! Buonanotte, Rika. Ci vediamo domani mattina.”

“Va bene. E, Takato…grazie. Per oggi e per tutte le altre volte che passi il tuo tempo con me. So che lo fai per tirarmi su di morale.”

“Non devi ringraziarmi, tu hai fatto lo stesso con me.”

“Però io l’ho fatto per una settimana, tu per dei mesi.”

“Stare in tua compagnia mi rende felice, Rika. Lo faccio anche per me, non preoccuparti.”

“D’accordo. A domani, Takato.”
“Ciao.”

Ed aspettò che Rika rientrasse in casa, prima di andarsene.

La ragazza entrò in casa, di ottimo umore. Le parole di Takato le avevano fatto piacere. Ma subito si rabbuiò, come ogni volta che rimaneva da sola. Davanti agli amici fingeva di essere sempre allegra e spensierata, ma in realtà soffriva moltissimo. Era davvero faticoso, per lei, fingere per tutto il giorno. Solo tornata a casa poteva sfogare la sua tristezza e la sua depressione. E lo faceva con sua nonna e sua madre.

“Ciao, sono tornata.”

Sua nonna spuntò all’ingresso.

“Ciao cara. Com’è andata, oggi?”
“Tutto bene. Io vado un po’ in camera mia, chiamami per apparecchiare.”

“Certo.”

“Ah, la mamma è tornata?”
“No, non ancora.”

“Capisco. Ultimamente è piuttosto impegnata, eh?”
“Già. E le dispiace molto non riuscire a passare più tempo con te.”

“Non deve. Io la capisco. E so che anche se non può stare spesso a casa, si preoccupa per me e mi vuole bene.”

“Sono davvero felice che ora andiate d’accordo. Se ripenso a quando andavi alle elementari…Ma anche questo è merito di Takato e degli altri amici.”

“Già. E’ sempre tutto merito suo…”

E, così dicendo, andò in camera sua. Si cambiò, buttando i vestiti alla rinfusa, e si stese per terra, a fissare il soffitto.

“Vorrei tanto che in un momento come questo Renamon fosse con me. Potrei confidarmi con lei e chiederle consiglio. Era così saggia…Ma non devo pensare a questo, altrimenti finisco col deprimermi ancora di più! Ho già abbastanza problemi, per la testa. Ah, se solo lui non fosse così dolce con me…!! Sarebbe più facile cercare di dimenticarlo! E invece no, mi fa da fratello, da amico, da protettore, da confidente…da angelo custode. Ha preso il posto di Renamon. E ciò che è peggio, è che se da un lato la cosa mi complica la vita, dall’altro mi rende strafelice!! Come posso fare? Ah, ma come posso fare?! Forse l’unico modo per risolvere la situazione sarebbe essere sincera con lui, ma non voglio perderlo! Preferisco continuare a soffrire così, piuttosto che dovergli dire addio! Santo Cielo, ma cosa sono diventata? Una di quelle ragazze che un tempo detestavo…A tormentarmi per un amore non corrisposto, o meglio, sì corrisposto, ma solo da un’enorme amicizia. D’altronde, che altro posso fare? Ah, vorrei tanto che dal cielo mi arrivasse un aiuto per decidere!!”

In quel momento, qualcuno bussò alla sua camera. Era sua madre, che entrò e si sedette di fronte a lei.

“Mamma. Che succede?”
“Rika, tesoro…ti devo parlare di una cosa molto importante…”

 

Qualche ora più tardi, Rika era nuovamente distesa sul pavimento della sua stanza, a fissare il soffitto. Dagli occhi scendevano copiose le lacrime.

“E’ così, era questo l’aiuto. Il segno. Mi è stato suggerito cosa fare. Però…non credevo che ricevere un aiuto fosse così doloroso…E’ come se mi fosse crollato il mondo addosso. Mamma è stata chiara. Non mi vuole obbligare. Ma, d’altronde, che potrei fare? Abbandonarla? Mai. Le voglio troppo bene e lei ha troppo bisogno di me. E poi…tutto questo mi aiuterà, no? Ora non devo essere io a decidere. Ha deciso il destino, per me. Non dovrò più tormentarmi. E riuscirò a scordarmi di lui, forse. Sarà come dare un taglio a tutte le sofferenze. Questa era proprio la soluzione che mi ci voleva. E’ così…è ciò che desideravo…Ma allora…perché fa così male? Perché mi sento come se il mio cuore fosse dilaniato, strappato, calpestato? Forse perché alla fine io sono solo una ragazza. Una ragazza innamorata. Ho cercato di fare la dura, l’insensibile, l’incrollabile…ma sono debole. E sono crollata. Ma d’ora in poi, andrà meglio, no? Avrò una nuova vita. Nuovi amici… Nuovi amici? Ho fatto talmente tanta fatica per trovare Takato e gli altri…potrò davvero avere dei nuovi amici? Ci riuscirò? No…è impossibile. Ma non importa. Ormai, la decisione è presa. E non tornerò indietro.”

E, con in testa queste parole, si addormentò, senza smettere di piangere.

Il giorno successivo, a scuola, era la solita Rika di ogni giorno. Sorridente, forte, irriducibile. Solo, con due occhi decisamente rossi e gonfi. Gli amici si preoccuparono per lei, ma spiegò che si trattava solo di una lieve forma di allergia. A cosa, non lo specificò.

Dopo la scuola, il solito gruppetto formato da Rika, Takato, Henry e Kazu si recò al parco. Restarono a chiacchierare per delle ore, poi arrivò l’ora di rientrare a casa. Henry e Kazu furono i primi ad andarsene.

“Ok, io vado avanti. Ci vediamo domani, ragazzi.”

“Ok, Kazu. A domani. E, mi raccomando, non perderti mentre torni a casa!”
“Scemo!!”
“Vado anch’io. Ho promesso a Suzie che non avrei fatto tardi. E sapete bene come si arrabbia se non mantengo le promesse!”

“Certo, vai. Salutamela.”

“Anche a me. A domani.”

“Non mancherò. Ciao, a domani.”

Takato e Rika erano rimasti soli. Il ragazzo la guardò, mentre lei fissava il vuoto con sguardo vacuo.

“Rika…sei davvero sicura di stare bene? Oggi sembri davvero strana…”

“No, stai tranquillo. Sono solo un po’ stanca, sul serio.”

“Se lo dici tu…Dai, andiamo, ti accompagno.”

“Ehm, no, oggi non serve.”

“Eh?”
“Oggi posso tornare a casa da sola, tanto è ancora chiaro. E poi voglio pensare un po’ ad alcune cose…”

“Ne sei sicura? Guarda che per me non c’è nessun problema ad accompagnarti, sai? Non allungo tanto la strada…”

“Lo so, ma sul serio, preferisco tornare da sola.”

“In questo caso, come preferisci. Allora io vado avanti. Ci vediamo domani.”

“Sì, certo. Ci vediamo domani…”

Seppur a malincuore, Takato si allontanò lentamente, ma fu bloccato da Rika, che richiamò la sua attenzione. Poi lo rincorse e gli si portò di fronte. Lo fissò negli occhi, lo sguardo di lui era incuriosito. Poi, mentre un folata di vento si alzava, disse:
“Vado in Francia.”

 

“Takato, tesoro…Stai bene? Non hai mangiato nulla.”

“Sì mamma. Sto bene. E’ solo che non ho molta fame. Se non ti dispiace, vado in camera. Devo studiare.”

I genitori del giovane lo guardarono salire le scale, poi si scambiarono uno sguardo preoccupato.

“E’ strano…non è da lui non mangiare ed andare subito a studiare…”

“Avrà i suoi problemi. In fondo, ormai ha quasi 19 anni. E’ naturale che subisca questo genere di cambiamenti.”

“Spero tu abbia ragione, caro…”

Al piano superiore, Takato sedeva alla sua scrivania ma, invece di studiare, fissava il buio fuori dalla finestra. Gli sembrava impossibile ciò che Rika gli aveva detto appena un paio d’ore prima…

 

Takato fissa Rika a bocca aperta. Poi dice:
“C- come, vai in Francia? Per una vacanza?”
Lei lo guarda, senza cambiare espressione.

“No. Mi trasferisco.”

“E’ uno scherzo? No, perché se è così è davvero di pessimo gusto.”

“Non è uno scherzo, Takato. Non scherzerei mai su una cosa del genere.”

“Ma non può essere! Manca solo un mese alla fine della scuola!”

“Infatti. Resterò fino ad allora, dopodiché mi recherò in Francia con mia madre e mia nonna.”

“Ma perché, Rika?”

“A mia madre è stato offerto un lavoro molto importante, laggiù. Così importante che dovrà stabilircisi. Prima d’ora, aveva sempre accettato lavori in giro per il mondo, mentre io e nonna l’aspettavamo qui. Ma questa volta si tratterebbe di una cosa molto lunga, di qualche anno. Lei mi ha detto che potevo scegliere, ma dimmi, Takato…come avrei potuto decidere di abbandonarla? Non avrei mai potuto…”

“Ma che accidenti gli prende ai genitori, in questo periodo?! Tutti con la smania di andarsene a lavorare all’estero, portandosi dietro la famiglia! Prima Jeri ed ora tu! Ma cos’è, questa? Una specie di combutta per togliermi tutte le persone a cui voglio più bene?! Dico, la prossima volta Henry verrà a dirmi che se ne torna in Cina?!”
“Takato…”

“E’ assurdo! Uno si vive la sua vita tranquilla, da normalissimo studente, e vede il suo mondo che si sgretola attorno a lui! Tutti si allontano, lo lasciano solo…e dopo ci si stupisce perché esiste gente che afferma che questo mondo fa schifo! Beh, hanno ragione! FA SCHIFO!”
“Takato, non complicare ulteriormente le cose…”

“Ma complicare cosa?! La ragazza che amo dai tempi delle elementari se ne va in America, comunicandomi che da due anni sta insieme a uno che credevo amico. La mia migliore amica mi consola, diventiamo inseparabili, e dopo qualche mese decide di partire per la Francia! E certo, io complico le cose, perché mi dispiace! Perché soffro all’idea di perdere colei che mi è più cara! Ah, ma perché non ci ho pensato prima? Adesso faccio una bella festa, così ti rendo tutto più facile, va bene?!”
“Sei…sei sconvolto, Takato…E’ meglio se ne riparliamo un’altra volta. Ci vediamo domani!”

E corre via, piangendo, lasciando Takato solo, nel parco, ad urlare al vento.

“Sì! Brava! Corri a casa! Tanto poi non ci sarai più, là dentro! Corri, arriva fino in Francia! Tanto chi se ne frega di Takato! Corri! CORRI!!”

 

Takato scosse violentemente la testa. Si sentiva davvero un coglione. Cosa aveva risolto facendola piangere? Sicuramente lei già soffriva, per dover abbandonare la sua vita in Giappone. E lui aveva incrementato il suo dolore, incolpandola di abbandonarlo. Si sentiva davvero a pezzi…Afferrò il telefonino e provò a chiamare Rika, ma aveva il cellulare spento. Allora provò a casa. Rispose sua madre.

“Pronto?”
“Signora? Buonasera, sono Takato.”

“Ciao Takato. Come va?”
“Abbastanza bene, grazie. Mi scusi se disturbo a quest’ora, vorrei parlare con Rika.”

“Mi dispiace, ma appena è arrivata si è chiusa in camera ed ora sta dormendo.”

“Ah, capisco. Va bene, non importa. Ehm, senta…Ho saputo che presto vi trasferirete in Francia…”

“Oh, Rika te l’ha detto?”

“Già.”

“E’ così. Ero indecisa se accettare o meno, ma lei mi ha convinta che sarebbe stato stupido perdere una simile occasione. Tu credi che io l’abbia in qualche modo forzata a seguirmi?”
“No, signora. Rika desidera davvero restare con lei, anche a costo di lasciare i suoi amici. Le vuole davvero moltissimo bene.”

“…Ti ringrazio, Takato. Sei davvero un ragazzo d’oro. Mi dispiace…portartela via…”

“Non si preoccupi. L’importante è che entrambe siate felici. Potrebbe farmi un piacere?”
“Certamente, dimmi.”

“Potrebbe dirle, alla prima occasione, che mi dispiace?”
“Certo. Nient’altro?”
“No. Lei capirà. O, almeno, lo spero…”

“Va bene, glielo dirò. Ciao Takato. E grazie di tutto cuore.”

“Di nulla. Arrivederci, mi stia bene.”

E chiuse la comunicazione, restando a fissare il telefono con sguardo vuoto.

 

Per un’intera settimana, Rika non andò a scuola. Takato tentò più volte di chiamarla, ma non riuscì mai a parlarle. Quando, a due settimane della partenza, tornò nuovamente a scuola, gli amici stentarono a riconoscerla. O meglio, era tornata la Rika scontrosa e scostante di un tempo. Evitava Takato e gli altri e passava tutto il tempo da sola, in qualche angolo dell’istituto. Il giovane era davvero preoccupato. Un giorno si recò a casa sua, ma trovò solo sua madre e sua nonna.

“Ciao, Takato. Rika non c’è, mi spiace.”

“Capisco. Beh…ecco, se non fosse un problema, vorrei parlare un attimo con voi due.”

“Con noi?”

“Esatto. E’ per via di Rika…”

“D’accordo, entra pure. Vuoi una tazza di the?”
“Volentieri, grazie.”

Sedettero attorno al tavolo e aspettarono che il the fosse pronto. Poi, mentre lo sorseggiava lentamente, Takato cominciò.

“Ecco, volevo sapere…per caso Rika vi ha detto nulla…su cosa le sta accadendo in questi giorni?”
“No. E’ da tre settimane, ormai, che non ci dice più nulla. Da quando ha saputo della partenza per la Francia, il suo umore è peggiorato. Prima era triste, ma ora sembra davvero a pezzi…”

“Come? Vorreste dire che, prima di sapere della vostra partenza…lei aveva già qualcosa che la preoccupava?”
“Sì, quando tornava a casa era sempre a pezzi e molto depressa.”

“Cavolo…sapevo che soffriva, ma non immaginavo che la questione fosse così grave…”

“Senti, Takato. Rika in realtà non vorrebbe partire, non è così? Si sta forzando per compiacermi…”

“No. Non è per questo che è così giù. E’ colpa mia. Quando mi ha detto che sareste partite per la Francia, io ho dato in escandescenza. Mi sono messo a urlare contro di lei, accusandola di volermi abbandonare. Sono stato davvero stupido, lo so. Ma in quel momento mi sono sentito crollare il mondo addosso. Rika è la mia migliore amica, io e lei stavamo sempre insieme…pensare che non la vedrò più mi fa stare davvero male. Con quel mio sfogo di rabbia l’ho sconvolta e ora lei non vuole più saperne di me…”

“Ora capisco perché è cambiata, in questi giorni. Però non è giusto che vi lasci così. manca soltanto una settimana alla nostra partenza. Dovete riuscire a rappacificarvi, Takato. Tu sei il suo migliore amico. E ti assicuro che ti vuole davvero moltissimo bene.”

“Lo so…è ciò che desidero anch’io. E ci sto provando, ma lei mi evita. E’ da quando abbiamo litigato, tre settimane fa, che non mi rivolge la parola.”

“Accidenti. Quella ragazza è così testarda! Ha preso tutto da sua madre…”

“E da sua nonna!”

Le due donne scoppiarono a ridere, ed anche Takato le imitò.

“Voi tre siete davvero fantastiche. Tre donne meravigliose.”

“Ehi, senti che complimenti! Che succede, vuoi cercare di far colpo su mia figlia accattivandoti me e mia madre?”
“Ma no, assolutamente! Parlo sul serio. Ho sempre pensato che il rapporto esistente tra voi è straordinario. Qualcosa di unico e speciale, che non potrebbe essere ricreato con nessun’altra persona. E sono sempre stato felice che fosse proprio Rika a farne parte. Perché io l’ho sempre vista come una persona terribilmente sola e bisognosa d’affetto.”

Lo guardarono, commosse per quelle belle parole. Poi, lui si sentì imbarazzato, per ciò che aveva detto, e si alzò.

“Beh, si è fatto tardi. Devo andare, ora. Vi ringrazio per il the, ed anche per la chiacchierata. Mi ha fatto piacere parlare così con voi, prima che partiste.”

Anche la madre di Rika si alzò e si portò davanti a lui. Poi lo abbracciò. Takato arrossì vistosamente.

“Grazie, Takato. Grazie per tutto ciò che hai fatto e che continui a fare. Non solo per Rika, ma anche per noi. Sai, Rika mi ha raccontato che, quando eravate su digiworld…quando riusciste a mandare quel messaggio, dicendo che stavate tutti bene…sei stato tu a scrivere da parte di tutti. Ed hai scritto anche per lei. Quando ho letto quel messaggio, così diverso dallo stile di Rika, ho capito che avevo sbagliato tutto, con lei. Che non ero stata una buona madre. E quando è tornata, ho potuto riscattarmi, e cominciare una nuova vita con mia figlia. Ed anche questo, ho scoperto poi…è tutto merito tuo.”

“Non deve ringraziarmi. Come le ho già detto, voglio sinceramente bene a Rika. Ed anche a voi due. E’ un po’, non so…come sei lei fosse mia zia. E sua madre, una nonna anche per me. Siete parte della mia famiglia…”

Dagli occhi della donna cominciarono a sgorgare calde lacrime. In quel momento squillò il telefono. La donna più anziana andò a rispondere.

“Pronto? Oh, salve, signora! Che coincidenza, io e mia figlia stavamo giusto parlando con suo figlio. Sì, Takato è qui. Come? Stasera? No, non abbiamo nessun impegno. Cosa? Oh, no, non vogliamo arrecarvi tanto disturbo. Sul serio? Beh, in questo caso…chiedo un attimo a mia figlia. Cara – si rivolse alla figlia – i genitori di Takato hanno invitato noi due e Rika a cena, stasera. Per salutarci prima della partenza. Che ne dici?”
“Oh, che gentili…dì loro che ci saremo.”

“Va bene. Allora, signora. Saremo felici di unirci a voi.”

Mentre la conversazione telefonica continuava, Takato si congedò, ma prima che sparisse, la madre della sua migliore amica, gli disse:

“Stasera saremo a casa tua. Lì Rika non potrà scappare. E nemmeno ignorarti. Cerca di chiarirti.”

“Va bene. Allora, a stasera, signora.”

E se ne andò.

 

Verso le 19.00, il campanello suonò a casa di Takato. Fu lui ad aprire e si trovò davanti due donne sorridenti ed una ragazza imbronciata.

“Benvenute. Accomodatevi, prego…”

Durante la cena gli adulti parlarono molto, mentre i due ragazzi stettero a lungo in silenzio. Rika rispondeva con cortesia a tutte le domande postele dai genitori di Takato, ma non degnava di uno sguardo il suo amico che, al contrario, non le staccava gli occhi di dosso. Quando la cena fu terminata e il tavolo fu sgombro, la madre di Takato disse:

“Tesoro, immagino tu e Rika siate stufi di stare a sentire i nostri discorsi. Portala di sopra, dai.”

“D’accordo, mamma. Vieni, Rika?”
La ragazza lo seguì, continuando ad insistere con il suo silenzio. Prima di sparire, Takato lanciò un’occhiata alla madre di Rika, che sorrise e gli strizzò l’occhio. Poi seguì l’amica su per le scale. Entrarono nella sua camera e si accomodarono, lui sulla sedia, lei sul letto. Rika continuava a fissare il muro, senza una parola. Takato si decise a prendere coraggio e parlò.

“Allora, Rika. Finalmente riesco a parlarti.”

“…”

“Sai, sono un po’ stufo del tuo silenzio…ma non importa, perché ora sono io a voler parlare, quindi è più che sufficiente che tu ascolti. Innanzitutto, voglio che tu sappia che mi dispiace moltissimo per ciò che è accaduto tre settimane fa. Sono stato uno stupido a comportarmi così ed a prendermela con te. In fin dei conti, tu non hai nessuna colpa. Ed è più che giusto che tu voglia seguire tua madre, per starle vicina. Io non avrei mai dovuto permettermi di impicciarmi nei tuoi affari e dirti quelle cose assurde. Hai fatto così tanto per me, ed io ti ringrazio accusandoti di abbandonarmi. Mi sento davvero in colpa, ma vorrei che tu mi perdonassi. Non voglio vederti partire senza essere riuscito a chiarirmi. Sei troppo importante per me, Rika.”

Finalmente lei lo guardò. Non aveva più la sua espressione indifferente, ma una affranta.

“Takato…Io lo so che tu hai detto tutte quelle cose perché mi vuoi bene…ma il problema è che sono vere! Io ti sto abbandonando e mi sento in colpa! Non voglio essere odiata da te, che sei il mio più caro amico! Per nessuna ragione al mondo! Però mi vergognavo a guardarti, dopo ciò che ti avevo fatto. Per questo ho cominciato ad ignorarti…”

“No, Rika! Tu non devi sentirti in colpa. Io ti capisco, sul serio. Immagino anche che per te sarà un sollievo andartene, così riuscirai a dimenticare il ragazzo di cui sei innamorata…”

“Cosa?”
“Sì. So bene che hai sempre finto di stare bene, ma in realtà soffrivi moltissimo. Perché tu ami un tuo caro amico che non potrai mai conquistare…Vorrei tanto poter fare qualcosa per aiutarti, ma è impossibile. L’unica soluzione è dimenticarlo…”

Rika lo guardò stupita. Poi comprese. Comprese che Takato era convinto che lei amasse Henry. E allora, buon per lei. In quel modo non avrebbe sospettato l’identità del suo vero amore.

“In parte, è proprio così.”

“Beh, non importa. Tu ora vai in Francia, rifatti una vita…Dimenticalo, passa più tempo possibile con tua madre e tua nonna. Io ti prometto che verrò a trovarti. E anche tu sarai la benvenuta. Ed ogni volta che avrai bisogno di me, chiamami. Io attraverserò l’oceano e correrò da te. E’ una promessa.”

Rika lo guardò, mentre gli occhi cominciavano a pizzicarle per le lacrime imminenti. Poi, d’impulso, si alzò e si gettò addosso a Takato, abbracciandolo più forte che poteva e piangendo sulla sua spalla.

“Grazie Takato. Grazie! Ti voglio bene!”

“Dai, non fare così. Ti prego! Altrimenti finisce che scoppio a piangere anch’io…”

Rimasero abbracciati a lungo, Rika che piangeva e Takato che la consolava. Le carezzava delicatamente i lunghi capelli, mentre qualche lacrima scorreva anche sulle sue guance. Entrambi avrebbero voluto che quel momento non finisse mai, anche se per motivi diversi.

Circa mezz’ora più tardi, i due scesero al piano di sotto e le tre ospiti si congedarono. Da quel giorno Rika riprese a comportarsi normalmente con i suoi amici, per la gioia di tutti. Ma alla sua partenza mancava una sola settimana, e la cosa non poteva essere dimenticata. Nonostante i quattro amici si sforzassero di essere allegri, aleggiava sempre un’atmosfera tesa e triste. L’imminente separazione si stava rivelando più traumatica del previsto.

Rika era stata chiara, a proposito della sua partenza. Non voleva nessuno all’aeroporto. Si sarebbero salutati il giorno prima, che coincideva con l’ultimo giorno di scuola. Così, terminata la cerimonia per la consegna dei diplomi, si trovarono tutti per festeggiare l’amica in partenza. Erano al loro solito parco, vicino a quello che era stato il nascondiglio di Guilmon. Avevano portato da bere e da mangiare e i genitori di Takato avevano preparato un dolce speciale con scritto “Arrivederci, Rika”.

“Molto bene signori e signora! Diamo inizio ai festeggiamenti per salutare la qui presente signorina Rika!”

“Kazu, piantala di urlare…ci guardano tutti male…”

“Ma dai, che te ne importa? Tanto da domani non sarai più qui a beccarti le loro occhiatacce!”

“Smettetela, voi due. Almeno per oggi, evitate di litigare!”

“Henry ha ragione. Oggi dobbiamo solo divertirci!”

Per tutto il pomeriggio banchettarono ricordando tutti gli episodi della loro vita. Erano successe davvero tantissime cose ed era ovvio che fossero diventati così inseparabili. Ad un certo punto, Henry tirò fuori un pacchetto.

“Rika, questo è per te da parte mia, di Kazu e di Suzie.”

“Anche di Suzie?”
“Già. L’ha fatto lei, con le sue mani.”

“Non avrebbe dovuto…”

Aprì il pacchetto e trovò dentro una bambolina di pezza dalle sembianze di Renamon. Rika si portò le mani alla bocca, per la sorpresa.

“Santo cielo…è davvero stupenda!”

“Vero? Nemmeno io sapevo che mia sorella fosse così brava. E’ stata una sorpresa!”

“E’ davvero identica. Suzie ha fatto un ottimo lavoro!”

“Henry, Kazu…grazie. Davvero!”

Li abbracciò entrambi con calore, e loro ricambiarono contenti. Poi dissero che per loro era arrivato il momento di andare.

“Di già?”
“Sì. Avremmo voluto restare di più, ma dobbiamo rientrare. Allora, Rika. Sei proprio sicura di non volere che veniamo all’aeroporto?”
“Sicurissima. Non mi piacciono gli addii in pubblico. Meglio salutarci qui, dove siamo soli.”
“In questo caso…arrivederci. Torna presto a trovarci. Ci mancherai moltissimo.”

Henry e Rika si abbracciarono, poi lei gli posò un bacio sulla guancia. Lui arrossì, ma sorrise. Lo stesso fece Kazu, ricevendo il suo bacio.

“Era per ringraziarvi del regalo. L’ho davvero apprezzato.”

“Beh, te ne avrei fatti più spesso, se avessi saputo qual era la ricompensa!”

“Scemo!”

“A parte gli scherzi, Rika…Fai buon viaggio ed abbi cura di te. E, soprattutto, torna. Noi tutti ti aspetteremo a braccia aperte.”

“Grazie, Kazu. Sei davvero un grande amico.”

Henry e Kazu la guardarono con tristezza un ultima volta. Poi la salutarono ancora e si allontanarono, senza più voltarsi. Ma non perché la sua partenza li lasciasse indifferenti. Solo perché non volevano mostrarle le loro lacrime.

Rimasti soli, Takato e Rika sprofondarono nel silenzio. Sapevano che anche per loro era arrivato il momento dell’addio. Ad un certo punto, Takato estrasse dalla tasca dei pantaloni un piccolo pacchetto lo porse a Rika.

“Cos’è?”
“Il mio regalo d’addio. Ho preferito farlo da solo. Aprilo.”

La ragazza eseguì e rimase a bocca aperta quando vide cosa conteneva la piccola scatola.

“Takato…”

Era un medaglione d’argento, con incise le iniziali della ragazza.

“Non è tutto lì. Aprilo.”

Il medaglione aveva una fessura che lo tagliava a metà. Rika lo aprì e dentro vi trovò una foto di loro quattro insieme. Dall’altro lato, una minuscola scritta, che tuttavia Rika lesse senza difficoltà.

Alla mia migliore amica, per sempre tale. Takato.

Gli occhi di Rika si riempirono di lacrime, mentre indossava la collana. Poi tornò a guardare Takato che le sorrideva con dolcezza. Quindi gli si gettò tra le braccia.

“Takato! Takato, perdonami! Perdonami!”

“Smettila, ti prego. E’ già terribilmente difficile trattenermi dal chiederti di restare. Non costringermi a rendermi ridicolo supplicandoti in ginocchio.”

“Anche per me, tu resterai sempre il miglior amico che possa desiderare! Te lo giuro, Takato!”

“Lo so, stai tranquilla.”

La scostò da sé e le asciugò le lacrime. Si fissarono negli occhi per qualche istante. Poi lui sospirò.

“E’ arrivato il momento, Rika. Dobbiamo salutarci.”

“Hai ragione…”

Tuttavia nessuno dei due trovava le parole. Era troppo difficile, per loro, dirsi addio. Era impossibile. Nonostante questo, Takato riuscì a farsi forza.

“Va bene. Meglio non insistere oltre con questa storia. Più rimandiamo e più sarà difficile. Quindi…Addio, Rika. Anzi…Arrivederci. Ricorda ciò che ti ho detto. Di qualunque cosa dovessi avere bisogno…avvertimi. Io sarò da te in un lampo.”

“Me lo ricorderò, Takato. Arrivederci…”

Non riuscivano a lasciarsi. Continuavano a guardarsi negli occhi, senza decidersi a muovere un solo passo. Quindi Rika, spinta da un improvviso impulso irrefrenabile, si avvicinò, lo baciò sulla guancia e disse:
“Takato…sei tu…lui…”

E corse via, in lacrime.

Il giovane rimase immobile a guardare il punto in cui lei era sparita, con le lacrime che gli rigavano il volto. Non riusciva a comprendere quelle sue ultime parole. Non ne comprendeva il significato. Tornò a casa come un automa e nello stesso modo mangiò la cena. I suoi non si stupirono troppo, sapevano il motivo di quel comportamento. Se lo aspettavano. Terminato di mangiare, si diresse in camera sua, distendendosi sul letto, con le mani incrociate dietro la nuca.

“Cosa avrà voluto dire con quelle parole? Non riesco proprio a immaginarlo. Magari dovrei chiamarla e chiederglielo…No, peggiorerei le cose. Ormai ci siamo salutati. Non avrebbe senso continuare a tormentarla per una semplice frase. Forse ho capito male, o magari lei era troppo confusa per parlare in modo corretto. Però è strano…cosa significano quelle sue parole? Sento che devo assolutamente riuscire a capirlo prima della sua partenza. Altrimenti lo rimpiangerò per il resto dei miei giorni. Sì, ma come faccio?!”
I tormenti di Takato proseguirono tutta la notte, non lasciandolo dormire. L’aereo di Rika partiva alle 12.00 e lui avrebbe voluto andare a chiederle di svelargli il significato di quelle parole. Ma sapeva di doverci arrivare da solo. Altrimenti non sarebbe servito a nulla. Per metà mattinata continuò a rimuginarci sopra. Poi, soprappensiero, afferrò la foto da cui aveva ricavato quella per il medaglione e lo sguardo gli cadde su Henry. In quel momento, sbarrò gli occhi e fissò l’orologio. Le 10.15. Afferrò in tutta fretta il giubbetto jeans e si precipitò a tutta velocità fuori di casa.

 

All’aeroporto internazionale, Rika era nervosa. Continuava a preoccuparsi per ciò che aveva detto a Takato il giorno prima. La sua non era stata una vera e propria dichiarazione, sicuramente il ragazzo non aveva capito il significato delle sue parole. Ma in quel momento aveva sentito l’assoluto bisogno di dirgli la verità. E l’aveva fatto in quel modo…meschino…subdolo…egoista…Si sentiva in colpa. Si era tormentata per tutta la notte, senza riuscire a chiudere occhio, e quasi, ormai, non vedeva l’ora di lasciarsi alle spalle il Giappone e Takato. Guardò l’orologio. Le 11.00. A breve avrebbero dovuto procedere con l’imbarco. Sua madre e sua nonna le lanciavano occhiate preoccupate, chiedendosi se per caso non le stavano facendo un torto. Passò un altro quarto d’ora e Rika si alzò, con sua madre e sua nonna, per recarsi verso il luogo dell’imbarco. Mentre s’incamminava, però, udì una voce familiare urlare il suo nome. Si voltò di scatto e vide Takato, piegato in due e ansimante per la fatica di correre.

Lui aveva corso dalla stazione, distante due chilometri, fino a lì, senza preoccuparsi delle persone che investiva. Ed ora che la vedeva davanti a sé, capiva con chiarezza ogni cosa.

“Che stupido sono stato. Per tutto quest’anno lei mi è stata vicina come e più di una sorella. Ha fatto di tutto per me, mi ha voluto sinceramente bene. E mi ha tenuto nascosta una cosa simile. E’ riuscita a vivere per chissà quanto tempo con quel segreto, senza che io avessi neanche il minimo sospetto. Eppure, ora che lo so…mi rendo conto di quanto fosse assurdo il mio attaccamento per Jeri. La cotta presa da bambino mi era rimasta talmente impressa, che avevo deciso per forza di trasformarla in qualcosa di più profondo. Ma in realtà non l’ho mai amata davvero. E l’ho capito solo grazie a Rika. A Rika, che ora è qui di fronte a me, pronta per partire ed andarsene, lontana…chissà se potrò mai rivederla, un giorno. No, non posso lasciarla partire così, senza farle sapere, senza dirle…”

“RIKA!!”

La ragazza lo guardò, un misto d’ansia e di timore nello sguardo. I suoi occhi incontrarono quelli di lui, così caldi e profondi…

“Anch’io…”
Furono le sue uniche parole. Ma a Rika furono sufficienti. Gli occhi le si riempirono di lacrime, che subito presero a scorrere sulle sue guance, mentre un immenso sorriso le si dipingeva sul volto. Anche Takato sorrise, conscio del fatto che la ragazza aveva capito.

La madre di Rika guardò la figlia, poi guardò il ragazzo. Quindi sorrise. Posò una mano sulla spalla della ragazza, che si voltò tristemente, convinta fosse un richiamo per l’imminente imbarco. Ma la donna non si mosse. La guardò, sorridendo felice.

“Rika, tesoro…guardati…Hai finalmente trovato qualcosa…o meglio, qualcuno…per cui valga la pena restare in Giappone. Non perderlo solo per causa mia. Non sarebbe giusto.”

Rika guardò la madre, incredula.

“Vai da lui…ti sta aspettando, non vedi?”
Rika abbracciò stretta la madre, sussurrandole:

“Ti voglio bene!”

Poi si separò da lei e corse incontro a Takato, gettandoglisi letteralmente tra le braccia e urlando:

“Resto!”

Lui la guardò, al colmo della gioia, dopodiché l’attirò più vicina a sé e la baciò. Lo stupore di Rika per quel bacio improvviso durò ben poco, infatti pochi istanti dopo lo ricambiò. Mentre osservava i due giovani baciarsi abbracciati, la madre di Rika disse alla donna al suo fianco:

“Lo sai, mamma? In fondo quel lavoro in Francia non mi è mai interessato davvero.”

E, mentre s’incamminavano verso i due ragazzi, la più anziana rispose:

“Oh, beh, cara…Ma io questo l’ho sempre saputo!”

E si allontanarono verso l’uscita dell’aeroporto tenendosi a braccetto e ridendo felici, seguiti da Rika e Takato che camminavano abbracciati.

 

 

Dall’autrice: Ed ecco la mia seconda fanfic su Digimon Tamers! Anche questa volta ho preso in considerazione una coppia fuori dagli schemi. D’altronde, che ci posso fare? Io Rika l’ho sempre vista bene o con Kazu (vedi la mia fic Un’avventura pericolosa) o con Takato. Ryo mi è sempre stato antipatico e Henry, per quanto mi stia simpatico, lo preferisco come semplice amico, per lei. Detto questo, spero che, nonostante tutto, sia piaciuta…Aspetto commenti sia a favore che contro. Comunque ringrazio tutti ciò che mi recensiscono e che mi recensiranno. – Ryuen –

  
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