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Autore: elaya    04/07/2019    2 recensioni
Dopo il "suicidio" di Sherlock, il dolore di John Watson
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Lo avevo visto saltare, lo avevo visto in terra sanguinante e avevo sentito il suo polso privo di battito.
Lo avevo visto ma come potevo credere che l'uomo, anzi l'essere umano, migliore che conoscevo fosse morto? Come potevo vivere senza di lui?

Ero qui, nel nostro appartamento, seduto su questa poltrona, un rito compiuto milioni di volte ma questa volta ero immobile, quasi paralizzato, ogni singolo movimento avrebbe rotto quell'uillusione in cui volevo vivere. Sherlock non era morto, Sherlock non mi aveva lasciato.

Poi il telefono aveva iniziato a squillare. Numero privato. Chiunque fosse avrebbe presto rinunciato. Non potevo rispondere. Non volevo rispondere. Volevo parlare solo con lui. Volevo solo sentire la sua voce, volevo sentire il suo dannato violino. Volevo la sua presenza ingombrante in casa. Andava bene anche qualche pezzo di cadavere.. Dannazione! Sherlock perchè? Perchè mi hai abbandonato? Perchè mi hai fatto questo? 

L'ira, mista ad un dolore sordo, accecante, infinito, minacciava di impadronirsi di me, stava per esplodere. Ma non volevo.
Urlare, spaccare tutto significava accettare la realtà e questa realtà non era la mia.
Così mi ero rannicchiato sulla mia poltrona, chiuso in un urlo muto. Assente da tutto, in una sorta di limbo senza pensieri.

Rimasi in quella posizione per due giorni. La signora Hudson mi disse del funerale, ma non volli andarci. Se Sherlock non era morto la sua era una bara vuota e non c'era bisogno di rendere omaggio a nessuno. 

I giorni passavano. Il mondo scorreva attorno a me. Ma tu non tornavi. E io restavo in questa casa, presidiando il nostro rifugio. Vivendo quelle cose che mi ricordavano te. Qualche volta mi ero addormentato stringendo il tuo violino. Altre volte al risveglio ero convinto che durante la notte fossi tornato e trovandomi in queste condizioni mi avessi accarezzato la testa. Ma bastava qualche battito di ciglia per rendermi conto che non c'eri. 

Poi una mattina la nostra padrona di casa mi convinse ad accompagnarla al cimitero. Se lei ne aveva bisogno l'avrei accompagnata. Ma per me non significava altro che far visita ad una tomba vuota.

Lì davanti, vedendo il tuo nome scritto su pietra, per un attimo vacillai. Davvero non c’eri più? No, non eri morto, non potevi essere morto.

"Ti prego puoi non essere morto?" dissi pregando per la prima volta con tutto il cuore e l'anima.
"Ti prego".
   
 
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