Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: Hoshi_10000    04/07/2019    1 recensioni
Ogni scelta ha un prezzo, questo chiunque lo sa, ma quale può essere il prezzo per vivere nel segreto? Quali saranno le condizioni per continuare a vivere normalmente, quando un imprevisto entra nella tua vita? E Sinbad e Ja’far saranno pronti a pagare il prezzo delle loro decisioni?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Judal, Sinbad
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Problemi e Problemi, sempre problemi

 

Nota preliminare: trovate un link nel capitolo: se non vi disturba leggere e ascoltare assieme io consiglio di farlo, non serve prestiate attenzione alle parole, anche perché non c’è alcuna relazione col testo, ma l’accoppiata merita, a mio giudizio, ed è stata scritta e calibrata su quella traccia.
 
 
 
 
Molti scrittori antichi definivano piacevole il rapporto con la natura, descrivendo puntualmente ambienti caldi e solari per simboleggiare il buon umore e freddi e piovosi per simboleggiare tristezza e depressione. Il risveglio con il sole a rischiarare la stanza ed il cinguettio degli uccellini nelle orecchie era ormai un cliché, il simbolo vivente di questa quantomeno particolare interpretazione del meteo. Ma cosa c’è di bello se alle 7 di mattina, dopo una giornata atrocemente pesante, vieni svegliato dai maledetti raggi del sole e dal bisticciare di stormi di uccellini che si ammassano a scagazzare sul terrazzo al piano di sopra? Lunga vita alla natura, ma che lo lasciasse dormire! Beh, non che in realtà quella notte avesse dormito granché…
Si rigirò tastando le coperte ancora calde, tirandosi il lenzuolo sul viso. Era così stanco! Con uno scatto di reni si rigirò, maledicendo mentalmente la pancia che non gli concedeva di mettersi supino, portandolo ad agitarsi come un’anima in pena. Valutò che Sinbad e Ja’far non dovessero essere lontani, per cui se avesse deciso di abbandonare il tepore delle coperte avrebbe anche potuto raggiungerli, ma per fare o dire cosa?
Si spostò in centro al letto, aprendo braccia e gambe come una stella marina, mugugnando infastidito. Restò a fissare il soffitto finché non sentì la voce di Sinbad oltre la porta.
-Vado a salutare Judal e arrivo.-
-Neanche per sogno, lascialo dormire.-
-Dormirà tutta la giornata, perché non posso salutarlo?-
Cosa fosse accaduto oltre la porta era un mistero per Judal, ma il fatto che non venne nessuno lo rasserenò. Per sicurezza attese un paio di minuti prima di abbandonare l’atteggiamento da persona addormentata, infine si accostò al bordo del letto, poggiando i piedi a terra prima di mettere una mano sulla schiena e alzarsi. Sbadigliò sonoramente stendendo le braccia per riattivare la circolazione e, dopo la prima capatina al bagno della giornata, uscì finalmente dalla propria camera. E lì iniziò una di quelle spinose quanto quotidiane lotte interiori:
Sinistra= cucina, cibo, colazione, pancia piena;
Destra= scale, salire, faticaccia, Robin= compagnia ----> scendere le scale, colazione;
 

https://www.youtube.com/watch?v=zBwXi6V6arM
Con un sospiro rassegnato si attaccò al corrimano ed iniziò a salire, senza per questo rinunciare ad un po’ di sana sceneggiata per abitudine, finché non si trovò con il piccolo in braccio, che, forse per fastidio o magari al contrario con gratitudine, aprì gli occhi a guardarlo, alzando le mani nel tentativo di prendergli i capelli.
Con un sorriso dipinto in faccia, Judal spostò i capelli dietro le spalle per poi sollevare di più il bambino e stampargli baci sulle guance, facendolo sorridere. Era bello, davvero bello vederlo sorridere. Non più solo nel sonno: da una settimana circa Robin aveva imparato a sorridere, rendendo i suoi genitori fieri di lui, specie perché aveva scelto il momento perfetto per iniziare.
Era stato un balsamo per Judal, che quel giorno, il successivo alla scadenza dell’ultimatum, l’aveva passato seduto davanti ad una finestra ad osservare la neve cadere in una tristezza profonda dovuta ad una lettera fattagli recapitare da un emissario Kou, in cui i principi notificavano il suo bando a vita dal loro territorio. Era lieto che si fosse evitata una guerra, quello sì, ma non avrebbe mai potuto far ritorno a casa, mostrare al suo bambino i luoghi in cui era cresciuto, il castello che lo aveva visto crescere, le persone che lo avevano assistito… non importava cosa fosse successo un paio di settimane prima o negli anni passati, nel profondo lui voleva bene ai principi di Kou, perché gli avevano offerto compagnia, avevano creduto in lui, spingendolo a diventare il ragazzo forte ed indipendente che era. Se non fosse stato per loro non avrebbe mai avuto il coraggio di affrontare la sfida che ora gli si parava davanti.
Si stava sciogliendo nel dolore quando Sinbad lo aveva chiamato a gran voce dal piano di sotto -Judal, corri, corri!-
Gli era sembrata una frase cretina: come poteva correre, per di più sulle scale, in discesa, con il pancione? -Robin sorride!- era letteralmente volato giù dalle scale, arrestandosi fluttuante sulla soglia del salotto, vedendo il bimbo appena staccatosi dal petto di Ja’far sorridere all’indirizzo della madre. Non è che non lo avesse mai visto sorridere, nel sonno lo faceva spesso, ma mai, mai, aveva sorriso quando era sveglio.
Già solo vedere quel sorriso lo aveva fatto quasi piangere, ma quando poi Robin si era girato nella sua direzione ed era sembrato illuminarsi, agitando una manina nella sua direzione, gli erano davvero scappate le prime lacrime e l’unica cosa che era riuscito a fare era stato sorridere di rimando al piccoletto, lasciandosi alle spalle tutti i suoi precedenti problemi, riappoggiano i piedi a terra e andando ad abbracciare Sinbad.
Poi, beh, le cose si erano un po’ incrinate. Perché, è noto a tutti, i neonati non hanno la vista più acuta del mondo e nelle prime settimane tengono prevalentemente gli occhi chiusi, per questo tendono ad affidarsi molto anche agli odori, ed in particolare identificano prima l’odore dei genitori che non la loro figura... ma cosa avrebbe mai potuto succedere se uno dei due genitori proprio non avesse avuto un odore?
Lui, purtroppo, ne aveva fatto esperienza: il piccolo Robin non riconosceva Ja’far.
Judal ci aveva fatto caso nei due giorni successivi alla serata del primo sorriso: in effetti, il piccolo passava tutta la sua giornata con lui, quindi poteva anche essere comprensibile che gli rivolgesse parecchi sorrisi, quando la sera Sinbad e Ja’far tornavano e lo portava sulla soglia a salutare sorrideva, idem dopo che veniva nutrito, ma, se non in questi sporadici momenti, ai genitori raramente dedicava grosse attenzioni.
E la cosa, per quanto riguardava Sinbad, era abbastanza comprensibile: un alpha, per definizione, ha un odore forte e permeante, spesso prevaricatore, un odore fatto per chiarire il proprio dominio, ma come poteva un odore simile risultare rassicurante per un bambino? Col tempo il piccolo impara che quell’odore non era una minaccia per lui, semmai una protezione, ma i primi tempi fa paura, e infatti era capitato un paio di volte che quando Sinbad si era avvicinato sudato al piccoletto quello fosse scoppiato a piangere, come la fatidica sera di alcuni giorni prima in cui Sinbad si era tuffato a prendere in braccio il figlio prima di cambiarsi. Saggezza popolare insegna che se il piccolo piange con il padre lo si dà in braccio alla madre. Pura e semplice organizzazione familiare.
Ma per quanto Ja’far lo cullasse, Robin continuava a piangere, finché Judal, richiamato dalle lacrime del piccolo, non si era avvicinato. Aveva preso ad accarezzargli con delicatezza i capelli, e tempo un attimo, Ja’far glielo aveva scaricato dicendo solo che “andava a sistemare un paio di cose per la cena coi generali”, alias “sono stanco, porta pazienza ma non mi va di stare a sentire urla”. Non era una cosa solita, per cui semplicemente Judal prese il bimbo, che nel giro di una decina di secondi cessò di piangere.
Se fosse stato un episodio unico nessuno ci avrebbe dato peso eccessivo, ma la scena si ripeté quando quella sera si ruppe un piatto e Sharrkan cacciò un urlo vedendo un ragno: non importava chi e come cercasse di consolarlo, l’unica era darlo in braccio a Judal. Quando avevano notato la cosa, erano tutti rimasti sbigottiti, poi discutendo tutti insieme avevano capito: i bambini al momento della nascita identificano l’odore della madre e lo tengono come punto di riferimento, ma quand’era nato Robin aveva sentito tre odori: Sinbad, Judal e Yamuraiha.
L’odore di un alpha parla di paternità, ed in effetti, anche Pisti aveva argomentato come i primi tempi Sofocle sembrasse non capire dove fosse finito e solo dopo un paio di mesi pareva aver capito che la madre era lei, per quanto ad avere un odore più delicato fosse Spaltos… ma il punto era che Robin aveva sempre visto Ja’far allattarlo, pur sentendo in giro per la casa l’odore di Judal, così che per lui c’era la figura “biberon ambulante” e la figura materna disgiunta.
E per quanto Ja’far avesse detto e ripetuto che era disposto a non farsi trattare come una madre in pubblico, non essere neppure riconosciuto dal proprio figlio faceva male.
 
 
Scosse la testa. Aveva già un umore altalenante tendente alla depressione anche senza volerci aggiungere i sensi di colpa, per cui strinse per bene il piccolo contro il petto e si diresse in cucina per saziare lo stomaco. Sfruttando un’innata dote da cameriere che fino ad allora gli era sconosciuta preparò un vassoio con qualsiasi cosa la cui vista gli facesse gorgogliare lo stomaco e si spostò in salotto, poggiando tutto sul tavolo ai piedi del divano, dopo aver infilato Robin nel passeggino con la solita promessa “Faccio colazione, mi vesto, ti imbacucco e facciamo una passeggiata così cambi aria”.
Sorrise al bambino ed addentò una pesca, ignorando una fitta al ventre ben nota e non di certo dovuta alla gravidanza, storcendo il naso guardando il resto del carico che prima gli faceva venire l’acquolina. Divorò le pesche, gettando uno sguardo rassegnato ai cereali e ai biscotti e li riportò in cucina, per poi andare a vestirsi e lavare i denti, afferrando dal proprio armadio un paio di copertine ed una giacchetta che era solito mettere a Robin quando uscivano, per ripararlo dal freddo di metà febbraio. Quando il piccolo arrivò ad assomigliare ad un pupazzo di neve, Judal si ritenne soddisfatto e si incamminò per i corridoi del palazzo, tenendolo in braccio e tirandosi dietro il passeggino.
-È inutile che fai quella faccia, so che hai caldo, ma se mai la tua mamma dovesse avere il dubbio che ti ho fatto prendere freddo mi uccide. E ringrazia che non pretenda ti copra occhi e bocca lasciandoti libero giusto il naso per respirare, con Ja’far potrebbe anche accadere.- rispose alle smorfie ed ai versi di disapprovazione di Robin.
-Se ti può consolare con ‘sta malefica giacca che ha mi ha preso Sin anch’io muoio di caldo e sta pur certo che se potessi me la leverei e userei un pratico incantesimo di calore per tenere al caldo tutti e due, ma la tua mamma mi ha fatto storie quando l’ho fatto.-
Gli piaceva parlare al bambino, sebbene non pensasse che questo potesse capirlo, credeva che sentirlo parlare lo calmasse e lo preparasse a parlare. E nei suoi discorsi non mancava mai di parlare al principino di Ja’far, sottolineando le parole la tua mamma per chiarire la differenza.
-Ah, no, i capelli no, te l’ho già detto! Aspetta che arriviamo in fondo alle scale e poi scendi, e lì allora saranno capricci perché fino alle 9 ormai vuoi coccole tu… Su, guarda, l’ultima rampa e poi siamo fuori.-
Poggiato il passeggino in piano ci infilò Robin, sordo alle sue proteste, spingendolo per entrare nel cortile innevato. Per un’isola con un clima semi-tropicale come Sindria la neve era quasi una leggenda, eppure stranamente quell’anno ce n’era parecchia, a detta di Sinbad che solo un paio di altre volta l’aveva incontrata.
“Evidentemente anche il meteo vuole festeggiare i nuovi arrivati” commentava Yamuraiha, artefice segreta se non della neve stessa per lo meno del cielo nuvolo degli ultimi giorni che stava preservando la soffice distesa bianca.
-Dunque Robin, dove vuoi andare di bello oggi?- domandò Judal abbassando il viso verso il bimbo, lasciandosi mettere le mani sugli occhi -Io propongo il giro breve, visto che oggi Pisti ha detto che ci lascia Sofocle da compagnia per metà mattina, per cui o restiamo nel cortile interno, o circumnavighiamo il castello,- e qui fu costretto a fermarsi un attimo per togliere le mani del piccolo dalla propria bocca -o se proprio vogliamo esagerare ed andare a vedere un bel paesaggio possiamo andare a vedere i frutteti.-
Rimase un attimo a guardare da vicino lo sguardo pimpante del bimbo, privo per una volta dalla minima traccia di sonno, e tirò un gran sospiro, raddrizzando la schiena e stampandosi in faccia un sorriso -E allora vada per i frutteti! -
Ignorò il senso di pesantezza al ventre e iniziò a spingere il passeggino -Così però tu non vedi molto eh? Aspetta, vediamo se la magia può tornarmi utile.- si chinò un attimo a lato del passeggino e mormorata una breve formula rese la stoffa ad altezza degli occhi trasparente così che anche Robin potesse guardare fuori. -So che la prospettiva da cui vedi tu le cose le rende un po’ bizzarre, ma più di così io non posso fare, mi spiace.- e si rimise a spingere camminando in silenzio fino a che non arrivarono di fronte ai frutteti.
-Guarda, adesso vieni fuori e osserviamo un po’ il paesaggio seduti qui, io sul muretto tu in braccio. Vedi che bello avere un baby-sitter incinto? Hai pure un soffice cuscino!-
Poggiò la schiena al muro e tacque. Per quanto ci avesse provato quell’orribile sensazione restava, e lui non poteva fare gran che per mandarla via. O meglio, avrebbe anche potuto, però… scosse la testa, guardando le cime degli alberi coperte di neve. In estate, dopo il parto, avrebbe potuto prendere i due bambini, infilarli un passeggino e portarli con sé nel frutteto. I due bambini sarebbero rimasti giù a dormire, o a giocare, o a succhiarsi i pollici, mentre lui avrebbe potuto arrampicarsi su un ramo e sonnecchiare. Per sicurezza avrebbe posto un incantesimo nella zona che lo avvisasse in caso una qualsiasi minaccia si avvicinasse a loro, o forse avrebbe evocato un borg sufficientemente grande da proteggerli tutti e tre, o magari avrebbe fatto entrambe le cose…
L’estate… pareva così lontana…
Quando qualcosa picchiettò la sua spalla per poco non saltò in aria rischiando di farsi e fare del male a Robin.
-Masrur, che ti salta in mente di farmi spaventare a questo modo?-
Il fanalis non lo guardò neppure in volto, andando a sedersi accanto a lui con le braccia dietro la testa a fargli da cuscino. Perfino in inverno indossava sempre la solita armatura, come se il clima non lo toccasse affatto, e probabilmente era davvero così.
-Posso?-
Per poco Judal non soffocò a sentire quel tono così inusuale per il generale. Quasi inespressivo, ma più basso del solito e con un pizzico di incertezza. Per cosa poi? Senza la minima esitazione gli passò il bambino. Non ricordava che avesse mai espresso il desiderio di tenerlo in braccio, da che ne sapeva era la prima volta che lo prendeva ed il contrasto fra il gracile esserino reso tondo da strati di vestiti e il mastodontico generale perennemente in armatura leggera fece ridacchiare Judal, sebbene riportò subito gli occhi sugli alberi e sul mare in lontananza.
-Tutto bene?-
Judal staccò a fatica gli occhi dall’orizzonte per fissarli su Masrur. Un occhio guardava lui, l’altro teneva d’occhio Robin. Non si prese la briga di rispondere, certo che il generale non avrebbe ripetuto la domanda né avrebbe preteso una risposta, però aveva voluto dargli la possibilità di parlare. Da quello che pensava di aver imparato su di lui, Judal era piuttosto sicuro che non si sarebbe preso l’onere di dare giudizi o consigli, tutt’al più avrebbe demandato la questione a qualcun altro. A una persona del genere a Kou avrebbe stressato l’anima per giorni in attesa di una qualche reazione violenta giusto per, ma non è che in quel momento avesse voglia di litigare.
Una parte di lui strillava: “diglielo!”,  l’altra, più razionale: “sei scemo? A parte che moriresti tu dalla vergogna, ma proprio con un alpha? Oh, potresti riuscire a sorprenderlo al punto da farlo strozzare con il suo solo respiro, grande idea, provaci va, vediamo fino a che punto è imperturbabile! Imbecille”.
-Nulla di cui preoccuparsi.- rispose agitandosi lievemente sul posto, certo che avesse captato la menzogna ma al contempo che avrebbe accettato la sua decisione, e non sbagliò perché di fatto Masrur semplicemente gli riallungò Robin e si alzò. La cosa strana fu che prese il passeggino.
-Te lo porto su per le scale.-
Per poco a Judal non cadde la mascella ma si limitò ad annuire e ringraziare: scendere era facile, ma salire…
-Contento piccoletto? Si torna a casa al calduccio! Vediamo un po’, siamo stati fuori…- Judal si gelò è cacciò giù un molto aggraziato “cazzo” correndo poi a tapparsi la bocca -Se non ci sbrighiamo Pisti non troverà nessuno.-
Senza prestare troppa attenzione a Masrur affrettò il passo nel tentativo di non sforare il tempo: sì, la strada era lunga, ma aveva pur sempre 15 minuti, ce la poteva fare, ma doveva sbrigarsi. Camminò a passo spedito finché non mise piede a palazzo, sentendo comunque i passi di Masrur che con la carrozzina sotto braccio lo aveva seguito senza alcuno sforzo, mentre lui aveva un fiatone da record. Se glielo avesse chiesto li avrebbe portati su per le scale in braccio…? Si dette uno schiaffo con la mano libera e afferrò la propria bacchetta per evitare il gravoso inghippo delle scale e arrivò alla porta dell’appartamento giusto per le nove.
-Scusami Pisti, scusa, ma mi sono perso via e-
-Non fa nulla Judal, figurati, solo ti lascio Sofocle e scappo o faccio tardi.-
Annuì frettolosamente tirando fuori le chiavi dalle tasche e aprendo la porta a Pisti e Masrur.
-Bene, fa il bravo amore di mamma, io ora vado al porto a dare una mano con i nuovi arrivi da Rem, ci vediamo per pranzo.- disse dando un bacio in fronte al figlio.
-Se vuoi posso fare io.-
Se fu più sorpresa Pisti o Judal era impossibile dirlo. Ma cosa aveva assunto Masrur per comportarsi così?
-Davvero?!- domandò speranzosa Pisti, e Masrur scrollò le spalle, adducendo come spiegazione un semplice -Fa freddo- riferito al fatto che un qualsiasi comune essere umano fuori sarebbe gelato, mentre pochi eletti, fra cui logicamente lui, non avevano problemi con quelle temperature polari.
-Ti ringrazio!!!- strillò con allegria, per il disappunto di Robin, saltando in spalla a Masrur che noncurante si incamminò verso la porta con uno zainetto biondo in spalla.
-Beh, allora penso resterò qui a farti compagnia se per te va bene.- concluse Pisti buttando la giacca su una poltrona.
Sorrise. In fondo per quanto non stesse bene, o forse proprio per quello, un po’ di compagnia gli faceva piacere.
-Vuoi qualcosa da bere?- chiese non appena ebbe sistemato Robin e la ragazza annuì con semplicità.
-Tè.-
Annuì dirigendosi meccanicamente verso la cucina, e non appena Pisti prese la tazza in mano lo gelò -Cosa c’è che non va?-
Ma era così evidente? A lui sembrava di dissimulare piuttosto bene… -Nulla di che.-
-Ossia?- insistette Pisti.
Judal guardò il tappeto a suoi piedi poi si alzò andando in camera a spogliare il maglione che aveva ancora indosso nella speranza che Pisti smaltisse la curiosità.
-Fammi indovinare. Scommetto che anche Masrur ti ha chiesto se andava tutto bene prima.- domandò seguendolo, con un sorriso saputo, gli occhi chiusi e un indice poggiato sulla fronte, e Judal strabuzzò gli occhi. Lei questo come lo sapeva?
-Non penserai che Masrur abbia rinunciato alla sua pennichella con leggerezza? Se si è proposto di prendere il mio posto al porto è evidente che riteneva io fossi più utile in qualcos’altro. E in effetti a differenza sua io ti torchierò finché non mi dirai cos’hai, perché è il mio dovere di tua migliore amica.-
Mise su una finta espressione di sdegno -E chi te lo dice?-
-Il tuo modo di fare con me. E non pensare, non mi distrarrai dalla domanda principale. Judal, cosa c’è che non va?- ripeté tranquillamente guardandolo buttare il maglione sul letto e poi andare a sdraiarsi su un divano con un braccio a coprirgli gli occhi. Senza la minima esitazione si sedette cavalcioni sulle sue ginocchia, ripetendo ancora la domanda per un non ben definito numero di volte, finché Judal non estrasse la bacchetta, puntandola contro Pisti, senza che questa si preoccupasse in alcun modo, finché non sentì qualcosa premere contro le sue spalle.
Girò il busto e afferrò un voluminoso libro, che secondo i movimenti del polso di Judal raggiunse una ben precisa pagina. Il magi sollevò la schiena e le indicò un paragrafo preciso, e lei partì a leggere, silenziosamente, senza porre domande. Quando finì di leggere chiuse il libro guardando Judal senza capire -Mi spieghi che c’è di difficile? Basta chiedere, no?-
-La fai semplice tu.-
-Scusa, perché Sinbad non dovrebbe accontentarti?- chiese inclinando la testa con aria perplessa.
-Ti rigiro la domanda, perché dovrebbe farlo?-
Iniziò una sorta di gara di sguardi, seguita da una lunga discussione, che comunque non portò a nulla. Il problema restava.
 
 
******************
-Mi ripeti che fine ha fatto Ja’far?-
-Senti Judal, non l’ho ben capito neanch’io, è una sorta di cena fra colleghi o qualcosa di simile credo.- sbottò Sinbad, stanco di sentirsi ripetere quella domanda.
Judal scrollò le spalle, asciugando gli ultimi piatti usati per la cena mentre Sinbad lo guardava dalla porta con un asciugamano avvolto ai fianchi dopo un sano bagno rilassante.
-È un modo di dirmi che ti manca?- chiese con un ghigno maligno Sinbad, attendendosi una qualche reazione violenta. E invece, senza esser visto, semplicemente Judal si morse un labbro e chiuse gli occhi -No.-
Sinbad sospirò. Nell’ultimo periodo le occhiaie di Judal si stavano facendo più marcate e lui sembrava stanco ed abbattuto, e la cosa lo dispiaceva.
-Ehi, lo sai che non è colpa tua, vero?- chiese Sinbad poggiandogli le mani sui fianchi e accarezzandogli la pancia coi pollici.
-Questa è solo una delle controindicazioni delle scelte di Ja’far. Se almeno avesse avuto un odore, anche solo uno da beta, probabilmente ora non ci sarebbe il problema.-
-Se io non ci fossi stato di sicuro non sarebbe apparso il problema.- ribatté Judal, muovendosi a disagio intrappolato fra il corpo caldo di Sinbad ed il lavello.
-Non è detto che lo avrebbe riconosciuto.- cercò di consolarlo Sinbad.
-Ma almeno non ci sarebbe stato qualcuno a rubargli il ruolo.- rispose mestamente cercando di allontanarsi da lì, ma Sinbad lo abbracciò, intrappolandolo definitivamente.
-Tu non stai rubando nulla, Judal. Sei qui perché tu lo vuoi e noi ti vogliamo qui. Vedrai che crescendo l’equivoco si chiarirà.- argomentò Sinbad baciandogli le tempie.
-Mh- rispose Judal poco convinto -va bene però ora lasciami.-
-Se ti dicessi di no?-
-Eh?- urlò Judal -Che storia è mai questa?-
-Scherzavo scherzavo. Dai, vai a prepararti e poi se vuoi dormire non c’è problema, vai pure, io aspetto Ja’far.-
Judal approfittò del fatto che Sinbad lo avesse lasciato per allontanarsi -Ti faccio compagnia.-
Non scorse il sorriso di Sinbad, troppo concentrato a cercare quello che era diventato il suo pigiama sotto il cuscino, né si fermò a cambiarsi in camera, preferendo andare in bagno per finire di prepararsi, uscendo poco dopo vestito di tutto punto.
-Fra un po’ inizierai a portare il velo anche tu di questo passo.- uggiolò Sinbad cercando di strappargli un sorriso.
-Non essere sciocco, io ho già il collare.- rispose invece prendendo un interessante libro di narrativa iniziato quella mattina e stendendosi al fianco di Sinbad, senza però toccarlo.
-Cosa leggi?-
-Eragon.-
-L’ho letto un paio d’anni fa, ma non ricordo molto tutti i dettagli…- meditò ad alta voce Sin -Senti, perché non ti metti qui e leggi ad alta voce?- domandò con innocenza mostrando come poteva benissimo sedersi fra le sue gambe e appoggiarsi al suo petto per leggere. Judal tentennò e rifiutò, ma di fronte alle reiterate suppliche di Sinbad infine cedette e lo accontentò. Non ci mise molto a trovare una posizione comoda, con la schiena contro il petto di Sinbad, la testa sulla sua spalla.
Per Judal fu nuovo sapere che non gli dispiaceva leggere ad alta voce per qualcuno, non si sarebbe aspettato che si stesse così bene a contatto con il corpo caldo di Sin, con il battito a cullarlo, e se non avesse avuto il compito di leggere ad alta voce probabilmente si sarebbe già addormentato.
Doveva aver letto almeno venti o trenta pagine prima che Sin per qualche motivo ignoto scivolasse lievemente più in basso iniziando a soffiargli aria calda sul collo, facendogli venire i brividi. Chiuse il libro, facendosi sfuggire il primo singhiozzo -basta- pigolò, mandando in confusione Sin quando sgusciò dal suo abbraccio e andò a rintanarsi in bagno, ripetendo solo -basta-.
-Judal, scusami.- non è che avesse un’idea del cosa, del come o del perché, ma doveva aver fatto qualcosa che aveva innescato quella violenta reazione.
-Judal, mi dispiace, te lo giuro. Aprimi e spiegami.-
-Judal-
-Judal!-
-Judal, andiamo!- nessuna risposta dal bagno, l’unica cosa che sentiva erano i singhiozzi di Judal, ma per quanto tentasse di aprire la porta non ci riusciva, segno che evidentemente Judal l’aveva chiusa con la magia.
Non riusciva a capire. Forse Ja’far avrebbe capito, pensò mestamente, ma scacciò quel pensiero, conscio che di certo Ja’far non sarebbe tornato prima di un paio d’ore.
Fu un azzardo, ma l’unica cosa che gli venne in mente di fare di fronte a quello strenuo rifiuto di comunicare fu chiamare Pisti, sebbene qualcosa di estraneo in lui urlasse contrariato davanti a quella decisione.
Arrivata nell’appartamento Pisti provò a bussare alla porta del bagno, ma di nuovo la sola risposta fu “basta”.
-Judal, sono Pisti, fammi entrare.-
Nessuna risposta.
-È per ciò che mi dicevi questa mattina?-
Classificò la più totale assenza di reazione, escluso un singhiozzo, come una conferma.
-Potresti pure avere ragione, ma perché non puoi vederla come una sfida? A vedere le cose da qui, dubito di aver sbagliato. Comunque non ti posso costringere a uscire per cui-
-Ma Pisti- si lamentò Sinbad, sconsolato alle sue parole, ma la ragazza gli fece  intendere come neppure lei fosse onnipotente, zittendolo al contempo con un gesto.
-Il fatto che i principi di Kou ti abbiano rifiutato non significa che lo faranno tutti.- disse poggiando una mano sulla porta, prima di girarsi lasciandoli con un ultimo -Buonanotte.-
Sinbad guardò la porta da cui non proveniva più alcun suono, aprendo la bocca per dire qualcosa, ma poi ripensò all’ultima frase di Pisti e desistette.
Si era formato una mezza idea, ma non aveva la minima certezza e se avesse mal interpretato, dicendo la cosa sbagliata avrebbe rovinato il lavoro di Pisti, per cui semplicemente poggiò la fronte contro il legno della porta pregando che Judal aprisse.
E quando la porta si aprì, scattò per abbracciarlo, ma si fermò per paura di farlo scappare di nuovo. In piedi di fronte a lui, le spalle curve e gli occhi rossi e gonfi, stava l’ombra del Judal che conosceva, e non sapeva come approcciarsi. Boccheggiò alla ricerca di qualcosa da dire, desideroso di chiedere spiegazioni, ma abbastanza cauto da trattenersi.
Fu Judal ad avvicinarsi con passo incerto, poggiandogli una mano sulla spalla perché si abbassasse e baciandolo con un’insicurezza attribuibile solo ad una sorta di atavica paura. Gli concesse il suo tempo, cercando di assecondarlo e incoraggiarlo senza però spaventarlo infondendogli fretta o chissà che altro.
Portò le mani sui suoi fianchi, senza abbracciarlo e stringerlo a sé per paura di spaventarlo. Fu Judal a farlo indietreggiare lentamente, finché non inciampò nel letto. Rimase incantato ad osservare Judal gattonare sopra di lui e gli venne spontaneo invitarlo e sedersi, se non che quando gli appoggiò le mani sui fianchi spingendo delicatamente per farlo sedere e poter parlare Judal oppose resistenza.
-Peso.- obiettò con sguardo triste, e lì Sinbad pensò di capire. Il problema era che Judal si vergognava del suo aspetto? Se sì, se non fosse stato per lo stato pietoso in cui versava, gliene avrebbe dette tante ma tante per avergli fatto perdere quarant’anni di vita. Incurante dell’obiezione di Judal aumentò la pressione finché non lo portò a sedersi a cavalcioni sulle sue gambe, senza che i suoi 65 chili scarsi gli dessero alcun fastidio.
-Cosa c’è che non va? Dimmelo Judal, possiamo cercare una soluzione assieme.- disse carezzandogli le guance, osservandolo chinarsi in avanti per quanto la pancia gli concedeva.
Lo osservò certo che desiderasse avvicinarsi al suo orecchio per essere certo che nessun altro potesse udirlo, ma capì che sbagliava quando il ragazzo incastrò la testa sotto la sua gola, al contempo facendo scendere una mano gelida nei suoi pantaloni.
….
Quello era ciò che lo aveva devastato portandolo a chiudersi in bagno per più di mezz’ora?
Lo avrebbe ammazzato.
Ma dopo.
Avevano cose importanti da fare prima.
 
 
******************
-Vuoi dirmi che la crisi di prima era dovuta a semplice astinenza?-
Annuì guardando altrove: di fronte ai problemi con il piccolo Robin quello che aveva passato lui era nulla, ne era consapevole, però vista dall’interno, con gli ormoni a mille e tutto il resto non era una cosa così banale.
-Judal si può sapere da quanto ti covavi questo malessere?- domandò Sinbad guardandolo dall’alto della sua posizione seduto contro quella sdraiata del compagno.
-Una settimana.- rispose poggiando la testa sulla coscia di Sin e fissando lo sguardo sulle finestre.
-Sei un cretino.- commentò accarezzandogli i capelli sciolti per non si sapeva bene quale motivo -L’avremmo potuta risolvere molto prima se tu me ne avessi parlato.-
Si rannicchiò meglio contro Sinbad avvolgendogli la vita con le braccia.
-Mi dispiace, ma sai, avevo paura.-
-Il grande magi oscuro che ha paura? E di cosa?-
Ignorando lo scherno, Judal sorrise. -Quando ero a Kou ho visto Kouha con le sue varie mogli: appena avevano un accenno di pancia smetteva di toccarle, dicendo come rischiasse di rovinare il bambino o comunque di coinvolgerlo. Temevo di essere rifiutato.-
-Come se a te si potessero rifilare scuse simili…- borbottò fra sé Sinbad, facendo ghignare Judal: in effetti a sentirsi opporre scuse simili lo avrebbe ammazzato.
-Ad ogni modo, non lo fare mai più! Dillo, sarò ben lieto di aiutarti! Piuttosto che ripetere scene simili vieni in ufficio, annullerò tutti gli appuntamenti e-
-E morirai subito dopo.- concluse Judal guardandolo sorridente, le palpebre appesantite dal sonno.
-Ma morirò felice e soddisfatto.-
Si addormentarono così, ridendo di battute cretine, abbracciati. Non servì specificare le motivazioni addotte da Judal fossero le ultime delle preoccupazioni, era ben chiaro che il problema fosse un altro. Ma prima o poi avrebbero dovuto affrontare l’argomento, solo non quando Ja’far ancora era in lotta con se stesso per impedirsi di odiare Judal, per l’ennesima volta.
 

 








Piccoli scleri di cui (volenti o nolenti) finirete per far parte: no, non vi do il mio indirizzo per venire a picchiarmi nè vi darò nome ecognome per maledirmi, dovrete darvi da fare e trovarli da soli, o preferibilmente rinunciare.
Il titolo boh, è sciocco, ma non sapevo cosa mettere ed in realtà ritengo ci stia bene
Se vi state chiedendo a gran voce "Perché?", urlando contro il ventilatore per la profonda disperazione e perchè è la sola vostra compagnia, sappiate che non ve lo so ben dire, mi andava, è tremendamente da Judal, e volevo sfruttare un po' le libertà che il ratings mi permette (le ho, come non usarle ogni tanto?).
Ja'far verrà a saperlo? Ovvio che sì! Li ucciderà? Ah boh, probabile, lo scopriremo :)
Non moritemi dal caldo, a presto
Hoshi

   
 
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