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Autore: lady lina 77    04/07/2019    2 recensioni
Una nuova fanfiction, una AU (che sarà molto lunga), che parte dal tradimento di Ross della S2. Cosa sarebbe successo se Elizabeth si fosse accorta prima di sposare George, della gravidanza del piccolo Valentine? Cosa sarebbe successo se avesse obbligato Ross a prendersi le sue responsabilità?
Una storia dove Ross dovrà dolorosamente fare i conti con le conseguenze dei propri errori e con la necessità di dover prendere decisioni difficili e dolorose che porteranno una Demelza (già incinta di Clowance) e il piccolo Jeremy lontano...
Una storia che, partendo dalla S2, abbraccerà persone e luoghi presenti nelle S3 e 4, pur in contesti e in modalità differenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Nuovo personaggio, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il tempo era pessimo, sembrava tardo autunno più che primavera inoltrata e diluviava. E Ross non smetteva di lanciare occhiatacce a Lord Falmouth che li aveva condotti in quel luogo lontano da Dio e dalla civiltà per una battuta di caccia.

Demelza, in compagnia dei bambini e di Prudie che non aveva smesso un attimo di borbottare, si era rifugiata in una piccola tenda fatta costruire da Falmouth per lei e i piccoli, da alcuni servitori scozzesi che si era portato dietro, ma questo non bastava per dare agio a una giornata che si preannunciava pessima. I bambini erano nervosi, Prudie borbottava come un pentolone di fagioli, il cielo era scuro e minaccioso e la pioggia era sempre più battente.

Dwight aveva provato ad argomentare che per la gotta del vecchio lord uscire con quel tempo sarebbe stato malsano, ma lui non aveva voluto sentire ragioni e alla fine tutti avevano dovuto arrendersi.

Jeremy e Clowance avevano protestato vivamente per la decisione di lasciare al maniero Fox e Queen ma Falmouth era stato irremovibile: aveva portato con se dei cani da caccia prestati da un signorotto locale con cui aveva stretto qualche accordo commerciale e quindi, per evitare zuffe fra gli animali, i migliori amici e protettori dei suoi nipoti acquisiti erano dovuti rimanere a casa. Demian voleva esplorare le colline circostanti e vedere da vicino le piante che le ricoprivano ma pioveva troppo e Demelza aveva dovuto dirgli un secco no e quindi si era imbronciato pure lui. Daisy invece, dopo una notte irrequieta come gli aveva raccontato Demelza, si era svegliata di cattivo umore e capricciosa e aveva piagnucolato per tutto il tragitto senza dire il perché.

Ross sbuffò, stringendosi nel mantello. Santo cielo, nemmeno la amava la caccia...

Eppure, a parte il tempo, quel luogo attorno a loro era maestoso e misterioso insieme. L'antico ed imponente castello, al centro di un lago e raggiungibile solo attraverso un ponte di pietra, dominava la valle circostante. La zona era pressocché disabitata eccetto per qualche fattoria sparuta in mezzo alle campagne e i monti, non molto alti ma rigogliosi e pieni di flora, fauna e grotte misteriose, davano al paesaggio una nota ancora più magica. Se il tempo fosse stato clemente, i bimbi avrebbero potuto farci una piccola escursione ma così sarebbe stato inutile e pericoloso...

"Con questo tempo, nessun animale sano di mente girerebbe da queste parti per farsi ammazzare da noi" – disse in tono sarcastico Ross, guardando Falmouth in cagnesco.

Falmouth però non sembrava dello stesso avviso. Si sistemò i guanti, controllò il fucile e poi gli fece cenno di seguirlo assieme a Dwight che era fin troppo gentile ed educato per supportarlo in quella lotta senza speranza per tornare subito a casa. "Signor Poldark, non siamo scozzesi!".

"E quindi?".

Falmouth allargò le braccia. "Siamo inglesi, santo cielo! E gli inglesi sono imbattibili a caccia, sia col bel tempo, sia con gelo o pioggia o neve. E gli animali lo sanno!".

Dwight sbuffò, trovando una momentanea scusa per andare verso la tenda. "Vado a vedere perché Daisy piange. Magari si sta prendendo un malanno" – disse, mentre i singhiozzi della bambina giungevano alle loro orecchie.

Ross scosse la testa, preoccupato. Se c'era una bimba decisa, tenace e mai piagnucolosa per niente, quella era Daisy. Eppure da alcuni giorni sembrava cambiata totalmente e pareva smarrita, spaventata e inconsolabile. Demelza iniziava ad essere seriamente angosciata anche perché la piccola non apriva bocca e non diceva cosa la turbasse e Ross iniziava a temere che le fosse successo qualcosa di brutto, che qualcuno in quel luogo dimenticato del mondo l'avesse spaventata o le avesse fatto del male, o chissà che...

Falmouth, decisamente meno catastrofico, sbuffò. "La mia capricciosa nipotina, è ancora più capricciosa, oggi".

Ross lo guardò di sbieco. Falmouth era un brav'uomo, adorava i suoi nipoti ma era poco empatico sul mondo dei bambini e sui modi in cui chiedevano aiuto. "Ma lei non è capricciosa" – fece notare.

Falmouth rimase di sasso per quella malcelata schiettezza, poi si grattò il mento pensieroso. "No, vero. Quelli che piangono per niente di solito sono Clowance e Demian. Daisy affronta le frustrazioni con metodi... spicci... Lancia le cose, soprattutto addosso a me! E dice parolacce e risponde a tono! Non che la cosa mi dispiaccia, è una Boscawen e così deve essere, farsi rispettare è fondamentale! Eppure, come vedete, oggi non fa che piangere e questo me la rende capricciosa e molesta!".

Ross sospirò. "Non pensate che magari qualcosa la turba? O che non stia bene? E' un viaggio impegnativo per una bambina tanto piccola, questo".

"Lo hanno fatto anche Clowance e Jeremy a suo tempo, con Hugh e Demelza. E Clowance non aveva che due anni".

Ross tentò di ignorare la vocina della sua coscienza che gli ricordava quanto quella terra scozzese avesse dato a Demelza e Hugh in termini d'amore e famiglia e tentò di rimanere concentrato sulla questione in quel momento più importante: Daisy. "Non tutti i bambini sono uguali e lei sembra vivere tutto questo molto male".

"Le passerà" – rispose Falmouth. "Avete il cuore tenero, Poldark. Cosa che a volte in un uomo non apprezzo ma che in questo caso mi fa tirare un sospiro di sollievo. Tenete ai gemelli e ai vostri figli e vi ho osservato, accanto a Demelza. Siete attento e premuroso, rispettoso e gentile. E lei pare contenta".

Ross distolse lo sguardo. A mentire non era molto bravo ma c'erano cose che Falmouth che credeva di sapere tutto, ancora non sapeva e che voleva dire solo insieme a Demelza, al momento giusto. C'era amore, c'era stata una proposta di matrimonio, c'era un progetto di grande famiglia da costruire desiderato da entrambi, che coinvolgeva anche i piccoli gemelli nipoti dell'uomo. Tutto sarebbe cambiato col tempo e ognuno doveva esserci adeguatamente preparato. Guardò Demelza che sotto a una pesante mantella, fuori dalla tenda, cercava di intrattenere Daisy con Dwight e rimase incantato nell'osservare il suo viso dolce, i capelli rossi che sfuggivano dal cappuccio e la sua figura elegante e sinuosa. Era bellissima e c'era sempre troppa gente attorno a loro per dimostrarle quanto la amasse non solo a parole ma anche coi fatti. Santo cielo, come gli mancava quel cottage di Londra...

"E' bella, vero?".

La voce di Falmouth alle sue spalle lo fece sussultare e tornare alla realtà. Arrossì impercettibilmente e poi annuì. "Sì, lo è".

Falmouth si avvicinò al suo orecchio, parlando con tono fermo e graffiante. "E la sua bellezza, ai vostri occhi, non dovrà mai essere paragonabile alla bellezza di nessun'altra. Capito, Poldark?".

Preso alla sprovvista, Ross si voltò verso di lui. Falmouth aveva abbandonato il suo sguardo sornione ed ora lo fissava con occhi penetranti e decisi. Il messaggio era chiaro e gli stava dicendo, ORDINANDO, di amare solo lei ed avere cura solo di lei. Per la vita... Comprendeva le sue preoccupazioni, aveva fatto soffrire così tanto Demelza in passato... E la loro vita insieme si era persa ed era andata distrutta per fatti e decisioni errate prese da lui e lui solamente. Era passato tanto tempo da allora e la vita e le conseguenze di quelle scelte gli avevano aperto gli occhi su tante cose e il dolore gli aveva insegnato ciò che per lui era davvero importante: Demelza, i bambini... E nient'altro... Non voleva nient'altro! C'era stato un tempo in cui aveva tutto e non ne aveva capito il valore, c'era stato un tempo in cui quel suo 'tutto' era andato perso ed ora che lo aveva ritrovato, non se lo sarebbe più lasciato sfuggire dalle mani. Falmouth era preoccupato e lo capiva e comprendeva ma ora ciò che lui e Demelza erano tornati ad essere dopo tante lacrime, tanto dolore e tanti momenti di confronto difficile, erano solo affari loro. "Certo che ho capito... E non dovete temere".

Falmouth rimase fisso su di lui. "Lo voglio ben sperare, c'è di mezzo la vita di chi amo di più e se distruggerete quella ragazza e i suoi bambini, lei è abbastanza forte da distruggere voi. E se sarà troppo buona per volerlo fare, lo farò io. E io sono meno buono".

Ross contraccambiò lo sguardo. "Se farò qualcosa di male, voi avrete ogni diritto di farne a me".

Falmouth annuì, occhieggiandolo. "Mi fido di voi dall'inizio, si è rifidata Demelza e per me va bene così. E soprattutto, so che i bambini hanno bisogno di una guida e un padre. Vi spio Poldark, studio come vi rapportate a loro e mi piace come...".

"Cosa?".

"Come i gemelli pendano dalle vostre labbra. Loro, che da quando son nati son spiriti liberi. Mi aspetto che li rimettiate in riga".

Ross scosse la testa. Due cose non gli erano piaciute di quel discorso e di certo non se le sarebbe tenute per se. "Io e Demelza siamo adulti e non abbiamo bisogno di essere 'tenuti d'occhio'. Siamo stati sposati, siamo stati amanti, abbiamo avuto dei figli e tirato con fatica avanti una famiglia e una miniera in mezzo a mille difficoltà. Sappiamo cavarcela anche da soli senza nessuno che vegli su di noi più del necessario. Seconda cosa, io non rimetterò in riga proprio nessuno! I vostri nipoti sono degli splendidi, indipendenti e liberi esemplari di essere umano e io non sono nessuno per tenerli a freno e cambiare ciò che madre natura ha creato così perfetto. Nessuno dei miei figli dovrà mai essere ciò che gli altri si aspettano da lui, ognuno di loro sarà solo ciò che vorrà essere. E su questo, io e Demelza concordiamo in pieno". Non voleva essere scortese ma chiaro! Sarebbero stati una famiglia un giorno, avrebbe sempre rispettato il ruolo di Falmouth ma non voleva interferenze non necessarie nella sua famiglia. Era lo zio dei bambini ed un parente di sangue dei gemellini, ma sapeva anche che Demelza – e Hugh del resto - non avevano mai voluto sue ingerenze eccessive nella gestione dei bambini e Ross desiderava che fosse ancora così. Avrebbe sputato sangue e dato la vita per i bambini, li avrebbe amati tutti e se ne sarebbe preso cura e Falmouth doveva fidarsi di lui come diceva di fare, a parole.

Falmouth sogghignò, sornione. "Sicuro?! Lascerete SEMPRE che i bambini si esprimano come vogliono? Uno di loro occupa il posto che, CREDO, vorreste voi nel letto di Demelza. Lo lascerete fare anche in questo caso?".

Ross raccolse la sfida, ridendo a denti stretti. "Ovviamente aiutare i bambini a crescere e farsi indipendenti, sarà anche un mio compito. Compreso l'imparare a dormire da solo che non è non rispettare Demian ma dargli una piccola spinta a diventare grande".

Colpito e affondato, non poteva replicare! Falmouth per un attimo soppesò i suoi pensieri, poi parlò. "Devo dire che nemmeno a me piace che quel bambino stia così attaccato a sua madre! Dannazione, non è una femminuccia, ma Demelza non mi ha mai dato corda con Demian! Ma ora la ringrazio, sapete?".

"Perché?".

Falmouth assunse la sua classica espressione da cacciatore con la volpe nel sacco. "Perché con voi in zona, il bambino nel lettone vi terrà lontano da atti impuri che possano portare a piccole, graziose, urlanti conseguenze. Conseguenze adorabili, per carità. Ma a tempo debito!".

Ross rimase di sasso, come al solito alle conseguenze, quelle piccole ed urlanti, non ci aveva pensato... Ma in quel momento capì che anche quello era affar suo e di Demelza e che non gli importava di nessuna conseguenza! Non ne aveva paura ma anzi, come in ogni cosa da mesi a quella parte, si sentiva elettrizzato al solo pensiero. Anche se in effetti, anche se la camera di Demelza era molto affollata in quel periodo e di intimità grazie a Demian ce n'era poca, a Londra il cottage era sempre deserto e Falmouth questo non lo aveva previsto... "Credete che non sappiamo trovarci spazi per noi? Ci sottovalutate tanto?" - chiese, in tono di sfida.

Falmouth non si scompose. "So come gira il mondo, Poldark! Ma se si deve rischiare, preferisco che si rischi poco, piuttosto che ogni notte. Questione di percentuali, Ross...". Si bloccò, guardandolo pensieroso, mentre la pioggia diventava ancora più battente. "A proposito...".

"Sì?".

"Ricordate quella piccola faccenda sull'esproprio delle mie terre nel Sussex? Voterete perché ne rientri in possesso per espandere la mia proprietà? Per il bene della famiglia a cui magari presto apparterrete pure voi, ovviamente...".

Ross sospirò, calciando con la punta dello stivale un sassolino. Falmouth poteva parlare di politica ed interessi personali ovunque, anche sotto la pioggia battente del nord della Scozia, davanti al castello che voleva acquistare. "Non avete bisogno di terre nel Sussex e da che so, Pitt e i suoi vogliono costruirci un orfanotrofio, da quelle parti".

Falmouth si imbronciò e in quel momento a Ross parve similissimo a Daisy quando picchiava il piedino per ottenere qualcosa. "Devo costruirci una nuova stalla e un nuovo allevamento, Poldark! Per purosangue da vendere!".

"Avete terre vostre pure in Cornovaglia, da quel che so. Sono disabitate, usate quelle!".

"Il Sussex lo preferisco!".

Ross guardò al cielo, plumbeo e tetro. Non amava i giochetti di Westminster ma aveva imparato ad esserne un abile giocatore lui stesso. Come diceva Demelza, non poteva abbattere consuetudini che reggevano da secoli il sistema ma aveva imparato ad utilizzarle per raggiungere i suoi scopi in maniera furba, anche se più tortuosa e meno nobile. "Darò il mio voto a voi per le terre nel Sussex, se...".

"Se?".

Ross sorrise, lo aveva in pugno. "Se utilizzerete quelle terre in Cornovaglia per l'orfanotrofio. Grosso il doppio di quello che vuole costruire Pitt, con all'interno una scuola e una piccola infermeria. La Cornovaglia e i suoi abitanti hanno bisogno di qualcuno che si prenda cura dei suoi piccoli sfortunati bambini, che spesso crescono con nulla e si ammalano senza possibilità di cura".

Falmouth scoppiò a ridere. "Da quando avete fatto vostro, il voto di scambio? Credevo odiaste questi mezzucci!".

"Infatti li odio! Ma ho imparato ad usarli a mio favore".

Falmouth lo guardò ammirato, come un maestro guarda il suo allievo prediletto che sta imparando la lezione. Non era una proposta così malvagia, dopo tutto... Voleva le terre nel Sussex e in fondo dei suoi possedimenti in Cornovaglia gli importava poco e la manodopera laggiù era a basso costo. "E sia... Farò l'orfanotrofio, a nome dei bambini. Sarà una bella donazione per la terra d'origine di due di loro". Gli porse la mano. "Affare fatto?".

Ross gliela strinse. "Affare fatto".

Pieno di soddisfazione, Falmouth imbracciò il fucile. "Andiamo?".

Sospirando e per niente felice di andare a caccia sotto al diluvio ma orgoglioso del risultato raggiunto, Ross andò verso Dwight e Demelza. "Vado a dire che andiamo e a richiamare il nostro amico dottore all'ordine!". Santo cielo, se soffriva lui e Dwight era ancora suo amico, dovevano condividere quell'inutile ed umida tortura insieme.

Si avvicinò trovando Daisy in braccio a Demelza, con gli occhi rossi e il visino rigato di lacrime. Sembrava inconsolabile e Demelza piuttosto esausta e sconfortata. Accarezzò la piccola che nemmeno Dwight era riuscito a calmare e capì che davvero c'era qualcosa che non andava. Ed era palese che lo avesse capito anche Demelza, i cui occhi erano colmi di preoccupazione. Non era malata, Dwight li aveva rassicurati entrambi circa quell'eventualità, ma di certo Daisy non era serena.

La prese in braccio mentre anche Falmouth si avvicinava. "Che c'è? Ce lo vuoi dire?" - le chiese dolcemente.

Daisy alzò il visino, guardandolo silenziosamente. Non disse nulla ma Ross, nel suo sguardo, intravide una infinita quantità di ombre e ansie. Come se nel silenzio, lei cercasse di dirgli qualcosa, di farglielo capire... Come se quell'azzurro intenso dei suoi occhi diventato improvvisamente cupo, stesse cercando di gridargli qualcosa che lei non poteva dire a voce. "Daisy...".

"Non andare via!" - lo implorò la piccola, aggrappandosi a lui. "Non andare, resta qua e curaci".

Ross sorrise, accarezzandole la piccola schiena. "Starò via poco, piove e vedrai che non ti accorgerai nemmeno della mia assenza. E poi ci sono la mamma, Prudie e i tuoi fratelli, non sei sola.".

"No, resta quì"- pianse lei.

Ross, dopo aver lanciato un'occhiata di intesa a Demelza e Dwight ed ignorando Falmouth, si allontanò di alcuni passi con la piccola, nascondendola sotto il suo mantello per ripararla dalla pioggia. Avevano da sempre un rapporto speciale loro due e forse, da soli, Daisy si sarebbe aperta con lui, dicendogli cosa la turbava tanto. E quando furono abbastanza lontani, avvicinò le labbra al suo orecchio, cercò di essere quanto più accomodante possibile e sperò di ottenere la sua fiducia, come era sempre stato da quando si erano conosciuti. "Hei, Daisy...".

La piccola, rannicchiata contro il suo petto, non rispose.

E Ross proseguì. "Torno presto, te lo giuro. E quando vengo, che ne dici di costruirci insieme un altro segreto?".

A quella proposta, a quel gioco solo loro che a Daisy piaceva tanto, la piccola alzò il visino di scatto, smettendo di piangere. "Segreto?".

"Sì, un segreto solo nostro. Solo mio e tuo, come sempre".

E finalmente, vide un timido sorriso sulle sue labbra. "Quale?".

"Quando torno, mi dici perché sei tanto triste e piangi così. Solo a me, un segreto nuovo nuovo come gli altri. Se me lo dirai, io magari potrò aiutarti a tornare ad essere contenta".

Daisy trattenne il fiato, come emozionata per quella proposta, ma allo stesso tempo frenata da chissà che. Non rispose con il solito entusiasmo ma anzi, abbassò il visino e poi lo guardò nel profondo degli occhi, appoggiando la fronte sulla sua. "Vieni presto..." - disse solo, come in una muta supplica.

"Vengo presto" – sussurrò Ross, sperando gli parlasse e con una strana ed incomprensibile ansia che prendeva possesso di lui, come se qualcosa gli gridasse che un pericolo era imminente e che i capricci di Daisy... Non erano capricci.

Durò un attimo. La voce di Falmouth lo richiamò all'ordine e dovette tornare e consegnare la bambina a Demelza. Diede un bacio ad entrambe, accarezzò loro i capelli e salutò gli altri bambini i cui visini avevano fatto capolino dalla tenda. Valentine agitò la manina, Jeremy e Clowance finsero di non sentirlo e lo ignorarono. Ross non disse nulla, c'erano giorni in cui con loro sembrava andare meglio, certi altri in cui sembrava di essere tornati ai primi difficilissimi giorni a Londra. E quel giorno era uno di quelli. Anche loro, come Daisy, sembravano strani e diversi, più distanti e nervosi del solito...

Un giorno sarebbe passata, come diceva Demelza presto sarebbe forse tornato un pò di sole sul rapporto coi suoi figli...

Presto...

Eppure quella strana sensazione negativa risvegliata in lui dalle lacrime di Daisy, non presagiva nulla di buono.


...


Gli uomini erano spariti per la caccia da un paio d'ore e la pioggia battente si era trasformata in una fastidiosa pioggerellina fine.

Nella tenda fatta costruire per le donne e i bambini di quella spedizione di cui tutti – a parte Falmouth – avrebbero fatto tutti volentieri a meno, Demelza e Prudie avevano fatto del loro meglio per intrattenere i bambini in quello spazio angusto.

Alla fine Daisy era crollata addormentata in braccio a sua madre, dopo infiniti pianti. E anche Valentine si era addormentato, cullato dal rumore della pioggia e con la testa appoggiata alle gambe di Prudie che ogni tanto, mentre lo guardava, borbottava quanto gli ricordasse il Ross bambino.

Demian si era steso accanto a Demelza, disegnando su un vecchio e sgualcito foglio con dei pastelli che erano stati portati da sua madre per tenerlo buono e solo Jeremy e Clowance, svegli ed allerta, sembravano completamente vigili in quella mattinata diventata improvvisamente sonnecchiosa e silenziosa.

Jeremy lanciò un'occhiata a sua sorella. Se c'era un buon momento per mettere in atto il loro piano, era quello! La pioggia era debole, gli uomini non sarebbero rientrati prima di alcune ore, sua madre e Prudie stavano dormicchiando coi bambini più piccoli e Demian... beh, lui se c'era in giro la mamma non si allontanava da lei!

Clowance fissò il fratello, aspettando che fosse lui a trovare una scusa per uscire. Era spaventata, tremava lievemente ed era palese in lei il desiderio di affidarsi al fratello maggiore, il suo punto di riferimento da sempre in mancanza del padre.

E Jeremy annì impercettibilmente, senza farsi vedere. "Mamma?".

Assopita, Demelza, sobbalzò. "Dimmi!".

Sospirando, Jeremy si alzò in piedi mettendosi la sua sacca in spalla. "Posso uscire a fare due passi con Clowance? Ci stiamo annoiando".

Demelza, stancamente, guardò verso l'uscita dalla tenda. "Sta piovendo, tesoro".

"Ma molto meno di prima! Ti prego mamma, stiamo morendo dalla noia! Che ci siamo venuti a fare fin quì? Per star fermi sotto una tenda!?".

Demelza sospirò, accarezzando i capelli biondi di Daisy che dormiva, esausta. "Dove volete andare?".

"A fare due passi, a cercare... funghi!" - rispose il bambino, dicendo la prima cosa che gli veniva in mente.

Demelza sorrise, guardando Clowance. Che sua figlia cercasse funghi, le sembrava davvero bizzarro. Non era stagione e i suoi due figli di certo non erano esperti. "Crescono in autunno, tesoro!" - gli fece notare.

Jeremy sospirò. "Con tutta questa pioggia, è peggio che autunno!".

La madre gli sorrise, annuendo e comprendendo il loro bisogno di prendere un pò d'aria. "Hai ragione, dev'essere davvero noioso stare quì! Giuro che impedirò a vostro zio di portare a termine altre idee del genere, in futuro! E comunque va bene, andate pure a fare un giro! Ma state attenti!".

Jeremy guardò sua madre, chiedendosi quando l'avrebbe rivista. Erano sempre stati insieme loro, nonostante tutto, sempre vicini nelle difficoltà, l'aveva sempre riparato nel suo abbraccio ed ora stava per arrecarle un grande dolore che lei di certo non meritava. E forse non era nemmeno giusto scappare, non era giusto non affrontare le sue paure. Ma si rendeva conto che non era ancora un uomo maturo per saperlo fare, che era solo un bambino spaventato che aveva sempre cercato di essere più grande della sua età e che ora che era arrivato qualcuno che desiderava essere 'l'uomo di famiglia', aveva paura del futuro, un futuro diverso da quello che era sempre stato il suo passato. Avrebbe ancora dovuto proteggere sua madre? Pensare a lei se era triste? Avrebbe potuto fidarsi di Ross Poldark? Avrebbe potuto, col tempo, dare ad altri l'affetto che aveva sempre nutrito per Hugh? Ed era un bene, era giusto nei confronti di quello che era sempre stato il suo unico e vero padre nel suo cuore? Hugh lo aveva amato tanto, gli aveva dato fiducia e una casa, lo aveva stretto a se quando invece suo padre lo aveva abbandonato senza stare a pensarci su, e ora...? Ora non era un tradimento dimenticarlo e tornare dal padre che lo aveva messo al mondo? Andare avanti quando Hugh era rimasto indietro, non era sbagliato? Cosa avrebbe voluto Hugh per lui, per Clowance, per i gemelli e per la loro mamma?

Jeremy a tutte queste domande, non sapeva rispondere...

Sapeva solo una cosa: voleva bene alla sua mamma e avrebbe passato la vita intera a farsi perdonare per quello che stava per fare.

Le si avvicinò e, attento a non svegliare Daisy che conosceva tutti i suoi piani e poteva fregarlo, la baciò ed abbracciò. "Grazie mamma".

Anche Clowance corse da lei, abbracciandola. "Grazie mamma".

C'era molto in quel grazie, anche se lei non poteva saperlo...

Stranita da quel ringraziamento tanto sentito ma in fondo inutile per una concessione tanto piccola, Demelza ricambiò il loro abbraccio. "Non allontanatevi troppo! E se trovate funghi, non metteteveli in bocca!".

Jeremy e Clowance annuirono e poi, di corsa, uscirono dalla tenda senza voltarsi mai. Se lo avessero fatto, non sarebbero riusciti ad andarsene.

Jeremy prese per mano Clowance e corsero costeggiando il lago, con indosso le loro mantelline. "Dobbiamo sbrigarci ed andare verso sud, verso la direzione da cui siamo arrivati stamattina" – disse alla sorellina.

Clowance, già col fiato corto, annuì. "Londra è lontana?".

"Lontanissima! Sarà un lungo viaggio... forse" – rispose Jeremy, impaurito e speranzoso che forse qualcuno li avrebbe trovati, fugando ogni suo dubbio e dandogli le risposte a tutte le domande che non riusciva a fare.

Clowance si coprì i capelli alla meglio col cappuccio. "Ci verrà il raffreddore! Che strada dobbiamo fare?".

Jeremy non rispose subito ma appena furono abbastanza lontani, si guardò attorno. Le colline erano alte e rigogliose e la vegetazione fitta. Non c'era in giro anima viva e l'unico rumore era quello della pioggia e dei loro passi nella fanghiglia. Faceva un pò paura tutta quella desolazione e quel silenzio, pensò. Sebbene più difficoltoso che seguire il sentiero, sarebbe stato più sicuro passare per le montagne per non farsi scoprire e nascondere le proprie tracce. "Credo... che dovremo faticare un pò" – disse alla sorellina, indicando la strada in salita.

Clowance sospirò. "Fa un pò paura...".

Annuì, lei aveva ragione e i loro sentimenti erano assolutamente simili in quel momento. E in cuor suo, anche sei mai sarebbe riuscito ad ammetterlo, sperò di essere salvato e trovato. Da sua madre e da suo padre... Già, ma da quale padre? Quello che aveva perso e che rimpiangeva o quello che era tornato e che ancora non gli aveva dimostrato appieno quanto valesse e quanto tenesse a lui?

Non seppe darsi una risposta e stretta ancora più forte la mano della sorella, corse verso i monti. Chiedendo silenziosamente scusa alla sua mamma e a Daisy che, involontariamente, aveva reso partecipe di un segreto forse troppo grande per una bimba della sua età.

  
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