Storie originali > Commedia
Segui la storia  |      
Autore: Volpina_McGranitt    26/07/2009    0 recensioni
Martina è una pscicologa di 27 anni, ma una parte di lei è rimsta intrappolata alle medie. Il desiderio di incontrare i suoi vecchi compagni e questo sogno sembra possibile quando Francesco si presenta al suo studio come paziente...
Genere: Romantico, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Un getto d’acqua fredda

LA DOCCIA

 

CAPITOLO 1: RICORDI

 

 

Un getto d’acqua fredda. Solo un getto d’acqua fredda e il sapone che ricopriva il mio corpo sparì lentamente. Ma non sarebbe bastato un semplice getto d’acqua fredda per cancellare la schiuma di sapone che avvolgeva il mio cuore, rotto e distrutto dall’ennesima relazione finita male.

 

Uscii dalla doccia, apparentemente pulita, ma dentro più sporca di prima. Mi avvolsi nel mio accappatoio bianco, infilai le ciabatte e mi guardai allo specchio. Riuscivo a scorgere i contorni del mio viso, ma non riuscivo a mettere a fuoco i particolari. La mia vista si era notevolmente abbassata e gli occhiali erano diventati per me ormai una necessità, non che non lo fossero già prima. Avevo cominciato ad indossarli abitualmente già dalla quinta elementare e per me non erano altro che un accessorio, un vezzo, che avrebbe reso interessante il mio viso, altrimenti banale. E ora a distanza di quindici anni, i miei occhiali erano ancora sul mio naso, come per dirmi che il tempo non era passato, che tutto si era fermato nel 2009, eppure bastava buttare uno sguardo sul calendario, appeso sulla parete azzurra della mia camera per capire che non ero più una tredicenne speranzosa e fiduciosa in un futuro, in cui il suo nome sarebbe stato noto a molti accanto all’appellativo di scrittrice. Era il 4 novembre del 2024, chi credeva che nel 2012 sarebbe finito il mondo si era sbagliato, erano trascorsi 12 anni e né alieni né guerre né fenomeni atmosferici avevano minacciato il pianeta che fino ad allora, pareva ancora l’unico abitato.

 

Riportai la mia attenzione sullo specchio, il mio viso tondo, ma non paffuto, era incorniciato dai lunghi capelli castani, lisci per il momento, ma una volta che il getto d’aria calda del phon avesse spazzato via l’acqua fredda che ancora li intrappolava, sarebbero ritornati mossi, ne ero certa. I miei occhi, grandi e di un intenso color nocciola, erano sormontati da una fronte alta e spaziosa. Si diceva che chi avesse la fronte alta, avesse anche un gran cervello. E d'altronde dovevo averne di cervello per il mestiere che avevo scelto. Il mio lavoro consisteva nel prestare ascolto ai problemi delle altre persone per un’ora, per poi tornare a casa e combattere con i miei. No, non ero diventata una scrittrice, ma ero diventata una psicologa. Mi ero laureata con il massimo dei voti all’università di Milano e poi ero tornata a Pescara, per rimanere vicina alla mia famiglia.

 

Uscii dal bagno e mi diressi in camera. Mi gettai sul letto, avevo ancora sonno. Ero sempre stata una mattiniera, ma non riuscivo più a mantenere i ritmi di una volta. Di lì a poco tempo sarebbe cominciata la mia consueta giornata lavorativa e quella mattina alle 9.00 avevo appuntamento con un nuovo paziente. Bettini. Quel nome mi fece pensare inevitabilmente alle medie. Ma non poteva essere lui, anche se per la prima volta in vita mia speravo di sbagliarmi. Mi sarebbe piaciuto riallacciare i rapporti con i miei vecchi compagni di classe, la 3D. Valentina, Lucrezia, Camillo, Simone, Elisabetta, Felicia, Stefano, Luca, Francesca, Mikaela, Riccardo, Yari e Francesco. Francesco Bettini. Era cambiato? Si era sposato? Che lavoro faceva? E quale motivo lo aveva spinto a rivolgersi a uno psicologo, e tra tutti proprio me? Si ricordava di me? Non sapevo la risposta a queste domande, ma sapevo che prima o poi l’avrei rivisto lo avevo sempre saputo e ora, l’avrei rivisto per davvero. Presi il phon e cominciai ad asciugarmi i capelli, lasciando vagare i miei pensieri.

 

Con alcuni compagni avevo mantenuto dei contatti, Stefano, alto, biondo e occhi azzurri, per esempio, era diventato il portiere della squadra di calcio del Pescara, che si era risollevata e ora giocava addirittura in serie A. Stefano ci aveva sempre creduto e ora viveva in prima persona questo sogno. Si era fidanzato con Serena, una modella e ci sentivamo ogni tanto per telefono.

Elisabetta, invece, era rimasta dalla seconda media, la mia migliore amica, avevamo frequentato il liceo pedagogico insieme e ora viveva a Grosseto. Era diventata professoressa di matematica al liceo linguistico e a Giugno si sarebbe sposata con lo stesso fidanzato delle superiori, Filippo. Io, amica di entrambi, avevo il ruolo di testimone e segretamente mi chiedevo quando sarebbe arrivato il mio momento di indossare l’abito bianco.

Riccardo era diventato un abile e ingegnoso scienziato e si era trasferito in Canada per fare delle sperimentazioni nel campo della medicina e nella sua vita per il momento c’era solo il lavoro, non aveva ancora trovato un piccolo spazio per l’amore.

Camillo, aveva invece ripreso l’attività del padre di architetto, insieme ai suoi fratelli, Lanfranco e Leonardo e si era sposato, ironia della sorte, proprio con la sorella di Riccardo, Valeria, e avevano già due figli, Arturo e Clara.

Le vicende personali di Simone mi erano invece note, tramite i giornali. Era infatti spesso e volentieri, protagonista del gossip, per la sua relazione con la famosa cantante romana Benedetta Spadaccino, che aveva anche vinto il Festival di San Remo. Lui si era trasferito a Roma, dove ora era un noto imprenditore.

Felicia era invece la mia estetista e in quanto a vita privata, frequentava il ragazzo del bar di fronte, Tommaso. Avevo capito subito, i languidi sguardi tra i due, quando il giovane veniva a portare le ordinazioni al suo locale.

 

Lucrezia, Mikaela, Valentina, Francesca, Yari, Luca che fine avevano fatto? Speravo davvero che Francesco potesse darmi queste risposte.

 

A riscuotermi dai miei pensieri fu la vista dell’orologio. Erano le 8.30. Ero in piedi davanti allo specchio, vestita con i miei soliti jeans e il mio maglione blu. Faceva decisamente freddo per essere solo novembre. Indossai i miei lunghi orecchini d’oro, i primi che avevo avuto, un regalo di mio nonno materno, e ancora i più belli che avessi mai avuto. Legai i miei capelli in uno stretto chignon, che mi dava un’aria professionale e più anni di quelli che in realtà avevo. A completare il tutto, un velo di trucco.

 

Sentii improvvisamente un rumore alle mie spalle, mi girai e vidi il mio gattino bianco stiracchiarsi, ancora assonnato.

 

“Ben svegliato, Albus!” esclamai sorridente. Il gattino si avvicinò a me, facendomi le fusa.

 

“La padroncina deve andare a lavoro!” dissi, scansandolo dolcemente e prendendo in mano la borsa.

 

Albus mi guardò con i suoi occhi azzurri. Fu quando vidi i suoi occhi cristallini, che decisi di chiamarlo come Silente, uno dei miei personaggi preferiti della saga di Harry Potter.

Buttai lo sguardo fuori dalla finestra, c’era una leggera pioggerellina, e conscia che neanche quella pioggia avrebbe lavato il sapone del mio cuore, presi l’ombrello, e uscii di casa, dopo una veloce carezza al mio gatto.

 

 

 

MY**SPACE

 

Ecco una storia che vede proiettata la mia vita e quella dei miei amici e compagni di classe tra 15 anni. Farò la psicologa eheh ^^

Lasciatemi un commentino e vedrò di aggiornare almeno una volta a settimana.

Ci tengo a precisare che questo è il capitolo più lungo che abbia mai scritto xD E poi sorpresina? Per restare in tema con Harry Potter…il mio gattino si chiama Albus xD

 

Bacioni

 

Volpina_McGranitt

 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Commedia / Vai alla pagina dell'autore: Volpina_McGranitt