Film > Mad Max: Fury Road
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Autore: Nat_Matryoshka    08/07/2019    0 recensioni
"C'era un tempo in cui il mondo era verde."
Capable non si cura del tempo che scorre: sussurra piano, la testa appoggiata al petto del ragazzo. Lo porta ogni giorno in quel mondo che non hanno mai conosciuto, e Nux non aspetta altro.
"Cosa significa armonia?"

[What if || ambientata dopo il film]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Imperator Furiosa, Nux
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Germoglio
 



 

“C’era un tempo in cui il mondo era verde.”

Capable racconta, Nux pende dalle sue labbra. Intanto è scesa la notte: il sole tramonta, le stelle iniziano a riempire la volta celeste, tra poco arriverà anche la luna. Nel campo improvvisato che abitano da qualche giorno le voci si inseguono, Dag parla di semi, Cheedo si stringe nel mantello e osserva l’orizzonte, e il suo è uno sguardo troppo vecchio e stanco per appartenere ad una ragazzina. Capable non si cura del tempo che scorre: sussurra piano, la testa appoggiata al petto del ragazzo. Lo porta ogni giorno in quel mondo che non hanno mai conosciuto, e Nux non aspetta altro.

“Avevano acqua in abbondanza, non lottavano per dividerla. Dove vedi sabbia, morte, c’erano vita e bellezza. Gli esseri umani cercavano di vivere in armonia.”
“Cosa significa armonia?”

Capable sorride. Sta provando ad insegnargli nuove parole, un intero mondo di significati diversi dal gergo che usano i Ragazzi di Guerra. Lo guarda e stringe la presa sulle sue dita, poi spiega: “Vuol dire che avevano rinunciato alla guerra, o che almeno ci avevano provato. Poi ne è arrivata una più grande assieme alla desolazione, e nessuno di loro ha potuto evitarlo.”

Da lontano arrivano la risata di Dag e la risposta della Custode dei Semi: andrebbero piantati e innaffiati, peccato che non ci sia più nemmeno una goccia di acqua buona nel terreno. Non importa, risponde la ragazza, se siamo riuscite a scappare ci sarà posto per un altro miracolo.
Cheedo fissa la luna che sorge senza parlare, Toast si è raccolta nello scialle. Forse pensa ad Angharad, forse dorme, o entrambe le cose.

“Se l’avessero evitato, il mondo non sarebbe morto.”

Improvvisamente la sua voce diventa grave, e Nux se ne accorge, perché sposta la testa verso di lei e la guarda con attenzione. Le sfiora il volto con gentilezza, uno dei tanti gesti che Capable gli ha insegnato e che ha associato all’affetto, o al tentativo di consolare qualcuno. Quando una lacrima gli bagna un dito la tocca con curiosità, lascia che impregni il polpastrello e se la poggia sul labbro per cancellarla, condividendo la sua tristezza. Riesce a farla sorridere con quell’azione impacciata, anche se non ne aveva davvero l’intenzione perché in fondo sta ancora imparando, ma vedere le sue labbra piegarsi in un’espressione più serena non può che renderlo felice.

E poi la notte cala davvero. Fonde i colori in un blu diffuso, cancella i contorni, li nasconde. Max dorme, Furiosa cammina in cerchio, la sabbia non attutisce del tutto i suoi passi. Qualcuno trama un piano in lontananza, li sta cercando, ma l’oscurità porta una tregua.

 


 



Gli anni sono passati, quel ricordo non se n’è mai andato.

Da quando il dominio di Immortan Joe è terminato, tante cose sono cambiate, tante altre sono rimaste le stesse, ma una cosa è certa: Furiosa sa come garantire la sopravvivenza di un gruppo di persone. Non per altro, è sempre stata un’Imperatrice, una donna forte in guerra, esperta in strategia, coraggiosa, intelligente. Il tipo di persona a cui ti affideresti senza remore, se tutto ciò che ti rimane è una vita da moglie e madre di bambini deformi nel peggiore dei casi, destinati ad una breve esistenza nel migliore. Toast, Dag, Cheedo, Angharad, Capable, tutte loro si fidavano di lei, non hanno esitato un attimo prima di salire su quella blindocisterna e imbarcarsi in un viaggio senza destinazione.

Capable.

I primi tempi dopo il ritorno a casa sono stati duri. Le febbri notturne non l’hanno mai abbandonato, Larry e Barry si spostavano sul suo collo quasi volessero ricordargli costantemente di esistere, di essere un pezzo di lui così come lo erano le mani tremanti, le labbra secche che imploravano un sorso d’acqua. Lei, però, non l’ha mai abbandonato, nemmeno per un attimo: le sue dita gentili gli hanno rinfrescato la fronte, sistemato le coperte quando gli spasmi della febbre lo portavano ad allontanarle, hanno stretto le sue mani durante i deliri, sussurrando canzoni a bassa voce per tranquillizzarlo, hanno ripulito ogni singola ferita. Quando apriva gli occhi, quelli celesti di Capable gli facevano capire che c’era ancora, che non doveva preoccuparsi perché lei lo avrebbe vegliato sempre, non lo avrebbe mai abbandonato. Così sono trascorse le notti, i giorni. Finché non si è sentito abbastanza in forze per rialzarsi e riprendere a muoversi piano, per conoscere il nuovo mondo che Furiosa stava costruendo attorno a loro.
L’acqua viene divisa così che tutti abbiano la quantità che gli spetta, senza dover dipendere dai capricci di un tiranno, adorato solo per mascherare il timore nei suoi confronti. Le piante cresciute all’interno della Cittadella sono state curate e distribuite, il loro numero pian piano aumenta, anche se non è semplice farle crescere. I Cuccioli di Guerra non sono più costretti a seguire Joe, le Cinque Mogli ormai sono quattro donne libere di scegliere la vita che preferiscono. Dag sta per avere il suo bambino, o la sua bambina, per questo è stata esentata da qualsiasi occupazione faticosa ma non vuole comunque sentire ragioni. Tutto ha preso il suo ritmo, il sole sorge e la luna cambia forma, una fase segue l’altra e cambia come i loro corpi, come le loro esistenze. Capable dorme stretta contro di lui, e bacia il palmo della sua mano per svegliarlo ogni mattina, quando striscia giù dal giaciglio di coperte che hanno costruito per andare ad aiutare le altre. Ha sempre tanto da fare, detesta sentirsi inutile o starsene con le mani in mano.

Quando ha un momento libero per sé, prova ad insegnargli nuove parole.
In quegli anni trascorsi assieme Nux ne ha imparate tante, ma sembra ci sia sempre spazio per definire nuovi concetti, conoscere oggetti e storie di cui non aveva mai sentito parlare prima. Termini che riguardano i sentimenti, parole per dar voce ai pensieri: sei bellissima. La pioggia scorreva, e dissetava le piante. Il tempo era scandito dalle stagioni, e per alcuni mesi gli abitanti della Terra indossavano abiti che coprivano completamente i loro corpi.
Mi sono innamorata del modo in cui mi guardavi, come se all’improvviso rappresentassi il mondo intero per te.
Un tempo usavano regalarsi cerchi di metallo per promettersi di far durare un sentimento per sempre… anelli, li chiamavano così. Gli ha mostrato come erano fatti disegnandone la forma sul pavimento polveroso della loro nuova casa: un piccolo segno chiuso, una linea che racchiude tutto quello che delle semplici frasi non potevano esprimere. Una promessa.

Ti amo.

Ha imparato a baciarla appoggiando delicatamente le labbra sulle sue, anche se sulle prime aveva paura di farle male, di ferirla con la superficie ruvida e scarificata della sua bocca. Capable ha riso e le brillavano gli occhi mentre gli mostrava come fare e, a sua detta, l’allievo presto ha superato la maestra. Ha imparato come stringerla tra le braccia per riscaldarla durante la notte, come prendere l’iniziativa ed esplorare l’interno della sua bocca, la curva gentile del suo collo coi baci, con la punta della lingua, aspettando solo un suo sospiro deliziato.

Un giorno si è fatto aiutare da Cheedo a costruire una candela, un ammasso di cera estratta da una pianta desertica che si teneva insieme quasi per miracolo, ma è bastata a rendere felice Capable: una volta accesa, ha proiettato particelle di luce per tutta la stanza. Ricordi le lucciole di cui mi hai parlato? Ho provato a ricrearle io, le ha detto quando l’ha accolta dopo una giornata di lavoro, e lei gli è saltata al collo e l’ha baciato per ringraziarlo.

Ha imparato a fare l’amore con lei, e se sulle prime erano entrambi goffi e insicuri – lei non era abituata a farlo con piacere, per lui era la prima volta - con il tempo è arrivata la serenità, o almeno qualcosa che le somigliava molto. La consapevolezza di fare qualcosa di giusto, di profondamente bello, qualcosa che hanno desiderato entrambi per troppo tempo. Il trasporto di cercarsi, di liberarsi degli abiti e sentirsi davvero una cosa sola, trovare il piacere nel corpo e nelle attenzioni dell’altro.         
Se per anni Capable ha chiuso gli occhi fingendo di essere altrove mentre Joe disponeva di lei come preferiva, solo con Nux ha potuto aprirli e guardarlo in viso, afferrare ogni emozione che gli incurvava le sopracciglia e schiudeva le labbra, ogni suo gemito. Vivere il sesso per quello che è, non per la violenza con il quale lo hanno confuso per troppi anni. Ascoltarlo sospirare il suo nome e sentirsi forte per quel piccolo potere, per avergli insegnato un sentimento scollegato dall’istinto di riproduzione e per averlo lasciato libero di fare le sue scelte, per poi accoglierlo di nuovo tra le sue braccia, perché lui desidera lei come lei ha desiderato lui, e forse si appartenevano prima ancora di iniziare quel rapporto dolce e traballante, così delicato in quel microcosmo di violenza e desolazione. Accoglierlo dentro di sé, raggiungere l’apice poco dopo di lui e sentirlo sciogliersi nel groviglio di membra intorpidite e coperte umide di sudore, così caldo di febbre e vivo.
È un mondo arido e brutale, il loro. Un mondo che non fa sconti a nessuno, in cui l’amore non è altro che una distrazione pericolosa che porta solo guai. Un mondo in cui l’acqua è merce di scambio, e una donna anziana come la Custode dei Semi teneva nella borsa un teschio in cui qualche timido germoglio iniziava a crescere, sperando di vivere abbastanza per vederli trasformarsi in piante. Quel genere di mondo che ha bisogno di coraggiosi che facciano delle scelte.
Il mondo in cui un Ragazzo di Guerra muore per rinascere semplicemente come Nux, e una Moglie, libera dal suo titolo, dorme nuda tra le sue braccia tutta la notte.
 
 
 
 
 
 
Passa altro tempo, e il sangue mensile di Capable non si fa vedere per due lune. 

In altre circostanze sarebbe motivo di gioia, ma attorno a lei ci sono solo facce scure, teste scosse, frasi sussurrate a bassa voce. Una donna anziana la visita assieme a Furiosa e non fanno altro che parlottare e sfiorarle il ventre ancora appena accennato, piccolo come quello di Dag quando hanno fatto ritorno alla Cittadella. Adesso sua figlia è nata e sembra essere sana, ma le malattie più insidiose sono sempre quelle che sulle prime restano in silenzio. Quante probabilità ci sono che il loro bambino possa nascere e vivere in salute? Più o meno di quante ne avrebbe una pianta lasciata crescere tra le sabbie del deserto?

Nessuno lo dice, ma in cuor suo sa benissimo che tutti pensano la stessa cosa: quel figlio non ha futuro. Come potrebbe essere altrimenti, con un padre che lotta per anni con una malattia che rode il suo organismo ad intervalli regolari? Tra il corpo martoriato di Immortan Joe e il suo non esistono grandi differenze, se non quelle date dall’età; i suoi tumori e le febbri non accennano ad andarsene, e non potranno mai farlo davvero. Ma Capable sorride caparbia, e gli appoggia una mano sulla pancia perché la accarezzi, e come potrebbe contraddire la felicità che le riempie gli occhi ogni giorno che passa?
Così prova ad avere speranza. La aiuta come può, affianca lei e le ragazze nei loro lavori quotidiani e accetta ridendo i pugni che la compagna gli batte sulla schiena ogni volta che si sente trattata “come se stessi per partorire oggi. Andiamo, manca ancora tanto!” Luna dopo luna, la pancia si gonfia. Nux appoggia l’orecchio contro la superficie calda e accogliente e spera che il loro bambino abbia voglia di comunicare con loro, che si faccia sentire con un calcetto o due… a volte si addormenta così, mentre la figlia di Dag gioca in un angolo e Toast si lamenta perché lasciano sempre tutto in giro e a lei tocca raccogliere e mettere in ordine mentre le altre spariscono. Sono momenti sospesi, in cui si permette il lusso di non pensare a nulla, di sperare che quella piccola vita possa mettere radici e diventare più forte di lui. In cui sogna di vedere Capable posargli un fagottino tra le braccia ed esclamare, felice: vedi? Ti assomiglia. Ha i tuoi occhi, la mia bocca. È sano.

La sera guardano le stelle insieme: Capable si addormenta quasi subito, stanca per il lavoro e per le gambe doloranti, così a lui resta del tempo per pensare. Si chiede cosa significhi diventare padre per qualcuno che ha trascorso troppo poco tempo a contatto con il proprio, e che non ha la più pallida idea di ciò che un padre debba davvero fare. Si guarda le mani, e prova ad immaginarsi a guidare un bambino che compie i primi passi, ad insegnargli tutto di quel mondo in cui hanno imparato a stento a vivere. Si sforza ad immaginare un futuro, ma avvolto nell’oscurità, mentre la donna che ama dorme placida con la testa appoggiata al suo petto, riesce solo a vedere delle dita tremanti. Un corpo stanco, la febbre che gli confonde i pensieri e lo indebolisce.

È sano.

I capelli rossi di Capable si spargono sul suo cuore, come i petali di un fiore del deserto che attecchisce su un terreno che cerca di non morire, testardo. Sfiora una ciocca con le labbra e prova disperatamente a sognare. Allora gli occhi si chiudono, e un mondo nuovo soppianta il vecchio: la vegetazione ha abbracciato la terra arida, una grande distesa d’acqua si muove davanti a lui e sembra esistere da millenni, nata da sola, senza l’aiuto dell’uomo. I piedi affondano nella sabbia, una spianata morbida, che non morde la pelle come quella implacabile del deserto. Davanti alla massa d’acqua che mormora e canta, Nux guarda l’orizzonte, ma non vede altro che acqua e acqua. Sente un profumo nuovo, un vento che non porta tempeste gli sfiora la pelle del collo, gentile come un sospiro scambiato in una notte d’amore.

Capable, poco lontano da lui, è seduta sulla sabbia. Stringe tra le braccia un fagotto avvolto in una coperta di lino, e gli canta una delle canzoni che l’hanno sempre incantato, modulando la voce come se volesse usarla per accarezzarlo. Quando si accorge di essere osservata lo guarda, e i suoi occhi celesti si accendono di una luce più calda di quella del sole. Brillano come l’acqua, e così la sua risata. Non ha ferite sul viso, non sembra stanca: Nux si guarda le mani, e vede quelle di un ragazzo che non ha patito la malattia.

Larry e Barry non esistono più.

Vorrebbe urlare, ma Capable potrebbe preoccuparsi, pensare che sta soffrendo, quando invece è solo felice… per cui allarga le braccia, inspira tutta l’aria che i suoi polmoni possono contenere e lascia che il sole gli scaldi la schiena. E mentre gira su se stesso, ridendo per la sabbia che si infila fra le dita dei piedi e si attacca all’orlo dei pantaloni, le parole tornano tutte assieme.
Dapprima sono timide, è come se gli toccassero la spalla per presentarsi, spiegargli che quello che vede è sempre esistito e ha un nome preciso, poi iniziano ad arrivare in gruppo, danzano, corrono, lo sommergono e si spintonano a vicenda per raggiungere la sua mente e svelarsi, spiegarsi, prima che sia troppo tardi, prima che il sogno inizi a sfilacciarsi, a sparire. Salsedine. Brezza. Spiaggia. Maree. Scogli. Alberi. Mare, acqua salata. Onde. Il mare era vita, la cullava mentre nasceva, la guardava allontanarsi e poi tornare, in un ciclo infinito. Spuma. Flutti. Un orizzonte che sembra fondersi col cielo.

Avevamo tutto questo. Tutto questo…

Quando Capable lo sveglia, gli sembra strano aprire gli occhi e non vedere la distesa azzurra ai suoi piedi.

 
 
 

Una mattina la sente agitarsi al suo fianco più del solito, madida di sudore, le labbra contorte da una smorfia di dolore. Non riesce a parlare, ma dal modo in cui geme e si tocca il ventre capisce immediatamente che è arrivato il momento.

Non è pronto ad affrontarlo, ha paura e il nervosismo gli blocca le giunture, ma che altro potrebbe fare, se non baciarla sulle labbra e correre a chiamare qualcuno? Non sa come spiegarsi, cerca di mettere insieme parole e gesti per far capire che Capable sta male e non può cavarsela da sola, e forse la sua disperazione è decisiva perché accorrano tutte subito al suo fianco. Dag e Toast sono già con lei, come se la loro sorellanza maturata nel tempo le avesse collegate telepaticamente, portandole vicino all’amica quando ce n’è bisogno. Cheedo arriva assieme a Furiosa e prende la mano di Capable, poi va a raccogliere dell’acqua in una ciotola per farla bere e bagnarle la fronte. La donna anziana che l’ha visitata la prima volta si fa strada zoppicando e le accarezza i capelli, poi le braccia magre di Dag afferrano Nux e lo spingono via senza troppi complimenti.

Fammi restare, non posso lasciarla. La amo, voglio essere con lei, voglio salutare il nostro bambino, cerca di respingerla lui, ma Dag è irremovibile. Lo porta a poca distanza e lo costringe a sedersi, poi si volta a guardare le donne che si stringono attorno a Capable e abbassa piano la testa, come se si preparasse ad una sconfitta inevitabile. Il parto è una battaglia che dovrà combattere da sola, sussurra, rivolta più a se stessa che a lui, e si allontana per raggiungere le altre.

Per un po’ non torna nessuno: lo lasciano seduto nel suo angolo, con la testa tra le mani e le ginocchia tremanti, a chiedersi perché non gli dicano di avvicinarsi. Ogni tanto le voci si alzano di volume, e quando si abbassano un urlo di Capable spezza il silenzio. La sente gridare due volte, la prima alternando la voce rotta a dei respiri profondi e sofferenti, come se risucchiasse l’aria invano, la seconda di dolore puro, un grido sordo, misto a pianto.

Sta soffrendo, e lui non può far nulla per aiutarla.  Il solo pensiero lo fa impazzire.

Inizia a mordersi le nocche con foga disperata, si alza in piedi e percorre la superficie irregolare sotto i suoi piedi a grandi falcate, senza badare a dove si dirige. Riesce solo a pensare che Capable c’è sempre stata per lui, e lui non può nemmeno stringerle la mano e dirle che tutto passerà, che faranno nascere il bambino e starà bene, staranno tutti bene. Durante le notti in cui la febbre divorava lentamente la sua esistenza lei gli ha accarezzato il viso, ha sussurrato parole gentili, l’ha baciato perché si sentisse protetto e amato, e lui non può fare lo stesso. Dag glielo ha detto, il parto è una battaglia che solo lei può combattere, e Capable è una guerriera come Furiosa, è dolce e forte, e se la caverà… ma non può fare a meno di sentirsi inutile. Si morde ancora le nocche e chiude gli occhi, trattiene un urlo.
Sono passati pochi attimi, o forse molto più tempo, quando Furiosa lo va a chiamare. Il suo viso è imperscrutabile, e Nux sceglie di non interpretare le emozioni che gli sembra di leggervi. Lo prende da parte prima che possa arrivare al cospetto della ragazza, gli posa una mano sulla spalla come farebbe ad uno suo pari, a qualcuno al quale non vorrebbe comunicare una notizia che l’ha profondamente sconvolta.

“Mi dispiace”, sussurra appena, le sillabe arrochite che sembrano far fatica ad affiancarsi.
“Il bambino… non ce l’ha fatta” aggiunge, come se servisse una qualche spiegazione al suo dolore, alla gravità con cui gli porge un fagottino di tessuto macchiato di sangue da cui non proviene vita, né calore. Nux sente le dita tremare mentre sposta la stoffa e guarda la pelle liscia e tenera, le piccole gambe di quello che non è riuscito a diventare suo figlio, un esserino fragile e nudo, inerme. Morto.

Gli occhi si riempiono di lacrime che non vogliono scendere, che non cadono nemmeno quando richiude l’involto e se lo stringe al petto, cullandolo con un gesto meccanico che gli sembra solo un’imitazione grottesca di quanto si era preparato mentalmente a fare.
Trema ancora quando restituisce il fagottino a Furiosa, e lei capisce senza guardarlo. Allunga una mano davanti a sé, poi appoggia il pugno chiuso sul cuore, come hanno sempre fatto le Molte Madri per onorare i loro defunti e richiamarli a loro durante gli anni. Prende delicatamente in custodia suo figlio e poi tocca il ragazzo appena sulla spalla, un gesto così insolitamente dolce per una donna come l’Imperatrice da fargli subito capire quale sia la cosa giusta da fare in quel momento. Nux si allontana, sperando che le gambe lo reggano abbastanza da fargli raggiungere la donna che ama.

Capable è distesa su un gruppo di stracci portati dalle altre ragazze, avvolta in una coperta di lino bianca che impedisce all’aria della sera di farle prendere freddo. Ha le labbra screpolate, una ferita su quella inferiore che sembra provocata da un morso, i capelli spettinati e attaccati alla fronte sudata. Dag le sussurra qualcosa a bassa voce mentre le pulisce il viso con un pezzo di tessuto imbevuto d’acqua, ma lei non sembra reagire: tiene gli occhi bassi, e lo sguardo spento che rivolge al suo ventre vuoto gli provoca un brivido lungo la spina dorsale.

Dag incrocia il suo sguardo e li lascia soli. Sfiora la mano di Capable con una carezza e se ne va, dando a Nux la possibilità di correre al fianco della ragazza e prendere l’altra mano per portarsela alle labbra. Bacia ogni dito e solo allora le lacrime iniziano a scorrere e a bagnare le guance, il mento, la bocca. Anche Capable piange sotto il suo tocco e gli tende le braccia perché lui la stringa, e Nux non può far altro che accontentarla, affondare la testa nella sua spalla e piangere assieme a lei altre lacrime silenziose, soffocando i singhiozzi nella speranza che non se ne accorga. Restano fermi per un po’ senza dire nulla, mentre la notte avanza e fa cambiare colore alla loro pelle, e in lontananza le voci e i sussurri si inseguono, diventano sempre più sommessi.

“Mi dispiace…” mormora Capable contro l’incavo del collo, e un altro singhiozzo la scuote, una ventata portata dalla tempesta. Continua a sussurrarlo in una sorta di preghiera, come se scusarsi fosse l’unico modo di riportare indietro il tempo e far rivivere il loro bambino, anche se non ha fatto nulla di male, anche se nessuno ha colpa di quel che è successo. Nux scuote la testa e la tiene ancora stretta, le bacia i capelli accarezzandola per farla smettere, per calmarla come lei placava i suoi incubi notturni mesi prima. Ti amo, le sussurra di rimando in un orecchio, perché è l’unica parola che può servirle da conforto in quel momento. Ti amo.

“Sono qui con te. Sono qui per te.”

Capable cede ai suoi baci e si addormenta poco dopo. Si addormentano entrambi, avvolti dal lenzuolo di lino che la protegge dal freddo, e il loro è un sonno sfinito e senza sogni.
 
 
 

Trascorrono le lune, e i giorni con loro. La vita riprende: Capable lo sveglia ogni mattina, lavora assieme alle altre ragazze, accarezza la testa di Kala che non smette mai di scoprire qualche novità e segue le donne come un cagnolino entusiasta. Nux la sente ridere e il suo cuore si risolleva, almeno per un po’.

La sera torna a casa con i capelli pieni di sabbia e un sorriso irresistibile, e gli racconta tutte le storie che ha raccolto durante la giornata. Lui la abbraccia per salutarla, poi le appoggia la testa in grembo e ascolta ogni parola disteso accanto a lei, si gode le sue dita che gli sfiorano le guance mentre continua a parlare di tutte le meraviglie che vuole condividere con lui. La sua voce è tornata energica, ogni tanto una punta di malinconia la impregna ma la donna che ama è sempre lì, forte e gentile, piena di bellezza e coraggio. Quando si perde a guardare le sue labbra che si muovono tracciando il contorno delle parole, Capable si ferma per un attimo, interdetta, poi scoppia a ridere. Il suono della sua risata riempie l’aria, fa tremare la luce della candela accesa a poca distanza da loro.

Quando tornano a fare l’amore, con lo stesso trasporto delle prime volte, Nux la sente piangere mentre si muove dentro di lei. La paura di averle fatto male lo congela, ma Capable gli sfiora le labbra con i polpastrelli e lo implora di continuare. Vai, sussurra, ed è un mormorio così delicato che sulle prime si confonde coi rumori della notte.

Ti prego.

Riprende a muoversi, le accarezza le cosce e la schiena, e la sente stringersi con più forza al suo corpo, cingergli i fianchi con le gambe, attirarlo a sé quasi con disperazione. Chiama il suo nome con voce roca, ansimando, e accoglie il suo seme come ha fatto la prima volta, tremando, sperando in qualcosa che ha paura di definire con le parole.
Si addormentano abbracciati come ogni notte. Nux inspira il profumo dei suoi capelli, gioca con una piccola ciocca che sfugge di lato e pensa che, tra tutte le fortune che la sua emi-vita gli ha concesso, quella di tornare sano e salvo dalla Fury Road e ritrovare Capable è la migliore.

Quando altre due lune saltano e il suo sangue mensile si ferma, Nux si permette di sperare ancora.

Questa volta non si concentra su di altro che non siano Capable e il bambino: se in passato sono stati i dubbi e una speranza flebile a guidarlo, questa volta non commetterà lo stesso errore. Le altre ragazze devono pensarla allo stesso modo, perché non la lasciano un attimo e la circondano di tutto il loro affetto, nonostante Capable si ostini ad arrabbiarsi come per la prima gravidanza e a ripetere che ce la può fare benissimo, che al parto manca ancora tanto e non c’è veramente bisogno di preoccuparsi tanto.

Le piace trascorrere del tempo con i bambini, circondata da quelli che una volta erano Cuccioli di Guerra e che ora sono semplicemente piccole creature che le si affollano intorno, felici delle sue attenzioni e desiderosi di ascoltare altri racconti sul Mondo che Una Volta Esisteva.

Con l’aiuto di Furiosa hanno stabilito una sorta di scuola, e pian piano ha assunto il ruolo che una volta era stato di Miss Giddy: tramanda e spiega, racconta perché la memoria non sia scritta sulla sabbia, ma passata di persona in persona. Accarezza la testa dei bambini che le fanno domande, permette loro di toccarle la pancia e spiega cosa sta facendo suo figlio lì dentro, o almeno prova a mettere insieme una spiegazione grazie a quello che le è stato detto in passato. Nux la guarda in un angolo, senza intervenire, e sorride nel vederla ridere e abbracciare i suoi studenti. Se lei è felice, se si sente sollevata, allora può esserlo anche lui.

Le lune passano, il sole sorge e tramonta. Quando arriva il momento del parto, le stringe la mano per farle capire che non può, non deve abbandonarla.
Questa volta nessuno prova a respingerlo, né Dag né Furiosa, né l’anziana che già una volta ha assistito le donne: lo lasciano inginocchiarsi ai piedi di Capable per tenerle la mano mentre i dolori le contraggono i lineamenti, la fanno gridare e spingere con tutte le sue forze. Di nuovo si sente teso, disperato come la prima volta, ma l’idea di poterle stare accanto e aiutarla nell’unico modo possibile pompa con violenza l’adrenalina attraverso le sue vene.  
Le ragazze la incoraggiano, le rinfrescano il viso con l’acqua, Dag prega come ha fatto durante quel giorno che sembra appartenere ad una vita passata, quando fuggivano a bordo della blindocisterna… anche in quel momento sembrava inutile guardare avanti, eppure lei non si è mai arresa. Nux le bacia le nocche e il palmo della mano sussurrando qualcosa, parole disordinate che non hanno senso se non per loro.

Capable chiude gli occhi, getta la testa all’indietro e negli ultimi spasimi tutto finisce: è la donna anziana a raccogliere il bambino tra le sue gambe tagliando il cordone, ma dal suo corpicino non viene alcun suono.

Dag impreca e dà un pugno alla roccia, così forte da rompersi quasi un dito, così forte che Kala e Cheedo dovranno medicarla spesso durante i giorni a seguire. Furiosa scuote di nuovo la testa, rassegnata, digrignando i denti, e Nux corre fuori senza nemmeno guardarle, solleva la sabbia attorno ai piedi e si prende di nuovo la testa tra le mani perché ha sperato troppo stavolta, o forse ancora troppo poco, cosa cambia in fondo: loro figlio è di nuovo lì, inerme, sporco di sangue e silenzioso. Morto, come suo fratello un anno prima. Integro e sano solo all’apparenza, privo di vita come una piantina che non ha fatto in tempo a mettere radici.

Morto.

Cosa può fare? Come può impedirlo, come può distruggere quella ruota che segue sempre lo stesso percorso e che nemmeno li guarda mentre calpesta le loro esistenze?
Cade in ginocchio e per un attimo si vergogna di essere scappato lì, ad affrontare da solo il suo dolore. Capable ha bisogno di lui, come la prima volta.

Di nuovo, non c’è bisogno di parole tra loro: non ha imparato termini che possano aiutarlo in una situazione simile, e forse nemmeno esistono. Si limita a stringerla forte, finché non la sente rilassarsi, diventare sempre più piccola e fragile tra le sue braccia. Sono due creature fragili che si sostengono, due piante che intrecciano le foglie per darsi forza.

 
☽○ ☾●
 


Il tempo ci aiuta, ripeteva sempre Miss Giddy alle ragazze. Non possiamo vederlo, ma restituisce tanto quanto prende. È un buon insegnante… richiede solo pazienza, per sopportare i cambiamenti a cui fa da guida.
È tutto ciò che abbiamo, ormai. Il tempo. Che scorre e cammina, che fa finire le cose e iniziarne delle nuove. Contate per scandirlo. Lasciate che vi attraversi.

Uno, due, tre, quattro, sussurrava una ragazza dai capelli rossi, cercando di non vedere l’uomo sopra di lei, portando la sua mente su altre immagini lontane, quasi felici. Cinque, sei… otto. Sette. No, sette, otto, nove. Il tempo. Lascio che mi attraversi. Puoi pensare di possedermi, ma non avrai altro che il mio corpo.

Una volta il caldo finiva, e la Terra si metteva a dormire. Lo chiamavano inverno.

Nove, dieci…

Nux ha imparato molto da lei, anche se non l’ha mai conosciuta: a Capable piace ripetere i suoi insegnamenti, regalarglieli come la parte più preziosa della sua dote. Distesi sul loro letto di coperte soffici, accarezzati dalla luce irregolare delle candele che hanno costruito durante i mesi, gli accarezza le labbra con la punta del dito, sfiora quelle cicatrici in rilievo che tanto ama e sorride ogni volta che un brivido gli scuote la pelle come una piccola onda. È la loro scuola privata, di giorno con i bambini, di notte nella loro stanza, protetti dal fragore del mondo che muta. Solo tra quelle mura Nux sente di poterle rivelare quello che prova, e sa che per Capable è lo stesso.

Non hanno più parlato di quello che è accaduto, come se esistesse una sorta di tacito accordo per spostare quegli eventi dai fatti ai ricordi: la vita è ripartita di nuovo, hanno ripreso a sorridere, a fare l’amore, cercando di rimettere insieme i pezzi di quanto rotto in passato. Furiosa ha seppellito entrambi i bambini in una bella zona, non lontana dal luogo dove l’acqua viene distribuita e la terra del deserto si fa più morbida, più facile da scavare. C’è ombra, e possono andare a visitarli quante volte vogliono. Kala ha scelto due piccole pietre per segnare il punto, ci ha dipinto su la pianta desertica da cui prende il suo nome. Kalanchoe! grida Dag quando vuole sgridarla, e lei ridacchia come un animale dispettoso e si nasconde.
 Dopo aver visitato quelle tombe così piccole, Nux si siede a guardare l’orizzonte, e riflette. Forse è davvero solo una questione di tempo, qualunque cosa voglia significare quella frase. Dovrà aspettare che la tristezza smetta di mordere i loro cuori, assecondare il ritmo dei venti che soffiano, delle lune e dei soli che si susseguono. Il sangue di Capable non ha più saltato cicli, eppure si chiede se abbia senso sperare che lo faccia, che una nuova vita provi a rimettere radici in lei, testarda come solo l’umanità sa esserlo. Forse non ha senso inseguire un miracolo che non può avvenire, ma non è comunque giusto perdere del tutto la speranza. Sperare che il mondo migliori. Che possa diventare altro, che siano loro gli artefici del suo cambiamento, di una rinascita.

Il vento gli porta una carezza strana, voci che non sa ancora interpretare. Sorride. Se è ancora vivo, se le febbri notturne non hanno scavato di più dentro di lui per consumarlo lentamente, significa che i miracoli non sono poi così lontani dalla realtà.
Una sera vede Capable seduta fuori dalla soglia della scuola improvvisata, a giocare con uno dei bambini. Gli altri se ne sono già andati tutti: alcuni hanno i loro genitori, altri vivono liberi come creature senza una casa né una famiglia; lui deve essere uno di quelli. Pochi ciuffi di capelli biondi gli sono cresciuti sulla testa, e quando Nux si avvicina gli rivolge un sorriso sdentato ed eloquente. Gli ricorda così tanto se stesso da fargli contrarre lo stomaco come se avesse ricevuto un pugno, e Capable deve essersene accorta, perché per parecchie ore rimane lì seduta, a scherzare e raccontare, a spettinargli i capelli e fargli i complimenti perché non manca mai ad una lezione ed è sempre seduto davanti agli altri. Il bambino ride, lei ride con lui, finché l’aria della notte non si riempie di quel suono e le stelle sembrano tremare.

Giorno dopo giorno, stringono un legame. E la sera, prima di ritirarsi a dormire con il suo Ragazzo di Guerra, Capable gli posa un bacio sui capelli e lo abbraccia forte, per promettergli che torneranno a giocare insieme e a imparare, a scrivere nuove pagine della cronaca del mondo che vuole lasciargli in eredità.

Anche i capelli di Nux stanno crescendo: a dispetto della sua salute, qualche piccola ciocca castana si fa strada sulla sua testa, spunta ribelle come quegli arbusti che strisciano sulle rocce nude della Cittadella. Capable ride e prova a sistemargliele dietro le orecchie senza successo, poi si arrabbia e gli butta le braccia al collo, e rotolano sulla sabbia finché non si riempiono di granelli e ne hanno i vestiti e le sopracciglia pieni. Lo bacia come non l’ha mai baciato, piena di riconoscenza e d’amore, di una felicità così intensa da scuoterlo da capo a piedi, e tutti i frammenti staccati delle loro esistenze sembrano tornare al loro posto.

Anche il bambino prova a sistemare i capelli di Nux in modo ordinato, e mentre gli passa le dita tra le ciocche canta una melodia che gli ha insegnato Capable con una vocina chiara e limpida. Ci mettono entrambi del tempo ad abituarsi l’uno all’altro, ma quando la prima diffidenza passa è come se si conoscessero da anni. Come se la loro piccola famiglia fosse sempre esistita, ed è quello il più bel traguardo che possano raggiungere.
Forse è solo questione di tempo, pensa Nux di notte, disteso con Capable sotto le stelle, il corpo nudo della ragazza che riscalda il suo e lo riempie di vita. Hanno imparato che l’amore scava la stessa strada delle radici, si infiltra piano e si allarga, ed è così forte da precedere qualunque altro istinto. Hanno imparato che è possibile ricostruire dove esisteva solo l’aridità della distruzione, che le parole non muoiono mai, piuttosto dormono per rinforzarsi, e poi tornano fuori. Hanno imparato tanto, e ci sono ancora lezioni ad aspettarli, altre parole, frasi che possono scrivere sulle cronache del mondo mentre vivono.

Le sfiora i capelli con un bacio, attento a non svegliarla.
 
“C’era un tempo in cui il mondo era verde…”

Vale la pena di sperare ancora. Anche solo di vederla sorridere insieme ai bambini, piena di una gioia che è difficile definire a parole.





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Questa storia è rimasta nascosta per un bel po' nei meandri del mio computer, finchè non mi sono decisa ad aggiornare un po' il mio archivio di fanfiction e a pubblicarla. 
Fury Road è uno dei miei film preferiti in assoluto, uno di quei capolavori che, dopo averli visti la prima volta, ti restano dentro fino a diventare una parte di te. Ho adorato visceralmente la storia delle Mogli, e in particolare quel rapporto miracoloso e fragile che lega Nux e Capable, portando entrambi verso una nuova vita. E se quella nuova vita avesse preso una svolta diversa? Se Nux non fosse morto? Da queste due domande è partita l'idea per questa storia, che spero vi sia piaciuta quanto ho adorato scriverla. 

Il ringraziamento finale va sempre alla mia Capable, Ailisea, che ha amato questa storia fin dalle prime sillabe, come ogni altra.
Rey



 
   
 
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