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Autore: echois    12/07/2019    0 recensioni
Dopo essere riuscito a organizzare un fortunato appuntamento per uno dei suoi migliori amici, Georg, ben presto si diffonde la voce che Bill sia diventato un organizzatore di incontri (ma c'è anche la versione che lo definisce organizzatore di scopate). Ma così impegnato a trovare per gli altri il vero amore, riuscirà a trovare il suo oppure dovranno intervenire i suoi migliori amici, Georg e Gustav?
[TomxBill]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Tom Kaulitz
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: Incest
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Capitolo 6.
Il primo appuntamento.
 
 
 
 
 
 
I giorni passarono lentamente dopo lo spiacevole incontro che Bill, Georg e Gustav avevano avuto con una folla inferocita e arrapata. L’organizzatore d’incontri avrebbe dovuto probabilmente smettere di fare quel tipo di lavoro, diventare un monaco buddista, ritirarsi in contemplazione e chiudersi in un silenzio religioso, ma si era reso conto che cercare l’amore per gli altri gli impediva di pensare al suo, ancora inesistente. Aveva dunque stabilito nuove regole con i suoi clienti: andava bene affissare recensioni sulla bacheca, ma in nessun caso avrebbero dovuto toccare o circondare Bill come avevano fatto la scorsa volta. Se avessero voluto parlare con lui direttamente, avrebbero dovuto accordarsi tra di loro e presentarsi uno alla volta, altrimenti il ragazzo non avrebbe ascoltato nessuno. Si era così creato un gruppo su Whatsapp per mettersi d’accordo sull’ora e sul giorno, gruppo in cui era stato ovviamente incluso anche Bill, il quale era uscito dopo essere rimasto scandalizzato per la mole di battutine vergognose e indecenti che quei ragazzi scrivevano.
 
Bill era davvero contento di aver imposto delle regole, perché nessuno lo assaliva più. Era vero, la bacheca continuava a riempirsi di bigliettini che avevano al centro degli stessi il tema delle grandi scopate, ma a lui non importava granché. Da qualche giorno era comparso un bigliettino, l’unico fino a quel momento, che recava due stelle su cinque: il ragazzo in questione aveva rimediato, grazie a Bill, un appuntamento con questa ragazza, salvo poi accorgersi che a lei piacevano tutti fuorché gli uomini. I due avevano dunque passato la serata a commentare le cameriere carine e lei era riuscita addirittura a ottenere da una di queste il numero di telefono. Inutile dire che il ragazzo era venuto a lamentarsi con Bill per come era andato l’appuntamento e l’organizzatore si era preso tutta la colpa: avrebbe dovuto immaginarlo che a lei piacevano le donne quando gli aveva detto che la sua autrice preferita era Saffo.
 
Era l’ora di ricreazione e come al solito i tre amici erano fuori a godersi il sole. Marzo era passato ed era giunto aprile; il sole era dunque un po’ più caldo, sebbene in quei giorni avesse comunque piovuto.
 
Bill rollò la sigaretta e leccò la cartina, la chiuse e poi la posizionò tra le labbra. Si tastò le tasche alla ricerca dell’accendino e quando lo trovò accese la sigaretta, aspirò profondamente. Non aveva fatto nessuna pausa per la sigaretta tra una lezione e l’altra, quindi non era che la seconda della mattinata e solo Dio sapeva quanto l’avesse desiderata.
 
“Quando stamattina sono entrato a scuola ho visto che la bacheca riservata a Bill era piena di bigliettini, al punto che alcuni sono caduti” raccontò Gustav mentre gesticolava freneticamente, la sigaretta, accesa, era tra il suo indice e il medio. “Tra quanto dovremmo comprare una nuova bacheca, secondo voi?”
 
“Non molto” disse Bill, la sua voce non arrivò chiara, avendo tra le labbra la sigaretta.
 
“Il tuo lavoro di organizzatori d’incontri sta andando alla grande, Bill!” si complimentò  con lui Georg. Era da tanto che il suo collo non presentava succhiotti: questo non perché l’amico avesse rotto con Jilian, ma perché non voleva che i suoi genitori sapessero di loro – in fondo, stavano insieme da poco e Georg non era solito parlare delle sue relazioni con i suoi genitori. “Il prossimo passo è trovare una donna per Gustav” Gustav diede una gomitata all’amico seduto sulle scale di emergenza accanto a lui.
 
“Il prossimo passo non è trovare una donna per Gustav” disse Bill e scosse il capo, salì le scale e si andò a sedere sul gradino successivo a quello degli amici, tra di loro. “Il prossimo passo è trovare un uomo per me”
 
“Oh, Billy” lo canzonò Georg, chiamandolo col soprannome con il quale solo la madre lo chiamava. “Ti manca avere qualcuno da stringere la notte quando fuori è buio e impazza una tempesta?”
 
“Sì” ammise tranquillamente Bill e quest’ammissione sconvolse i ragazzi: si aspettavano che il ragazzo facesse l’ironico come al solito oppure, nel peggiore dei casi, schiaffeggiasse Georg, ma ciò non avvenne. Alla faccia leggermente scandalizzata dei ragazzi, Bill fece spallucce. “Cioè, sapete quanta paura ho dei temporali”
 
“Bill, ti senti davvero così solo?” gli chiese Gustav, ma questa volta non stavano scherzando.
 
“Insomma, ci sono una serie di sensazioni che provo, molte delle quali indistinguibili, ma in poche parole sì, mi sento solo. Non fraintendetemi, sto bene con me stesso, non potrei amarmi di più, ma sento che se ci fosse qualcun altro la mia vita, il mio umore e il mio carattere sarebbero meno tetri” disse il moro, si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “E poi ho una disperata voglia di fare sesso e vedere tutte queste recensioni sulla mia abilità di organizzatore di scopate non mi fa affatto bene!”
 
I suoi due amici si scambiarono un’occhiata loquace. “Bill” lo chiamò Georg e gli prese la mano.
 
“Non toccarmi, brutto scimmione analfabeta”
 
“È ora che io ricambi il favore e che ti organizzi un appuntamento al buio”
 
“Oh no!” esclamò Bill e strabuzzò gli occhi. “Non tu! Tu hai una capacità di giudizio pari a quella di una mosca che va nella tela del ragno”
 
“Non preoccuparti, Bill, lo affianco io” cercò di calmarlo Gustav.
 
“Questo è peggio! Oh, Dio, vorrei non avere mai parlato” Bill si coprì il viso con le mani, non sapeva ancora cosa i due amici avessero in serbo per lui.
 
 
*
 
 
Era il giorno del suo appuntamento al buio e Bill aveva appena salutato i suoi due amici, i quali erano venuti, senza l’invito di nessuno, a casa sua per prepararlo per bene al suo imminente appuntamento. Questo voleva dire che il ragazzo si era dovuto preparare con le irritanti voci dei suoi migliori amici nelle orecchie e solo Dio sapeva quante volte fosse stato vicino ad ucciderli entrambi. L’unica cosa che l’aveva fermato era il pensiero di finire in prigione: la prigione non era nel suo stile, c’erano davvero troppi brutti ceffi perché lui si potesse adeguare.
 
Georg e Gustav non avevano fatto altro che ripetere ciò che Bill diceva loro prima di ogni appuntamento, parola per parola, senza cambiare nemmeno una virgola: gli avevano detto che non doveva baciarlo al primo appuntamento, né tantomeno farci sesso, inoltre gli avevano fatto una lista sulla quale avevano scritto alcuni spunti di conversazione nel caso questa fosse scemata. Bill era propenso a buttarla – qualsiasi cosa prodotta dall’unione delle menti di Georg e Gustav era sicuramente una bruttissima idea – ma alla fine la tenne, perché una delle cose che odiava durante un primo appuntamento era rimanere senza nulla da dire.
 
Quando si era posizionato di fronte lo specchio, vide la sua pelle più liscia del solito, oltre che estremamente pallida. Era da un po’ di tempo – circa due settimane – che aveva smesso di truccarsi. Di solito lo faceva anche a prima mattina prima di andare a scuola, ma in quel periodo aveva preferito mettersi al massimo solo il mascara. Era una cosa rara per Bill farsi vedere senza trucco, ma c’era qualcosa – anzi, sarebbe meglio dire che non c’era niente che lo spingeva a truccarsi. “Mio Dio,” aveva pensato. “Davvero non avere nessuno accanto a me può cambiare il mio carattere così tanto?”. Si disse che probabilmente l’unica ragione per non truccarsi era che era molto impegnato in quel periodo, si svegliava tardi e non aveva tempo di farlo. Mentre Georg parlava e straparlava – anche se spesso si soffermava a parlare di come fosse andato qualche appuntamento che aveva avuto – si era fatto un make-up completo. Solamente dopo aver messo primer, correttore, fondotinta, ombretto, eyeliner e mascara si sentì di nuovo se stesso.
 
Uscì di casa verso le nove e un quarto, nonostante l’appuntamento fosse alle nove – d’altronde, le signore dovevano farsi un po’ attendere, no? – e si avviò al luogo che Georg e Gustav gli avevano indicato: era un ristorante ottimo, l’ambiente, poi, era fantastico e Bill si chiese chi – se loro o se l’uomo ignoto – l’avesse scelto. Entrò nel ristorante e chiese al cameriere la posizione del tavolo, quello gliela indicò. Era pronto a dire la tipica battuta da manuale, “È tanto che aspetti?”, quando, arrivato al tavolo, s’immobilizzò.
 
“Oh mio Dio” disse e aprì la sua borsa, cercò qualcosa al suo interno.
 
“Cosa stai facendo?” gli chiese il ragazzo seduto al tavolo, lo guardò corrugando la fronte.
 
“Sto cercando il mio telefono”
 
“Per fare cosa?”
 
“Per accertarmi che oggi non sia venerdì!” esclamò quando finalmente trovò il telefono, lo aprì e diede un’occhiata al calendario, strabuzzò gli occhi: era martedì. “Io uccido quei due!” esclamò gettando il telefono nella borsa. “Io mi fidavo di loro e loro cosa fanno? Mi fanno uno scherzo! Questo è molto imbarazzante, rimangio tutto ciò che ho detto sulla prigione e sui brutti ceffi. Li uccido, giuro che lo faccio.  Tanto conosco i loro indirizzi e le loro mamme mi reputano abbastanza affidabile: mi farebbero entrare subito. Sarebbe troppo facile, oh, come sarebbe facile, per me, strangolare quei due! Dovrei ucciderli con le mie mani? Un coltello, una pistola? Non importa, ci penserò mentre li raggiungo. Il primo sarà Georg, lo prendo per i piedi, lo trascino fuori dal letto e—”
 
“Bill” lo chiamò Tom e sorrise. Per la serata aveva indossato qualcosa che normalmente non avrebbe mai indossato e se lo aveva fatto era perché Georg gli aveva fatto il lavaggio del cervello: indossava una camicia bianca, le cui maniche aveva arrotolato quasi fino ai gomiti, e dei pantaloni eleganti neri. Non c’era stato verso di fargli indossare né una cravatta né una giacca, non importava quanto Gustav gli promettesse che avrebbe fatto sicuramente colpo sul loro amico. Tom, comunque, guardandosi allo specchio dopo aver raccolto i suoi dread in un’ordinata coda alta, pensava che fosse elegante – e in un certo senso più vicino al suo stile – anche così. “Accomodati. Aspetta, mi hanno detto qualcosa riguardo a questo” Tom si alzò e allontanò la sedia che avrebbe dovuto occupare Bill, quest’ultimo lo guardò in malo modo prima di sedersi. Il rasta ritornò al suo posto, felice di aver fatto la cosa giusta – almeno per questo ringraziò Georg e Gustav, che avevano invaso casa sua prima di invadere quella di Bill.
 
Bill sospirò. “Va bene, è uno scherzo di pessimo gusto, ma poteva andarmi molto peggio” disse e prese il menù sul tavolo, iniziò a consultarlo.
 
“Peggio di me? Impossibile” disse Tom e sorrise vedendolo tutto imbronciato: era davvero convinto che quello fosse uno scherzo! Allora era vero che non sospettava che Tom avesse una cotta per lui, Georg e Gustav non mentivano. D’altronde nemmeno loro due avevano  avuto il benché minimo sospetto: Tom era bravo a nascondere i suoi sentimenti.
 
“No, conoscendo quei due non è impossibile! Georg ultimamente ha stretto amicizia con—” Alzò lo sguardo e lo puntò su un Tom sorridente e felice di essere al suo primo e vero appuntamento con Bill, ma questo non notò che fosse sinceramente felice, pensava che si stesse divertendo a prenderlo in giro come al solito. “Forse non posso dirti con chi ha stretto amicizia”
 
“È un qualche tipo di segreto?”
 
“No, non è un segreto, è che non so se tu hai contatti con la polizia, non vorrei che Georg venisse sbattuto in cella” disse Bill ritornando a sfogliare il menù, poi si fermò quando si rese conto che c’era la possibilità che Georg, e non lui, andasse in carcere, quindi sorrise. “Georg può venire sbattuto in cella! Benissimo, allora canto come un uccellino. Georg ha stretto amicizia con uno spacciatore da cui compra illegalmente pasticche di marijuana”
 
“Esistono anche le pasticche di marijuana?” esclamò Tom inarcando le sopracciglia, Bill corrugò la fronte.
 
“Cosa? Anche tu sei un drogato?”
 
“Bill—”
 
“Ma Tom!” esclamò e buttò il menù sul tavolo. “Tu aspetti i diciott’anni per bere e poi t’inietti marijuana in vena?”
 
“Hai un po’ le idee confuse”
 
“No, non ho per niente le idee confuse! Oddio, quel drogato di Georg mi ha fatto uno scherzo e mi ha organizzato una cena con un altro drogato!” Tom doveva aver capito che Bill stava per iniziare un nuovo monologo in cui fantasticava su come uccidere i suoi migliori amici, ma lui stava cercando di puntare meno su un soliloquio e più su una conversazione, quindi intervenne prontamente.
 
“Bill, a proposito di questo, ehm, appuntamento” disse e Bill lo guardò, più stupito del fatto che lo avesse interrotto che del resto. “Come avrai notato è martedì, dunque—” Tom si bloccò per un momento, cercò di evitare lo sguardo di Bill che bruciava sulla sua pelle. “Non è uno scherzo”
 
“Cosa?” chiese di ripetere, ma aveva capito benissimo. “È un reale appuntamento?” Tom annuì, Bill corrugò la fronte. “Perché con te?”
 
“Non ne ho idea, ma—” Il rasta si fermò nuovamente, sembrava che quella sera tutto il suo coraggio fosse volato via. Non sapeva nemmeno lui come avesse avuto la fortuna di avere un appuntamento con Bill. Qualche giorno prima aveva incontrato Georg e Gustav che vagavano come anime in pena per tutta la scuola, aveva chiesto loro quale fosse il problema e i due gli avevano risposto che stavano ricercando un appuntamento per Bill ma che non sapevano da dove iniziare a cercare. Tom aveva subito colto la palla al balzo e si era proposto, i ragazzi erano scoppiati rumorosamente a ridere perché pensavano che il rasta stesse proponendo loro di fare un nuovo scherzo al loro amico. Gustav, infatti, fu il primo a recuperare il fiato e a dirgli che almeno per questa volta dovevano essere seri, altrimenti davvero Bill avrebbe interrotto qualsiasi tipo di rapporto con loro. C’era voluto molto – qualcosa come due sedute testa a testa e un gran numero di domande – prima  che Gustav capisse che Tom era innamorato di Bill e lo potesse dunque spiegare anche a Georg. “Fino ad ora c’è stata un’atmosfera che non ti è piaciuta?”
 
“No” ammise sinceramente Bill, Tom sorrise.
 
“Bene, allora possiamo proseguire” disse il ragazzo, il moro non fece una piega. Ancora non aveva capito da chi fosse venuta la decisione di organizzare un appuntamento con Tom; quest’ultimo si stava comportando in maniera parecchio bizzarra per lui, non facilitando affatto il suo compito di comprendere.
 
“Va bene” sussurrò il ragazzo.
 
“Ma, Bill, se non vuoi rimanere puoi andare: non me la prenderò affatto. Anzi, me la prenderei di più se tu rimanessi qui senza volerlo”
 
“No, voglio rimanere. Ci sono alcune cose che devo ancora capire” ammise Bill, poi prese la borsa e cacciò il foglio che gli avevano dato Georg e Gustav, cercò di decifrare la loro scrittura disordinata.
 
“Cos’è quel foglio?” chiese il ragazzo, inclinò il capo per cercare di leggere ma non ci riuscì.
 
“Consigli di Georg e Gustav. So che non dovrei seguirli, ma a quanto pare la conversazione sta scemando” disse e finalmente riuscì a decifrare una delle venti domande che i suoi due amici avevano scritto, esattamente la numero tredici. “Che genere di film guardi?”
 
“Horror” rispose Tom, Bill alzò lo sguardo su di lui con le sopracciglia inarcate.
 
“Tom, dovresti argomentare la tua risposta! Come facciamo ad avere una vera conversazione se tu mi rispondi così?”
 
Tom scoppiò a ridere. “Okay, scusami, colpa mia” Si schiarì la voce e sorrise. “Di solito guardo gli horror, perché mi piace—uhm, non so, spaventarmi? Vedere sangue? Gente morire?” Bill sospirò, il ragazzo era pessimo a mantenere una conversazione viva. “Posso farti io una domanda?”
 
“Certo. Vuoi sapere che tipo di musica ascolto?”
 
“No, non m’importa”
 
“Ehi! Stai perdendo punti”
 
“Merda, Georg mi aveva avvisato che c’erano dei punti” sussurrò e Bill inarcò le sopracciglia: a quanto sembrava c’erano molte più cose che non sapeva di quanto pensasse inizialmente. “Perché mi odi?”
 
“Questa ti sembra una domanda per fare conversazione?” chiese il ragazzo. Il cameriere giunse al loro tavolo chiedendo se fossero pronti per ordinare, i due diedero le loro ordinazioni e il ragazzo riprese i menù, informò loro che i loro ordini sarebbero arrivati presto.
 
“Sì, mi sembra una domanda per fare conversazione” replicò Tom riprendendo la conversazione interrotta; agli occhi del moro sembrava più polemico del normale.
 
Bill si sistemò sulla sedia, si schiarì la voce e poi sospirò. Abbassò brevemente lo sguardo e scosse il capo. “Va bene, te lo dirò. Mi stai obbligando a far riemergere un orribile ricordo che avevo tentato disperatamente di cancellare, un ricordo orribile che fino a poco tempo fa m’impediva di dormire la notte, ma va bene, se questo è quello che vuoi, te lo dirò” disse tenendo lo sguardo basso, Tom ritrovò la regina del melodrammatico che conosceva.
 
“Scommetto che è una faccenda meno seria di quanto tu pensi” disse il ragazzo e sorrise, perché sapeva che Bill si aspettava che  lui rispondesse in un altro modo, magari rimangiandosi la domanda. Un’altra ragione per cui sorrideva era che quando era con lui si divertiva sempre, in un modo o nell’altro.
 
“D’accordo” disse il ragazzo e sospirò, finalmente lo guardò negli occhi, a metà tra il pavido e l’impavido.  “Quando eravamo all’asilo mia madre mi comprò una bellissima macchinina giocattolo. Era stupenda: era rosso brillante e aveva una fiamma disegnata su entrambe le portiere, inoltre grazie alle sue ruote potevo farla camminare. Ero così felice della mia macchinina, al punto che la portai all’asilo per farla vedere ai miei nuovi amici: non sapevo di aver commesso l’errore più grande della mia vita! Tu!” Lo indicò, Tom sussultò: doveva ammettere che Bill era proprio bravo a indossare i panni della regina del melodrammatico, era entrato nel vivo della storia. “Tu, brutta carpa di acqua dolce, tu me l’hai rubata! Hai sottratto a un bambino la sua unica gioia! Da quel momento non sorrido più”
 
Il rasta scoppiò a ridere gettando la testa all’indietro, sembrava un bambino spensierato, quello stesso bambino che Bill non era più riuscito a essere dopo quel furto. “Questo ti ha spinto a odiarmi per tutti questi anni?” gli chiese quando ebbe finito di ridere.
 
“Sì” sbuffò Bill, incrociò le braccia. “Forse sei troppo insensibile per capirlo, ma ha avuto delle ripercussioni sulla mia capacità di fidarmi degli altri”
 
“Oh, Bill, mi dispiace così tanto. Sono davvero realmente dispiaciuto” Il ragazzo si mise una mano sul cuore, sarebbero sembrate scuse sincere se non avesse avuto un sorriso sulle labbra.
 
“Le tue scuse non faranno nulla: è come mettere un cerotto sul buco provocato da una pistola. Inoltre non credo siano sincere”
 
“Allora ascolta,” iniziò Tom e poi s’interruppe, gli vennero in mente tutti gli avvertimenti che Georg e Gustav gli avevano fatto in precedenza. I loro consigli, però, si adattavano bene a due persone che non avevano mai avuto un appuntamento, ma lui e Bill si conoscevano da anni ed erano già usciti insieme in precedenza: valevano lo stesso? La voce di Bill risuonò improvvisamente nella sua mente: “Tutto ciò che esce dalla mente di Georg e Gustav è una pessima idea”. Decise, dunque, di seguire il suo istinto. “Non ricordo bene, ma dovrei avere ancora quella macchinina rossa in camera. Se vuoi, dopo cena andiamo a prenderla, così magari cancelliamo quest’odio secolare”
 
Bill inarcò le sopracciglia e poi corrugò la fronte. Cosa stava cercando di fare Tom? Lo aveva appena invitato a casa sua al loro primo ufficiale appuntamento! Ma cosa aveva intenzione di fare? Scoparlo? Oh, Dio, Bill sperava di sì. Quest’ultimo pensiero fu immediatamente cancellato, al punto che il moro non ebbe il tempo di formularlo. Ma anche se Tom avesse avuto quest’intenzione, ma come osava pensare che Bill fosse così sciacquetta da concedersi al primo appuntamento? Bill lo guardò a lungo, inclinò il capo.
   
 
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