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Autore: DolceZeref    13/07/2019    2 recensioni
Ed eccomi su questo fandom con la mia prima storia ad OC! Chi vi parla è un'amante dei Ranger e ha deciso di scriverci una fiction, che si ambienterà ad Almia.
La strada per realizzare il proprio sogno è dura, soprattutto se ci si mettono in mezzo numerose difficoltà, ma insieme ce la si cava sempre. Fra gli anni in Accademia e l'addestramento pratico, riusciranno i nostri giovani eroi a salvare i Pokémon?
Beh, spero di avervi incuriosito, ci vediamo dentro!
Dal prologo:
-Come fai a rilassarti sapendo che presto metteremo piede all'Accademia dei Ranger?!-
...
L'indomani sarebbe stato un nuovo giorno: il primo alla scuola tanto sognata e di una grandiosa avventura, più di quanto pensassero.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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Le radici del male
(Prima parte)
-
Bianco e nero
 
A Mikio i Pokémon non erano mai piaciuti. Non è che li detestasse, ne avesse paura o cose del genere; semplicemente, non li capiva: erano creature dotate di poteri eccezionali, in grado di fare tutto, quindi che bisogno avevano di essere protetti? Nessuno, si diceva. D’altronde potevano benissimo proteggersi da soli, no? Avevano la forza e l’abilità per farlo, giusto? No, evidentemente si sbagliava. C’erano degli individui, che venivano chiamati Ranger, i quali usavano tutte le loro energie per proteggere le persone e i Pokémon e si battevano per tutelare la natura: individui che avevano fatto del loro lavoro una ragione di vita. La sua mamma e il suo papà gli raccontavano sempre che con l’aiuto dei Pokémon riuscivano a risolvere ogni situazione, perfino quella più disperata. Come storie della buonanotte, gli narravano le loro gesta. Erano degli eroi, dei modelli da prendere a esempio, e i suoi genitori avrebbero tanto voluto che lui, un giorno, diventasse uno di loro. A dire la verità, Mikio non capiva nemmeno i Ranger, persone che dedicavano la vita a proteggere creature tanto potenti, però se l’avesse detto alla mamma e al papà sarebbero stati tristi e lui non voleva deluderli in alcun modo. Voleva che la mamma e il papà continuassero a sorridergli.
 
-Mikio, tesoro- lo chiamò una voce.
-Sì, mamma?- Il bambino si girò verso di lei.
La donna si accucciò per essere alla sua altezza. -Perché non vai fuori a giocare con i Pokémon? Oggi è una bella giornata-
Già, che motivi c’erano per non farlo?
-Va bene, mamma- Annuì, incurvando gli angoli della bocca all’insù.
-Bravissimo, tesoro- La donna gli scompigliò i capelli neri, per poi dargli una carezza leggera sulla guancia paffuta.
Il bimbo sorrise, felice di aver ricevuto un complimento, e corse fuori. Come al solito, avrebbe trascorso ore intere a fissare quelle creature tentando di comprenderle invano, ma andava bene così. Le cose sarebbero sempre andate bene così, perché non voleva deludere la sua mamma e il suo papà. Perché non voleva che fossero tristi, bensì che gli sorridessero.
Perché quei grandi occhi azzurri e dorati erano accecati dalla speranza e non vedevano la disperazione.
 
***
 
-Tesoro- Sempre la stessa voce.
-Sì?- Il ragazzino voltò lo sguardo in direzione della madre.
Quest’ultima gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla. -Hai già finito di studiare? Sai bene tutto?-
“No, mamma, a dire il vero oggi non ho nemmeno aperto quel maledetto libro. E non ho la minima intenzione di aprirlo” avrebbe voluto ribattere.
-No, non ancora. Stavo...ecco, pensavo di fare una pausa- rispose invece.
-Oh, tesoro, capisco. Non ti preoccupare, fai bene a staccare ogni tanto. Basta solo che ti ricordi che per poter passare l’esame di ammissione per l’Accademia dei Ranger devi sapere molto bene le cose-
-A questo proposito...- Il giovane Mikio spostò lo sguardo, insicuro.
-Dimmi-
-A questo proposito, ecco, devo...- Prese un respiro profondo e, facendosi coraggio, guardò la madre negli occhi. -...devo per forza fare quell’esame? Cioè, ci sarebbero tante cose che mi piacerebbe fare, a parte diventare un Ranger...- Ok, ce l’aveva fatta. L’aveva chiesto, finalmente. Qualcuno poteva dire al suo cuore che poteva anche smettere di agitarsi tanto?
La donna aumentò leggermente la presa sulla sua spalla, irrigidendosi. -Ma tesoro, non era il tuo sogno?-
“No, era il vostro sogno, non il mio! Era il vostro, tuo e di papà, che da giovani non siete stati capaci di entrare in quella maledetta accademia!” avrebbe voluto replicare.
-Sì, però...se non riuscissi a superarlo...- iniziò a rispondere, venendo subito interrotto.
-Lo so, saresti molto triste. Anche io e tuo padre saremmo molto dispiaciuti, nel caso ciò accadesse. È per questo che devi studiare e impegnarti tanto ogni giorno: così facendo lo passerai sicuramente-
Come al solito, sua madre era molto brava a volgere il discorso dalla sua parte. E, come al solito, vinse la battaglia. Ormai, però, aveva vinto anche quella guerra fatta di parole, frasi e sguardi. Guerra silenziosa, di significati nascosti e cose non dette.
Mikio aveva perso di nuovo, una volta per tutte. In qualche modo riuscì a fare un sorriso tirato. -Hai ragione, mamma. Torno...torno in camera mia-
-Bravo, tesoro- La donna incurvò gli angoli della bocca all’insù, soddisfatta, e allentò la presa sulla spalla del figlio, rilassandosi. Sollevò la mano, con il proposito di dargli una carezza sulla guancia, ma non fece in tempo a compiere il suo intento perché il ragazzino si girò e andò nella sua stanza, chiudendo la porta. Aprì la bocca per chiamarlo, per poi cambiare idea; la sua mano indugiò in aria per qualche istante e cadde lungo il fianco.
Un meccanico gesto d’affetto che non sarebbe mai più arrivato al destinatario, ormai troppo lontano per riceverlo.
 
Mikio entrò nella sua camera chiudendosi la porta alle spalle, come se in quella maniera potesse lasciarsi dietro il resto del mondo; come se, entrando in quella stanza, facesse il suo ingresso in un’altra dimensione. In effetti, era un po’ così: quella era la sua bolla dorata, in cui poteva stare da solo, al riparo da tutto e da tutti.
Appoggiò la schiena alla porta e scivolò piano per terra, portandosi le ginocchia al petto. Una lacrima solcò la sua guancia, ben presto imitata da molte altre. Il ragazzino non tentò nemmeno di fermarle. Strinse le dita in un pugno e fece per colpire la porta, ma si arrestò poco prima di toccarla. Avrebbe voluto sfogare la sua rabbia su qualcosa, qualsiasi cosa, però sapeva che sarebbe stato perfettamente inutile e non gli avrebbe apportato vantaggio alcuno. E lui non sprecava preziose energie per cose inutili e per di più svantaggiose. L’unica cosa che poteva sfogare era il suo dolore, sotto forma di pianto silenzioso e incontrollato. Quella era l’ultima volta in cui provava a chiedere a sua madre di non fare quel maledetto esame di ammissione, di non andare a quell’accademia per Ranger. Non voleva diventare uno di loro, non l’aveva mai desiderato, ma non importava: non importava a nessuno, tantomeno ai suoi genitori, che vedevano in lui, il loro unico figlio, una nuova occasione di realizzare un sogno un tempo infranto. E lui chi era per togliergli quella possibilità? Nessuno. Solo un burattino nelle loro mani, che doveva fare quello che gli dicevano. Una marionetta legata a fili trasparenti ma pesanti come catene, ecco chi era. E una semplice bambola senza volontà non può decidere della sua vita, giusto? Giusto. Mikio si alzò da terra e si asciugò le lacrime che ancora sgorgavano dagli occhi, occhi che ormai si erano ripresi dall’abbagliamento della luce e ora riuscivano a vedere l’ombra. Quella era l’ultima volta in cui aveva cercato di prendere in mano le redini della sua vita. Non ne era stato in grado e doveva pagarne il prezzo: avrebbe studiato ogni giorno, tutto il giorno, e sarebbe diventato il figlio perfetto, quello che i suoi genitori avevano sempre voluto, il Ranger migliore. Non avrebbe più deluso i suoi genitori.
Mai più.
 
***
 
Nel piccolo villaggio, quel giorno, splendeva il sole e il cielo era azzurro. Una piacevole quiete si poteva sentire nell’aria, al contrario che nel cuore di Mikio, sferzato da una tempesta di emozioni in piena regola. Il ragazzo, però, non lasciava trasparire niente di tutto ciò all’esterno, mostrandosi calmo e sorridente come al solito.
 
-Tesoro, non sei felice? Oggi entrerai per la prima volta all’Accademia!- gli ricordò sua madre, come se Mikio non lo sapesse già perfettamente. Come se avesse mai potuto dimenticarlo. Ma giusto, doveva essere contento.
-Quella che hai sempre sognato- aggiunse il padre.
-Ovvio- disse lui con un sorriso. Falso, come al solito. Come ogni cosa che lo riguardava. Non rammentava l’ultima volta in cui aveva espresso un’emozione sincera.
-Io e tuo padre siamo molto orgogliosi di te- “Orgogliosi”, la parola magica. Il marito, di fianco a lei, annuì.
-...grazie-
-Mi raccomando...-
-Sì, lo so, non ti preoccupare: vi terrò al corrente di tutto-
-E...-
-Tranquilla, mamma, mi continuerò ad impegnare per diventare un ottimo Ranger- Gli aveva ripetuto quelle cose miliardi di volte, da quando aveva superato l’esame di ammissione per l’Accademia.
La donna parve imbarazzarsi. -Sì, insomma...a presto, tesoro. Ti vogliamo bene-
-A-anch’io...mamma, papà- rispose il giovane con sorpresa, preso un po’ in contropiede da quelle parole intrise d’affetto inaspettate. Arrugginite.
I genitori abbracciarono il figlio e lui ricambiò con esitazione, come se quei gesti non gli appartenessero. Non più.
Dopo qualche secondo, sciolsero la stretta.
-A presto, tesoro-
-Ciao, Mikio-
-Ciao, mamma. Ciao, papà. Se non avrò troppo da fare, tornerò per le feste- Certo, come no. Nel momento stesso in cui ebbe pronunciato le prime parole, seppe che stava mentendo: sarebbe tornato a casa solo se non avesse avuto ulteriori opzioni.
-Sì, ma soltanto in quel caso, eh. Studiare è importante- Ovviamente. Per loro era meglio che si diplomasse a pieni voti e diventasse un Ranger, piuttosto che tornasse a casa per trascorrere del tempo con la famiglia.
-Lo so. Ora comunque vado, altrimenti arrivo in ritardo-
I genitori annuirono e lo osservarono girarsi ed incamminarsi in direzione dell’Accademia. -Ciao, tesoro!-
-Ciao, mamma! Ciao, papà!- Si voltò per ricambiare il saluto.
I due coniugi continuarono ad agitare in aria la mano e a fare raccomandazioni finché anche l’ultimo ciuffo della chioma nera non fu scomparso, per poi rientrare in casa, senza avere la minima idea di quello che sarebbe successo. Senza sapere a cosa avevano davvero destinato il figlio di cui credevano di conoscere il futuro.
 
Mikio dopo un po’ raggiunse la meta, che poi tanto bramata non era. Affatto. Volse lo sguardo al cancello che delimitava i confini dell’Accademia e sospirò per farsi coraggio. Il suo cuore batteva forte, ma non, come si potrebbe erroneamente pensare, per l’emozione, anzi, tutt’altro: lui in quella scuola non ci sarebbe mai voluto andare, però doveva e quindi l’avrebbe fatto. Fece un passo avanti e varcò la soglia di quel nuovo inizio. Inizio di un’avventura mai desiderata.
 
***
 
-Buongiorno, ragazzi- salutò la professoressa facendo il suo ingresso in classe, il coro di risposta in sottofondo -Vi do il benvenuto all’Accademia dei Ranger! Io sono Anna e per questo primo anno sarò la vostra insegnante. Oggi, però, non faremo lezione: queste ore le useremo per conoscerci un po’ meglio. C’è per caso qualcuno che ha voglia di presentarsi per primo?-
A quel punto, Mikio si girò di tre quarti sulla sedia, un braccio appoggiato sul suo schienale, e guardò a turno quelli che per gli anni successivi sarebbero stati i suoi compagni. Erano cinque, divisi fra ragazze e ragazzi, e lui si prese il tempo di osservarli uno per uno, ascoltando nel mentre le loro brevi presentazioni. Dopo non molto arrivò il suo turno di parlare.
-E tu?- chiese l’insegnante, rivolgendosi a lui.
Mikio si voltò nella sua direzione, ritornando seduto composto. -Io mi chiamo Mikio Shirota e ho tredici anni. Mi impegnerò al massimo per diventare un Ranger-
-Oh! Mi fa piacere che tu sia così determinato. È da tanto che volevi venire all’Accademia?- si interessò Anna.
La temuta domanda, a cui sapeva avrebbe dovuto rispondere con una bugia. Come al solito, d’altronde: ogni cosa di lui era una menzogna. Sorrise, ma il suo era un sorriso di velata tristezza. -Sì, da quando ero piccolo-
-Beh, sono felice che tu ci sia riuscito. E sono sicura che sarai capace di diventare un ottimo Ranger-
Non che avesse la possibilità di scegliere. Doveva divenire un Ranger perfetto, il migliore, altrimenti i suoi genitori sarebbero stati delusi da lui. Senza contare, poi, che, se avesse fallito, chi avrebbe detto a sua madre e suo padre che il loro sogno era stato infranto una seconda vota? -Grazie, professoressa-
Quest’ultima annuì con un sorriso e dopodiché cominciò a spiegare qualcos’altro, che Mikio ascoltò solo distrattamente. Il suo sguardo si perse fuori dalla finestra chiusa, a cui il suo banco, in prima fila, era vicino. Si sentiva proprio come un uccellino imprigionato nella sua gabbia dorata di un futuro già deciso. Il problema vero, però, non erano né le sbarre né il lucchetto, perché, anche se quella gabbia fosse stata aperta, lui non sarebbe uscito da lì: il vero problema era che aveva dimenticato come si volava.
 
***
 
Mikio aprì la porta del dormitorio maschile ed entrò, non prima di aver preso un respiro profondo. Non appena era finita quella prima lezione e la professoressa era uscita dalla classe, lui si era alzato ed era andato fuori. Aveva trascorso l’intero pomeriggio nel terreno esterno all’Accademia, nel punto più lontano possibile da umani e Pokémon, per poter stare in pace, tranquillità e silenzio. Non si sentiva pronto ad avere contatti con i suoi compagni, ma sapeva che non avrebbe potuto evitarli e non parlarci per due anni.
Dentro la stanza si trovavano cinque ragazzi: tre erano suoi compagni di classe, mentre i restanti due non li riconobbe, quindi dovevano essere studenti del secondo anno. Uno dei due, che aveva i capelli violetti e gli occhi verdemare, si accorse di lui e si voltò nella sua direzione.
-Ehi, ciao! Non ti ho mai visto, devi essere del primo anno-
-Sì, è in classe con noi- disse uno dei suoi compagni, dai capelli blu e gli occhi color marrone scuro -Mikio, giusto? Io sono...-
-Sora- lo interruppe, ricordandosi il nome.
Quest’ultimo, dopo un attimo di sorpresa, sorrise e annuì.
Il viso del primo che aveva parlato si illuminò. Sembrava davvero felice di conoscere qualcuno di nuovo. -Io sono Yuuri, piacere! Ma tu chiamami Yu- Gli tese la mano e Mikio la strinse con un sorriso. -Questo seriosone vicino a me, invece, è Jiro- riprese, indicandolo con un cenno -Fa tanto l’intellettuale, ma...-
Il sopracitato Jiro, un ragazzo mingherlino dai sottili capelli nerissimi, lunghi fino alle orecchie, e dagli occhi azzurri, gli scoccò un’occhiataccia e gli diede un pizzicotto. Appariva molto delicato, ma non lo era mica tanto.
-Ahia!- esclamò Yuuri, portandosi una mano al braccio ferito e guardando il compagno come se l’avesse tradito. -Si può sapere perché l’hai fatto?-
Jiro si sistemò con nonchalance gli occhiali tondi dalla montatura sottile ed elegante che portava sul naso. -Per zittirti, mi pare ovvio-
-Ma...Jiro!-
Quest’ultimo roteò gli occhi. -Sì, Yu, sì- Poi, rivolse la sua attenzione a Mikio, che sembrava un po’ confuso. -Non ti preoccupare, tu non ascoltarlo e andrà tutto bene. Comunque, è un piacere conoscerti-
Mikio sorrise. -Anche per me-
A quel punto, uno dei suoi compagni di classe che non aveva ancora parlato s’intromise nella conversazione. Aveva la carnagione abbronzata, come se fosse appena tornato da una vacanza al mare, i capelli castani molto spettinati e gli occhi nocciola dalle sfumature rosso metallico; al collo portava un cordoncino a cui era legata una zanna di animale. -Comunque, oggi alla fine della lezione sei scomparso, non ti abbiamo più visto. Dove sei stato?-
E Mikio non poteva certo dirgli il motivo per cui si era defilato il più velocemente possibile. Per fortuna aveva immaginato che gli avrebbero posto una domanda simile e aveva una risposta già pronta. Alzò le spalle. -Qui fuori, ho fatto un giro nei dintorni: volevo un po’ vedere l’Accademia. E poi, mi piace stare all’aria aperta-
Il ragazzo annuì, concorde. -Sì, ti capisco: è molto meglio rispetto a quando si sta chiusi in una stanza- Piuttosto di stare fermo seduto su una sedia a studiare avrebbe fatto pressoché qualunque altra cosa. -Non vedo l’ora di arrivare al secondo anno, quando faremo le lezioni all’esterno con i Pokémon-
A quelle parole, Mikio non poté impedirsi di fare un sorriso triste. -Già...-
Yuuri scoppiò a ridere. -Ahahah, sì, mi ricordo che pure io non aspettavo altro, quando avevo la vostra età- Anche se lui per ragioni diverse: infatti, voleva diventare come il cugino Shouri, che era più grande di un anno.
-Lo dici come se fossi un vecchietto che rivanga i bei tempi andati- commentò Jiro, suscitando una risata.
Il minore degli Hato sbuffò in maniera teatrale. -Sempre a prendermi in giro, eh-
-Ovvio, sono qui per questo-
Il ragazzo che indossava il cordoncino con la zanna tornò a rivolgersi a Mikio. -A proposito, io mi chiamo Lewis-
-E a questo punto, io sono l’unico che non si è ancora presentato- La voce dell’ultimo compagno di classe sembrava fosse arrivata dall’oltretomba. Si girarono tutti verso di lui, che era seduto su un letto e aveva un libro aperto in mano. I suoi capelli erano neri e molto corti, mentre gli occhi erano blu. Chiuse il libro e si alzò, stando attento a non dare una craniata alla sponda del letto. -Io sono Drake-
Mikio annuì, sorridente. -È un piacere conoscervi, ragazzi-
 
E così, si era concluso quel primissimo giorno di scuola. Scuola che Mikio detestava con tutto se stesso, ma che veniva frequentata da gente abbastanza simpatica. Dovette ammettere che non se l’era aspettato per niente e, per una volta, era contento di essersi sbagliato. Forse, sarebbe riuscito a sopravvivere. Forse...
 
***
 
Anche per quel giorno, le lezioni erano finite. Come al solito, non appena la professoressa uscì dalla classe Mikio provò a dileguarsi il più rapidamente possibile, ma quella volta non ci riuscì: prima che potesse fare qualsivoglia cosa, infatti, venne letteralmente accerchiato da tre dei suoi compagni, che si posizionarono attorno a lui apposta per non farlo fuggire. I tipi in questione erano Sora, Drake e Tyra, una ragazza dagli occhi marrone chiaro e dagli ondulati capelli biondo scuro.
Mikio inarcò un sopracciglio, sorridendo nervosamente: non aveva la minima idea di cosa fare. -Ragazzi, ehm...non è che potreste spostarvi, per favore?-
-No- gli rispose Drake, serio.
Il giovane non demorse. -Ma io avrei delle cose da fare-
A quelle parole, Sora sbuffò, roteando gli occhi. -Tipo? Scomparire per l’intero pomeriggio e rifarti vivo solo a tarda sera come nelle ultime settimane?-
-Tipo quello. Qual è il problema?-
-E ce lo chiedi pure?- ribatté Tyra, alzando le sopracciglia -Abbiamo deciso che oggi non ci scapperai da sotto il naso-
-Ma...ma non avete di meglio da fare?-
-Cosa c’è di meglio che fare un po’ di compagnia a te?- replicò Sora, incurvando un angolo della bocca all’insù -Su, vieni!- Prese uno stupito Mikio per una mano e lo trascinò fuori dall’aula, seguito a ruota dagli altri due.
 
Un attimo dopo, i quattro erano nella Piazza dell’ascesa, appoggiati alla staccionata che dava sul mare.
-Di’ un po’, Mikio, com’è che scompari ad ogni fine delle lezioni?- chiese Drake diretto, spostando lo sguardo serio dalle onde del mare che si infrangevano sugli scogli al compagno.
Lui alzò le spalle. -Mi piacciono la tranquillità e l’aria aperta-
-Bugia- disse Sora.
-Eh?- Mikio lo guardò stupito.
-Beh, sì, almeno per metà- rispose, vagamente imbarazzato.
-Non è vero-
-Altra bugia-
-Pensala un po’ come vuoi-
-In pratica mi stai dando ragione-
A Mikio sfuggì un risolino. -Diciamo che non è poi così importante-
-Ed è qui che ti sbagli, mio caro- intervenne Tyra -Più ce lo nascondi più lo diventa e più noi siamo determinati a scoprirlo-
-Non c’è niente da scoprire-
-Oh, sì, invece- ribatté lei.
Il ragazzo sbuffò e spostò lo sguardo. -E allora tentate, detective. Tanto, immagino che fosse questo il vostro obiettivo sin dall’inizio, no?-
-Già. Il tuo scomparire sempre ha qualcosa a che fare col tuo voler venire all’Accademia da quando eri piccolo?- domandò Drake, fissandolo negli occhi e comportandosi proprio come un’investigatore dei libri di cui era appassionato.
Mikio si irrigidì in maniera impercettibile. -Forse-
-Forse? Cosa significa forse? Drake ci ha azzeccato o no?-
-Calmati, Sora- rispose il detective improvvisato.
-Però ha ragione, Drake. Un “forse” non basta- disse Tyra.
-E va bene, ho capito- si arrese Mikio con uno sbuffo -Volevo venire qui da molto tempo per diventare Ranger, ma non un semplice Ranger, bensì il migliore ed è per questo motivo che “scompaio” ogni pomeriggio. Vengo qui fuori a studiare, ok? Ora non ridete- Aveva mentito ancora, ovviamente, ma era piuttosto sicuro che gli avrebbero creduto. Anche se non poteva negare che una parte di lui si sentiva in colpa.
Com’era prevedibile, comunque, i tre scoppiarono a ridere.
-Tutto qui, sul serio? Tanti segreti e poi...è tutto qui- disse Drake, che sembrava un po’ deluso. Forse si aspettava una confessione più sorprendente e profonda.
-Infatti- concordò Tyra.
-Però...- intervenne Sora -Però ha il nostro stesso obiettivo, no? Anche noi vorremmo diventare ottimi Ranger-
Gli altri due annuirono. -Vero-
-Perciò...facciamolo insieme! Promettiamoci di impegnarci al massimo per diventare Ranger insieme!- Era entusiasta.
-Sì!-
-Ci stai, Mikio?-
Quest’ultimo all’inizio si stupì, ma poi sorrise. Un bel sorriso. -Certo!-
Si misero in cerchio, le mani al centro una sopra l’altra.
Il loro patto era stato suggellato.
 
***
 
In men che non si dica, erano trascorsi mesi interi ed era finalmente arrivato ciò che tutti aspettavano dall’inizio dell’anno scolastico, a parte le vacanze invernali. O almeno, che quasi tutti attendevano.
 
-Buongiorno, ragazzi- salutò la professoressa -Oggi porto buone notizie: abbiamo finito il programma e in questi giorni faremo delle lezioni un po’ speciali-
-Speciali?!- la interruppe Lewis, sporgendosi in avanti. Non vedeva l’ora di uscire -Speciali in che senso?!-
L’insegnante sorrise. -Nel senso che serviranno ad aiutarvi a scegliere in cosa specializzarvi nel corso del prossimo anno, se in Ranger, Assistente o Meccanico. Dovrete darmi la risposta definitiva l’ultimo giorno di scuola-
 
Ci fu un coro di esclamazioni entusiaste da parte degli studenti. O meglio, di tutti gli studenti tranne uno, che si limitò a fare un sorriso non troppo convincente, dato che la sua mente era persa in altri pensieri. E indovinate un po’ chi era quell’uno? Mikio proprio quella mattina aveva ricevuto una lettera dei suoi genitori, che ovviamente non potevano non essere a conoscenza del fatto che era giunto il momento della scelta e che gli avevano ricordato per l’ennesima volta qual era la decisione giusta da prendere. Come se non lo sapesse già alla perfezione. Il ragazzo avrebbe voluto stracciare quella missiva in mille pezzi, ma non l’avrebbe fatto: al contrario, si sarebbe comportato come il figlio perfetto che volevano. Perché lui lo era. Questo, però, non poteva cambiare il fatto che per mesi aveva sperato che quel momento non arrivasse mai e, almeno a se stesso, non poteva nascondere come si sentiva.
 
***
 
-Sapevo che ti avrei trovato qui-
 
Mikio alzò la testa di scatto dal libro che stava leggendo, colto di sorpresa. Si trovava in biblioteca, seduto al suo solito posto, quello più lontano dalla porta ma vicino alla finestra.
 
-Sora...?-
Il suo amico sorrise. -Proprio io-
-Mi...mi stavi cercando?-
-Sì, beh...- Si grattò la testa, spostando lo sguardo da un’altra parte, per poi fare un respiro profondo. -Il fatto è che appena è finita la lezione di oggi sei scomparso...di nuovo. Era un bel po’ di tempo che non lo facevi e sì, insomma...-
-...mi dispiace per averti fatto preoccupare, non era mia intenzione-
I due si fissarono negli occhi finché Sora non interruppe quel contatto, che pareva fosse durato anni anziché solo pochi istanti, e guardò fuori dalla finestra. -Ti va di uscire? Oggi è una bella giornata-
-Io in realtà dovrei finire...-
-Cosa, quel libro di cui non hai letto mezza parola?- chiese alzando un sopracciglio.
-No...- ammise lui chiudendo il tomo. Era da quando aveva iniziato che i suoi occhi guardavano la stessa pagina senza vederla davvero, perché la sua mente pensava a tutt’altro.
Sora sorrise vittorioso. -In questo caso, vieni!-
E, nel momento in cui una mano gli venne tesa, Mikio la prese. -Va bene-
 
-Posso farti una domanda?-
-Certo-
I due si trovavano dalle scale e stavano scendendo i gradini.
-Perché te ne sei andato di nuovo, senza dire niente né a me, né a Tyra, né a Drake? È...è successo per caso qualcosa?-
Cosa doveva rispondere Mikio? La verità o... -No, in realtà non molto. È solo che continuo a pensare alla decisione che dovremo prendere prima delle vacanze- ...una bugia, come al solito. Non poteva proprio dirgli la verità.
-E perché mai?- Sora era rimasto sorpreso. -Non è forse da quando eri piccolo che vuoi diventare un Ranger? La tua scelta non è forse ovvia?-
Certo, “ovvia” secondo la menzogna che aveva intessuto per mesi e che aveva fatto credere a tutti essere la realtà. -Hai ragione, però...dà lo stesso da riflettere, no?- Tanto valeva spostare il discorso su un argomento differente.
-Anche tu non hai del tutto torto- gli concesse -In effetti, adesso la prospettiva di realizzare il nostro sogno non è più così lontana!- Gli occhi gli brillarono.
-Già, anzi, è vicina...- Fin troppo vicina.
L’amico non si perse la punta velata di tristezza nel suo tono di voce e si accigliò, guardando nella sua direzione. -Senti, posso farti un’altra domanda?-
-Ovviamente-
-Però dovresti...ecco, dovresti rispondere sinceramente-
Sinceramente? Quello sarebbe essere potuto essere un problema, sempre se lui non fosse divenuto talmente tanto bravo a mentire da arrivare perfino a convincersi da solo delle sue menzogne. -D’accordo-
-Stai bene?- Arrestò il passo, rimanendo fermo su un gradino e puntando i suoi occhi color marrone scuro in quelli azzurri dell’altro, appena questo si voltò.
E Mikio, sotto quello sguardo preoccupato e indagatore, come faceva a mentire? -Sto...sto bene- Sorrise, riprendendo a scendere le scale, ma non notanto che l’amico non l’aveva imitato. -Dopotutto, è arrivato il momento che tanto abbiamo aspettato, no? Sono...-
A quel punto, però, Sora scoppiò. -Smettila di mentirmi, Mikio!- sbottò irato, le mani chiuse a pugno lungo i fianchi.
Il ragazzo dai capelli neri si girò, gli occhi sgranati. La rete di bugie che aveva intessuto finemente, tanto da creare un bel disegno, squarciata. -C-cosa? Io non...-
-Sì che mi stai mentendo, non negarlo!- lo interruppe, prima ancora che potesse finire la frase -È da quando ci siamo conosciuti che menti, credi forse che io non lo abbia capito da tempo? Va bene tutto, però...non dirmi bugie quando ti chiedo di non farlo, dannazione!-
Mikio non sapeva proprio cosa replicare. Sfido a trovare qualcuno che l’avrebbe saputo. Aprì un paio di volte la bocca, ma le parole non gli uscirono.
-Mikio- riprese Sora, tornando più calmo -Per favore, non nascondere più la tua tristezza dietro ad un sorriso. Non nascondere più ciò che provi. Almeno con me, non farlo! Quando sei felice, ridi! Quando sei triste, piangi! Ok? Ma non nascondermi più niente. E ora, per piacere, rispondi una seconda volta a questa domanda: stai bene?-
Gli occhi di Mikio, a quelle parole, divennero lucidi e il ragazzo non poté impedirlo. -Io...io...- Scosse la testa. -...no...-
Sora, invece, a quel punto fece una cosa che l’amico non si sarebbe mai aspettato: dopo aver sceso i gradini che li separavano, si sporse in avanti e lo circondò con le braccia. -Ci sono io, non ti preoccupare, ci sono io-
Il giovane dai capelli neri ricambiò la stretta con un po’ di esitazione e in seguito poggiò la testa sulla spalla dell’altro, singhiozzante. Una lacrima gli solcò il viso.
-Ci sarò sempre. Qualunque cosa succeda, sarò al tuo fianco. Te lo prometto...-
 
Quello era il loro personale giuramento.
 
***
 
-Vi lasciamo alla vostra lezione, divertitevi!- disse la professoressa Anna, per poi dirigersi verso la porta e uscire, seguita a ruota dal suo collega, Aermo, che salutò con un cenno. Quel giorno, infatti, avrebbero fatto una lezione molto diversa dal solito: i ragazzi del primo anno erano entrati nella piccola classe di Mina e Catturio, per fare una lezione insieme a loro e a quelli del secondo anno.
 
-Quest’oggi vi faremo vedere cosa si prova a far parte del nostro team! Chi ha voglia di usare uno Styler di cattura?- chiese il professor Catturio, attirando con una sola frase l’attenzione di dodici persone insieme.
 
Si spostarono all’aperto, nello spiazzo fuori, e si posizionarono davanti ai due insegnanti, che gli affidarono uno Styler accademico ciascuno e gli spiegarono le cose principali da sapere in vista dell’esercitazione. In seguito, i giovani Allievi si divisero in gruppi di due abbastanza a caso, per facilitare la cattura ed evitare di subire troppi danni, preparandosi a dovere. Alla richiesta di volontari, si fece subito avanti una squadra, che catturò il Pokémon chiamato da Catturio abbastanza velocemente e con pochi danni, ricevendo un complimento da Mina. Dopo la prima coppia, andarono senza esitazione una dopo l’altra quelle restanti. Arrivati all’ultima, però, si presentò un problema.
 
-Prof, scusi...-
-Jiro! Dimmi-
Il ragazzo si teneva la testa sul palmo di una mano, l’espressione sofferente. -Non mi sento tanto bene...-
-Recati dalla signora Della e per oggi cerca di riposarti e riprenderti- gli disse Mina, entrando subito in azione.
-Va bene, prof, grazie...- rispose lui, per poi rivolgersi al suo compagno, con cui avrebbe dovuto completare la cattura -Mi dispiace, Mikio, ma proprio non ce la faccio...- Aveva tentato di resistere almeno fino alla fine del loro turno, senza tuttavia riuscirci.
Il ragazzo sorrise rassicurante. -Non ti preoccupare, Jiro. Tu devi pensare solo a rimetterti in forze, capito?-
-Sì. Ti ringrazio, Mikio- annuì con un sorriso grato.
-Prof, scusi, posso accompagnarlo?- chiese una giovane abbastanza alta e snella, che aveva qualche lentiggine sulle guance, dagli occhi color nocciola e dai lunghi e ondulati capelli castani, con ciocche tendenti al rosso, che le arrivavano fino alle scapole. Lei e Jiro erano amici di lunga data.
-Certo che puoi, Rosalie. Anzi, stavo giusto per chiedere a qualcuno di farlo-
-D’accordo, allora-
I due si incamminarono in direzione dell’Accademia, allontanandosi, e Mina si rivolse a Mikio. -Mi dispiace, ragazzo, ma in questo caso dovresti affrontare la prova da solo. Te la senti lo stesso oppure...?-
Il giovane avrebbe tanto, tanto, tanto voluto rispondere negativamente, dire che no, non era così importante, però non l’avrebbe fatto, perché il Ranger che doveva almeno fingere di essere non si sarebbe comportato in quel modo. Se avesse dato un no come risposta, sarebbe andato fuori dal personaggio e lui doveva fare un’interpretazione perfetta. -Non si preoccupi, prof- disse scuotendo la testa -Ci provo lo stesso. Mal che vada, sarà tutto esercizio in più-
-Come vuoi tu- annuì l’insegnante, chiamando un Pikachu che stava gironzolando nel cortile della scuola.
A quel punto, Mikio guardò il Pokémon negli occhi con quel suo sorriso velato di tristezza, per poi accendere lo Styler. Il disco di cattura schizzò fuori e iniziarono a crearsi degli anelli concentrici attorno alla creatura elettrica. Successe una cosa mai accaduta prima: il Pikachu non si mosse né attaccò; restò semplicemente fermo lì dov’era e si lasciò catturare, quasi come se avesse compreso i sentimenti di quel tipo tanto strano. Al termine dell’esercitazione, Mikio liberò il Pokémon, salutandolo e ringraziandolo mentalmente.
Catturio batté un paio di volte le mani. -Fantastico, ragazzo! La cattura più rapida che io abbia mai visto qui all’Accademia! Ti voglio nel mio Team, l’anno prossimo, capito?-
Mina gli lanciò un’occhiataccia. -Ma insomma, Catturio! Non puoi obbligare gli studenti a unirsi al tuo Team-
-Però, prof, il nostro Mikio ne farà parte di sicuro!- esclamò Lewis mettendo un braccio sulla spalla del suo compagno di classe -È da quando era piccolo che vuole diventare un Ranger, questo qui!-
I due insegnanti si voltarono verso di lui. -Davvero?-
Mikio sorrise un po’ imbarazzato. -Sì...-
-Ottimo! In questo caso, ti aspettiamo!- disse Catturio entusiasta.
-Certo- Il giovane annuì, continuando a sorridere.
 
Purtroppo però, per quanto si sforzasse proprio non riusciva condividere quell’entusiasmo. Non ci sarebbe mai riuscito.
 
***
 
-Mikio, aspetta un attimo, per favore-
Il ragazzo si girò. -Sì, prof?-
Anna gli fece cenno di avvicinarsi alla cattedra. -Ho bisogno di parlarti a proposito della tua scelta-
-La mia...scelta? Perché?- Aggrottò le sopracciglia, confuso. Non si aspettava proprio una cosa del genere.
L’insegnante aspettò che gli altri studenti fossero usciti dalla classe, prima di continuare. -So bene che è da quando eri piccolo che vuoi diventare un Ranger, l’hai detto e ripetuto. Tuttavia...sei davvero sicuro della tua decisione? Sappi che, se vuoi fare una cosa diversa, sei ancora in tempo per cambiare idea- Già...lei aveva capito che c’era qualcosa che non andava. L’aveva capito e stava cercando di aiutarlo.
Peccato che ormai fosse già troppo tardi.
Mikio scosse la testa e sorrise. -Sono sicuro, prof- E quanto gli costò pronunciare quelle poche parole.
Anna, a quel punto, sospirò, arrendendosi. -Va bene, come preferisci. Vai pure...-
-Grazie. Arrivederci, prof-
 
Il giovane fece un cenno di saluto con la testa e poi si girò, incamminandosi fuori dalla classe. Voltando le spalle alla luce per dirigersi dritto verso un luogo fatto solo e soltanto di tenebre, anche se lui ancora non poteva nemmeno immaginarselo.
 
***
 
-Mikio, tu cosa fai per le vacanze invernali?- chiese Tyra.
Il chiamato in causa alzò gli occhi dalla lettera che stava leggendo. -In realtà non lo so ancora. Voi, ragazzi?-
 
I quattro, ormai inseparabili, erano seduti insieme a quello che era diventato il loro tavolo, due da una parte e due dall’altra. A quella domanda, Sora, Drake e Tyra si scambiarono uno sguardo divertito. Fu di nuovo Tyra a parlare, il sorriso sulle labbra.
-Noi rimaniamo qui. Secondo te perché te l’abbiamo chiesto?-
Mikio fece un’espressione sorpresa, cadendo letteralmente dalle nuvole, e poi sorrise di rimando. E per una volta il suo non fu un sorriso velato dalla tristezza, bensì uno sincero, spontaneo. Bellissimo. -E allora...- Lanciò una rapida occhiata alla lettera che teneva in mano e annuì. -...sì, resto anch’io con voi-
-Sul serio?!- esclamò Sora, seduto accanto a lui.
-Non volevi passare le feste con i tuoi genitori?- chiese Drake.
-Non ti preoccupare, mi hanno detto che per loro va bene pure se rimango qui- rispose, agitando la missiva in aria.
-In questo caso...- Drake incurvò gli angoli delle labbra all’insù. Un caso più unico che raro.
-...è fantastico!- finì la frase Sora.
Mikio sorrise e annuì.
 
Ciao tesoro,
come va? Stai studiando tanto? Ti piace quello che stai facendo? Speriamo di sì!
Ti aspettiamo a Natale per i particolari, ma se hai troppo da studiare resta a scuola! Non dimenticare che lo studio è la cosa più importante!
Ti vogliamo bene,
Mamma e papà
 
Mise la lettera in una delle tasche della divisa. Avrebbe risposto più tardi, dicendo ai genitori che non sarebbe tornato per le vacanze invernali.
Almeno per quel breve periodo di tempo, sarebbe stato libero.
 
***
 
-Prima di concludere, vorrei darvi alcune informazioni di servizio. Oggi pomeriggio vi recherete nella città per conoscere i Ranger del posto, l’appuntamento è alle cinque nell’atrio, mentre da domani e per le prossime due settimane parteciperete a delle determinate lezioni relative alla specializzazione che avete scelto, di Ranger, Assistente o Meccanico-
 
Anna guardò i suoi studenti, che, in seguito a quella comunicazione, erano all’improvviso diventati entusiasti: la realizzazione del proprio sogno si avvicinava sempre di più. Erano trascorsi dei mesi da quando erano ripresi i corsi e in quello stesso giorno sarebbe stato dato il via ad una svolta decisiva nella loro vita.
 
Alle cinque spaccate del pomeriggio gli Allievi di entrambi gli anni si fecero trovare pronti nell’atrio, dove Mina e Catturio li aspettavano per accompagnarli a Vien. Dopo aver controllato che i membri del gruppo fossero tutti presenti e non mancasse nessuno all'appello, gli insegnanti fecero cenno di andare e partirono. Pur con calma, arrivarono in città abbastanza presto e senza perdere pezzi, con loro grande sollievo.
 
-Salve a tutti!- esordì Catturio nel momento in cui fece la sua entrata nel Centro, con gli alunni al seguito, attirando l'attenzione dei Ranger lì presenti.
-Chi si rivede!- rispose Brando dal centro della stanza -Hai portato nuovi giovani Allievi, eh? Piacere di conoscervi, io sono Brando!- aggiunse rivolgendosi direttamente agli interessati, o almeno a quelli che non aveva ancora incontrato.
-È il capo di questo posto- spiegò la professoressa Mina.
Dopodiché, vennero presentati anche gli altri componenti della squadra: Luana, la meccanica Elena, l'operatrice, Ilario e Darren, un giovanissimo Ranger da poco uscito dall’Accademia. Elena non smise nemmeno per un secondo di smontare e rimontare un piccolo oggetto elettronico nelle sue mani.
-Va bene, credo sia tempo di tornare. Vi affido i ragazzi, mi raccomando!- concluse Catturio alla fine.
-Intesi- rispose Brando, facendo un segno di saluto.

 
Come da accordo, gli studenti del secondo anno rimasero al Centro, mentre quelli del primo tornarono al collegio insieme agli insegnanti.
 
Passo dopo passo, si avvicinavano sempre più al loro obiettivo.
 
***
 
Trascorse due settimane, gli studenti del secondo anno fecero ritorno all’Accademia e vennero accolti da quelli del primo con un coro di bentornato: Lewis e Orelee, una ragazza dai corti e mossi capelli color biondo scuro e dagli occhi dalle iridi a metà fra il giallo oro e il rame, erano riusciti nell’assai ardua impresa di convincere perfino un tipo reticente come Mikio. Quest’ultimo se ne sarebbe vergognato a vita.
 
La cerimonia del diploma arrivò in pochissimo tempo e al suo termine i giovani Allievi divennero Ranger a tutti gli effetti. Dopo poche ore, questi ultimi si ritrovarono nell’atrio, pronti a partire, e i loro compagni li raggiunsero per salutarli prima che lo facessero.
 
-Ehi!- esclamò Sora, agitando in aria la mano.
Yuuri e Jiro gli si avvicinarono.
-Ehi, Sora- disse il minore degli Hato -E così dobbiamo salutarci, eh...-
Il ragazzo dai capelli blu fece un’espressione triste. -Già...-
Lewis gli comparve da dietro e gli diede una pacca sulla spalla. -Su con la vita, ragazzi! Non è che non vi rivedrete mai più!-
-Ha ragione!- lo supportò Orelee, ottimista come al solito.
-Come si dice, “chi non muore si rivede”- aggiunse Drake.
-Drake, smettila di dire cose inquietanti!-
Il giovane rispose con un’alzata di spalle e scoppiò una risata generale.
-Comunque, è vero- commentò Mikio, sorridente come sempre -Il tuo sogno, Yu, è quello di completare sia la formazione di Ranger che di Medico, giusto? Il nostro è quello di diventare Ranger. Ora ci dobbiamo salutare, ma quando avremo realizzato i nostri obiettivi ci rivedremo. Di sicuro-
Il minore degli Hato annuì. -Sì. E quel giorno vi farò vedere quanto sarò migliorato!-
-Ci conto, sappilo-
-Certo!-
Anche Jiro sorrise. -Quindi ci vediamo, ragazzi-
-È un arrivederci, non un addio- disse Sora.
 
I giovani si salutarono, con la solenne promessa di rivedersi molto presto.
Ancora non sapevano cosa sarebbe accaduto e in che maniera il loro giuramento si sarebbe avverato.
 
***
 
Esattamente un anno dopo, era giunto il loro turno di diplomarsi.
 
Il preside Delmonte, alla fine del discorso, batté le mani. -Bene! Ora, ragazzi, vi chiamerò uno a uno. Nel momento in cui sentirete il vostro nome, fate un passo avanti-
 
Quelli che sarebbero stati studenti ancora per molto poco annuirono.
 
-Darkwing, Drake-
 
Il giovane fece un passo avanti e il direttore gli porse una divisa da Ranger e uno Styler, dopo averli presi da una scatola che tenevano Mina e Catturio, come segno distintivo del conseguimento del diploma. In apparenza era serio come al solito, ma chissà quante emozioni diverse si agitavano in realtà nel suo cuore.
 
-Harikeen, Sora-
 
Fece un passo avanti come il compagno e le azioni si ripeterono.
 
-Knight, Tyra-
 
-Lindworm, Lewis-
 
-Painter, Orelee-
 
-Shirota, Mikio-
 
Quel nome, che fino all’ultimo aveva sperato non venisse mai pronunciato, suonò come una condanna a morte alle sue orecchie, ma fece comunque un passo avanti, avvicinandosi a quello che ai suoi occhi era un patibolo, pronto a ricevere la sua pena. Almeno, pensò, alla fine ce l’aveva fatta: in qualche modo, era stato in grado di diventare un Ranger. I suoi genitori si sarebbero accontentati per un po’, no? Per quel poco di tempo, avrebbe avuto una minima possibilità di essere libero, giusto? Aveva bisogno di crederlo per sopravvivere.
 
Delmonte, comunque, disse qualche parola di commiato, commosso, e si concluse la cerimonia del diploma.
 
Poche ore più tardi, furono quelli che solo quella mattina erano ancora studenti a ritrovarsi nell’atrio, pronti chi più chi meno a partire. Quando uscirono dalla porta dell’Accademia, che per alcuni era stata una vera e propria casa, consapevoli che non ci sarebbero tornati tanto presto, gli salì un irrefrenabile sentimento di tristezza.
Perfino Mikio dopo qualche metro cedette e si voltò per guardare indietro, anche se non per gli stessi motivi dei suoi compagni, una strana espressione in viso, come se non sapesse con certezza quale emozione provare. In ogni caso, questo momento di debolezza durò poco, perché udì qualcuno chiamarlo.
 
-Ehi, Mikio!-
 
Quest’ultimo si girò di nuovo, questa volta in direzione dei suoi tre più grandi amici che lo stavano aspettando poco più avanti.
 
-Andiamo?-
 
Il ragazzo da capelli neri sorrise e annuì, dimentico dei pensieri di prima, dirigendosi verso di loro, verso la luce che rappresentavano per lui. Non aveva mai voluto andare all’Accademia, diventare Ranger e tutto il resto, ma, adesso che ci rifletteva, forse se non l’avesse mai fatto non li avrebbe mai incontrati e non sarebbero mai divenuti amici. Fra tutte le cose negative, quell’amicizia era una delle poche positive e non ci avrebbe mai rinunciato. Era troppo importante.
 
-Eccomi!-
 
Quando li raggiunse, loro quattro si incamminarono in direzione del cancello dell’Accademia, voltando definitivamente le spalle a questa. Si preparavano ad affrontare un nuovo inizio. Insieme, come avrebbero sempre fatto.
 
***
 
Quella era una bella giornata nella Selva Serenella, un bosco nella regione di Fiore vicino a Borgovera, dove i quattro Ranger, che stavano per completare il loro addestramento, erano stati inviati per una missione. Era un bel posto, quella foresta: lussureggiante, brulicante di vita, era l’ideale anche per i Ranger meno esperti, benché ci fosse un vario numero di Pokémon selvatici a cui piaceva fare scherzi. In effetti, pure quell’incarico sarebbe dovuto essere facile. O almeno, era questo era ciò che credevano tutti: nessuno si poteva nemmeno lontanamente immaginare cosa sarebbe successo.
 
-Ok, quindi dobbiamo andare...di là, giusto?- chiese Sora, gli occhi che andavano dalla mappa del suo Styler al paesaggio circostante, che somigliava sempre di più a un labirinto. Forse si erano inoltrati troppo a fondo.
-No, da quella parte- rispose Drake, indicando nella direzione opposta.
-Non era da quell’altra?- domandò Tyra, confusa.
Mikio sospirò. -Insomma, ci siamo persi-
-Non ci siamo persi!- esclamarono i tre in coro, lanciandogli un’occhiataccia.
-No, figuriamoci, è che al paesaggio piace cambiare-
-Mikio!-
-Ok, ok...- Il ragazzo mise le mani avanti, con fare arrendevole.
-Quindi! Dato che non ci siamo persi...- riprese Tyra, solo per essere subito interrotta.
-Aspetta un attimo- disse Drake, le palpebre assottigliate per riuscire a guardare più lontano -Quello è fumo?-
Tyra seguì la direzione del suo sguardo e sgranò gli occhi. -Cavolo, hai ragione...-
-Dev’essere successo qualcosa, dobbiamo andare a vedere!- esclamò Sora.
Gli altri tre annuirono e si affrettarono verso il punto da cui proveniva il fumo, solo per fermarsi e arretrare in modo brusco quando cominciarono a tossire violentemente.
All’improvviso, una colonna di fuoco divampò davanti a loro, incendiando ciò che aveva intorno e chiudendogli una possibile via di fuga. I quattro si coprirono i canali respiratori con le braccia, in quello che era un tentativo di inalare meno fumo, e i loro occhi, che lacrimavano per il caldo, saettarono da una parte all’altra in cerca di qualcosa che li potesse aiutare, ma non la trovarono. Intorno a loro c’era solo e soltanto il fuoco.
-Ragazzi!- urlò Mikio, la voce roca, con tutto il fiato che aveva in gola -Dobbiamo...-
Non riuscì a finire la frase, perché un Typhlosion emerse dalle fiamme e lo colpì con una zampata che lo mandò a sbattere contro la corteccia di un albero. Emise un grido strozzato, per poi rotolare inerme a terra.
 
-MIKIO!- urlò Sora. Il suo amico, però, non si muoveva più. Tentò di raggiungerlo, ma una parete di fuoco si frappose fra di loro e lui fu costretto a ripararsi e ad arretrare.
 
Dopodiché, fu il caos.


Spazio dell'autrice
Sorpresa!
...o almeno spero. Ve l'aspettavate? Ammetto che all'inizio ero un po' indecisa se pubblicare o meno questo flashback - che è tutto tranne un flashback ma vabbè - , però alla fine mi sono decisa, anche perché così molte domande trovano una risposta. E poi beh...ci ho lasciato il cuore su questa cosa, penso di averci messo tutto ciò che avevo. Comunque, ditemi cosa ne pensate!
Grazie a tutte le persone che continuano a seguire questa storia!
A sabato prossimo con la seconda parte!
   
 
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