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Autore: Hotaru_Key22    14/07/2019    0 recensioni
[Storia partecipante al contest "Un fiume di soulmate!AU" indotto da rhys89 sul forum di EFP]
Ogni individuo presente sulla Terra ha sul braccio un misuratore che indica quanto il suo soulmate sia in pericolo. Questa raccolta racconta alcuni dei momenti della storia di Trunks e Gohan del futuro, tenendo conto dei misuratori che entrambi hanno sulle rispettive braccia.
Dal testo:
"Nonostante i miei viaggi nel tempo, nonostante la voce nuovamente solare e spensierata di mia madre, ancora non riesco a fare a meno di chiedermi come sarebbero andate le cose se fossi riuscito a decifrare prima quel maledetto sorriso."
Genere: Angst, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Bulma, Goku, Mirai!Chichi, Mirai!Gohan, Mirai!Trunks
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Proposte
Sento un ottimo odore di caffè appena pronto invadermi le narici e solo questo mi spinge ad abbandonare il tepore del piumone e a raggiungere la cucina, stropicciandomi gli occhi. Nonostante io sia cresciuto, Gohan è ancora un po’ più alto di me, ma non mi importa, perché questo mi consente, in punta di piedi, di poter appoggiare la testa sulla sua spalla, mentre lo stringo in un abbraccio da dietro.
Posso vedere solo parte del suo viso, ma capisco che sta sorridendo. È impegnato nell’ardua impresa di preparare delle crepes e non distoglie minimamente lo sguardo dalla padella.
«Gohan, hai molte qualità, ma cucinare non è una di queste» gli dico, trattenendo un riso di scherno.
«Da che pulpito» risponde semplicemente lui, mentre una fastidiosa puzza di bruciato inizia a coprire l’odore del caffè.
Scuoto la testa e mi avvicino al tavolo della cucina, dove una caffettiera ancora fumante è sistemata vicino a due tazze. Verso un po’ del liquido scuro in quella che riconosco essere la mia tazza preferita ed inizio lentamente a sorseggiarlo.
«Come mai ti è venuta la brillante idea di cucinare?» chiedo alla mia metà, ghignando nel vederlo innervosirsi, mentre qualcosa ai fornelli inizia a fare scintille.
Li spegne con calma, sospirando e rassegnandosi al fallimento della sua missione, poi, con la sua solita spontaneità ed il suo sorriso dolce come quello di un tempo, dichiara: «Volevo farti una sorpresa».
Sorrido, avvicinandomi a lui e lasciandogli un bacio sulle labbra. Ho passato anni senza di lui, anni in cui non riuscivo a colmare la voragine che avevo nel petto, anni vuoti e privi di senso, e ora che ho la possibilità di stringerlo a me, di baciarlo, di toccarlo, non perderò mai neanche un istante.
«Penso che dovremmo dire a tuo padre di noi» mi sussurra, mentre mi tiene tra le braccia e mi lascia un bacio sui capelli.
Lo allontano da me bruscamente, pensando che sia impazzito e chiedendo con lo sguardo spiegazioni.
Lui scoppia in una risata divertita, dicendo: «Sei uguale a quand’eri un ragazzino con questa espressione, amore!»
Io se possibile mi acciglio ancora di più e arrossisco appena. Stiamo insieme da più di otto anni, ma ancora non mi sono abituato ai nomignoli che Gohan mi affibbia così alla leggera, quando mi prende in giro, o a quelli più profondi che mi sussurra la notte, mentre siamo avvolti solo dalle coperte e dal corpo l’uno dell’altro.
Lo osservo ridacchiare ancora un po’, infine si fa serio e ordina: «Vestiti, dai, che ti porto in un posto».
Faccio come mi dice, dal momento che mi fido ciecamente di lui, ma rimango perplesso da quel tono nervoso e a tratti preoccupato. Come tutte le volte che Gohan mi sembra un po’ diverso dal solito, porto lo sguardo sul mio misuratore, anche se da più di nove anni questo è fisso sul verde.
Infilo casualmente una delle mie solite canotte nere e dei jeans un po’ sgualciti e rovinati, ma che ancora trovo comodi e non del tutto usurati.
Gohan arrossisce appena e io sorrido sornione: so che non può resistere alla sagoma dei miei addominali ben visibile anche sotto la stoffa.
Lui indossa una camicia bianca e dei pantaloni di tessuto nero. Ne rimango colpito perché solitamente non lo vedo mai così elegante. I miei occhi si posano nuovamente sul mio misuratore, ma questo è ancora nell’area verde e non accenna a modificarsi.
«Ehi» mi sussurra Gohan con un tono rassicurante, prendendomi una mano e portandosela al petto, permettendomi così di sentire il suo battito cardiaco «Sono qui, senti? Va tutto bene e andrà tutto bene».
È una cosa che facciamo da quando è tornato in vita. Nei primi mesi avevo la continua ossessione di controllare il misuratore e di notte avevo incubi ricorrenti. Avevamo stabilito fosse una cosa passeggera, che non avrebbe creato problemi, ma un giorno Gohan mi aveva trovato in lacrime a pregarlo di non lasciarmi ancora, di non andare via. Quel giorno era uscito la mattina per andare a trovare sua madre e non aveva voluto svegliarmi. Non trovandolo avevo pensato gli fosse successo qualcosa e avevo avuto un attacco di panico, senza riuscire quasi a respirare.
Così sono andato da uno specialista e Gohan ha trovato questo modo di rassicurarmi, facendomi sentire con le mie stesse mani che era vivo e stava bene.
Gli sorrido e annuisco, stringendolo ancora in un abbraccio, prima di uscire di casa e seguirlo in volo. Mi chiedo dove mi starà portando, ma quasi subito riconduco la nostra direzione ai monti Paoz.
«Comunque voglio sul serio che tu dica a tuo padre di noi» mi dice, non appena atterriamo in un piccolo spiazzo nel bosco, reso incantevole dai raggi solari che venivano filtrati dalle foglie.
«Gohan» mormoro scocciato, riconoscendo quella come la cinquantesima volta che prendiamo lo stesso discorso «Sai come la penso. Mio padre non ci accetterebbe mai! Per prima cosa mi disconoscerebbe come figlio e poi ho paura che proverebbe ad ammazzarti! Cioè, non solo suo figlio è gay, ma addirittura sta con il figlio del suo acerrimo nemico!»
Gohan si passa una mano tra i capelli e ridacchia, provando a rassicurarmi un attimo dopo: «Mio padre è morto ormai da tantissimo tempo e noi stiamo insieme già da più di otto anni, Trunks».
Sbuffo sonoramente e chiedo, leggermente infastidito: «Perché per te è così importante? Che cosa conta ciò che dice mio padre? Non ti basta ciò che abbiamo ora?»
Sorride. È un sorriso che non riesco a capire. Lo osservo per un po’ con il cuore che inizia a martellare più forte e sempre più velocemente. Si inginocchia dinnanzi a me e prende un piccolo cofanetto blu dalla tasca. Inizio a capire. Inizio a capire tutto.
«Trunks, mi vuoi sposare?»
Deglutisco a vuoto e sorrido anche io. Gohan fortunatamente è più sveglio di me quando si tratta di queste cose e riesce a comprendermi anche quando resto in silenzio.
   
 
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