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Autore: Sersci    20/07/2019    1 recensioni
Christian Deveraux è ricco, cinico ed arrogante. Charlotte lavora per pagarsi gli studi all'Università.
Tra i due è odio a prima vista. Oppure no?
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Era stato un sacrificio per Charlotte decidere di trasferirsi a Parigi per iscriversi all'Università. Le dispiaceva aver lasciato solo suo padre. Era un uomo eccezionale, rimasto vedovo molto presto con una figlia adolescente da crescere. A Charlotte non era mai mancato nulla, suo padre le aveva dato tanto amore e protezione. Il suo sogno era diventare medico, chissà forse l'aver perso sua madre in tenera età l'aveva spinta verso quella professione.  A La Rochelle, la sua città natale,  tutti le volevano bene. Era una ragazza altruista, socievole, allegra e sempre pronta ad aiutare il prossimo. Suo padre la prendeva in giro dicendo che dentro di  lei albergava lo spirito di una crocerossina.  

Gli affitti erano impossibili a Parigi e lei non voleva gravare su suo padre, perciò aveva trovato un modesto appartamento nell'arrondissement di  Belleville.  Al civico 72 era nata Edith Piaf  e molte vicende narrate nei romanzi di Pennac si erano svolte nei vicoli di quel quartiere.  Era un sobborgo colorato, vivace e vitale ed a Charlotte non dispiaceva abitare lì.  

"Il proprietario di casa mi ha chiesto un aumento" spiegò Charlotte alla sua amica. Susan era diventata quasi una sorella; tutte le sere la chiamava e le faceva compagnia per telefono fino a quando non la sentiva sbadigliare. Era un modo per non farla sentire sola. Susan viveva con i suoi in una bella villetta vicino all'Università, mentre lei era sola ed abitava in una micro casa.

"Ti rendi conto? E' un buco e vuole ancora di più" esplose Charlotte quasi stritolando il panino che stava mangiando seduta nel giardino dell'Università. "Te l'ho ripetuto mille volte, Charlotte, lascia quell'appartamento e vieni da me. I miei non hanno nulla in contrario" Era da tempo che Susan si era offerta di ospitarla. "Ti ringrazio, ma non voglio disturbare e poi mi conosci voglio cavarmela da me". Mi devo trovare un lavoretto, non voglio ammazzare papà; fa già troppi sacrifici per mantenermi qui a studiare e se glielo dicessi sarebbe capace di fare tre lavori contemporaneamente pur di aiutarmi" spiegò all'amica. 

"Senti, non è un granché, però degli amici dei miei genitori hanno aperto un ristorante e consegnano anche a domicilio. Se vuoi gli parlo di te e..." non fece in tempo a finire la frase. Charlotte la stava stritolando in un abbraccio degno di un boa constrictor. 

Il lavoro al ristorante non era niente male e la prima settimana era trascorsa bene. I corsi all'Università durante il giorno e la sera consegnare il cibo la stavano stancando, però era contenta di essere riuscita a farcela da sola. Ovviamente non aveva detto nulla a suo padre, figurarsi sarebbe stato capace di farle una ramanzina tremenda. Spesso tirava su qualche mancia ed aveva ricominciato a mangiare bene, visto che i proprietari la costringevano a cenare con loro prima di iniziare a fare le consegne. Erano molto simpatici e sicuramente sotto c'era lo zampino di Susan. Chissà cosa aveva raccontato loro. Il cibo che servivano era squisito e raffinato. Certo lei non avrebbe potuto permettersi quei prezzi!

"Ehi Charlotte, stasera devi consegnare il cibo a Blackman" le disse sogghignando Michel, il figlio dei proprietari del locale. "Chi?" chiese alquanto incuriosita. "Lo chiamiamo così perché non lo abbiamo mai visto sorridere inoltre è un presuntuoso che crede di comprare il mondo con i suoi soldi.  

Guardò lo scontrino e per poco non svenne. Blackman aveva ordinato un vino molto costoso; lei con quella somma ci poteva pagare un mese di affitto. "Proprio vero certa gente i soldi li butta dalla finestra" pensò mentre con il motorino raggiungeva l'indirizzo scritto nel biglietto che Michel le aveva consegnato. La serata era fredda, la pioggia le era entrata fin sotto la pelle. Guidare un motorino in quelle condizioni atmosferiche non era il massimo. Parigi di sera era affascinante, le luci scintillanti e romantiche la rendevano magica. La Ville Lumière era indimenticabile ed ad ogni angolo si respirava arte e poesia. 

L'entrata dello stabile in cui abitava Blackman era ampio almeno tre volte il suo appartamento. L'edificio era in stile liberty ed il bianco era il colore predominante. Davanti all'immenso portone di legno c'era un portiere dal viso bonario.  I guanti bianchi ed il cappello lo facevano sembrare un maggiordomo. Il lusso regnava sovrano. Charlotte scese dal motorino e si avvicinò all'uomo dicendo che doveva portare il cibo al signor Deveraux. Il portiere le fece segno di attendere, entrò nella hall dello stabile  comunicò all'illustre inquilino che era arrivato un fattorino con le ordinazioni fatte. Charlotte sbuffò un poco sentendosi chiamare fattorino. L'uomo le disse che l'appartamento era, ovviamente, all'ultimo piano e lui possedeva non solo l'attico, ma l'intero piano. L'ascensore era rivestito di stucchi dorati, il pavimento con mosaici di marmo di Carrara, al centro pendeva un enorme lampadario di cristallo ed un bellissimo brano di musica classica si diffondeva attraverso gli altoparlanti. Sinceramente quell'ambiente le metteva i brividi, non era abituata a tutto quello sfarzo.  

Bussò ed attese che qualcuno le venisse ad aprire.  Charlotte rimase a bocca aperta non appena si aprì la porta dell'appartamento. Aveva davanti un dio greco. La camicia azzurra totalmente sbottonata ed aperta sul davanti metteva in mostra degli addominali perfettamente scolpiti, per non parlare del jeans dello stesso colore che lo fasciavano come una seconda pelle, i capelli leggermente scompigliati facevano venire voglia di metterci le dita. Deveraux non proferì parola, le fece cenno di entrare e di depositare il box con le vivande sul tavolino. Charlotte pensò che il soprannome che gli aveva affibbiato Michel gli calzava a pennello. 

"Ecco a lei" allungò la mano con il denaro. Era di più di quanto richiesto, Charlotte capì che c'era anche la mancia. Ebbe un moto di rabbia, forse per il modo in cui le aveva dato il denaro o per il fatto che non aveva incrociato neppure per un secondo lo sguardo o detto anche un semplice "Salve!". Ma si vedeva che era abituato ad essere servito e riverito perciò guardava le persone dall'alto in basso. 

"La ringrazio. Buonasera e buona cena". Blackman alzò gli occhi. Lo vide fare una smorfia anzi un sorrisetto ironico e divertito. Charlotte si maledisse mentalmente mille volte, ma cosa le era preso di dire buona cena ad un tipo come quello! Si chiuse la porta alle spalle ed uscì.


 

   
 
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