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Autore: lightvmischief    21/07/2019    0 recensioni
Una ragazza.
Un gruppo.
La sopravvivenza e la libertà.
Le minacce e i pericoli della città, delle persone vive e dei morti.
Prova a sopravvivere.
Genere: Azione, Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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CAPITOLO 18
 

KAYLA

Mi rivesto in fretta, così come Calum appena a pochi metri da me, come da routine ogni volta che decidiamo di sfogare le nostre frustrazioni l’uno con altro. Non una parola, non un suono tra noi due, tutto inizia e finisce in poco tempo, come se avessimo fatto un accordo taciturno. A me sta bene così, alla fine tutto ciò che voglio da lui è un contatto fisico e credo che la stessa cosa valga per lui. Nient’altro.

Tutto questo è successo cinque volte dopo la prima della settimana scorsa; ci bastava soltanto incontrarci per uno dei corridoi che uno tirava subito l’altro dentro a una stanza per poi chiuderla dietro di sé, con le mani che girovagavano frenetiche le une sul corpo dell’altro.

Non potevo dire che la situazione tra noi due, al di fuori di quella fisica, fosse cambiata di molto: ci parlavamo solo se era strettamente necessario o se era in compagnia di Ebony. Durante le giornate ci scambiavamo qualche occhiata fugace qua e là, ma niente di più profondo di quello. 

Mi sistemo per qualche secondo i capelli, cercando di farli sembrare il meno scompigliati possibile, passando le dita attraverso le ciocche nel tentativo di pettinarli.

«Devi vedere qualcun altro?» 

Mi giro sorpresa verso il ragazzo, trasalendo leggermente nel trovarlo appena dietro di me, chinato quanto basta per poter sussurrare al mio orecchio.

«Cerco solo di essere discreta» rispondo rivolgendogli un sorriso falso e spingendolo indietro, facendo leva sulle sue spalle.

«Sistemarti i capelli non coprirà tutto il resto» ribatte, indicandomi il collo con l’indice e sghignazzando.

Mi tocco la pelle involontariamente, fulminandolo con lo sguardo.

«Non guardarmi così, ero piuttosto convinto che ti piacesse quello che stavo facendo» continua lui ammicando.

«La convinzione fotte» ribatto, guardandolo con aria di sfida e sorridendogli maliziosamente.

Si lascia uscire una risata e abbassa la testa, passandosi una mano sulla nuca. Soddisfatta della reazione in lui suscitata, esco dalla stanza, chiudendomela dietro alle spalle proprio prima che lui potesse fare la stessa cosa.

Cammino per la palestra in cerca della sorella del ragazzo per aiutarla a finire gli ultimi ritocchi dell’albero di natale fai-da-te. Dovevo dire di essere piuttosto soddisfatta di come era uscito: non era di certo un albero convenzionale, ma almeno aveva un qualcosa che ci assomigliasse e che portava un po’ di “magia del natale” con sé.

«Finalmente ti ho trovata!» esclamo, non appena vedo Mali indaffarata a pulire le scalinate. Faccio una corsetta per raggiungerla e le scompiglio i capelli.

«Giù le mani!» dice ridacchiando, appoggiando la scopa al muro per combattere contro le mie mani. «Come mai così contenta? Voglio dire, finalmente, però sai, non ci sono abituata a vederti senza il tuo solito broncio.» 

La guardo indignata, alzando le sopracciglia e lasciando cadere la mascella, appoggiandomi le mani sul cuore, fingendomi ferita.

Sapevo benissimo che da quando ero arrivata, la mia unica e monotona espressione era corrucciata, semplicemente perchè era quella che avevo tenuto per oltre un anno della mia vita. Ora però sembrava che tutto stesse andando per il verso giusto e sicuramente l’aver ritrovato Ebony ha aiutato in questo processo.

«A che punto sei messa?»  le chiedo non appena riprende in mano la scopa. 

Domani sarebbe stata la vigilia di Natale e volevo riuscire a rifinire gli ultimi dettagli in tempo per poterlo portare al centro della palestra domani sera. Mancavano poche ore alla cena e se fossimo riuscite a finire tutto ciò entro la mezzanotte sarebbe stato magnifico, anche se la vedevo dura dato che dopo cena rimanevo sempre con i bambini finché non si addormentavano e il loro orario variava di giorno in giorno.

«… ho appena iniziato, Kayla. Ti facevo più brillante, sai?» risponde Mali, facendo cenno con la mano libera che era al primo gradino delle scalinate.

«Okay, ti aiuto, dai, vado a prendere una scopa.» Non le lascio il tempo di rispondere che mi sono già incamminata verso uno dei piccoli ripostigli della grande palestra. Dopo tre mesi ormai avevo imparato a orientarmi bene o male.

Rivolgo dei sorrisi accomodanti ad alcune delle persone che incontro per il percorso, ricevendone altrettanti di risposta. Non potevo dire che ora mi accettavano completamente, ma era come se fossimo scesi al compromesso di non guardarci in cagnesco.

«Ciao, Wayne.» Passo una mano sulla spalla del ragazzo, facendolo voltare nella mia direzione.

«Ehi.» Nonostante la stanchezza presente sul suo viso, i suoi occhi si illuminano e gli spunta un sorriso sulle labbra.

«Com’è andata?» gli chiedo, lasciando cadere la mano e appoggiandomi allo stipite della porta della stanza in cui è appena entrato per appoggiare lo zaino.

«Devo dire che è molto meno stressante uscire con una macchina» scherza e si passa una mano sul viso, facendola salire fino ai capelli chiari per ravvivarli. «Non credo che ti ringrazierò mai abbastanza per questo.»

Scuoto la testa divertita, incrociando le braccia al petto. «È sempre un piacere!»

«Sai, è bello vederti così spensierata, finalmente.» Mi coglie alla sprovvista lanciandomi qualcosa che faccio appena in tempo a prendere al volo. «Ho trovato questo in giro, ho pensato potesse essere un regalo di Natale carino per i bambini.» 

Esamino l’oggetto avvolto in un fazzoletto e scopro essere una tavoletta di cioccolato. Controllo la scadenza e scopro con piacere che è ancora edibile. Gli rivolgo un altro sorriso, pensando sia a ciò che ha detto, sia al pensiero gentile che ha avuto, anche se lui non lo vede, perchè indaffarato a riordinare sul tavolo gli altri oggetti utili trovati.

«Non sarà l’unica bella sorpresa che avranno» sussurro tra me e me, pensando all’albero di Natale. 

«Che stavi facendo?» mi chiede dopo qualche istante di silenzio, ognuno perso per i propri pensieri.

«Ah, giusto, devo tornare da Mali, le avevo detto che l’avrei aiutata a pulire le scalinate.» Wayne si avvicina e mi scruta per qualche secondo in viso.

«Lo sai che lo intendo veramente quello che ho detto prima.»

Decidendo di oltrepassare per una volta tutte le barriere costruite attorno a me e lo stringo in un abbraccio. È soprattutto grazie a lui se oggi sono qua e di questo non potevo che essergli grata, nonostante all’inizio gli avrei volentieri mangiato la testa per avermi fatto un’offerta del genere. 

«Lo so.»

Wayne ci impiega qualche secondo a ricambiare l’abbraccio, probabilmente sconvolto dal fatto che sia stata mia l’iniziativa.

«Sai, non credevo che avrei mai visto il giorno in cui questo sarebbe successo!» Mi stringe tra le sue braccia e appoggia il suo mento sulla mia testa.

«Non è la prima volta che ci abbracciamo.»

«Lo so, ma le altre volte ero sempre io a farlo e non per dei bei motivi.» Appoggio la fronte alla sua spalla, nascondendo un sorriso. Allento la presa e sciolgo l’abbraccio, tirandogli un pugno leggero sul petto, ridendo.

«Grazie» dico, caricando una sola parola di tanta gratitudine e rispetto per il ragazzo davanti a me. 

***

Vengo svegliata da un insistente scossone del mio braccio e da una vocina che continua a pregarmi di svegliarmi.

«Che c’è?» Stringo gli occhi un paio di volte, aprendoli poi lentamente per abituarmi alla luce che entra dalle vetrate proprio dietro di me.

«Sta nevicando!»

Mi sistemo seduta e mi accorgo di essere circondata da Ebony, Margaret, Matthew e Dylan, con la prima che per poco non mi stacca un braccio dalla frenesia.

Lancio un’occhiata alla finestra, accecata per qualche istante dalla luce bianca del cielo, per poi scoprire dei pallini bianchi scendere giù dalle nuvole.

Distolgo lo sguardo dalla magnifica vista per controllare l’orologio al mio polso, trovato qualche giorno fa da Wayne. Sono appena passate le sette del mattino.

Come per istinto poi, i miei occhi si posano proprio sulla figura di Wayne, qualche scalino più in basso di noi, ancora addormentato.

«Possiamo andare fuori a giocare?» mi chiede Margaret, riportando la mia attenzione sui quattro bambini ai miei lati.

«Non ora» rispondo distrattamente, ignorando i lamenti che ne derivano. «Prima di pranzo andiamo tutti insieme sul tetto, d’accordo?» Questa volta ricevo degli esulti, seguiti da un mio sorriso sincero.

Torno a guardare i fiocchi di neve scendere copiosi sull’asfalto e sul tettuccio della macchina parcheggiata all’interno del cortile della palestra, notando che si è già creato un notevole strato.

«Ragazzi, restate qui. Io vado da Wayne» avviso i bambini, non ricevendo alcuna risposta perchè troppo incantati davanti alla finestra.

Mi alzo in piedi, impiegando qualche minuto per stiracchiarmi il corpo ancora addormentato, poi scendo i gradini e arrivo a fianco del corpo di Wayne. Mi abbasso alla sua altezza, appoggiandomi sulle ginocchia. Gli scuoto delicatamente il braccio sinistro chiamando il suo nome per qualche volta prima di ricevere un suo segno di vita.

Stira le braccia oltre il suo corpo e strizza gli occhi, si passa entrambe le mani sul viso un paio di volte prima di aprire gli occhi e alzarsi su un gomito.

«È successo qualcosa?» mi chiede con un tono di voce allarmato, sebbene ancora impastato dal sonno.

«Niente di cui preoccuparti, a parte il fatto che sta nevicando» replico sorridente, vedendo la sua espressione cambiare radicalmente.

«Sei seria?» Annuisco più volte e gli faccio segno di seguirmi mentre scendo le scale di corsa con lui che ancora si deve alzare in piedi.

Lancio un ultimo sguardo alle mie spalle per vederlo raggiungere le scale, mentre io sparisco dietro l’angolo del corridoio diretta verso la porta di ferro che porta al tetto.

Aspetto qualche istante, fino a quando non lo vedo apparire, apro la porta e la chiudo dietro alle sue spalle. Prendo un cappotto dall’attaccapanni affisso alla parete e glielo passo, indossandone uno anche io subito dopo.

Saliamo le scale in silenzio e raggiungiamo il tetto in pochi secondi: non appena Wayne apre la porta sento un’ondata di freddo penetrare fin dentro alle ossa e devo coprire gli occhi con una mano per abituarmi alla luce accecante del cielo. Stringo bene il cappotto al mio corpo, indossando il cappuccio e superando il ragazzo con il viso rivolto verso l’alto.

Sento la neve cadere sulle mie guance, fredda ma piacevole e apro la bocca proprio come una bimba per assaggiarla.

«Kayla, sei un genio!» Wayne mi indica con un dito, io lo guardo stranito.

«Grazie…?»

«Aiutami» mi ordina, dopo essersi guardato intorno per qualche secondo. Mi prende la mano e mi trascina giù per gli scalini e poi mi passa un vecchio bidone inutilizzato. Lo guardo confusa.

«Possiamo raccogliere la neve» mi spiega velocemente, prendendo due bidoni e portandoli sul tetto.

«Oh, mio Dio! Sono un genio!» dico ridendo e ringraziando la sua intelligenza.

Appoggiamo i bidoni per terra, raccogliendo un po’ di neve da terra per fissarli al terreno. Facciamo ancora un paio di scale per portare di sopra tutti i bidoni presenti nel piccolo stanzino, cercando di fare il tutto in silenzio e senza troppo rumore, per evitare di svegliare le persone che ancora dormono.

Dopo aver finito, restiamo a guardare la neve copiosa scendere davanti ai nostri occhi con un braccio di Wayne che mi circonda le spalle ed entrambi con un sorriso a trentadue denti stampato sulla faccia.

«Ritiro tutti gli insulti mentali che ti ho tirato per avermi svegliato» dice, scompigliandomi i capelli. Gli tiro uno schiaffo sul braccio e gli faccio la linguaccia.

«Non c’è di che!»

Pensandoci, mi è venuto completamente naturale svegliare qualcuno per condividere quel momento. Oramai mi sento veramente in famiglia con queste persone e in famiglia si condivide tutto o quasi. 

È per me una cosa completamente nuova, però. Prima l’unica persona su cui mi dovevo basare per tutto era me stessa. Ora avere qualcuno di cui fidarsi, finalmente, su cui appoggiarsi per condividere cose anche stupide come la neve era una bella sensazione che non provavo da tantissimo tempo.

«Ragazzi, che ci fate qui sopra?» Io e Wayne ci voltiamo all’unisono, trovandoci faccia a faccia con Travis.

Wayne gli fa cenno con una mano dietro di noi, dove abbiamo piazzato i diversi bidoni e gli chiede se c’è qualche altro contenitore in giro per la palestra, in modo da riuscire a raccogliere più neve. Travis annuisce e ci fa strada per le diverse stanze dell’edificio, aiutandoci a portare sul tetto tutto ciò che riusciamo a trovare.

«Avete avuto proprio una bella idea voi due» esordisce una volta tornati dentro, mentre io e Wayne ci togliamo i giubbotti indossati prima.

«Il merito è tutto suo» rispondo indicando il ragazzo al mio fianco. Per tutta risposta, alza le spalle e si passa una mano sulla nuca, mentre l’altra la infila nella tasca dei pantaloni.  «Dipende da quanto nevica, ma dovrebbe bastare per almeno una settimana.»

«Era proprio il miracolo di cui avevamo bisogno.» Noto le occhiaie sul viso stanco di Travis e mi chiedo come faccia ad avere sempre una soluzione positiva a tutto ed avere l’energia e mentalità adatta per guidare questo gruppo.

Wayne si congeda, dicendo che deve controllare il calendario spedizioni e sistemare le provviste trovate ieri.

«Travis, va tutto bene?» gli chiedo con aria preoccupata quando lo vedo sedersi stanco su una sedia nel corridoio.

«Niente di cui preoccuparsi» risponde agitando una mano con nonchalance. «Davvero, Kayla, tranquilla» continua, avendo notato il mio sguardo non molto convinto.

«Se hai bisogno che ti prenda qualcosa fuori, basta una tua parole e vado-»

«Rilassati, Kayla. È l’età» mi interrompe, sdrammatizzando la situazione con una risatina. Dopo qualche istante si alza e gli sto a fianco per tutto il tragitto dal corridoio fino alle scalinate.

«Posso chiederti una cosa?» Lui annuisce, facendomi cenno di continuare. «Come fai a rimanere sempre così calmo e a trovare sempre le soluzioni migliori per tutti?» Travis mi lancia un sorriso di chi la sa lunga.    

«Tutto proviene dalla giusta mentalità, rispetto e fiducia. Bisogna essere positivi, è un obbligo ormai, altrimenti non resta niente, neanche la speranza di potercela fare in questo mondo.» Saluta un paio di membri del gruppo svegli. «E poi, c’è una fiducia reciproca, capisci? Io mi fido di voi e voi di me, so ciò che siete in grado di fare e questo mi basta per affidarmi a voi come voi vi affidate a me.»

Mi prendo qualche istante prima di replicare, lasciando che tutto il suo discorso si assimili bene dentro di me. Già all’inizio avevo capito perchè avevano scelto lui come loro “capo”, ma ora era più che evidente.

«Non è sempre tutto così facile come sembra, so che tu lo sai bene adesso, Kayla. Ma capisci che ora come mai, essere tutti uniti è ciò che fa la differenza e io posso dire di avere trovato una nuova famiglia, oltre a quella che sono abbastanza fortunato da avere ancora.» Lancia uno sguardo a sua moglie e sua sorella sulle scalinate più vicino al portone; vedo i suoi occhi luccicare. «Ci saranno sempre momenti difficili da superare, ma ho la vostra garanzia, quella del gruppo che siamo, che riusciremo sempre a trovare una soluzione.»

Mi pizzicano gli occhi e sento un groppo in gola alle sue parole. 

«Sei un uomo veramente meraviglioso.»

«Adesso basta, ho già rubato fin troppo del tuo tempo. I bambini ti stanno aspettando e sai già quanto loro ti adorino.»

Ebony, Margaret, Dylan e Matthew sono seduti in cerchio al centro della palestra che parlano tra di loro animatamente.

«Buona Vigilia, Travis.» Lo saluto, stringendogli una spalla.

Forse aver trovato Wayne quel giorno su quel tetto è stato il vero miracolo di cui avevo bisogno.

***

«Chiudete tutti gli occhi!» Mali urla sopra il vociare di gente raggruppato sul pavimento della palestra. «Lynton, ti vedo che sbirci!»

Dopo aver cenato e aspettato che le persone che avevano il turno per riordinare la mensa finissero il loro lavoro, Mali si è occupata di far confluire tutti in palestra. Mancavano pochi minuti alla mezzanotte e voleva portare proprio al centro l’albero di Natale per fare una sorpresa a tutti.

Di solito, mi ha raccontato, si riunivano tutti lì e parlavano del più e del meno, giocavano a qualche gioco come “Preferiresti…?” e così passavano la loro serata aspettando il Natale; nonostante non tutti lo festeggiassero, era comunque un modo diverso di passare il loro tempo. 

«Mamma, ti vedo! Non hai il privilegio di guardare, è una sorpresa anche per te!» la riprende Mali, facendo ridere la donna e Calum al suo fianco. Adesso capivo da chi avevano preso il loro bel sorriso.

Dopo essersi assicurata completamente che tutti quanti avessero gli occhi chiusi, mi raggiunge in corridoio. Insieme solleviamo la struttura e la portiamo al centro della palestra. Sarebbe stato carino avere delle lucine da appenderci, ma non siamo state così fortunate da trovarne in giro. Nonostante questo, la luce calda del falò crea un’atmosfera quasi mistica.

«Ora potete aprire gli occhi!» 

Quasi subito l’intera audience scoppia in un boato e in un applauso, tutti quanti con dei sorrisi meravigliosi sul viso.

«Adesso ho capito perchè sparivi sempre» dice Calum alla sorella.

«Io invece devo ancora capire dove sparisci tu» ribatte pronta lei ridacchiando e incrociando le braccia al petto. Calum fa spallucce e mi lancia uno sguardo veloce, sapendo benissimo che quando spariva era con me.

Distolgo lo sguardo e mi avvicino a mia sorella, guarda caso proprio di fianco al ragazzo in questione.

«Cantiamo le canzoni di Natale?» mi chiede Ebony, mettendodosi in ginocchio davanti a me con le mani unite in preghiera.

«Sei sempre stata tu quella che sapeva cantare, non io» rispondo ridacchiando, sedendomi in mezzo a lei e Calum.

«Ti prego!» Scuoto la testa più volte, non cedendo alle sue suppliche. Dopo qualche istante, allora, decide di prendere iniziativa e comincia a cantare, con un sorriso che le raggiunge gli occhi non appena Mali e Calum si uniscono a lei e poco dopo si innalza un coro, che ricrea quell’atmosfera natalizia che ormai sembrava non esistere più in questo nuovo mondo in cui vivevamo.

Incrocio le gambe e appoggio le mani dietro la mia schiena, godendomi quel momento magico che sembrava quasi un sogno dal quale non mi sarei mai voluta svegliare, con tutto ciò di cui avevo bisogno esattamente qui con me.

Mentre lentamente si creano dei piccoli gruppetti di persone, rimane ancora una melodia sospesa nell’aria e nel tempo. 

Dev’essere passato qualche minuto ormai, tutti trascorsi in compagnia dei miei pensieri nella testa - alcune abitudini erano difficili da mandare via - e mi accorgo che al gruppo iniziale di Mali, Calum, loro madre, Ebony e me, si sono aggiunti anche Wayne, Olivia e Margaret. Ebony è al centro della conversazione, parla animatamente e improvvisamente mi accorgo come lo sguardo dei partecipanti si alterni da lei a me. Incuriosita, scuoto la testa e ritorno al mondo reale, cercando di carpire quale sia l’oggetto di tale conversazione.

«Okay, tesoro, penso che possa bastare-» intervengo non appena mi accorgo che sta raccontando a tutti quanti la mia vita amorosa di quattro anni fa.

«Ho appena iniziato! E, comunque, Jonas era il peggiore-»

«Okay, non siamo qui per parlare dei miei ex. E poi, come cavolo fai a ricordarteli tutti? Avevi cinque anni!» Mi copro la faccia, cercando di non far notare il rossore sulle mie guance.

«Beh, al suo contrario, io sono molto interessato ai suoi ex, quindi vai pure avanti» dice Calum, fin troppo divertito dall’intera faccenda.

«Devo dire che tu mi piaci.» Scoppio in una risata nervosa e fragorosa non appena sento ciò che dice Ebony.

«Noi… Noi non stiamo insieme» provo a fare uscire tra una risata e l’altra, cercando di riprendere fiato nel mentre.

«… anche se pensavo che avrebbe scelto Wayne, mi sembra più il suo tipo...» continua lei, ignorandomi completamente e aumentando l’ilarità generale del gruppo, perfino della madre di Calum.

«Okay, qualcuno la zittisca, vi prego.» 

La conversazione passa ad un altro argomento e con sé passano i minuti velocemente. Mi è mancato avere dei momenti di questo genere, dove siamo completamente incuranti di tutti i problemi che abbiamo e che ci circondano. L’unica cosa importante è ora: essere qui e adesso, in questo preciso istante. Una delle poche cose positive della situazione fuori è che bisogna cogliere l’attimo di ogni istante, di ogni evento, anche quello che sembra il più insignificante.

Mi ero così persa, questa volta ad ascoltare l’assurdo dibattito in corso tra Wayne e Mali su come il cioccolato fondente sia più buono di quello bianco, che mi accorgo solo ora di essere appoggiata alle gambe di Calum e le sue mani posate sulle mia spalle, con i pollici che si muovono su e giù sul maglione di cotone di fortuna che indosso.

Mi volto verso di lui quanto basta per vedere il bellissimo sorriso che gli adorna il viso e, per una volta, decido di non scansarmi dalla sua presa, che sembra quasi rassicurante.

«Scusate, vorrei rubare per qualche istante la vostra attenzione.» Travis si schiarisce un paio di volte la voce, alzandosi in piedi per attirare l’attenzione di tutto il pubblico.

Ci voltiamo verso di lui, aspettando curiosi le sue parole. Nel frattempo, sento un freddo improvviso alle spalle e mi accorgo che Calum ha tolto le sue mani dal mio corpo per appoggiarle dietro di lui. 

«Prima dei desideri di mezzanotte, volevo far sapere a tutti voi che, grazie a Wayne e Kayla, per ancora una settimana non dovremo cambiare la nostra dimora-»

«Ringrazia la neve, non noi, Travis!» lo interrompe proprio Wayne, facendo partire l’ilarità del gruppo. Travis scuote la testa ridendo.

«D’accordo, passiamo avanti. Kayla e Ebony, siete le ultime due arrivate in questo gruppo» riprende l’uomo, facendo un breve cenno a me e mia sorella. Le teste degli altri si voltano tutte nella nostra direzione.

Cambio la posizione in cui mi trovo in modo irrequieto, allontanandomi dal corpo di Calum di qualche centimetro e incrociando le braccia al petto, evitando i troppi sguardi presenti sulla mia figura. Ebony, invece, è a completo agio, sorride e la vedo stringere forte la mano a Margaret, che è diventata ormai la sua migliore amica. Alla loro vista, rilasso le spalle contratte e prendo un respiro profondo.

«Ogni anno, qualche istante prima della mezzanotte di Natale, ci riuniamo qui, in questo spazio e ognuno di noi esprime un suo desiderio nella propria mente.» Travis spiega calmo, aprendo le braccia per indicare quella che poche ore fa ha chiamato la sua “nuova famiglia”. «Non è niente di eclatante, ma per noi è una tradizione speciale ormai. Se vi va, potete unirvi a noi quest’anno.»

«E se scrivessimo i nostri desideri sull’albero di Natale?» propone Ebony appena Travis ha finito di parlare.

«Questo sarebbe nuovo.»

«Io ci sto!»

«Non ci penso neanche.» Stringo la mascella al commento pungente di Elyse, che attiva la mia parte protettiva nei confronti di Ebony.

«Io dico che ognuno può fare ciò che più preferisce. Ebony, è stata una tua idea, a te l’onore» Lynton porge un pennarello indelebile alla bimba e lei lo accetta subito, senza pensarci due volte. Sicura di sé si dirige verso l’albero e comincia a scrivere. 

«Chi è il prossimo?» chiede non appena ha terminato di scrivere a voce alta. 

Una signora sulla cinquantina si alza e imita Ebony, porgendolo poi a un altro ragazzo e così via.

«Tu non vai?» mi chiede Calum sussurrandomi all’orecchio, facendomi trasalire e rabbrividire allo stesso tempo.

«No, non credo.»

Io e mia sorella siamo persone completamente diverse. Certo, l’età gioca un grande ruolo, ma siamo l’opposto l’una dell’altra. 

Io volevo tenere il mio desiderio per me stessa, così come ho sempre fatto; forse perchè lo considero inutile, stupido ma allo stesso tempo spero ingenuamente possa avverarsi.

Io desidero che ci possa essere un futuro migliore. Per me, per Ebony, per loro.

***

Il silenzio della stanza viene rotto dai nostri respiri ancora accelerati e l’unica luce presente è quella che entra dalla finestra. I nostri corpi sono distesi l’uno di fianco all’altro, le nostre braccia si toccano.

Mi prendo abbastanza tempo per far tornare il ritmo del mio respiro e il mio battito cardiaco regolare, prima di mettermi seduta e spostarmi i capelli sciolti dietro la schiena, lasciando che la coperta che ci copre entrambi cada fino al mio bacino, scoprendo il mio corpo ancora nudo e causandomi una scia di brividi sulla pelle appena scoperta.

«Non devi andare per forza.» Calum poggia una mano alla base della mia schiena e la fa scorrere su per tutta la spina dorsale, arrivando fino alla spalla sinistra e spostando i miei capelli sulla spalla opposta.

Si mette seduto, cingendomi il ventre con il suo braccio e lasciandomi un bacio umido sulla spalla scoperta, aumentando i miei brividi. Il mio sguardo rimane fisso davanti a me, mentre le mie mani cominciano a giocare tra di loro sulle mie gambe. Lentamente, Calum fa una leggera pressione per farmi tornare alla posizione di poco fa: decido di cedere e mi faccio guidare dal suo tocco.

Una volta stesi di nuovo, mi sistemo meglio, appoggiando la testa sul suo petto, mentre lui mi tiene vicina a sè con il suo braccio. Con quello libero tira su la coperta fino alle mie spalle: deve aver notato i vari brividi che mi hanno percorso il corpo.

Appoggio la mia mano sul suo addome e distrattamente comincio a tracciare delle linee astratte sulla sua pelle, mentre lui muove la sua mano su e giù sul mio braccio per tenermi caldo, ognuno perso nei propri pensieri. Probabilmente anche lui sta pensando a come diavolo siamo finiti qui.

Dopo qualche minuto, sento le sue labbra sfiorarmi la testa. Blocco i miei movimenti improvvisamente, non aspettandomi un gesto così dolce da parte sua. Non appena mi fermo, vedo affiorare i brividi, questa volta sulla sua di pelle.

«Sei riuscita a trovare qualche edificio?» Sbatto un paio di volte le ciglia che sfregano contro il suo petto. 

«Questo non era esattamente ciò che mi sarei aspettata di sentire da te in questo momento.»

«Cosa, credevi che ti chiedessi se ti fosse piaciuto? Non ho bisogno di chiedertelo per capirlo.» 

Mi alzo su un gomito guardandolo con le sopracciglia alzate, perplessa. «Cosa ti rende così sicuro?»

«Non saresti tornata da me dopo la prima volta.» Apro la bocca alla sua spavalderia.

«Vorrei precisare che sei stato tu a cercarmi la seconda volta.»

«Hai iniziato tu a togliermi i vestiti di dosso.»

«Non è vero.» Questa volta è il turno di Calum di guardarmi con le sopracciglia alzate.

«Sai, non c’è niente di male ad ammettere di voler fare del buono e sano sesso.» Scuoto la testa troppo divertita dall’intera situazione.

«Non è questo il punto.»

«Sì che lo è. Dai, torna qui giù che ho freddo.» Calum continua ad accarezzare il mio braccio e dopo qualche secondo, decido di ascoltarlo e torno alla posizione precedente, con la testa di nuovo sul suo petto.

«Ne ho trovato uno» esordisco una volta tornata la quiete nella stanza. Il silenzio del ragazzo mi fa capire di averlo preso un attimo alla sprovvista, dopo che io avevo cambiato l’argomento iniziale qualche minuto fa. Sento per la seconda volta le sue labbra lasciarmi un bacio tra i capelli.

«Non appena smette di nevicare, possiamo andare a controllarlo.» risponde, la voce più bassa di prima.

«Facciamo coppia fissa adesso?»

«Perchè, hai qualcosa in contrario?»

«Fidati, ci sono almeno mille motivi per cui io sia contraria alla cosa» replico, tornando a concentrare la mia attenzione sul movimento del mio indice sul suo addome, tracciandone con calma le linee definite.

«Uno di questi è sicuramente il fatto che io sia affascinante e perciò ti distrarresti troppo.»

«Questo non è decisamente uno dei punti della lista.»

«Beh, è parte della mia lista.»

«Ah, quindi ne hai una anche tu?» Scoppiamo entrambi a ridere, il petto di Calum che vibra proprio sotto il mio orecchio. 

«Sono felice che tu abbia deciso di rimanere con noi alla fine» confessa Calum, questa volta serio, mentre con l’altra mano mi sposta i capelli via dal viso, facendo passare le dita tra le ciocche.

«Non mi sembravi molto felice all’inizio, dato che mi hai puntato una pistola contro...»

«Lo avresti fatto anche tu.»

«Touchè.»  Lascio titubante un bacio umido sul suo petto. «E comunque lo dici solo perchè abbiamo appena fatto sesso.»

«Mi sottovaluti troppo, tu.» Per tutta risposta, faccio spallucce, lasciandomi scappare una risatina.

La stanza torna di nuovo nel silenzio, i nostri corpi che ormai compiono gesti in modo quasi automatico, come fosse una routine al quale sono ormai abituati, come se fosse la cosa più naturale e spontanea al mondo.

«Forse dovremmo tornare di là» dico in un sussurro, facendo tornare i brividi sulla sua pelle. Calum stringe di più la presa attorno al mio corpo, molto più piccolo rispetto al suo muscoloso, dandomi un senso di protezione che non sentivo più da tanto tempo. E allora cedo alla sua richiesta taciturna, lasciandomi cullare dal suo calore corporeo e dal suo tocco leggero e rassicurante.

Sbatto un paio di volte le palpebre e apro gli occhi confusa. Ci impiego qualche istante per capire dove mi trovo, poi sento la mia testa alzarsi e abbassarsi ritmicamente e ricordo di essere ancora con Calum.

«Oddio, quanto ho dormito?» sussurro tra me e me, cercando la luce della finestra per cercare di capire che ore sono.

«Dieci minuti, circa.» Trasalisco non appena sento la sua voce, ora profonda, non aspettandomi di trovare Calum sveglio. «Avevi bisogno di quei minuti per poter tornare di là senza addormentarti nel tragitto.» 

Mi lascio andare a un sospiro di sollievo, rilassando immediatamente i muscoli, accorgendomi di averli contratti nel mentre. Sento il ragazzo sotto di me muoversi, allora decido di mettermi seduta, lasciandogli spazio per farlo, sentendo subito il freddo della stanza percorrermi tutto il corpo e penetrare fino alle ossa. Calum si stiracchia da seduto, poi mi passa i vestiti, aiutandomi a rimettermi il maglione che indossavo prima che tutti i nostri vestiti finissero sul pavimento.

«Ci vediamo domani» dice, questa volta lasciando trasparire tutta la sua stanchezza nel suo tono di voce.

«Tu non vieni?»

«Ancora qualche minuto.» 

Annuisco, passandomi una mano tra i capelli e alzandomi in piedi, chiudendo le braccia attorno al mio corpo per tenermi al caldo. «Buona notte.»

«Lo è stata.»

   
 
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