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Autore: SusanTheGentle    21/07/2019    5 recensioni
Ricordo il periodo delle medie…
Nella mia scuola c’era un ragazzo che non parlava quasi con nessuno. Era diverso da tutti i miei compagni, privo di quell’aria anonima tipica degli studenti della Toho, la carnagione un po’ più scura di un comune giapponese, come se avesse passato tutta la vita sotto il sole. E, come il sole, brillava di luce propria. Fu per questo che attirò la mia attenzione.
Lui spiccava prepotente tra la folla, simile a un felino dentro un recinto di pecore tutte maledettamente uguali.
Genere: Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danny Mellow/Takeshi Sawada, Ed Warner/Ken Wakashimazu, Kojiro Hyuga/Mark, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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15. Piani di conquista 




Darren Grant richiuse la cartelletta blu scuro contenente gli appunti del discorso che avrebbe tenuto alla festa dello sport (1). Era pressoché identico a quello dello scorso anno ma la professoressa Amada riteneva fosse abbastanza esaustivo e perciò non necessitava né di aggiunte né cambiamenti, doveva solo accorciarlo un poco.
In quanto presidente del comitato studentesco, nei periodi in cui la scuola organizzava vari eventi, era sua responsabilità accertarsi di molte cose. Alla Toho era consuetudine che ogni anno fosse una sezione diversa ad occuparsi dell’allestimento, perciò era necessario stilare un elenco degli aspiranti organizzatori, dividere i compiti e dirigere insieme i lavori da svolgere. 
Ogni giorno, al termine delle lezioni, lui e gli altri membri del comitato studentesco si riunivano come piccoli adulti per parlare delle disposizioni da prendere in merito ai turni di pulizia, eventuali segnalazioni agli insegnanti sulla manutenzione dentro e fuori della scuola, raccogliere il denaro per gite o uscite didattiche e coordinare i festival scolastici.
Essendo Darren il miglior studente della Toho, non ci si aspettava nient’altro da lui se non che svolgesse il ruolo di presidente più che egregiamente. I compagni lo guardavano con ammirazione, soprattutto i kohai. 
Sistemò ordinatamente sul banco i libri per la prima lezione del lunedì mattina, quando la sua compagna di banco entrò in classe e gli sette accanto.
«Buongiorno, Milly-san. Hai passato bene il weekend?» domandò con garbo Darren.
«Abbastanza bene, grazie. Ho studiato per il compito in classe di questa settimana»
«Caspita: passare il sabato e la domenica a studiare… Quasi quasi non lo faccio neppure io» 
Milly afferrò la sfumatura sarcastica e gli restituì un sorriso pacato. «Ho dovuto: temo di non essere abbastanza preparata. Sai, ho diverse cose per la testa» 
«Hai ancora problemi con la tua amica Kira?»
Milly sospirò, aprendo il libro di inglese. «Un po’. Abbiamo avuto una discussione amara la settimana scorsa. Ma negli ultimi giorni le cose sono andate meglio»
Milly Benson era una ragazzina timida e insicura. Inizialmente, Darren non l’aveva trovata un minimo interessante ma col passare del tempo aveva visto in lei qualcosa di affine. Lui non era una persona insicura come si poteva supporre: la sua pacatezza, la padronanza di sé, erano il punto forte su cui faceva leva per ottenere il rispetto degli altri. Non avrebbe mai fatto niente per mettere in pericolo la propria reputazione, piuttosto sarebbe morto mordendosi la lingua.
Milly era come lui ma, sfortunatamente, non era equipaggiata né di freddezza né di furbizia; non possedeva altre armi oltre l’autocommiserazione e non aveva minimamente idea di come costruirsene. In questo, Darren sarebbe stato più che disposto a darle una mano se lei ne avesse data una a lui.
«Vorrei poter dire di essere contenta di come vanno le cose, invece non lo sono» proseguì lei. «Sai, ho chiesto a Kira-chan di smettere di vedere Lenders, almeno al di fuori delle ore scolastiche»
Darren capì che aveva seguito i suoi consigli. Bene. «Brighton si sta impegnando a restare fedele al patto?»
Milly fece un cenno vago con la testa che non volle dire sì e neppure no. «È un grande sforzo per lei»
«Sì, lo immagino. Da quello che si dice in giro, sono molto legati»
«È così»
Rimasero in silenzio. Milly strinse le mani sulle ginocchia, lo sguardo rivolto ad esse. Darren picchiettava con le unghie sulla superficie liscia del banco. I penetranti, sottili occhi neri di lui si fissarono in quelli lacrimosi della compagna. 
«Avanti, Milly san, su col morale. Senti, se vuoi posso darti una mano»
«N-non vedo cosa tu possa fare, Grant. E poi ti ho già disturbato abbastanza con le mie sciocche confidenze»
«Ognuno di noi crede che i suoi problemi siano i problemi del mondo. È normale». Le porse un fazzoletto di stoffa immacolato che lei accettò. «Ti aiuterò, a patto che tu aiuti me»
Milly lo guardò, accettando il fazzoletto. «Ti sarei molto grata, e sarei felice di fare qualcosa per ricambiare la tua gentilezza ma... non capisco perché ti interessano tanto questa faccenda» 
«Perché mi interessa Kira. Te l’ho già detto». Darren abbozzò un sorriso che non volle essere ironia, solo soddisfazione. Milly stava valutando la proposta senza sapere di aver già accettato.
«C-cosa dovrei fare, secondo te?» chiese, incerta.
«Tanto per cominciare, combinami un appuntamento con la Brighton»
Milly arrossì. «V-vuoi un appuntamento con Kira? Non credevo ti piacesse fino a questo punto»
«Veramente pensavo a un’uscita in gruppo: io e la Brighton, tu e Lenders. Potresti chiederle di convincerlo a far coppia con te. Che ne dici?»
«Lo vorrei più di ogni altra cosa». A Milly si arrossarono anche le orecchie. Poi capì. «Vuoi uscire con Kira-chan per far ingelosire Lenders?»
Darren annuì. Ingenua ma non del tutto sciocca. «Non so se lui sia tipo da ingelosirsi, ma con il suo carattere è altamente probabile. Credo che ogni ragazzo provi almeno una punta di gelosia vedendo la ragazza per cui ha interesse uscire con un altro»
«Oh. Quindi, tu sei geloso di Kira-chan perché è uscita con Mark?»
«Un po’» rispose Darren, evasivo. Prese a sfogliare il suo libro, alla ricerca di un foglio scritto che aveva infilato tra le pagine come segnalino. 
«C-credi che lui mi noterebbe?»
«Ci devi provare. Se sei ancora convinta che tra Lenders e Brighton ci sia qualcosa…»
«Lo sono»
«Allora devi plasmare quel rapporto a tuo piacimento, Milly-san. Qualunque cosa sia adesso, tu puoi impedire che diventi altro. In fin dei conti, mi era sembrato di capire che la loro amicizia sia piuttosto altalenante»
«Beh…l’anno scorso non si sono più parlati per mesi» ammise Milly, ricordando l’accaduto. In quell’occasione, Kira aveva preferito lei a Mark, ma ora…
«Facciamo in modo che litighino di nuovo» continuò Darren. «Mentre io mi occuperò di distogliere l’attenzione di Brighton da lui, tu ti occuperai di accenderla in lui, verso di te»
Milly si morse le labbra, incerta. Tentata dall’illusione proiettata dalle parole di Grant, iniziò a costruire una possibilità che sembrava remota anni luce – ma pur sempre una: se Kira avesse accettato un appuntamento da un altro ragazzo, forse Mark ne avrebbe avuto a male e ciò li avrebbe spinti a discutere di nuovo. A quel punto, lei si sarebbe incastrata fra loro, prendendo il coraggio a due mani per tentare di diventare per Mark quello che era Kira adesso. Doveva portarlo a stancarsi di lei.
Milly era disposta a tutto per stare con lui, a conquistare quella possibilità tanto sospirata, la stessa che a causa dell’amica aveva perduto. Nessuno riusciva a capire il tipo di sentimento che la smuoveva ogni volta che incontrava Mark. Era bello, deciso, stava diventando estremamente popolare: tutto ciò che lei non era. Tutto ciò che non sarebbe mai divenuta con Kira sempre in prima linea. 
Tuttavia…
«È scorretto. Dovrei iniziare ad inventare bugie»
«È necessario» Darren sfilò dal volume il foglio che cercava e richiuse il libro con un tonfo, facendo trasalire Milly. «Devi liberarti dell’avversario se vuoi vincere. Nello sport si fa così, no?»
Sorrise. 



***


«Mio padre era a capo di una piccola impresa come elettricista. Si occupava di manutenzione di impianti e riparazioni. Era un buon impiego, aveva qualche dipendente sotto di sé e gli rendeva bene». Mark teneva gli occhi fissi sull’incarto vuoto del suo panino. La brezza del meriggio soffiava piacevole sul tetto dell’edificio dove lui e Kira avevano deciso di pranzare. Seduti uno davanti all’altra a gambe incrociate avevano ripercorso insieme la giornata di domenica, arrivando inevitabilmente a parlare di quello. «Nell’aprile in cui iniziai la quarta elementare, mio padre cominciò a stare poco bene. All’inizio i medici dissero che non era nulla di serio, solo stress, ma un giorno stette male sul lavoro e mia madre lo portò di corsa in ospedale. Gli diagnosticarono una malattia in fase molto avanzata. Mamma cercò di non perdersi d’animo. Non ricordo di averla vista versare neppure una lacrima davanti a noi, ma so che quando non potevamo vederla piangeva molto. Di notte la sentivo spesso»
«Tua madre è una donna forte» disse Kira con profonda ammirazione. «Quanti anni avevi?» chiese, delicata. La signora Lenders glielo aveva detto ma non lo ricordava. 
«Nove»
«E i tuoi fratelli?» Se aveva fatto bene i conti dovevano essere piccolissimi.
«Teddy cinque, Nathy tre e Matt era appena nato». La voce di Mark perse un tono. «Nutro un profondo rispetto per lei. Non dimenticherò mai la dignità con cui affrontò la situazione. Oltre alla preoccupazione per le condizioni di papà, c’erano un mucchio di cose di cui occuparsi mentre lui era in ospedale. Mamma dovette mandare avanti l’azienda da sola per mesi, badare a noi. In quel periodo non avevamo problemi economici ma la nostra assicurazione non arrivava comunque a coprire il totale delle spese mediche. Mamma non riusciva a retribuire i dipendenti e quelli decisero di licenziarsi per trovare impiego altrove. In più, per aprire l’attività, mio padre aveva chiesto un finanziamento bancario che non era ancora riuscito ad estinguere». Mark serrò i pugni, la mascella contratta. La sua voce riprese volume e si riempì di disprezzo. «Il giorno in cui papà morì, tutta quella gente venne in ospedale a reclamare il suo schifoso denaro. A nessuno fregava un cazzo se stava morendo, se aveva solo trentaquattro anni e un cancro lo stava mangiando dentro. Vennero lì a scusarsi, accanto al suo letto di morte, senza ritegno. Ci fu un momento in cui avrei voluto prenderli e picchiarli fino a vedere quelle facce indifferenti e pietose piene di lividi». Si coprì il volto con una mano, inspirando. «Ovviamente non feci nulla. Ero solo un bambino. Potevo soltanto restare a guardare mia madre disperarsi e mio padre finire i suoi giorni attaccato a una flebo»(2)  
Mark si voltò improvvisamente verso il paesaggio per nasconderle il suo volto. Kira ne osservò il profilo: non c’erano lacrime, ma solo perché era certa che non avesse mai dato libero sfogo ai suoi sentimenti davanti a qualcuno. Mark era forte. Il suo cuore si era indurito in mancanza di alternative.
Lei non fece commenti. Era atroce. Il più giovane dei fratelli non aveva nemmeno avuto il tempo di conoscere il genitore. Frenò la propria lingua prima di commettere la sciocchezza della giornata e porgli la domanda più stupida del cosmo: ti manca? Ovvio che gli mancasse… 
Non seppe che altro dire, così rimase immobile di fronte a lui, allungando soltanto una mano per prendere la sua. Mark non si ritrasse ma continuò a rimanere voltato verso il nulla. 
A disagio, Kira provò a rimediare. «Possiamo non parlarne più se non vuoi»
«Sono io che ho iniziato io a parlarne» 
«Sì, lo so, però non devi sentirti obbligato»
Il ragazzo si passò velocemente la mano libera sul naso, come si fa quando si ha il raffreddore. «Se te l’ho raccontato è perché di te mi fido»
Fiducia. Valeva tanto per lei.
Kira annuì. Non sarebbe stata invadente, lo promise a sé stessa.
«Mark?» Lui non rispose. Lei proseguì ugualmente. Sapeva che ascoltava. «Senti, lo so che noi due bisticciamo spesso, però siamo amici, giusto?»
«Sì»
«Beh, se hai bisogno di qualcosa, io sono qui»
Lui la guardò, un’espressione quasi curiosa sul viso. Fu strano per Kira vederlo intimidirsi, quando invece era sempre così spavaldo e sicuro di sé. In quell’istante le parve un bimbo vergognoso. Quella scena la fece intenerire. 
Impercettibilmente, Mark tenne più stretta la sua mano solo per un secondo. Lei capì che era il suo grazie. 
Rimasero in silenzio per lunghi minuti, ascoltando l’eco delle voci giù nel cortile che il vento trasportava fin lassù. Nuvole grandi e bianche come batuffoli di cotone passavano sopra il sole a gruppi alterni, gettando ombra sul suolo e sul terrazzo. Le mani continuavano a toccarsi, senza stringersi, un semplice contatto che scaturiva conforto e unione. 
Mark non era abituato a questo genere di cose ma fu…piacevole. Poi, quando fu sicuro di non esser più tradito dai propri occhi, rivolse nuovamente l’attenzione su di lei e colse il suo sguardo preoccupato. Kira aveva addosso la stessa espressione di qualche giorno prima. 
«Hai risolto quel problema con la tua amica?» chiese lui, cambiando discorso.
La pattinatrice si grattò una guancia, scostando un filo di capelli svolazzanti. «Ehm, non proprio. Contavo di parlarci ancora oggi e vedere come va». 
Kira non sapeva da dove avrebbe iniziato a spiegarsi, ma la situazione andava sbloccata, nel bene o nel male. Milly l’avrebbe presa malissimo sapendo che era uscita con Mark. Tuttavia, era meglio estirpare subito il dente che farlo marcire, no? Anzi, avrebbe già dovuto toglierlo da tempo…
«Perché me lo chiedi?»
Mark lasciò andare la sua mano e distese le gambe. «Volevo sapere quando smetterò di vederti metter su quello sguardo abbattuto»
«Non sono abbattuta»
«No, sei allegrissima»
Lei sbuffò al suo tono sprezzante.
Durante il pomeriggio al Luna Park, Kira non aveva avuto un secondo libero per pensare a Milly e alle sue gelosie, ma una volta tornata a scuola la tensione era ricomparsa pesante come un masso che le pressava lo stomaco. La disturbava essere preda di quella strana e assurda paura al pensiero di incontrare Milly, e detestava non riuscire ad argomentare senza poter evitare di ripetersi decine di volte. 
«Pensavo che la giornata al Luna Park avesse funzionato» riprese Mark. Il suo tono si era inasprito.
«Ha funzionato. Mi sono divertita molto» rispose lei, guardandolo confusa. «Perché ti sei arrabbiato, adesso?»
«Non sono arrabbiato» borbottò lui, fissando il cielo. 
«Sul serio, Mark, mi è piaciuto un sacco uscire con te»
Lui non ne fu del tutto lieto. «Volevo che ti passasse, non solo che ti divertissi». 
 Kira aggrottò la fronte, facendo scattare la testa per spazzare via una nuova una ciocca di capelli con un gesto deciso. «È una cosa complicata» gli disse, sapendo di suonare sulla difensiva.
La risposta di lei non lo sorprese. Il capitano della Toho la studiò come se sapesse già cosa le passava per la testa. «Mi spiegherai, prima o poi, o dovrò indovinare?»
«Te lo dirò, Mark, promesso. Quando avrò capito come risolverla».
Lui avrebbe voluto sapere ma aveva come l’impressione che tutto sarebbe degenerato in un discorso stravagante in perfetto stile Kira. Così provò a indovinare.
«Ci ho riflettuto un po’. Al tuo problema, intendo» proseguì. «Non è che c’entra quel tizio? Grant?» 
Lei corrugò la fronte. «Grant? No. Perché hai pensato a lui?»
«Perché ti pedina»
«Ah…» Giusto. 
«Stamattina lo hai visto?» domandò di nuovo Mark, sospettoso.
«Lo vedo di continuo» rispose Kira, alzando gli occhi al cielo. «Mi vede, mi saluta, si avvicina, mi dà il buongiorno…e se ne va». Come al solito, ma non era Darren Grant il problema. Era Mark. Ma come poteva accusarlo? Dopotutto non aveva colpe se mezzo universo femminile della Toho aveva una cotta per lui e lei aveva un’amica con le paranoie.
«Se quel Grant dovesse infastidirti sul serio…» 
«Lo so, lo so, mi proteggi tu». Kira sorrise vedendolo arrossire e ringhiare indispettito. Le venne improvvisamente voglia di abbracciarlo ma non lo fece. Lui non avrebbe gradito.
La campana che annunciava la fine della pausa pranzo echeggiò in lontananza, richiamando gli alunni alle attività pomeridiane. 
«Cavolo, è già suonata! Sono super in ritardo!» Kira schizzò in piedi, infilando il contenitore vuoto del bento dentro la sua sacca senza chiuderlo bene. «Oggi dovevamo essere alla palestra del palaghiaccio dieci minuti prima!»
Mark la guardò con espressione vacua. «Oca. Se lo sapevi che ti sei fermata a fare?»
Kira gli allungò una gomitata. «La colpa è tua se me ne sono scordata. Ero troppo presa dal tuo discorso»
Recuperarono le cartelle dalla classe e schizzarono via veloci, ognuno verso la propria area prediletta: campo da calcio e palaghiaccio. La ragazza stava già imboccando la curva in fondo al cortile ovest quando Mark la richiamò all’ultimo istante.
«Aspetta, ragazzina! Dimenticavo di dirti una cosa»
Lei frenò coi talloni, facendo una giravolta su se stessa. «Sbrigati, o Kanagawa mi strangola»
«Oggi è il mio turno di riordinare gli spogliatoi». Mark si bloccò, incerto se continuare a spiegare quello che avrebbe voluto dirle.
Ma Kira lo intuì. «Non fa niente» gli sorrise. «Non devi per forza accompagnarmi tutti i giorni»
«Sicura?»
«Sì»
Mark fece un’espressione strana. Lasciò dietro di sé il campo per raggiungerla. «Senti…»
«Guarda che fai tardi»
«Stai zitta un attimo». Respirò. «Non me ne frega granché se facciamo la strada insieme o meno. Non è questo». Dannazione, non era bravo coi lunghi discorsi. «Voglio dire, mi piace chiacchierare con te per strada ma non è indispensabile che diventi un’abitudine, va bene anche se lo facciamo una volta ogni tanto. E…» abbassò la testa per permettere ai capelli di coprirgli gli occhi. Gli veniva più facile così. «…puoi metterci tutto il tempo che vuoi a risolvere le cose con la tua amica, basta che non ricominci a prendere le distanze».
«Non le sto prendendo» affermò lei con pacata convinzione. «Non le prenderò» 
Mark rialzò il capo. Un raggio di sole filtrò tra i suoi capelli scuri rendendoli corvini, lucidi come il manto di un felino.
Se non lo avesse da tempo classificato come parte di una sottoclasse dell’ordine dei primati, Kira sarebbe stata costretta ad ammettere di capire perché Micchan avesse una cotta per lui. Ma il fatto che lo considerasse più un gorilla che un uomo la salvava dall’esporre un giudizio.
«Ora devo correre». Kira scattò indietro, salutandolo e sparendo oltre la curva.
A discapito delle sua aspettative all’inizio di quell’anno scolastico, il suo rapporto con Mark non si era soltanto risanato ma si stava evolvendo in qualcosa di solido dove anche la fiducia giocava un ruolo importante.
Bisognava mettere ordine in quella storia. Continuando così non mentiva solo a Milly ma anche a Mark, e mentire a lui era l’ultima cosa che voleva dopo essere divenuta depositaria di una parte del suo cuore. Kira si sentiva importante per questo, poiché era assolutamente convinta che lui non andasse in giro a raccontare i fatti suoi a chiunque.
Quanto a Milly, c’era un equilibrio precario tra loro e Kira non possedeva ancora il coraggio di infrangerlo. Incerta sul da farsi, non sapeva se scatenare il delirio totale – ovvero confessare apertamente di essere uscita con Mark – o continuare a tastare un territorio già minato – cioè dirle chiaramente di non esser più disposta a preporre un’amicizia a danno di un’altra. In entrambi i casi, l’aspettava comunque una sequela di nuove scenate… 



Si ritrovarono l’una accanto all’altra alla sbarra della palestra del palaghiaccio. La stanza spaziosa con un buon odore di legno e una parete fatta di specchi serviva ai pattinatori per scaldarsi prima di scendere in pista. In palestra si eseguivano tutti gli esercizi necessari a migliorare la flessibilità e l’equilibrio del corpo, a studiare le coreografie prima di provarle sul ghiaccio. La preparazione fisica di un pattinatore di figura era molto simile a quella di un danzatore classico.
«Un’uscita di gruppo?»
«Ti andrebbe?» chiese Milly con un sorriso che Kira non le vedeva da giorni.
Riflettendo velocemente, quest'ultima sperò fosse un segno di riappacificazione. «Mi piacerebbe! Sarà bello tornare a uscire insieme, io, te e Jem! È da un po’ che non lo facciamo»
«Oh». Milly si portò una mano alla bocca. «In realtà pensavo più a un’uscita a quattro. Ma se vuoi dirlo anche a Jem, per me va bene»
Il piede di Kira scivolò dalla sbarra. «Un’uscita a quattro? Non vorrai mica dire che dovremo andar fuori con dei ragazzi?!»
«Kira-chan, non parlare così forte!». Milly controllò che i coach non l’avessero sentita, poi afferrò un braccio della compagna e tirò per farla chinare sulla sbarra. 
Kira riprese la posizione di prima. «Da quando sei diventata così audace, Micchan? E si può sapere con chi vorresti…?» Alt. Non le stava chiedendo di…
Milly arrossì. «Ecco, io… io vorrei tanto uscire con Lenders, ma so che se glielo chiedessi io non accetterebbe mai»
«Non è detto, Micchan. In fin dei conti non ci hai mai provato»
«So che non lo farebbe e basta. Però, se fossi tu… se glielo chiedessi personalmente, forse lui… » Milly la fissò con occhi penetranti e leggermente umidi. «Ho riflettuto durante il weekend, Kira-chan, e se tu mi giuri che tra te e lui non c’è niente, io…io ti credo» 
Kira scattò in su col busto. «Finalmente!» le scappò dalle labbra. «No, scusa, è che sono giorni interi che aspetto di sentirtelo dire»
Milly appoggiò il piede a terra e sorrise. «Allora glielo chiederai? Per me?»
Kira esitò il tempo di un secondo. Uno di quelli in cui il cervello elabora velocissimamente mille cose alla volta. Milly sorrideva, non era più arrabbiata e, cosa più importante, le credeva e aveva di nuovo fiducia in lei. Non poteva mandare all’aria tutto per l’ostinazione di esser sincera ad ogni costo. Decise di tacere riguardo al Luna Park. Per quello che la riguardava ora, quel segreto poteva portarselo nella tomba. 
«Ci posso provare, ma sai com’è fatto»
«Grazie Kira-chan!» Milly le strinse le mani, felice alla prospettiva di uscire con il ragazzo che le piaceva e soddisfatta che i consigli di Darren stettero dando i loro frutti.
Quanto a Kira, non era affatto sicura che Mark avesse accettato. Le ci sarebbe voluto molto impegno per persuaderlo. Ma ce l’avrebbe messa tutta, lo promise in nome della ritrovata amicizia con Milly.
«Io però non io ho idea di chi invitare» disse pensosa. Magari Ed? Era amico di Mark e anche suo.
«Non preoccuparti di questo. So io con chi puoi venire» sorrise Milly. «Nella mia classe c’è un ragazzo a cui piaci e vorrebbe un appuntamento con te. Sai, in verità è stato lui a propormi questa uscita in gruppo, per conoscerti».. Milly fece un sorrisino. « E...beh, io ho preso la palla al balzo per tentare un nuovo approccio con Lenders. Che dici, credi che funzionerà? Oh, non sto nella pelle! Come mi dovrei vestire?»
Kira ascoltava a metà. Sembrava le si fosse incastrata la mascella.
Non era preparata. Non poteva essere. Lei piaceva a un ragazzo? E chi era? Come si chiamava? 
Sembro mia madre…
«U-un momento! Micchan, io non ho nessuna intenzione di uscire con un tipo che neanche conosco!»
«L’idea non ti va?» domandò Milly, delusa.
«Non molto, ad essere sincera…»
«Brighton, cos’hai da urlare?» la rimproverò Kanagawa.
Kira si premette una mano sulla bocca. «Mi scusi, coach. Riflettevo ad alta voce»
«Spreca il fiato per allenarti, non per parlare!»
Kira si profuse in un inchino, riprendendo gli esercizi alla sbarra insieme a Milly.
«Ti prego, non dire di no» la implorò quest’ultima.
«Ma scusa, Micchan, perché non uscite tu e Mark e basta? Cosa c’entro io?»
Milly scosse forte il capo. «Sono sicurissima che se saprà che ci sei anche tu sarà molto più propenso ad accettare. E poi, se so che verrai sarò meno nervosa anche io. Oh, Kira, ti supplico!»
Kira rifletté: forse Milly aveva ragione, ma per quanto riguardava lei.. «Prima presentami il tipo con cui dovrò uscire, poi deciderò cosa fare»
«Ma gli ho già promesso che saresti venuta!»
«Accidenti, Micchan…». Che strazio! Non aveva alcun interesse a farsi un potenziale ammiratore.
Di lì a un attimo, dall’altra estremità della sbarra, Jem lasciò la sua posizione per venire ad allenarsi accanto alle due amiche.
«Che state confabulando?» domandò con un sorriso curioso.
«Parlavamo di organizzare un’uscita in gruppo» rispose Kira.
«Carino! Posso unirmi a voi?»
Milly si animò. «Sicuro, ma dovrai trovare un ragazzo che ti accompagni»
Jem e Kira si scambiarono uno sguardo, la prima cercando di capire. «Oh, è un’uscita a coppie? Chi altri avete invitato?»
«Mark Lenders» rispose Kira. 
«Ah». Jem le guardò entrambe. Non chiese, ma ragionò a fondo su chi delle due sarebbe stata la compagna di Lenders per un giorno. «Ehm, io posso anche venire da sola. Non preoccupatevi per me»
Kira prese l’occasione al balzo. «Ben detto! Ci vengo da sola anche io. Anzi! Che idea!» afferrò Jem da braccetto lasciandola perplessa. «Io e Jem ci veniamo insieme!»
«Ehm…non per offenderti, Kira-chan ma come ragazzo non sei affatto il mio tipo»
Kira rise. Milly si infuriò. 
«Uffa! Non potete venire da sole! Che razza di uscita di gruppo sarebbe?»
«Stavamo scherzando» la tranquillizzò Jem. «Troveremo un accompagnatore. Vero, Kira?»
Il sorriso svanì dal suo viso. «Io già ce l’avrei» confessò. «Micchan deve farmi conoscere qualcuno»
Jem si illuminò tutta e passò il resto del tempo a tentare di convincere Milly a farsi dire chi fosse lo spasimante di Kira. Ma Milly aveva promesso al misterioso lui di non rivelare nulla, per cui rimase con la bocca cucita.
«Un appuntamento al buio» commentò Jem alla fine della giornata. «Interessante, non trovi?»
«Non più di tanto» commentò Kira seccata, slacciandosi i pattini con gesti nervosi. «Non mi va per niente di uscire con uno sconosciuto. Ho dovuto accettare perché Micchan mi ha chiesto di combinarle un’uscita con Mark, e perché spero sia la soluzione migliore per mettere la parola fine alle sue gelosie». Infilò i pattini in una sacca celeste più piccola, poi prese il borsone in cerca dell’occorrente per fare la doccia.
«Ma ci verrai lo stesso» sentenziò Jem, una mano sul fianco, l’altra sul suo armadietto.
Kira sospirò. «Devo. Mi ha obbligata»
Jem la guardò con affetto, «Non è che sei un po’ gelosa?»
«Di chi? Di Mark?»
«Sì»
«No». Kira continuò a frugare dentro il borsone, indifferente. «Mi manca lo shampoo»
«Lo ha preso la senpai Reiko. Il tuo al latte di mandorle piace a tutte»
«E chiedere prima di prendere…?» Kira fece per marciare verso il bagno, rimettendo dentro la testa nello spogliatoio all’ultimo istante. «Tu perché non inviti Ed Warner?»
Jem si schiacciò un dito nell’armadietto. «Ahi! C-cos…? Perché proprio lui?»
Kira la fissò con un misto di furbizia e sospetto. «Ed è decisamente carino. E se non sbaglio, da quando sei la sua vice andate più che d’accordo»
«Chi te l’ha detto questo?»
«Mark»
Jem fece una smorfia e si voltò verso l’interno dell’armadietto per nascondere la vergogna. «Beh, sì, andiamo abbastanza d’accordo. Di sicuro non ci prendiamo a male parole come te e Lenders»
Kira rispose alla smorfia, sparendo oltre la porta a vetri.
Jem rimase sola negli spogliatoi. Richiuse lentamente l’anta, attenta a non schiacciarsi null’altro, restando in piedi a fissare il metallo grigio chiaro. 
Ed Warner era un ragazzo intelligente, leggermente impulsivo, facile al contrasto se provocato, ma essenzialmente gentile. Era un grande campione ed era bello. Accidenti a lei se lo era! Ma Jem non voleva cascarci un’altra volta. Si diceva che una delusione provocata da un fenomeno del calcio – un portiere – le bastava per tutta l’adolescenza. Certo, con Ed poteva anche andare meglio, solo che non aveva nessuna voglia di scoprirlo. Forse…



***


«Dimmi un po’: domenica com’è andata?» chiese Ed, sfilandosi i guanti rossi e bianchi da portiere. Aveva appena lasciato il posto in porta al suo sostituto, Nick Anderson, dopo essere riuscito a parare una serie di calci di punizione senza farne passare nemmeno uno, compreso quello di Mark. 
Gli altri ragazzi tornarono in posizione davanti a Nick per ricominciare il giro. Visto che era stato l’ultimo a tirare, Lenders si sistemò in fondo alla fila. «Bene. È andata bene» rispose.
Breve e conciso, ma Ed non si accontentava. «Tutto qui?»
«Benone?» riprovò Mark. «Benissimo. Super bene. Quale preferisci?»
«Esistono altre parole oltre ‘bene’ per definire una cosa bella»
Mark roteò gli occhi verso il cielo. «Non fare il saccente, non ti sopporto»
Il portiere soffermò la propria attenzione sul profilo dell’amico, la cui espressione concentrata e seria era accompagnata da una scintilla diversa, nuova. Credeva di sapere qual era la ragione di questa nuova sfumatura ma poteva anche sbagliarsi. Forse si trattava semplicemente dell’emozione da pre-eliminatorie di campionato. 
«È stato divertente» proseguì Mark, cercando significati diversi per ogni singolo momento. «L’ottovolante una figata e la casa degli orrori uno schifo, anche se a Kira è piaciuta. Ma lei è stramba… Però è stato...bello. Kira è diversa quando non è a scuola, sembra più…sé stessa; più sciolta, sorridente e anche gentile»
Warner notò una punta di apprensione. Lui non la conosceva bene quanto Mark. Avevano passato diverso tempo al negozio di bici durante la prima media, nel periodo in cui lei e il capitano avevano smesso di parlarsi. Incontrandola quasi sempre fuori del contesto accademico non era in grado di capire la differenza. «Pensi abbia qualche problema a scuola?»
«Non lo penso. Ne ha» affermò Mark. «Ci sono alcune divergenze con un’amica, a quanto ne so. Negli ultimi giorni era molto giù per via di un bisticcio. Sto cercando di capire che cosa l’assilla ma non me ne vuole parlare»
«Nessuno racconta tutto di sé agli altri, Mark»
«Va bene ma… dopo quello che le ho raccontato io potrebbe anche aprirsi di più e darmi maggior fiducia»
Il portiere si incuriosì. «Che cosa le hai detto?»
Mark sistemò distrattamente le manche della maglia. «Le ho raccontato di mio padre»
Ed non riuscì a fare altro che fissarlo con occhi leggermente spalancati. I più sapevano solo che suo padre era mancato prematuramente; quanto ai fatti, pochi conoscevano i particolari nei dettagli. Non ebbe bisogno di spiegazioni per intendere che una tale confessione comprendeva un enorme rispetto verso la ragazza.
Ed e Mark si erano conosciuti in quarta elementare, quando erano stati smistati nella stessa sezione. A quell’epoca, Lenders si faceva già notare per le sue capacità calcistiche, mentre Warner praticava il karate presso il dojo di famiglia. Un pomeriggio, il non ancora capitano della Muppet lo aveva invitato a fare quattro tiri sul campo, dove il futuro portiere aveva gustato per la prima volta la sensazione di calciare il pallone. Soltanto in seguito alle molte insistenze di Jeff Turner – e di Mark – che a quel tempo era alla ricerca di un portiere formidabile per la sua squadra, Ed aveva deciso di unirsi a loro. (3)
Mark non aveva mai avuto molti amici per via del suo carattere difficile e scontroso; era riuscito a formare un legame con i ragazzi della Muppet perché condividevano la stesa passione per il calcio, ma parlare del padre deceduto era stato un blocco che il capitano aveva superato col tempo grazie a Ed e Danny. Loro due e Jeff Turner erano le uniche persone al di fuori della famiglia con cui Mark si era confidato apertamente… fino a quel momento.
«Se pensi che sia stato giusto dirglielo…»
«Lo penso» affermò Lenders. 
«Allora non c’è nient’altro da dire» sorrise Warner. «E, fossi in te, non mi preoccuperei troppo. Sono del parere che Kira-san sia dotata di tutta l’intraprendenza necessaria a risolvere il suo problema anche da sola»
Mark stirò le labbra in un sorrisetto. «Questo è indubbio. Mi dà solo fastidio vederla continuamente pensierosa»
Ed infilò i guanti nell’elastico dei pantaloni, osservando Mark avanzare per calciare. Era di nuovo il suo turno.
Non era sicuro che fosse proprio fastidio quello che provava il capitano...
Terminati gli allenamenti, Kitazume fece ai suoi ragazzi un discorso molto serio sull’inizio delle eliminatorie. Le squadre erano pressoché le sesse dello scorso anno e, come c’era da immaginarsi, la New Team era la favorita. 
«Comunque, la commissione nutre ottime aspettative anche su di noi. Non deludetemi, ragazzi»
Congedati dal mister, i giocatori si diressero negli spogliatoi. Mark ne uscì cupo e pensieroso, e quel che successe di lì a poco non lo aiutò a migliorare l’umore. 
Ad occuparsi di sistemare gli spogliatoi rimasero lui, Justin Filler e Henry Sail, i quali si occuparono di raccogliere le divise dei compagni e portarle nella lavanderia, mentre Mark iniziava a sistemare le ceste dei palloni. 
«Avreste bisogno di una manager» 
Mark sollevò il capo vedendo arrivare Kira dal fondo del campo con un pallone in mano. «Tira».
Lei mise la palla sull’erba e calciò forte. Lui la stoppò di petto, iniziando a palleggiare con ginocchia e piedi.
Kira puntò i pugni sui fianchi, scuotendo la testa. «Esibizionista…».
Lui ridacchiò. «Perché sei qui? Ti avevo detto che avevo il turno di pulizia»
«Devo dirti una cosa». Kira gli si avvicinò, osservandolo ammirata tenere in equilibrio la palla sulla fronte. «Come fai?»
Mark si mosse e il pallone gli ricadde tra le mani. «Rovescia la testa all’indietro»
Kira obbedì, lasciando che lui glielo appoggiasse tra il setto nasale e la prima parte della fronte. 
«Ops!»
La palla cadde praticamente subito. 
«Che imbranata…»
Kira gli rivolse un brontolio rabbioso, riprendendo il pallone da terra per riposizionarlo dov’era prima. 
«Non stare ferma. Devi continuare a muoverti, soprattutto il collo, così potrai bilanciare la posizione della palla»
Il pallone le cadde una seconda volta. «Ah! Non ci riesco!»
«Se ti innervosisci non ce la farai mai». Mark raccolse la sfera, mostrandole nuovamente come fare. «È un gioco di concentrazione, devi rilassarti»
Kira rimase a guardarlo per un poco. Sangue freddo, come in pista. «Fammi riprovare. Questa volta ci riuscirò». 
Al terzo tentativo, la palla rimase in equilibrio per circa cinque secondi, ma Kira esultò ugualmente. 
«Brava. Ci sei» si congratulò Mark. Non capiva come riuscisse a entusiasmarsi per così poco ma era una parte di lei che iniziava ad apprezzare. «Che sei venuta a dirmi? Sbrigati, devo tornare al lavoro»
«Mi serve un favore» Kira andò subito al sodo. «Ti ricordi della mia amica Milly Benson?»
Mark strinse gli occhi per rievocare il volto appartenente a quel nome. «Ah sì. La ragazza coi codini». Non che l’avesse presente benissimo…in verità ricordava solo quel particolare. Non si soffermava a guardare le persone, di solito.
Kira prese a torturarsi le mani. «Ha una cotta mostruosa per te dall’anno scorso e vorrebbe un appuntamento per domenica prossima» disse tutto d'un fiato.
Lui si pietrificò. C’era puzza di intrigo femminile. «Giovedì prossimo iniziano i campionati nazionali. Non avrò tempo per fare nient’altro per almeno sei settimane». 
«Lo so, ma puoi liberarti per un pomeriggio, quando non giochi» 
No. Nonono. Mark sollevò il canestro metallico pieno di palloni. Kira lo seguì dentro gli spogliatoi fino a una stanza dove la squadra teneva tutto l’occorrente per gli allenamenti.
«Se non fosse importante non te lo chiederei» insisté lei. «So che a te scocciano queste cose, però se accettassi di uscire con Milly mi toglieresti un peso dallo stomaco»
Mark si voltò a guardarla. Lei stava ferma sulla porta. Sembrava indecisa e, di nuovo comparve sul suo volto quello sguardo inquieto.
Dapprima stupita, l’espressione di lui divenne consapevole. «È questo che ti preoccupa in questi giorni, vero?» 
Lei si mordicchiò un angolo del labbro inferiore. «Non esattamente. Però…sì. Ho litigato con Micchan per causa tua»
Mark mollò la cesta dei palloni e le si avvicinò, fissandola con gli occhi neri penetranti. Voleva una spiegazione.
Chiunque sarebbe indietreggiato di fronte a quello sguardo ma non lei. Kira si sistemò i capelli dietro le spalle con un gesto nervoso. «Milly è gelosa. Crede che tra noi due ci sia qualcosa. Mi ha fatto una scenata l’altro giorno e mi aveva imposto di smettere di parlarti»
«E tu ci hai provato» l’accusò Mark, gli occhi fiammeggianti. 
Lei aprì e richiuse la bocca. «Non è mai stata mia intenzione farlo davvero. Solo che non sapevo come comportarmi, perché per me siete importanti entrambi» 
Mark spostò il peso del corpo da un piede all’altro, a disagio. Svelto, le voltò le spalle, sistemando la cesta in un angolo accanto a uno scaffale. «Mi dispiace essere la causa dei tuoi pensieri, ma non ho voglia di uscire con lei»
Kira sospirò forte. «Non è proprio colpa tua. È Milly che tira le sue conclusioni da sola e si mette in tesa cose che…» 
Lui tornò a fronteggiarla. «D’accordo, ma stai dicendo che sono io la ragione del tuo malumore» Lo stesso per cui si era preoccupato tanto. «Potevi dirmelo prima»
«Come facevo a dirtelo?! Saresti andato su tutte le furie. Insomma, sì, lo sei, ma potresti essere anche la soluzione ai miei problemi»
Causa e soluzione. Lei lo guardava come se fosse veramente in grado di risolvere la situazione. 
«Mark, oggi mi hai detto che lo scopo di portarmi al Luna Park era quello di tirarmi su il morale. Di aiutarmi. Beh, io adesso ti sto chiedendo di farlo: aiutami. Esci con Milly, solo una volta»
Lui non capiva come avrebbe potuto esserle utile facendo ciò che chiedeva. Sarebbe cambiato qualcosa? Probabilmente si trattava di un mero litigo tra ragazze condito di gelosia repressa; nondimeno, Kira era apparsa davvero sconsolata e Mark si era promesso di fare qualcosa. Lo voleva, perché quando Kira sorrideva le giornate divenivano più belle anche per lui.
«Ci penserò»
«Non sareste da soli» tentò di nuovo di convincerlo lei, seguendolo qua e là per la stanza degli attrezzi. «Mi sono scordata di dirti che sarà un’uscita di gruppo. Verremmo anche io, la mia amica Jem e…uhm, altri due ragazzi»
Mark inarcò le sopracciglia.
Kira allargò un poco le braccia. «Non chiedermi chi sono perché non lo so ancora. È una specie di appuntamento al buio... non mi interessa, sinceramente. Lo devo fare per Milly. Se riuscirò a mostrarle che tra noi non c’è niente, potremo tornare amiche come prima»
Con quanta convinzione lei lo affermava... Non che a lui piacesse Kira, per inteso, ma lei poteva aver più cura della sensibilità altrui. 
La ragazza gli si piazzò di fronte con le mani alte sopra la testa china, i palmi uniti in un gesto di supplica, gli occhi serrati. «Ti prego Mark. Farò tutto quello che vuoi, lo giuro»
«Se accettassi, smetteresti di assomigliare a una a cui è morto il gatto?»
Kira si incupì. «Guarda che è una cosa seria, per me»
Sì, Mark lo aveva capito. Accidenti a lei... Se ne sarebbe pentito. Anzi, sicuramente. 
«Non ho mai fatto queste cose, prima» borbottò. «In che cosa consiste un’uscita a quattro?»
«Grazie!!!» Kira gli si lanciò addosso. «Grazie! Grazie! Grazie! Mi sdebiterò, lo prometto!»
«Piantala, donna appiccicosa!» Le proteste di Mark vennero ignorate. Lui detestava tutte quelle smancerie. Che bisogno c’era di abbracciarlo? Era fissata con gli abbracci! «Kira, staccati, se entra qualcuno…»
Clack.
Un rumore.
Una porta che si apriva.
«Oh…scusate». Sulla soglia, Justin Filler e Henry Sail li fissavano con le bocche aperte e due sorrisini attoniti. 
«Potevi anche chiudere la porta, capitano, se volevi fare le cosacce con la tua fidanzata» disse Henry.
«Macché fidanzata!» esclamò Kira.
Mark la spinse via. «Non avete capito un tubo!»
Gli altri due fecero un inchino, indietreggiando svelti. «Togliamo il disturbo…» 
«No, aspettate!» gridarono Kira e Mark a una sola voce, ma la porta si era già rischiusa.




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1. Ho recentemente scoperto - vergognaaa!!! - che la Festa della Sport si tiene in ottobre, mentre io l'ho fatta cadere in giugno. Chiamatela licenza poetica xD

2. Gran parte del discorso di Mark sulla terrazza della scuola rispecchia la sua storia presentata nell'anime ma, dato che non veneiva specificato tutto, ho inventato qualcosa. Era palese che il padre avesse una malattia molto grave e, vista l'età di Mark che è il primogenito, ho pensato fosse credibile attribuirgli un'età intorno ai trentacinque anni.

3. Non viene detto quando, di preciso, Mark e Ed si siano conosciuti. Ho pensato fosse giusto collocare l'incotro nel periodo più tragico della vita di Lenders. Mark, Ed e Danny sono BROTP all'ennesima potenza per me <3 Il resto - le insistenze di Turner per farlo giocare nella Muppet - è uguale alla storia originale.

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Hello girls! Come vi va la vita?
Io conto i giorni che mi separano dalle vacanze e intanto cerco di scrivere il più possibile.
Capitolo di transizione dove non succede granché, ma importante perché traccia le basi per il prossimo. Ci sarà da ridere… o da piangere? Dipende dai punti di vista. Kira avrà una bruttissima sorpresa quando saprà chi è il suo spasimante, e speriamo che Mark si comporti bene con Milly. Lei, sotto l’aspetto insicuro, è una piccola iena, anche se non è la rivale definitiva di Kira! :P Devo ancora presentarvi l’ultimo (anzi, penultimo) personaggio originale di questa storia. Ci arriveremo, ci arriveremo… e sempre attente a Darren!
Intanto, ho gettato l’amo per le fan di Ed e Jem. Chi indovina l’identità della delusione d’amore della Edogawa? Dai che è facilissimo xD  In ogni caso, lo saprete nel prossimo chappy, visto che anche loro saranno presenti all’appuntamento di gruppo! Chissà come andrà tra loro…eh, non si dice. 

Ringrazio come al solito chi ha messo la storia nelle preferite/ricordate/seguite. Se volete sapere quando posterò il prossimo capitolo potete passare su mio gruppo facebook Chronicles of Queen, dove piano piano posterò i disegni dei personaggi della storia. Se decidete di iscrivervi, vi chiedo anche gentilmente di mandarmi un mp e dirmi chi siete qui su Efp. Thankiuzz! 
Un bacione a tutte e a presto! 

Susan <3

   
 
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