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Autore: SterekLover1121    22/07/2019    1 recensioni
¡¡¡SPOILER STRANGER THINGS 3!!!
[..] «L'onda era alta due... metri.» disse, ignorando il martellare incessante del cuore che quasi lottava per uscire dalla cassa toracica.
Dallo sguardo incredulo e così... vulnerabile che il giovane le rivolse, El capì che no, quelli davanti a lei non erano affatto gli occhi del Mind Flayer.
Erano gli occhi di un bambino costretto a crescere troppo in fretta, un ragazzo distrutto dalla vita e da tutte le sue prove.
Erano gli occhi di un uomo che stava ricominciando a lottare con i denti al fine di riconquistare una libertà che aveva creduto perduta.
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Mi sono permessa di creare un AU nel disperato tentativo di dimenticare il finale di Stranger Things, rimpiazzandolo con il mio: un po' più allegro e contornato da un pizzico di harringrove :3
Buona lettura
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Billy Hargrove, Maxine Mayfield, Steve Harrington, Undici/Jane
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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«Seven Feet. The wave was seven feet»

Chaos. 

Nel giro di pochi istanti, il mondo attorno a loro era caduto nel più completo, assoluto, terrificante chaos, manifestatosi attraverso un insieme assordante di urla disumane, luci, ed esplosioni. 

Se lo Starcourt mall era stato progettato con l'unico scopo di divenire una delle mete più agognate da adulti e bambini, in quel momento era del tutto irriconoscibile, ridotto ad un campo di battaglia a tutti gli effetti. 

E la battaglia in questione era una che il Mind Flayer non aveva alcuna intenzione di perdere, seppur fosse consapevole - per quanto un essere di quel genere potesse essere dotato di consapevolezza - del fatto che i suoi avversari fossero lungi dal demordere. 

Eleven Hopper, stesa sul pavimento, tentò di pensare, di ignorare quel dolore che le rendeva quasi impossibile respirare, come un peso che non faceva che comprimerle la cassa toracica. 

Non aveva mai desiderato, tanto quanto in quel momento, di riavere indietro i propri poteri; se li avesse avuti, sarebbe riuscita a costruire una sorta di barriera protettiva tra quel mostro ed i suoi amici, giusto il tempo necessario prima che gli altri riuscissero a chiudere quella maledetta porta una volta per tutte. 

Tuttavia, considerati gli ultimi eventi, era ormai più che assodato che la fortuna non fosse decisamente dalla sua parte. A conferma di ciò vi era il suo fallimentare e disperato tentativo di fuga - se così poteva definire il trascinarsi stentato alla ricerca di una qualche specie di riparo - al fine di sfuggire al suo problema più grande, in quel momento. 

Billy Hargrove.

O meglio, il Mind Flayer che risiedeva comodamente all'interno del suo corpo, e che non sembrava avere alcuna intenzione di lasciarla andare. 

Di certo non prima di averla distrutta. 

 

("Non vedi? Per tutto questo tempo, lo stavamo assemblando... per te. Tutto questo lavoro, tutto il dolore... tutto. Per te.") 

 

Fu così che, una volta che Billy si fu rialzato, combattendo contro le scosse di dolore provocate dai colpi decisi sferrati dai ragazzi sopra di loro, avanzò verso di lei arrancando, riuscendo ad afferrarle la caviglia e a trascinarla al cospetto di quell'enorme demone in carne ed ossa. 

El, a quel punto, non poté che urlare con tutto il fiato che aveva in corpo, divincolandosi e scalciando e sperando - sapeva, ingenuamente - che il vero Billy fosse ancora lì da qualche parte, ad ascoltare le sue grida. 

 

("Ed ora è il momento di farla finita. Elimineremo te...")

 

Ma quello che aveva dinanzi non era Billy. 

Colui che la stava trascinando verso la sua fine, tenendola bloccata in una morsa di ferro, altro non era che una marionetta, incapace di fermarsi a meno che il suo burattinaio non l'avesse deciso. 

 

("E quando sarai morta, elimineremo i tuoi amici, e poi...")

 

Aveva preso a strattonarla con forza, ora, facendole colpire violentemente la schiena contro le fredde mattonelle del pavimento sotto di lei. 

Il panico la assalì, mentre il dolore minacciava di soffocarla e sempre con più prepotenza si faceva spazio in lei la consapevolezza che non sarebbe riuscita ad uscire viva da quel posto.

Che non era riuscita nemmeno a dire addio a Mike, Hopper, Will, Dustin, Max...

Sopra, intorno, dentro di lei udiva i colpi dei fuochi di artificio in perfetta sintonia con i battiti del suo cuore, e che ancora si abbattevamo sul Mind Flayer, senza dargli tregua. 

 

("...poi elimineremo

 tutti quanti") 

 

Ad un tratto, qualcosa cambiò.

Fu un attimo, ma alla ragazzina bastò affinché  un timido barlume di speranza le si accendesse nel petto, scaldandola da capo a piedi ; Billy aveva smesso di strattonarla e - ad ogni colpo dei ragazzi andato a segno - scuoteva la testa con più forza, lottando senza sosta contro una forza invisibile. 

 

E allora El capì che quello era il momento giusto per sferrare la sua, di mossa. 

 

«Due... metri» sussurrò con un fil di voce, mentre con la mente si sforzava di tornare a quel giorno  di tanti anni fa, su una delle spiagge più belle della California. Quasi le sembrò di avvertire la sabbia sotto i piedi e il vento tra i capelli. 

Sopra di lei, Billy si bloccò del tutto, e per la prima volta dall'inizio di quello scontro in apparenza interminabile, la guardò dritto negli occhi.

E parve riconoscerla. Anche se solo per un istante. 

Senza perdersi d'animo, El si affrettò a continuare, il cuore in gola e una lacrima che le scendeva silenziosamente lungo il lato del volto. 

«L'onda era alta due... metri.» disse, ignorando il martellare incessante del cuore che quasi lottava per uscire dalla cassa toracica. 

Dallo sguardo incredulo e così... vulnerabile che il giovane le rivolse, El capì che no, quelli davanti a lei non erano affatto gli occhi del Mind Flayer. 

Erano gli occhi di un bambino costretto a crescere troppo in fretta, un ragazzo distrutto dalla vita e da tutte le sue prove. 

Erano gli occhi di un uomo che stava ricominciando a lottare con i denti al fine di riconquistare una libertà che aveva creduto perduta. 

Tutto ciò che doveva fare era ricordare.

Ed El lo aiutò proprio in questo. 

 

***

 

«Corresti da lei, sulla spiaggia...» 

La sua mente era ridotta a un groviglio di pensieri confusi, desideri non suoi; ogni qualvolta chiudeva gli occhi, scenari di morte e distruzione e sangue gli si presentavano dietro le palpebre chiuse, sovrapponendosi l'uno all'altro, quasi come se qualunque cosa avesse all'interno del suo corpo stesse tentando di eliminare e distruggere ogni suo ricordo, ogni cosa che appartenesse a Billy Hargrove. 

Aveva assistito a tutto ciò che quella creatura mostruosa aveva fatto; si era visto trascinare persone innocenti al patibolo: donne, uomini, anziani, bambini piccoli... aveva assistito alla loro morte, alle proprie mani che ferivano, uccidevano, strattonavano Max e i suoi amici, a quelle stesse mani che in quel momento erano ferme contro il suolo ed erano cosparse di vene nere simili a piccoli serpenti. 

La ragazzina sotto di lui tremava, piangeva silenziosamente, eppure non riusciva a smettere di guardarlo con quell'espressione che andava oltre la paura, oltre il terrore della morte. 

Lei lo capiva. 

E lo aveva compreso sin da quando le aveva concesso l'accesso alla sua mente e ai suoi ricordi. 

Lei lo capiva e stava portando in superficie, con voce tremante, l'unico sprazzo di ricordo che il Mind Flayer non era riuscito a contaminare; era sepolto in una di quelle camere della sua coscienza di cui aveva gettato le chiavi anni orsono, uno di quei ricordi che era sempre stato troppo difficile, per lui, affrontare. 

Eppure quella porta ora era aperta. 

Si era spalancata e tutto ad un tratto lui si era ritrovato lì, su quella spiaggia in California, nient'altro che un bambino la cui unica sfida stava nel cavalcare un'onda alta due metri, nella speranza di riuscire a render fiera lei.

«C'erano i gabbiani...»

Billy chiuse gli occh, e gli parve quasi di sentirli, di vederli nitidamente dietro le palpebre chiuse, completamente liberi di spiccare il volo alla scoperta di nuove terre sconosciute. 

E i rumori della battaglia attorno a loro non divennero altro che suoni ovattati, quasi inesistenti, attutiti dal rumore delle onde. 

Per un attimo, dimenticò anche contro chi stesse combattendo. 

«Indossava un cappello, con un nastro blu» 

Ed eccola lì. 

Il cappello, così come glielo aveva descritto El, fu la prima cosa che mise a fuoco; Glielo aveva regalato il giorno del suo compleanno. Lo ricordava bene. 

«Un... un vestito lungo, con dei fiori blu e rossi.» continuò la giovane sotto di lui e, più la figura della madre prendeva forma e vita, più Billy avvertiva gli occhi inumidirsi e le labbra tremare. 

E si sentì un po' più umano.

«Sandali gialli, sporchi di sabbia...» El continuò a parlare, senza fermarsi, e Billy non poté che restituirle uno sguardo carico di parole non dette. 

Il ragazzo avvertì il proprio corpo tremare, mentre il parassita al suo interno altro non divenne che un fastidioso prurito. Nel mentre, la figura slanciata nei suoi ricordi sorrideva, completamente ignara di ciò che stava accadendo nel presente. 

«Lei era bella.» El ormai aveva preso a singhiozzare, e Billy si rese conto a stento della lacrima che stava solcando la sua, di guancia. Abbassò lentamente le palpebre, ad accoglierlo la risata cristallina della donna, con i suoi lunghi capelli biondi scompigliati dal vento. 

«Era veramente bella» sussurrò la ragazzina, e Billy si limitò a rispondere con un cenno del capo appena visibile, ormai in lacrime. 

«E tu...» El si interruppe, ma il giovane sapeva bene cosa stava per dire ancor prima che aprisse bocca. «Tu eri felice.»

Felicità. 

Udendo quella parola, quasi sobbalzò. 

Da quanto tempo gli era stata negata? Quand'era stata l'ultima volta in cui era stato davvero felice? 

D'improvviso, si vide ridere, con la tavola da surf più grande di lui stretta sotto al braccio. In quel momento nulla esisteva, se non l'odore del mare e la risata della mamma che pareva illuminare il paesaggio tutt'intorno.

E sì, lo era stato quel giorno. Felice come non mai.

 

El esitò solo un secondo, prima di allungare una mano tremante verso il suo viso, accarezzandogli con delicatezza una guancia. Billy chiuse gli occhi, godendosi - per la prima volta dopo anni - il calore di una carezza, così diverso rispetto ai colpi carichi d'odio sferrati dal proprio padre. 

Era trascorso così tanto tempo che quasi aveva dimenticato cosa volesse dire, ricevere affetto. 

Lui e Max non erano mai stati i tipi da abbracci e strette fraterne; durante l'ultimo anno, il loro rapporto aveva preso una svolta inaspettata, evolvendosi per il meglio, ma avevano sempre tenuto le mani al loro posto, quando si trattava di mostrare concretamente affetto l'uno per l'altra. 

Non si era reso conto di quanto un gesto tanto innocuo e in apparenza insignificante gli fosse mancato. 

 

«Quello era l'ultimo!» 

A distruggere il momento fu un Lucas urlante dal piano di sopra. 

Sia Eleven che Billy voltarono la testa in direzione della creatura che, testarda, si stava rimettendo  velocemente in carreggiata. 

I fuochi non sembravano averla scalfita più di tanto. 

Nei pochi istanti che seguirono, Billy passò velocemente in rassegna tutti i suoi 17 anni di vita: a partire dall'infanzia travagliata e costellata di liti, l'abbandono di sua madre e l'arrivo di Max e Susan, sino all'adolescenza carica di delusioni, rabbia, dolore; Il trasferimento ad Hawkins, che era stato un biglietto di sola andata verso  la possibilità di essere migliore, di ricominciare daccapo come una persona nuova e matura, e invece aveva buttato tutto all'aria, di nuovo. 

Partendo da Max, finendo con Steve Harrington. 

Magari meritava di morire. Magari quella era la giusta punizione per tutto ciò che aveva fatto in passato. 

Una cosa era certa, però: non se ne sarebbe andato senza lottare.

 

Un passo, due. 

Il proprio corpo bruciava. Tutto taceva. 

Tre passi, quattro. 

Il Mind Flayer era davanti a lui, e lo fissava, le enormi fauci spalancate nella spaventosa parodia di un ghigno perfido. 

Sembrava sfidarlo. 

Schernirlo.

Ed era pronto ad attaccare. 

Come se gli avesse letto nel pensiero - e magari era proprio così - il Mind Flayer emise un verso orribile, ultraterreno. Billy avvertì i peli sulla nuca rizzarsi. 

 

La scena successiva parve svolgersi a rallentatore.

Il Mind Flayer spalancò la bocca, lasciandovi fuoriuscire un lungo tentacolo di carne, che puntava proprio verso Eleven. 

Fu un attimo. 

La creatura attaccò, El si parò gli occhi con le braccia, e Billy... 

 

...Billy alzò le sue, di braccia, bloccando l'enorme tentacolo facendo appello a tutta la forza che aveva in corpo.

Per un attimo il mondo attorno a loro tacque, finché l'urlo del ragazzo non spezzò il silenzio.

Un urlo carico di rabbia, dolore...

Determinazione. 

Per la seconda volta nella sua vita, colpiva non con lo scopo di ferire, ma di proteggere. Quasi rivide il volto di suo padre al posto di quello deforme del Mind Flayer. 

I muscoli della schiena, delle gambe, delle braccia gli dolevano terribilmente, ma lui non demorse. Con la coda nell'occhio intravide altri due tentacoli diramarsi e prender forma a partire dai fianchi della creatura.

Stava per morire. 

Questo lo sapeva per certo.

Eppure continuò a combattere. A resistere; piedi ancorati al terreno, schiena dritta, presa ferrea. 

Avvertii lo sferzare delle braccia vischiose del Mind Flayer che si muovevano nell'aria con scatti secchi, pronti a colpirlo e eliminarlo una volta per tutte.

Nonostante l'istinto fosse forte, Billy Hargrove non chiuse gli occhi. Aveva intenzione di gridare in faccia alla morte con tutto il fiato che gli rimaneva. 

 

Ma i colpi non arrivarono mai. 

 

D'un tratto, calò il silenzio. 

 

Billy alzò di scatto lo sguardo, giusto in tempo per vedere il tentacolo contro cui stava combattendo cadere inerme al suolo. Con gli occhi sbarrati, Billy osservò il corpo della bestia accasciarsi di colpo; prima i tentacoli, e infine il corpo melmoso, crollarono come castelli di carta, emettendo un suono sordo. Definitivo. 

 

Nessuno osava fiatare. 

 

E Billy, finalmente, si concesse di cadere in ginocchio, annaspando in cerca d'aria. Avvertiva la testa girare, la mente schiarirsi, riacquistare coscienza. Stava ricominciando a sentirsi padrone di se, finalmente. 

"Quindi è davvero finita" pensò, lanciando un'occhiata incredula al corpo inerme della creatura.

Sì, lo era davvero. Era finita. 

«BILLY!» 

Il giovane non ebbe nemmeno il tempo - o la forza - di voltarsi, prima che si trovasse travolto da un corpo non identificato. Per un secondo un terrore cieco lo assalì, solo per essere placato una volta intraviste le ciocche di capelli rossi. 

Max Lo stava abbracciando. Max lo stava abbracciando e stava bene. 

Billy non pensò, in quel momento. La sua mente era stremata, ma il sollievo provato nel vedere Max sana e salva lo portò a fare qualcosa che, prima d'ora, non si era mai sognato di fare. 

Ricambiò l'abbraccio, la strinse forte a se quasi col terrore di vederla sparire, il viso immerso nell'incavo della sua spalla. 

«Mi dispiace, mi dispiace...» sussurrò con voce tremante, e solo in quel momento si accorse di star piangendo. 

Max non disse nulla. Semplicemente lo strinse più forte.

L'ultima cosa che vide prima di perdere i sensi, da sopra la spalla di Max, fu Steve Harrington che lo guardava come se lo stesse vedendo per la prima volta.

E magari, era proprio così.

 

                                 Un anno dopo...

 

Con un grugnito, Billy Hargrove caricò l'ultima valigia nel bagagliaio della Camaro nuova, asciugandosi la fronte sudata con un tovagliolo. 

Il sole estivo splendeva alto nel cielo azzurro, e le risate dei bambini giungevano fino a lì. 

«Era l'ultima?» 

Il giovane si voltò di scatto, sobbalzando; era talmente immerso nei propri pensieri da non aver sentito qualcuno avvicinarsi. 

E si trattava anche di una visita alquanto inaspettata.

«Harrington.» disse, e il tono della sua voce tradì la propria confusione «A che devo l'onore?» 

La domanda gli uscì più brusca di quanto avesse voluto, in realtà. Per quanto ci provasse, alcune abitudini non cambiavano mai. 

Steve, comunque, non ne sembrò affatto turbato; si limitò a scrollare le spalle, le mani nelle tasche del jeans. 

«Ho riaccompagnato Max» rispose, guardandolo. «Mi ha detto che stavi per partire, perciò...» 

Billy inclinò la testa di lato, senza nascondere un piccolo sorriso; Steve Harrington che passava a fargli un saluto? Che svolta interessante. 

«Grazie per aver riaccompagnato Max a casa» si sentì in dover di dire, ignorando il senso di stranezza che provava nel pronunciare la parola "grazie". 

Non gli era mai appartenuta prima, infondo. 

Steve parve, allo stesso modo, piacevolmente confuso. Ma, da gentiluomo qual era, non commentò. 

«Uh, uhm, non c'è di che.» rispose, passandosi una mano tra i capelli. «Vostro padre non è più un problema, dopotutto. Max potrà farsi accompagnare anche dai ragazzi»

Billy sapeva a cosa si riferiva. E non poté che annuire. 

Subito dopo essere stato rimesso dall'ospedale, undici mesi prima, il ragazzo aveva deciso contro ogni buon senso di fare l'unica azione che aveva sempre avuto il terrore di portare a termine;

Denunciare il padre una volta per tutte. E doveva ammettere che Jim Hopper aveva fatto davvero un bel lavoro, ad incastrare quel bastardo. 

Dopotutto, Billy aveva salvato la vita a sua figlia. Gli doveva un favore.

Ricordava bene lo sguardo di puro shock sul volto di Neil nel vedere i poliziotti sulla soglia della porta. Shock che poi si era tramutato in consapevolezza. 

E Billy se ne era rimasto a debita distanza, a testa alta, osservando con sguardo impassibile la fonte del suo dolore varcare la soglia di casa sua, in manette, e fuori dalla sua vita. 

Dopotutto, il Mind Flayer non era mai stato l'unico parassita che fosse riuscito a sconfiggere. 

 

A distrarlo dalle proprie elucubrazioni fu un colpo di tosse. Solo in quel momento Billy si accorse di essere fermo con una mano sul manico dell'ultima valigia, chissà da quanto. 

«Tutto bene?» gli chiese Steve.

Il biondo alzò lo sguardo, annuendo appena. 

Doveva ancora abituarsi a quella specie di "tregua" instauratasi tra i due: quando i loro sguardi si erano incontrati in quel singolo istante, subito dopo la morte del Mind Flayer, sembrava essere scattato un interruttore nella mente di entrambi.

Tuttavia, le loro strade non si erano incrociate più di tanto, nel corso dei dodici mesi successivi; quando Billy passava a prendere Max -  semplicemente perché gli andava di farlo, e non perché gli venisse imposto - Steve Harrington era quasi sempre lì, circondato da dodicenni e del tutto a proprio agio, incurante del fatto che fosse l'unico adulto della combriccola. 

Billy lo trovava un comportamento bizzarro ma adorabile, sotto certi aspetti. 

E fu per questo che se ne uscì con un «Max sarà in buone mani» prima che potesse fermarsi, guardandolo dritto negli occhi.

Steve ricambiò lo sguardo, passandosi una mano tra i capelli perfetti. «La terrò d'occhio. Promesso.» 

Billy annuì, picchiettando un dito sulla valigia. Nell'aria alleggiava una tensione carica di parole non dette, tra cui la domanda - sempre più persistente - del perché Steve Harrington, tra tutte le persone, fosse lì a dirgli addio. 

Steve Harrington, al quale aveva reso la vita scolastica un inferno sin dal primo giorno in cui aveva messo piede in quel buco di città. 

Steve Harrington, che lo aveva ignorato nonostante i suoi commenti sprezzanti. Commenti che erano invece mirati, nella sua mente, ad attirare la sua attenzione. 

Steve Harrington, che gli aveva tenuto testa a casa Sinclair, combattendo con coraggio e con fierezza. 

E Billy lo aveva odiato, ad un certo punto. 

Lo aveva odiato per il semplice motivo che King Steve, al suo contrario, aveva avuto le palle di cambiare e di lottare per le persone a cui teneva di più. 

E Billy lo aveva realizzato solamente durante quegli ultimi dodici mesi, in cui aveva tentato - per certi versi, disperatamente - di essere una persona migliore. 

Non era stato un cambiamento immediato, ovviamente. Aveva dovuto lottare contro il proprio orgoglio, contro gli incubi che ancora lo perseguitavano fino a quel giorno, contro il terrore di non essere abbastanza, e la consapevolezza che tutto ciò che aveva passato lo avrebbe segnato a vita.  

Eppure, era proprio durante quei momenti di sconforto che Steve Harrington faceva la sua comparsa nella propria mente. 

Steve Harrington e le voci che giravano sul suo conto: di quanto fosse stato una testa di cazzo, in passato, e di quello che invece era diventato negli anni successivi, a discapito di ciò che era stato. 

Ed ecco che per Billy, anche se non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, era divenuto una vera e propria fonte di ispirazione. 

Tuttavia, nonostante il desiderio che aveva di migliorare il loro rapporto, era consapevole del fatto che i trascorsi fossero tutt'altro che pacifici. Lo aveva quasi ucciso, quella notte in casa Sinclair, e il solo pensiero bastava a demolire ogni speranza di costruire un'amicizia. 

 

Eppure ora eccolo lì davanti a se, Steve Harrington, con le mani nelle tasche dei jeans e l'aria di uno che non sapeva bene cosa dire, o fare. 

Alla fine, comunque, fu proprio lui a parlare.

«Ti lascio sistemare le ultime cose, allora, non vorrei ritardare la tua partenza.» disse e, dopo avergli lanciato l'ennesima occhiata, si voltò, facendo per allontanarsi. 

Billy strinse i pugni, e nel giro di pochi istanti,  la sua mente divenne un campo da combattimento; poteva lasciarlo andare, lasciarsi tutto alle spalle una volta per tutte, Max compresa. L'unica differenza era che con lei aveva risolto, e le aveva già detto addio. 

Steve Harrington rimaneva una questione in sospeso. 

E lui odiava lasciare le cose in sospeso. 

«Harrington.» la sua bocca decise per conto proprio,e - a quel punto - anche se avesse voluto tirarsi indietro non avrebbe potuto più farlo. 

Steve, dal canto suo, si fermò, voltandosi verso di lui. 

Billy lo guardò negli occhi, prima di prendere un respiro profondo, appoggiandosi al dorso della Camaro. «Penso di doverti delle scuse, riguardo a quello che è successo-» 

«È tutto okay, Billy.» 

Il ragazzo in questione chiuse la bocca di scatto. Non sapeva se a stupirlo di più fosse stata la frase o il fatto che Steve l'avesse appena chiamato per nome.

Prima che potesse ribattere, il giovane riprese: 

«Davvero. È successo tempo fa, e francamente credo che siamo entrambi diventati abbastanza maturi da non voler ripetere un'esperienza del genere, sì?» Disse, per poi continuare. «Sei stato un vero stronzo, un pezzo di merda a tutti gli effetti, non ho paura di dirlo. Nulla cambierà quel che è successo in passato.» scrollò le spalle, e Billy si ritrovò a torturarsi un lembo di maglietta quasi in maniera inconsapevole. Il Billy Hargrove di due anni fa avrebbe smesso immediatamente di ascoltare alla parte in cui Steve lo definiva: 'pezzo di merda'. Il se stesso del presente, invece, tacque. E ascoltò. «Tuttavia, nemmeno io sono un santo. Sono stato un bastardo e un pezzo di merda tanto quanto te, in passato. E me ne pento, davvero.» riprese Steve «Ma poi sono cambiato. E l'ho fatto con non poco sforzo, devo ammetterlo» si interruppe nuovamente, questa volta per guardare Billy dritto negli occhi «Ma sono contento del fatto che non sia stato l'unico, a decidere di cambiare.» 

Billy, per la prima volta nella propria vita, era a corto di parole. 

Si sarebbe aspettato di tutto: che il ragazzo di fronte a lui iniziasse a sbraitargli contro, che si rifiutasse di accettare le sue scuse. Che corresse via. 

Invece Steve lo aveva guardato dritto negli occhi e gli aveva detto che era stato un bastardo, che nulla avrebbe cancellato le cazzate che aveva fatto in passato, ma che apprezzava il fatto che si stesse impegnando per cambiare.

Infondo, non erano poi tanto diversi.

«Beh, Harrington...» incominciò, scuotendo la testa con un piccolo sorriso. «Wow. Gran bel discorso.» 

«Ci ho riflettuto su un bel po', in realtà» replicò il giovane, passandosi una mano sul collo. «Ho iniziato a notare delle cose; il fatto che Max fosse più felice, e che iniziasse a parlare con grande entusiasmo delle cose che stavi facendo per rimediare a tutto. E quindi ho pensato... beh, ecco, ho pensato che avessi messo la testa apposto.» si interruppe, sorridendo lievemente. Billy dovette trattenersi dal fare altrettanto. «Sono contento di sapere che è così.» 

Dopo che Steve ebbe finito di parlare, calò il silenzio per qualche secondo. Durante la pausa che seguì, Billy soppesò attentamente le parole dell'interlocutore: ce l'aveva fatta, quindi. Ce l'aveva fatta sul serio.

«Grazie, Harrington.» fu l'unica cosa che riuscì a dire, e quella volta il termine "grazie" non gli risultò poi tanto strano. 

Steve annuì, sorridendogli. «Non c'è di che. Volevo, uhm, volevo fartelo sapere, prima che te ne andassi.» si fermò, per poi chiedergli «Hai già in mente una meta?» 

Billy scrollò le spalle e liberò il respiro che non si era reso conto di aver trattenuto, guardando alle proprie spalle, verso la strada che aveva dinanzi e che l'avrebbe condotto lontano. «California» rispose, con un piccolo sorriso. 

Steve inclinò la testa di lato, guardandolo di sottecchi. «Sono sicuro che te la caverai.» 

«Certo che me la caverò, Harrington» rispose Billy con una risata, riponendo l'ultima valigia nel bagagliaio «Per chi mi hai preso?» 

Steve rise a sua volta, rimanendo fermo. «D'accordo, vedo che il tuo ego smisurato è lo stesso di sempre.» 

«Geloso, Harrington?» Lo stuzzicò il biondo, pensando - con un pizzico di nostalgia - che quel loro battibecco sarebbe stato l'ultimo. 

Se solo non fosse stato così codardo... 

«Di te, Hargrove? Mai.» rispose Steve, con un sorriso che tuttavia non raggiunse i suoi occhi. Probabilmente stava pensando la stessa cosa. 

Billy lo guardò per un attimo, indeciso, per poi avvicinarglisi e porgergli la mano: fu un gesto automatico, e sapeva che se non l'avesse fatto, lo avrebbe rimpianto per il resto della sua vita. 

Steve rimase a fissarla con gli occhi leggermente sbarrati. 

«Fino alla prossima volta» fece Billy. 

Steve ricordava una sola occasione in cui aveva stretto la mano al biondo, ed era stata sul campo da gioco della scuola; la presa di allora era stata fin troppo ferrea, quasi da fargli male, completamente diversa dalla stretta di quel momento, dettata non dall'odio, o dalla competizione; si trattava semplicemente di un patto silenzioso tra due giovani uomini che si stavano vedendo per la prima volta, e che si chiedevano perché diavolo non l'avessero fatto prima. 

«Fino alla prossima volta.» ripeté Steve, lasciandogli la mano a malincuore. 

Billy annuì, rimase a guardarlo per qualche altro secondo, per poi dargli le spalle e avvicinarsi alla Camaro. 

Aprì lo sportello dalla parte del guidatore ed entrò, poggiando entrambe le mani sul volante con un sospiro. Si sentiva come se si fosse liberato di un peso, e allo stesso tempo si malediva perché sapeva che, se avesse avuto le palle, sapeva che avrebbe potuto liberarsene tanto, tanto tempo prima. 

Mise in moto ma, prima di partire, abbassò il finestrino e si affacciò con il gomito poggiato sul bordo dello sportello.

Steve se ne stava andando, eppure Billy non riuscì a trattenersi dall'urlare, con un gran sorriso in volto: 

«Stammi bene, Pretty boy!» 

Steve si voltò di scatto, senza smettere di camminare, salutandolo con un fantastico dito medio.

Billy rise, tirando dentro la testa e schiacciando il piede sull'acceleratore. Con una mano accese la radio ed alzò il volume al massimo, lasciandosi andare ad un grido liberatorio. 

 

Ancor prima che se ne rendesse conto, Billy Hargrove si stava lasciando Hawkins alle spalle. 

Pensò che, una volta arrivato in California, sarebbe tornato a cavalcare le onde. 

Magari anche più alte di due metri. 

 

  

The end 

 

 

Angolo autrice:

Okay, eccoci qui. 

Finalmente sono tornata con qualcosa che sia più lungo di 2000 parole, wow, mi sento davvero fiera di me stessa. 

Da dove posso incominciare? La terza stagione di stranger things mi ha lasciata con un enorme buco nero al posto del cuore. 

Ho cercato di creare un AU per consolarmi, un Alternate Universe in cui Suzie e Dustin evitano di cantare come due coglioni patentati mentre il mondo sta per finire. Oppure in cui Hopper e Joyce non aspettando di contare fino a tre prima di abbassare la leva.

Insomma, come avete potuto notare ho lasciato vivere sia Hopper che Billy, essendo che ancora non mi capacito della morte di quest'ultimo. 

E vorrei iniziare un discorso, a proposito del suo personaggio. Ho visto gente su Tumblr e Instagram gioire della sua morte, senza nemmeno sforzarsi di capire che tipo di persona fosse. 

Perché per questa gente Billy Hargrove non era nient'altro che un bullo, un pezzo di merda, uno da cui stare alla larga. E magari è anche così, sicuramente il mio non è un tentativo di giustificare ciò che ha fatto in passato.

Il fatto è che... tentare di capire perché una persona fa certe cose è molto diverso dall'approvare le sue scelte. 

Quindi, ripeto: non sostengo nulla di quel che Billy ha fatto. Mi sembra ovvio. 

Eppure non posso che pensare a quello che sarebbe potuto diventare in futuro. 

Diamine, ha sacrificato la propria vita per proteggere El. Aveva solamente 18 anni, avrebbe potuto rimediare a tutto il male inferto a sua sorella e a tutti gli altri, e io so per certo che l'avrebbe fatto. Lo so sopratutto perché, nonostante i Duffer Brothers non ce l'abbiano fatto vedere, la sua relazione con Max è cambiata. 

È cambiata e lo si nota nel terrore e nel dolore negli occhi di lei quando vede Billy steso lì al suolo dopo la morte del Mind flayed, o nella sauna. 

E lo si nota nel "mi dispiace" sussurrato in fin di vita. 

A Steve la possibilità di redimersi è stata data. Hanno davvero pensato che darne un'altra a Billy fosse troppo? Lo ritenevano davvero un essere tanto ripugnante? 

Sinceramente, non lo so. So solo che la sua morte mi ha sconvolto più di tutte, perciò vedete questa one shot come un tentativo di consolazione. Spero vi sia piaciuta. 

Detto questo passo e chiudo, 

Nella speranza che I duffer brothers la smettano, un giorno, di uccidere  tutti i personaggi il cui nome inizi per B.

Un bacio, 

-Clauds

 

P.s Steve e Billy rimarranno per sempre la mia crack ship preferita, nobody can convince me otherwise.

   
 
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