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Autore: Natory28    29/07/2019    0 recensioni
Genere: | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Piccoli e teneri (si fa per dire) - serie'
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Una canzone che secondo me calza a pennello per le Clexa :(!
Kygo, Miguel - Remind Me to Forget

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Era passato quasi un mese da quella sera, la sera del bacio indimenticabile, come l'aveva battezzata Clarke, e lei non riusciva a pensare ad altro. Lexa aveva preso le distanze. I loro incontri erano fugaci, ogni volta in presenza di altre persone e le loro conversazioni erano solo ed esclusivamente di lavoro e, con il passare dei giorni, essi diventavano sempre più rari. La Senatrice aveva notato che Lexa delegava sempre più spesso la Forest o White per le comunicazioni ufficiali, si faceva vedere – per gestire l’agenda degli impegni e sottoporre il protocollo che si sarebbe dovuto osservare – solo se entrambi i colleghi era impegnati in altre incombenze.

La Woods sembrava comportarsi come se non fosse successo niente tra loro, nonostante eseguisse perfettamente il suo lavoro, sembrava la stesse evitando e lei non riusciva a darsi pace per questo suo continuo ignorarla. Il loro rapporto era freddo come il ghiaccio e se da un lato era quello che serviva a Clarke per rimettersi in pista e di nuovo al lavoro, dall’altro non riusciva a sopportarlo.

Sapeva fosse sbagliato farlo, ma per giorni aveva fantasticato molto sul Capo della Sicurezza, su quello che aveva sentito in quei baci che si erano scambiate, soprattutto su l’ultimo in cui era stata proprio lei ad aver preso l'iniziativa baciando Lexa. Questi pensieri stavano mandando a puttane il suo lavoro, faticava a concentrarsi, nonostante vedesse poco l'oggetto dei suoi desideri, non riusciva a liberarsi di quelle fantasie che la stavano facendo impazzire. La consapevolezza che fosse impossibile per loro qualsiasi rapporto fuori da quello in ambito lavorativo era impressa nella sua mente, ma per qualche ragione non riusciva a farsene una ragione.

A causa di questi pensieri inopportuni, la corsa per diventare Governatrice della California non stava andando come aveva sperato. Era distratta e le priorità non erano più le stesse, stava letteralmente buttando via una vita fatta di sacrifici e battaglie per ottenere dei risultati. Anche l'opinione pubblica aveva notato che ci fosse qualcosa che non andava. In quel mese la Griffin aveva fatto un paio di interviste, una conferenza stampa e si era tenuto il secondo dibattito il quale, purtroppo, non era andato bene come il primo.

Doveva staccare la spina e non dal lavoro o dalle minacce, ma dall'unica persona che la stava facendo impazzire veramente: Lexa. Non era da lei questo comportamento, soprattutto durante la campagna elettorale, ma aveva un disperato bisogno di svago e aveva intenzione di prenderselo. Non poteva andare avanti in questo modo altrimenti, presto, sarebbe uscita di senno e il lavoro di tutta una vita sarebbe andato a puttane. Visto il fallimento dell’ultima volta, non avrebbe certo tentato una fuga, avrebbe agito diversamente e seguito le regole.

 

*****

 

Erano rientrate da poco negli uffici del palazzo Governativo Statale, e Clarke stava guardando fuori dalla finestra mentre Raven le stava elencando gli impegni in agenda della giornata. Sentiva la voce del Capo Staff quasi come un eco lontano. La sua mente era altrove.

"Rach, ho bisogno di una serata libera...", disse interrompendo l'elenco dell'amica.

"Non mi sembra di aver letto questo sul mio iPad?", replicò con ironia la Reyes.

"Lo so benissimo, ti sto chiedendo di aggiungerlo infatti...", affermò con tono brusco che non ammetteva repliche.

"Beh se me lo chiedi con così tanta gentilezza come posso negartelo", rispose con sarcasmo.

"Raven... ti prego ne ho bisogno", supplicò in un sussurro voltandosi a guardarla.

"Stavolta seguirò il protocollo niente fughe clandestine...", aggiunse poi.

Raven osservò il viso dell'amica e vi lesse quasi disperazione, stava per fare le sue solite battute per sdrammatizzare, ma non se la sentì. Era da un po' che osservava Clarke e non era più la stessa, da un mese a questa parte, gli ultimi eventi mondani non erano andati molto bene ed i sondaggi evidenziavano chiaramente una ripresa di Collins. Forse questa boccata d'aria era necessaria, quasi vitale per riportare sui binari la Senatrice e perché no, anche la sua amica Clarke.

"Ok, parlerò con la Forest...", cominciò a dire Raven.

"NO!", obiettò Clarke alzando un po' troppo la voce.

Raven sgranò gli occhi per quell'improvvisa reazione, era decisamente insolito che Clarke usasse quel tono di voce, almeno con lei.

"Parlerò io con l'agente Woods… di persona... seguirò i protocolli del caso, ma la scorta che mi accompagnerà dovrà essere discreta e non rompere le palle... e su questo non transigo!", disse in modo perentorio ed intransigente.

Era arrivata al limite e stava per esplodere.

"Ok tigre, direi che sei stata chiara e, ora più che mai, ho capito quanto tu abbia bisogno di 'una serata libera...’ quindi rinfodera gli artigli, non c'è bisogno che ti alteri così tanto... almeno non con me...", replicò Raven con il suo solito sarcasmo pungente, sperando in qualche modo di alleggerire la tensione che si era creata, ma il suo tentativo fu inutile.

Il Capo Staff si alzò dalla sedia e, avvicinandosi alla porta, si girò di nuovo a guardare la Senatrice.

"Ok la libera uscita, ma ricorda comunque chi sei Clarke e che ruolo ricopri. Ti mando l'agente Woods...", disse Raven prima di richiudersi la porta alle spalle.

"E proprio questo il problema Rae... non lo so più chi sono", sussurrò al vento.

 

*****

 

Raven uscì dall'ufficio della Senatrice, fece qualche passo lungo il corridoio e svoltando l'angolo fu distratta dall'ennesima mail sul tablet. Impegnata nella lettura, non si accorse che proprio davanti a lei ci fosse la Forest. Se non fosse stato per la prontezza di riflessi dell'agente, a fermarla dolcemente mettendole le mani sulle spalle, si sarebbero scontrate sicuramente. Raven ci mise qualche istante per realizzare la situazione, quasi sopraffatta dal calore di quel contatto che Anya continuava a mantenere. La Reyes alzò lo sguardò ed incrociò quello della Forest, inizialmente intravide il solito imbarazzo, ma poi le sue labbra si arricciarono in uno splendido sorriso.

"Signorina Reyes di solito svoltare l'angolo senza guardare non è mai salutare... anche se devo ammetterlo… non mi dispiace per niente fare dei frontali con delle belle donne, ma sono in servizio ed il mio capo mi uccide se mi infortunio sul lavoro...", disse Anya cercando di mostrare una sicurezza che non aveva, lasciando l'altra letteralmente senza parole.

"Ora, se vuole scusarmi... ho del lavoro da sbrigare... buona giornata signorina Reyes", aggiunse poi scansandola per proseguire la sua strada, ma Raven fu lesta a risvegliarsi dal torpore, le afferrò il braccio con la mano impedendole di muoversi di un solo passo.

Era stanca di quel tira e molla. All'inizio era sempre la Reyes a provocare l’agente con qualche gesto o qualche battuta, ma nell'ultimo mese sembrava che il trend si fosse invertito, era il Capo Staff a subire e, se inizialmente trovava la cosa piacevole ed intrigante, ora era stanca e voleva arrivare al dunque. Anya fece di nuovo scontrare i suoi occhi in quelli scuri di Raven e per un attimo si sentì mancare. Fece scivolare lo sguardo sulla mano del Capo Staff che era ancora sul suo braccio e uno strano calore la pervase.

"Ci sono un milioni di motivi per cui non dovrei nemmeno porti una domanda del genere... ma non ne posso più fare a meno. Quando finisci il tuo turno vieni nel mio ufficio?!", mormorò Raven abbandonando il 'lei' e avvicinandosi pericolosamente al viso dell'altra.

"Ho bisogno di parlarti", si affrettò ad aggiungere prima di lasciare il braccio dell'agente e riprendere la sua strada.

Anya riprese a respirare, accorgendosi solo in quel momento di aver smesso di inalare aria. Il suo turno sarebbe finito tra almeno tre ore e sapeva benissimo che non sarebbe riuscita a combinare nulla. Raven le stava entrando dentro fino al midollo e non poteva fare nulla per evitarlo. P

   
 
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