Anime & Manga > Saint Seiya
Segui la storia  |       
Autore: QueenVictoria    30/07/2019    25 recensioni
I Cavalieri d’Oro vengono richiamati al Santuario per una riunione straordinaria, questa volta partecipa anche Mu dell’Ariete che torna in Grecia di sua spontanea volontà per sondare la situazione. Ambientata due anni prima dell’inizio della serie classica, questa storia vedrà l’incontro tra i Cavalieri d’Oro in un momento in cui la situazione al Santuario è molto tesa; una breve missione li porterà in viaggio in Asia Centrale e li costringerà a interagire e confrontarsi tra loro.
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aries Mu, Gold Saints, Leo Aiolia, Pisces Aphrodite, Virgo Shaka
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Capitolo IV




 
 
 
Quando Mu e Aldebaran giunsero al Tredicesimo Tempio, trovarono buona parte dei Cavalieri nella sala dove erano temporaneamente custodite le armature dei nemici.
 
“Se non mi fido di Aiolia, che bene o male ho quasi sempre potuto sorvegliare, come posso fidarmi completamente di Mu?” stava dicendo Milo in quel momento, in piedi accanto a Camus con le braccia conserte. “Cosa sappiamo di lui e di cosa abbia fatto in tutti questi anni?”
 
Quando li vide, tacque all’improvviso ma fissò l’Ariete dritto negli occhi, per niente pentito delle sue parole o seccato per il fatto che lui le avesse udite. Anzi, lo guardava come se pretendesse una risposta.
 
“Ho portato a termine il mio addestramento come tutti voi e poi mi sono dedicato alla riparazione delle armature,” rispose Mu con tranquillità, accennando un sorriso.
 
“E in questi anni non hai mai trovato il tempo per fare ritorno qui?” chiese lo Scorpione con una chiara aria provocatoria nella voce.
 
“No,” rispose lui con aria impassibile.
 
“È un lavoro che ti tiene molto occupato se non hai risposto neppure alle chiamate del Santuario.”
 
“Sono l’unica persona al mondo in grado di riparare le Sacre Armature, è normale che sia molto occupato,” disse ancora Mu “Adesso però sono qui,” aggiunse poi, con fare conciliatorio.
 
Milo annuì, con un piccolo cenno del capo.
 
Non c’era vera belligeranza in quell’aggressività. Per quanto fosse stato educato fin da piccolo a contenere, se non direttamente nascondere, le sue emozioni, Mu aveva imparato a tollerarle negli altri. Non gli dispiaceva quel carattere focoso che nasceva dalla spontaneità; probabilmente quell’atteggiamento era il suo modo per dimostrare la fedeltà al Santuario.
 
“Non siamo qui per discutere tra noi. Abbiamo dei problemi da risolvere e dobbiamo concentrarci su quelli,” la voce glaciale di Camus suonò come un rimprovero verso lo Scorpione.
 
“Vado a vedere le armature dei nostri nemici,” disse l’Ariete avviandosi verso l’altro lato della stanza.
 
Mentre si allontanava, si ritrovò a pensare a un aspetto paradossale della situazione; era tornato al Santuario per sondare il terreno e capire di chi potersi fidare, ma solo ora si era reso conto che, effettivamente, nessuno degli altri Cavalieri aveva motivo di aver fiducia in lui.
 
 
 
Delle armature dei tre nemici non era rimasto molto, l’impatto degli attacchi dei Cavalieri ne aveva sbriciolato la maggior parte. I pezzi rimasti erano stati posati sulla pavimentazione cercando di ricostruire le forme originarie.
 
Mu si inginocchiò per osservarle meglio. I pettorali erano composti da diversi piccoli elementi rettangolari in ferro saldati tra loro, che ricordavano molto quelli in cuoio che formavano le armature lamellari. La struttura finale era rigida, in quanto effettivamente fatta di un unico pezzo, ma esteticamente ricordava quelle degli antichi eserciti asiatici. Non erano comunque niente di eccezionale, semplici corazze di ferro opaco, composte di atomi immobili, costruite senza una vera devozione e assolutamente prive di qualsiasi traccia di vita.
 
Quegli uomini avevano combattuto da soli, con le loro forze, rivestiti solo con dei pezzi di metallo, niente di più. Non c’era stato nessun dio a prendersi cura di loro.
 
Prese in mano quella che doveva essere stata la parte posteriore di un elmo, sulla superficie interna erano incise delle scritte in devanagari; vi passò sopra le dita come per verificarne la profondità.
 
“Sono un misto di preghiere e di inni al dio Indra tratti dal Rig Veda (1),” disse Shaka entrando in quel momento nella sala.
 
“Vedo,” rispose l’Ariete “e queste sono normalissime armature in ferro, non hanno niente di sacro.”
 
“È quello che immaginavo,” continuò il Cavaliere della Vergine “basandosi sul modo in cui hanno combattuto sembrano dei dilettanti; avevano un discreto controllo del loro cosmo ma non riuscivano a usarlo pienamente.”
 
“Allora non sono davvero i Cavalieri di questo dio Indra?” chiese Milo.
 
“Pare di no. D’altra parte, a volte capita di avere degli impostori che agiscono in nome di un dio senza averne il minimo diritto,” rispose Mu. Quale soddisfazione pronunciare questa frase, apparentemente innocente, proprio all’interno del Tredicesimo Tempio! Con la coda dell’occhio cercò qualche reazione da parte degli altri; nessuno sembrava aver colto il doppio senso della frase, solo Death Mask si lasciò sfuggire una veloce occhiata verso di lui, e percepì un momento di perplessità anche in Aphrodite.
 
“Se vuoi vedere i corpi dei tre nemici, sono da questa parte,” lo invitò Shaka facendo strada.
 
L’Ariete lo seguì, constatando che anche il Cavaliere della Vergine non era cambiato molto negli ultimi anni; i capelli, sebbene ora lunghissimi, avevano mantenuto il colore biondo oro, i lineamenti del suo volto avevano conservato la loro delicatezza. Non aveva perso l’abitudine di disegnarsi un bindi rosso al centro della fronte, come da tradizione indiana, e, soprattutto, di tenere sempre gli occhi chiusi.
 
Già. Quegli occhi chiusi. Sorrise tra sé, ricordando che la prima volta che lo aveva incontrato, tanti anni prima, aveva pensato fosse cieco. Non vedeva altri motivi perché una persona non aprisse mai gli occhi. Shaka gli aveva invece spiegato di vederci benissimo e di tenerli chiusi intenzionalmente per accrescere le sue capacità. Aveva imparato a percepire il mondo attorno a sé attraverso suoni, odori, tatto e sensazioni; diceva di essere in grado di sentire i sentimenti delle persone e leggere dentro il loro cuore. Privandosi di un senso, era riuscito a sviluppare maggiormente gli altri, compreso il sesto e soprattutto il settimo, necessario per diventare un Cavaliere d’Oro. Inoltre, in quel modo, accumulava una grande quantità di cosmo che poteva rilasciare in combattimento semplicemente aprendo gli occhi.
Gli aveva detto anche di voler servire Athena, ma allo stesso tempo seguire la strada del Buddha del quale si riteneva una reincarnazione, ed elevarsi il più possibile verso gli dèi. Poteva sembrare un obiettivo un po’ ambizioso, per un bambino di quell’età, ma ne aveva parlato in modo deciso, e come fosse la cosa più naturale del mondo. A vederlo adesso, sembrava piuttosto vicino a ottenere quel risultato.  

Camminarono qualche minuto attraversando alcune stanze e poi arrivarono a destinazione. Le salme erano state adagiate sul pavimento di una stanza sotterranea, in attesa delle esequie. Due servitori spostarono i teli che li ricoprivano per permettere ai Cavalieri di vederle.
 
Si trattava di tre ragazzi molto giovani, forse loro coetanei. Due di loro avevano i caratteri somatici delle popolazioni dell’Asia Centrale, uno era leggermente più alto di statura rispetto agli altri, aveva i capelli biondissimi e, dagli occhi semichiusi, si intravedevano le iridi azzurre. A vederli così, sembravano tutto tranne che guerrieri.
 
“Siete riusciti a indentificarli in qualche modo?” chiese Mu.
 
“No, non abbiamo indizi di nessun tipo, a parte i loro caratteri somatici e quelle incisioni sulle armature,” rispose l’altro scuotendo leggermente la testa.
 
 
 
***
 
 
 
La Sala d’Oro, utilizzata per le riunioni straordinarie dei Cavalieri d’Oro era situata all’interno della Torre della Meridiana. Al centro, si ergevano dodici colonne disposte in cerchio e alte circa tre metri sulla cui sommità erano posate delle sculture raffiguranti i dodici segno dello zodiaco, rivolte verso l’interno. Davanti a ogni colonna vi era una sedia in legno con braccioli e schienale finemente intagliati. Man mano che i Cavalieri entravano nella sala, ogni scultura sembrava entrare in risonanza con la rispettiva Armatura emanando una luce dorata.
 
Quando Mu entrò si accorse della presenza di Shura del Capricorno, che doveva essere rientrato appena in tempo dalla sua missione. Questi sorrise e lo salutò cordialmente, anche se i suoi modi tradivano una certa freddezza.
 
Tutti presero posto, sedendo sotto il rispettivo segno zodiacale. I Cavalieri presenti erano nove, le uniche sedie vuote erano quelle del Sagittario, della Bilancia e dei Gemelli.
 
“Anche quest’anno il vecchio della Bilancia non si è fatto vedere,” brontolò Milo.
 
“Ha la scusa della missione segretissima…” gli rispose Death Mask ridacchiando.
 
“Non dovreste permettervi di criticare un Cavaliere impegnato in un incarico,” li interruppe Camus, con aria seccata.
 
“Ma dai… una missione che dura da duecento anni…” sbuffò il Cancro.
 
 
Shaka entrò per ultimo, si sedette al suo posto, e iniziò subito a parlare. “Ci siamo tutti,” disse “il Sommo Sacerdote ha ricevuto le lettere di giustificazione da parte dei Cavalieri della Bilancia e dei Gemelli, assenti perché impegnati in missione. Non arriverà più nessuno. Quindi la riunione può avere inizio.”
 
“Il Sommo Sacerdote mi ha incaricato di informarvi sulla situazione e sul motivo per cui siamo stati tutti convocati qui,” continuò “Andiamo con ordine. Durante gli ultimi mesi è stato percepito diverse volte un cosmo molto forte in un territorio desertico vicino alla parte settentrionale del lago di Aral, in Asia Centrale. I nostri collaboratori dicono che questa… attività, passatemi il termine, inizialmente sporadica, è diventata più frequente in diverse aree lì attorno. Seguendo i rilevamenti sembra si sia spostata lungo un tragitto abbastanza tortuoso attraverso parte dell’Asia Centrale fino all’India per poi fare il percorso inverso.”
 
“Fammi capire,” lo interruppe Shura “questo significa che un Cavaliere, o comunque qualcuno in grado di usare il cosmo, si è spostato lungo questo percorso ed è tornato indietro?”
 
“Sì, l’idea che ci siamo fatti è quella. E lungo il percorso ha avuto diverse occasioni per bruciare il suo cosmo in maniera notevole. Come sapete, io sono originario dell’India, il Sommo mi ha quindi inviato a indagare sulla situazione. Attraverso i miei contatti ho scoperto che in quello stesso periodo è stata rubata un’importante reliquia che era conservata al National Museum di Nuova Delhi, ovvero la collana del dio Indra.”
 
Shaka, guardando i Cavalieri da dietro i suoi occhi perennemente chiusi, si rese conto che metà di loro non aveva idea di chi fosse questo dio. Sospirando con malcelata alterigia, iniziò a spiegare.
 
“Si tratta di una delle divinità induiste adorate nell’antichità in alcune aree dell’Asia, in particolare in India. Con il tempo questo culto si è trasformato in una religione animista e questi dèi sono stati parzialmente dimenticati, ormai vengono considerati parte della mitologia dalla maggioranza della popolazione e non vengono più pregati come prima. I nostri contatti in Asia non hanno riportato notizie sul ritorno del culto di Indra o delle antiche divinità vediche e non ci risultano organizzazioni simili alla nostra a essi dedicate. L’unica spiegazione è che si tratti di un gruppo isolato di persone interessato alla reliquia di questo dio per qualche motivo personale.
 
“La collana di cui parliamo è formata da un unico elemento d’oro nel quale originariamente erano incastonate cinque gemme che sono state perdute nel tempo: si tratta di quattro giade verdi e una rossa.”
 
“Una giada rossa è proprio quella che hanno nominato quei tre guerrieri! Ma perché la cercavano qui? Cosa c’entriamo noi?” chiese Milo.
 
“La pietra della quale parliamo è realmente custodita al Santuario,” rispose Shaka “è stata rinvenuta qualche anno fa negli scavi di Ai Khanum, una città ellenica ritrovata sotto la sabbia in Asia, precisamente in Afghanistan vicino al confine con l’Unione Sovietica (2). Un nostro collaboratore in loco ne ha riconosciuto la particolarità e ce l’ha portata.
 
“Da quanto si legge negli antichi scritti, queste cinque gemme, essendo rimaste per secoli al collo del dio, hanno assorbito una piccola parte del suo cosmo che ha istillato in loro qualcosa di simile alla vita oltre a un forte legame con lui. In altre parole è come fossero vive ma dormienti; nel momento in cui si trovano tutte assieme possono essere usate per mettersi in contatto con Indra.
 
“In passato, Indra ha aiutato le popolazioni degli Ari nelle loro conquiste in Asia, ma solo in un limitato periodo di tempo, in seguito si è distinto soltanto in diverse guerre tra dèi.
Da quello che sappiamo, sembra che non si curasse troppo del destino degli uomini, ma che fosse disposto a difenderli dalle divinità sue nemiche. Vinta l’ultima guerra, dopo qualche centinaio di anni di noia, decise di riposare. Prima di addormentarsi prese la sua armatura e altre quattro appartenute ai suoi più fedeli guerrieri e le nascose in un luogo segreto tra le montagne; promise poi al sacerdote che curava il suo Tempio che, in caso di necessità, sarebbe tornato a difendere i suoi fedeli. Gli consegnò anche la collana insegnandogli a usarla per risvegliarlo e richiamare le cinque armature.
 
“Da allora saranno passati due migliaia di anni e il culto di questo dio si è perso nel tempo, quella collana probabilmente è stata rubata e le gemme smontate e rivendute chissà dove. In qualche modo comunque è arrivata al National Museum e vi è rimasta fino a quando è stata rubata qualche mese fa.”
 
“Visto che sono venuti qui decisi a recuperare la giada rossa, è abbastanza verosimile che abbiano anche le altre quattro verdi, oltre alla collana,” disse Camus, quasi parlando tra sé e sé.
 
“Temo di sì,” rispose Shaka “Il Sommo Sacerdote ordina che qualcuno di noi vada a vedere cosa sta succedendo attorno al lago di Aral e recuperare la collana che d’ora in avanti sarà custodita qui al Santuario.”
 
“Un momento, ma con che diritto prendiamo la collana?!” chiese Aldebaran.
 
“Non siamo qui per discutere gli ordini del Sommo,” rispose Milo, con tono seccato.
 
“Non è questione di discutere gli ordini,” continuò il Toro “la collana non appartiene ai fedeli di Indra? Se qualcuno si impossessasse di una reliquia di Athena cosa faremmo? Lo lasceremmo fare o cercheremmo di recuperarla? Lo stesso farebbero loro. Sono certo che il Sommo non vorrebbe iniziare una guerra, almeno se non fosse necessario.”
 
“Ci hanno attaccato loro per primi!” incalzò Shura.
 
“Sì, ma noi abbiamo qualcosa che appartiene a loro.”
 
“Avrebbero potuto chiederla prima di attaccarci. In fondo è stata trovata durante degli scavi archeologici, non l’abbiamo mica presa con la forza,” rispose allora Death Mask “sarebbe una buona occasione per rafforzare l’immagine del Santuario. Dobbiamo dimostrare la nostra forza a tutto il mondo!”
 
“Ma se il mondo non sa neppure che esistiamo! Te lo sei dimenticato?” gli ricordò Aiolia sbuffando “La nostra è un’organizzazione segreta.”
 
“Non parlo dei comuni cittadini. Dobbiamo apparire forti davanti alle altre organizzazioni.”
 
Mu si appoggiò stancamente allo schienale, infastidito da quelle reazioni. Si rese conto però che momenti del genere, pur non essendo piacevoli, non erano del tutto inutili. In silenzio, la testa appoggiata su una mano, il gomito sul bracciolo della sedia, iniziò a osservare i Cavalieri. Per quanto fossero in contrasto tra di loro, nessuno sembrava mancare di fedeltà al Santuario.
 
Shura e Death Mask ripetevano che contro gli aggressori si sarebbe dovuto tenere un pugno duro, dovevano essere da esempio semmai qualcun altro pensasse di attaccare il Santuario.
 
Camus, l’unico apparentemente calmo, si diceva più preoccupato per il fatto che dei nemici fossero arrivati indisturbati nei pressi del Tempio; che ne era della sicurezza di quel luogo nascosto e raggiungibile solo tramite passaggi segreti?
 
La conversazione prese una brutta piega, qualcuno si chiese dell’utilità dei Cavalieri d’Argento che avrebbero dovuto sorvegliare la valle, qualcun altro sospettava la presenza di spie. Infine la discussione degenerò in litigio, alcuni si alzarono in piedi quasi si volessero affrontare.
 
Mu perse il filo di quei discorsi che sembravano non avere più senso; i cavalieri erano troppo in competizione tra di loro per riuscire a instaurare un dialogo e, di certo, non erano abituati a lavorare assieme.
 
Shaka batté rumorosamente le mani per richiamarli all’ordine.
 
“Cavalieri, non siamo qui per discutere ma per prendere decisioni. Non credo sia il caso di parlare adesso della riorganizzazione della sicurezza del Santuario.”
 
“Ma se ci sono spie o persone che hanno rivelato la strada…” gridò Aiolia.
 
“Nessun se. Ci sono di sicuro!” lo interruppe Milo, anch’egli con il tono di voce alterato “Come sarebbero arrivati sennò? La Valle Sacra è inaccessibile. Solo chi conosce i passaggi segreti può raggiungerla.”
 
“Non è necessario conoscere i passaggi,” disse Mu.
 
Tutti tacquero.
 
L’Ariete sorrise divertito, l’unica voce con tono normale stonava così tanto in mezzo alle urla da aver attirato l’attenzione di tutti.
 
“Se hanno modo di percepire la presenza della pietra,” continuò “e identificarne la posizione anche a una certa distanza, non servono spie. Il fatto che abbiano inibito temporaneamente i miei poteri telecinetici significa che ne hanno anche loro; una volta identificata la posizione della pietra, possono essersi teletrasportati nel posto raggiungibile più vicino.”
 
“Ma questo luogo è protetto dal cosmo di Athena…” rispose Shura.
 
“Infatti hanno raggiunto la piazza davanti all’inizio della scalinata, mica il Tredicesimo Tempio. E noi siamo lì per quello.”
 
“Beh, se ci sono le Dodici Case come difesa lungo la scalinata che parte da quel piazzale, significa che è un luogo che  il nemico può raggiungere,” convenne Adelbaran.
 
Dopo qualche istante di silenzio, nel quale i Cavalieri riflettevano sulla situazione, Shaka prese di nuovo la parola.
 
“Dobbiamo decidere come agire. L’idea iniziale era di spedire uno o due di noi a fare qualche indagine su questo cosmo percepito in quelle aree e scoprire di più sul furto della collana, ma ora che il Santuario è stato attaccato le cose sono cambiate e c’è la possibilità concreta di dover affrontare nuovi nemici.
Il Sommo Sacerdote ha disposto che almeno metà di noi rimanga qui a difendere questo luogo da eventuali attacchi, gli altri partiranno. Non è ancora chiaro se decideremo noi chi partirà e chi resterà qui di guardia, ma credo che il Sommo preferisca avere nostre proposte da valutare. Ci sono concessi alcuni giorni per documentarci e riflettere sulla situazione.”
 
La discussione durò ancora qualche decina di minuti, dopodiché i Cavalieri iniziarono a lasciare la Sala d’Oro.
 
Ancora durante la riunione, Mu aveva notato che al diadema di Aiolia mancava un elemento; si era ricordato quindi che Milo aveva raccontato come lo avesse perso durante il combattimento. Appena uscito dalla Sala gli si avvicinò e si offrì di ripararglielo. Il Leone esitò un momento.
 
“Si è staccato un pezzo, ma non compromette il resto,” disse.
 
“Ogni piccolo pezzo ha la sua precisa funzione nell’insieme,” rispose l’Ariete “soprattutto nel caso delle Armature come la tua, dove la parte posteriore della testa non è protetta da un elmo chiuso ma dal cosmo del diadema. Posso vedere il pezzo che si è staccato?”
 
Aiolia accettò e i due si incamminarono verso la Quinta Casa.
 
 
 
Qualche metro più indietro Death Mask, Shura e Aphrodite camminavano affiancati, osservandoli.
 
“Che facciamo?” chiese il Cancro.
 
“Che vorresti fare?” rispose Aphrodite “Lui ci ha detto di tenerlo d’occhio, non di fare qualcosa.”
 
“Sì. Ma ci ha ordinato anche di capire cosa gli passa per la testa.”
 
“Direi di osservarlo nei prossimi giorni. Ho cercato di instaurare un buon rapporto con lui, in caso proverò a parlargli e vedere se ne ricavo qualcosa.”
 
“Uno così mi sembra pericoloso, fosse per me lo farei fuori subito,” disse Death Mask ridacchiando.
 
“Ti ricordo che è l’unica cosa che Lui ci ha raccomandato di non fare,” si intromise Shura.
 
“Vero,” sbuffò l’altro.
 
 
 
***
 
 
 
Mu aveva imparato a riparare le Sacre Armature fin da piccolo, sotto la guida del suo Maestro Shion. Come tutti i discendenti degli alchimisti dello scomparso Continente di Mu, che nell’antichità avevano forgiato le Vestigia dei guerrieri di Athena, era perfettamente in grado di entrare in sintonia con esse.
 
Durante l’era mitologica, questi alchimisti, avevano creato delle complesse leghe di materiali: una base che poteva essere oro, argento o bronzo, veniva mescolata a oricalco, germanio e polvere di stelle; in esse Athena aveva istillato direttamente la scintilla della vita tramite il suo immenso cosmo.
 
Queste Armature, quindi, erano vive; per ripararle era necessario far entrare in risonanza il proprio cosmo con la vita che si trovava dentro esse. Mu era sempre riuscito a farlo con facilità. Gli veniva naturale concentrarsi e dialogare con loro; era come se le singole molecole di quegli elementi iniziassero a chiamarlo tutte assieme, chiedendo di essere riunite, ripristinando la discontinuità che aveva interrotto la loro armonia.
 
A volte le Armature gli raccontavano qualcosa di esse; gli bastava chiudere gli occhi per sentirne le voci che parlavano direttamente al suo cuore, o vedere addirittura immagini formarsi nel buio delle palpebre abbassate. Il più delle volte si trattava solo di semplici sensazioni, stralci di sentimenti, frammenti di ricordi rimasti imbrigliati nella polvere di stelle e nelle molecole di oricalco; solo in pochi i casi era riuscito a percepire qualcosa di più concreto.
 
Gli era stato sufficiente prendere in mano il diadema di Aiolia per capire che quell’oggetto aveva qualcosa da raccontargli. E ora, nel cuore della Prima Casa, sapeva che non avrebbe potuto fare a meno di ascoltarlo.
 
Prese dalla borsa i materiali e gli strumenti necessari, si sedette sul pavimento e incominciò a lavorare. Le molecole che formavano il ricciolo staccato erano ancora vive, per cui non ci volle molto a ricongiungerlo con il resto; ma appena il suo cosmo entrò in risonanza con quello del diadema, Mu venne investito da un’ondata di sentimenti dolorosi, e delle immagini, sfocate come fossero lontane, si formarono nella sua mente.
 
 
 
Quel diadema era stato posto vicino al ritratto di Aiolos. Aiolia, bambino, pregava inginocchiato davanti a quel disegno, non avendo un altro luogo per farlo; ad Aiolos non era stata concessa una sepoltura.
 
“Il corpo del traditore non può riposare accanto a quello degli altri cavalieri.” aveva detto il Sacerdote.
 
Era stato lasciato solo, in mezzo a chi lo disprezzava soltanto. Dov’erano finiti quelli che si dicevano suoi amici?
 
Aveva trascorso ore inginocchiato davanti a quel ritratto, in preda a un tumulto interiore che aveva rischiato di consumare il suo animo, e lo aveva portato ad allontanarsi da tutto e da tutti. Nel suo cuore si erano alternati sentimenti contrastanti e il diadema, vivo come il resto dell’Armatura, ne era rimasto impregnato.
 
Dentro di lui si erano alternati l’odio contro chi aveva ucciso Aiolos e contro chi lo aveva lasciato morire; perché nessuno, in realtà, aveva fatto niente per impedirlo. Non vi era soltanto Shura, al centro del suo malessere, ma anche gli altri Cavalieri, che non riusciva a non ritenere almeno in parte responsabili della morte del fratello.
 
Molte persone sembravano averlo abbandonato, ma anche lui si era allontanato da tutti. Non frequentava gli altri Cavalieri se non quando obbligato, e in generale cercava di incontrarli in meno possibile.
 
La reazione più dura era stata il cercare di riscattarsi, prendere distanza da quel tradimento non suo per il quale veniva ingiustamente giudicato. Aveva vissuto per anni diviso tra l’amore per il fratello e il desiderio di non essere mai più paragonato a lui. Aveva cercato di rinnegare i suoi sentimenti e seppellirli nel profondo del cuore, per nasconderli anche a se stesso.
 
Ma i sentimenti non si possono rinchiudere, e quell’amore riaffiorava continuamente a tormentarlo.
 
 
 
Mu riaprì gli occhi, cercando di allontanare quel vortice di ricordi dolorosi nel quale aveva finito involontariamente per immergersi. Deglutì con fatica, cercando di sciogliere il nodo che gli era formato in gola, si accorse delle lacrime che gli erano scese lungo le guance.
 
Si distese sul pavimento di pietra, gli occhi coperti dai palmi delle mani.
 
Sapeva bene quanto avesse sofferto Aiolia in quegli anni, lo aveva sempre immaginato. Ma percepire quel dolore in maniera così diretta, era tutta un’altra cosa.
 
Quando sono scappato dal Santuario io avevo un posto dove andare. E avevo Dohko, che per me è stato come un secondo padre. Tu sei rimasto davvero solo.
 
 
 
 
 
 
----- NOTE -----
 
(1) Il Rig Veda è uno dei più antichi e importanti testi religiosi, letterari e mitologici dell’induismo. È composto da diversi inni, elaborati in varie regioni dell’Asia in epoche diverse, che riflettono le idee religiose delle popolazioni indo-arie, ispirate al politeismo naturalistico. Quasi un quarto degli inni del Rig Veda è dedicato al dio Indra.
 
(2) Vi ricordo che la storia è ambientata nei primi anni ’80. Ai Khanum è situata in Afghanistan vicino al confine con il Tagikistan, il quale all’epoca era parte dell’Unione Sovietica.
Gli scavi di questo sito archeologico si svolsero tra il 1962 e il 1979 e portarono alla luce una città ellenica che completò il vuoto sulle conoscenze dell'influenza greca in Asia centrale. Si pensa che nel II e III secolo a. C. questo avamposto della civiltà ellenica controllasse i territori degli attuali Turkmenistan, Tagikistan e Uzbekistan; ho pensato che poteva essere il luogo ideale per trovare una cosa del genere. ;)
 
 




 
------------------------------------------------------------------------------



Vi lascio come sempre le schede dei personaggi apparsi nel capitolo, io vi aspetto a fondo pagina. :)





 
Mu - Cavaliere dell’Ariete
Paese di Origine: Jamir (tra India e Cina)
Età: 18 anni
Particolarità: Psicocinesi, teletrasporto


 
Aldebaran - Cavaliere del Toro
Paese di Origine: Brasile
Età: 18 anni
Particolarità: Grande forza fisica


 
Death Mask - Cavaliere del Cancro
Paese di Origine: Italia
Età: 21 anni
Particolarità: Colleziona le anime delle sue vittime impedendo loro di raggiungere l’aldilà.


 

(L'immagine a destra è una fan art di Marco Albiero)
Aiolia - Cavaliere del Leone
Paese di Origine: Grecia
Età: 18 anni
Particolarità: Capacità curative.


 
Shaka - Cavaliere della Vergine
Paese di Origine: India
Età: 18 anni
Particolarità: Reincarnazione di Buddha, raggiunge l’illuminazione all’età di sei anni. È considerato l’uomo più vicino agli dèi.


 
Milo - Cavaliere dello Scorpione
Paese di Origine: Grecia
Età: 17 anni


Shura - Cavaliere del Capricorno
Paese di Origine: Spagna
Età: 21 anni
 

 
Camus - Cavaliere dell’Aquario
Paese di Origine: Francia
Età: 18 anni


 
Aphrodite - Cavaliere dei Pesci
Paese di Origine: Svezia
Età: 20 anni
Particolarità: Esteta, ama la bellezza in ogni sua forma


 
------------------------------------------------------------------------------

Angolo di quella che scrive:

 
Questo capitolo stava diventando troppo lungo quindi l’ho diviso in due, per non creare confusione lasciando discorsi in sospeso ho diviso in due parti anche la riunione. Quindi nel prossimo capitolo vedremo i cavalieri approfondire la situazione e prendere qualche decisione.
 
Ringrazio tutti quelli che sono arrivati a leggere fin qui, chi ha aggiunto la storia nelle preferite, seguite ecc. Come sempre, sarò felice se vorrete lasciarmi qualche commento con pareri e consigli. ^_^
 
A presto!!
   
 
Leggi le 25 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: QueenVictoria