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Autore: _Rouge    30/07/2019    0 recensioni
[Hypnosis Mic]
Il suo sorriso morbido ha un che di divino.
[ dohifu ]
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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manus angeli


La luce rossa come il fuoco del tramonto riverbera contro il vetro, scocca frammenti di oro colato sui muri crema, tra vasi dalle tinte marroni e barattoli di vetro che si scindono in arcobaleni sbafati, incartando tutto il salotto con le sue sfumature carminie e con un timido calore e buttando un’ombra che oscura il lato della stanza che sta dietro l’unico lembo di tenda tirata.

È il riflesso invadente di una cornice che contorna una foto con Jakurai – due sorrisi e una smorfia che vuole essere contenta e canne e lenze fra mani ruvide – e che rimbalza cattivo sul suo viso stanco e smunto a destarlo brutalmente, occhi turchesi che si schiudono e serrano lentamente e subito roteano al cielo in un movimento di abitudinaria stizza.
Doppo maledice a bassa voce la finestra attraverso cui filtra il sole aranciato, le serrande che non hanno ammortizzato la luce accecante e anche se stesso, come suo solito, che si è addormentato sul divano, accucciato e contorto come un brutto feto fra i cuscini e con la camicia un disastro, una volta tornato a casa – Hifumi non era in cucina e lui si era messo seduto, la schiena curva e la testa ciondolante con il telecomando del televisore vicino e il cellulare nervosamente in mano, con tutte le felici intenzioni di controllare dove l’altro fosse, e da lì non ricorda nulla.           

Ha addosso un plaid che sua mamma ha cucito e dato loro una volta che sono andati a vivere assieme – rammenta il suo sorriso sincero e cordiale, i fianchi morbidi e la sensazione della sua bocca umidiccia contro la fronte – e che non crede di aver visto sul sedile nel momento in cui si è lasciato cadere sul divano. Si strofina stancamente una mano sul volto, sentendo un abbozzo di barba irta fra le dita, e lancia un’occhiata seccata allo schermo retroilluminato del telefonino, un selfie suo e di Hifumi scattato durante l’ultimo hanami che, nonostante tutto, lo fa sorridere brevemente nel cuscino; un occhio di Hifumi è sfortunatamente nascosto dall’orario scritto in pixel bianchi, che lo fissano beffardi, entrambi fermi sul numero diciannove.

Doppo esala un ringhio roco e affonda la faccia nella stoffa che sa di sudore, arricciando il naso all’odore acre : nel buio sente distintamente un dolore lontano martellare dietro la fronte  e ricorda distratto che le medicine che Jakurai gli ha dato, raccomandandosi di assumerle con costanza e “non soltanto durante un attacco, Doppo-kun”, sono ancora ben chiuse nella loro scatolina di cartone ammaccato, sul fondo dello zaino sformato con cui va in ufficio. C’è un mal di testa in arrivo e la volontà di alzarsi e fare in modo che la sua serata non vada definitivamente in rovina manca in maniera totale, e Doppo si sente un autentico fallito, con trent’anni all’orizzonte, un lavoro orribile che lo strema e un’emicrania che batte fortissimo e batte e batte, rivoltando il suo stomaco e tutto il contenuto, il bento carino con le verdure e il riso e i mochi al tè verde che Hifumi ha cucinato e assemblato così che tutto sembrasse una faccia che sorride – “Così ti torna il buonumore!” e onestamente, come si è meritato un simile trattamento?
Non lo merita, no che non lo merita, e avverte un nodo invisibile stritolarlo, la cravatta d’un tratto tanto stretta intorno al collo madido e l’aria rarefatta, che entra a fatica nelle narici ancora incollate al tessuto liscio del divano.

Dentro e fuori, dentro e fuori, cosa diceva Jakurai-sensei?, dentro e fuori, dentro e fuori -

La federa a fantasia nera e bianca del cuscino che Hifumi ha tanto insistito di mettere diventa un ammasso indistinto di cataratte dietro il velo traballante delle lacrime e Doppo sibila un cenno amaro di risata fra i denti arrotati, dandosi mentalmente dell’idiota mentre la cassa toracica si contrae febbrilmente, con l’alito schifoso di uno stomaco acido che sbatte contro il suo muso e lo nausea ulteriormente; si morde il labbro inferiore e sente il ferro che scivola in bocca, le orecchie che ronzano insistentemente e fanno il rumore irritante di un disco rotto che continua e continua -

Una mano non sua, ma di cui conosce a memoria tutte le curve e le conche e le colline, si infila fra i riccioli disordinati in una carezza lieve e l’embrione di terrore e confusione scema in infantile sollievo nel momento in cui la voce di Hifumi si infila a forza nel brusio invasivo che rimbomba nell’anticamera del cervello; assurdo come riesca a venire in suo soccorso tutte le volte in cui lo necessita senza che debba chiamarlo: è uno strano meccanismo che va avanti da anni e il cui funzionamento va oltre la conoscenza sua e di Hifumi, ma è talmente automatico, naturale addirittura, che va bene così.

Doppo volta il viso di lato e nella nebulosa delle lacrime che distorce i dintorni Hifumi è seduto a terra, con la testa inclinata sul braccio steso sul divano e un broncio concentrato che lo fa sembrare uno dei cherubini di Raffaello, o una strana icona di una chiesa lontana. La mano che si muove delicatamente sulla sua testa lo rassicura e lo calma e Doppo sente la sua ansia scivolare via dalle membra stanche e dalle ossa incrinate, il rumore bianco nelle sue orecchie abbassarsi di volume, finché la sua mente non si svuota e l’unica cosa su cui si concentra sono le dita sottili di Hifumi che strofinano ora sul cranio, ora sulla nuca, in un movimento attento e materno. I suoi occhi sono ancora offuscati dai residui imbarazzanti della sua isteria e se non fosse così rilassato avrebbe sicuramente domandato scusa infinite volte, ma Hifumi non dà modo di dire nulla, non con la luce dorata del tramonto che lo circonda e mette in risalto la mascella cesellata, le ciocche verdi nel biondo della tinta e occhi che nell’arancio del sole sembrano fiamme vive.

Il suo sorriso morbido ha un che di divino.

Doppo solleva alla cieca un braccio molle, sfiorando la mano salvifica di Hifumi che affonda dolci nella matassa rossa e azzurra e incastrando le loro dita in una stretta oramai istintiva.

Quando ritira la mano e schiocca un bacio a occhi chiusi e labbra serrate sulle nocche dure, la risata di Hifumi smaterializza ciò che resta della sua autocommiserazione e Doppo si concede il lusso di sorridere contro il cuscino.

  
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