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Autore: Yuki Delleran    02/08/2019    2 recensioni
Keith è il principe di Marmora, ha perso la sua famiglia, la sua casa e la sua patria in un modo inaspettato, violento e tragico.
Lance è un cecchino della resistenza, non ha mai avuto davvero una patria e ha rinuciato alla sua famiglia per scelta obbligata.
La Resistenza è in lotta con l'Impero da secoli per liberare l'universo dal giogo dell'oppressione e la profezia che designa colei che metterà fine al dominio galra è l'unica luce a illuminare un cammino oscuro.
Ma non tutto ciò che è stato rivelato dalle stelle è eterno e immutabile. A volte può essere riscritto.
Genere: Drammatico, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 6

 

L'asteroide che orbitava attorno alla prigione spaziale di massima sicurezza di Beta Traz era grande a sufficienza per ospitare la squadra di incursione inviata dalla Resistenza e abbastanza desolato perché nessuno vi badasse o sospettasse la presenza di qualcuno.
Il piccolo gruppo di ribelli guidati da Lance era atterrato con delle navicelle sulla faccia scura dell'asteroide, opposta al complesso della prigione, ed era avanzato fino a raggiungere un buon punto di osservazione.
Da lì avrebbero dovuto studiare i movimenti delle guardie e individuare una qualunque falla nella sicurezza che potesse permettere loro un'incursione. Per quanto fosse considerata una prigione dove rinchiudere elementi potenzialmente pericolosi per l'Impero, non si trattava certo di un luogo visitato spesso dalle autorità. Si diceva che chi vi venisse rinchiuso non avrebbe più visto la luce delle stelle e che la perfetta automazione della struttura permettesse l'utilizzo di poco personale in quell'avamposto lontano da tutto. Quei primi giorni di missione sarebbero serviti a verificare che tutte quelle informazioni fossero veritiere.
Non avrebbero montato alcun campo all'ombra delle rocce scoscese che formavano l'asteroide, l'assenza di atmosfera avrebbe reso difficoltosa ogni permanenza all'esterno delle navicelle, ma avrebbero inviato delle sonde per monitorare lo spazio circostante e i turni di guardia per controllarne le trasmissioni erano stati stabiliti a coppie, in modo che l'intero gruppo partecipasse.
Lance avrebbe voluto fare coppia con Hunk, era più che chiaro, ma, spinto probabilmente dal senso del dovere o dal timore di lasciarlo incustodito, aveva stabilito di trascorrere i suoi turni con Keith. Il principe, ovviamente, aveva notato subito quell'intenzione e non aveva mancato di farglielo notare durante la prima guardia insieme.
« Non sei costretto a farmi da balia. » esordì, una volta rimasti soli davanti alla console di controllo. « Non mi suiciderò e non metterò la squadra nei guai. Ho detto che avrei obbedito ai tuoi ordini, ricordi? »
Dall'espressione che Lance assunse, fu lampante che avesse colto nel segno, tuttavia il giovane scosse la testa.
« Sono stato molto chiaro con la principessa Allura in merito a questa questione: non avevo nessuna intenzione di accollarmi potenziali suicidi o mine vaganti. L'unico motivo per cui ora sono qui invece che spassarmela con Hunk è per mostrarti nella pratica in cosa consiste il nostro lavoro. » rispose, aggiungendo poi: « Hai detto che non era la mia battaglia, quindi ora ti mostrerò perché si tratta della battaglia di tutti. »
Keith incassò la frecciata senza commentare. A volte aveva l'impressione che Lance volesse avvicinarsi a lui, anche se non ne capiva il motivo, altre invece si sentiva respinto e tenuto a distanza. Quest'ultima sensazione gli era più familiare, ma di nuovo non gli era chiara la motivazione di quel comportamento contraddittorio.
« Ti porti sempre dietro quel fucile? »
Non era una domanda che avesse a che fare con il discorso precedente e non era nemmeno dovuta al fatto che Keith volesse fare conversazione. In realtà lui era tutt'altro che portato per la conversazione e di solito faceva di tutto per evitarla. Aveva chiesto solamente perché il suo sguardo era caduto per caso sull'arma che Lance aveva appoggiato al sedile. Si trovavano all'interno di una navicella, davanti a una console di comando e in una posizione tale che un attacco diretto sarebbe stato molto improbabile, non aveva senso tenerla lì.
Lance raccolse il fucile e se lo portò in grembo, accarezzando la lunga canna di precisione sovrastata da due mirini. Era un'arma invidiabile, degna di un cecchino esperto.
« Sì, lo porto sempre con me, come monito, diciamo. » fu la risposta, mentre le dita scivolavano morbide sull'impugnatura.
Keith aguzzò lo sguardo e scoprì che quelli che a prima vista apparivano come graffi casuali, in realtà erano un'incisione con un significato ben preciso. Un nome: Flor.
« Un promemoria per non scordarti il nome di qualcuno? »
A quell'insinuazione, Lance gli rivolse uno sguardo confuso, che Keith liquidò con il gesto altezzoso di una mano.
« Non hai bisogno di proteggere le mie regali orecchie, i soldati parlano. Li ho sentiti più volte dire di come ti vanti di avere una donna in ogni spazioporto e non mi stupirei se il nome lì sopra fosse di una di loro. Non mi aspetto serietà da te. »
Lo disse con un'alzata di spalle e un tono casuale, leggero, per questo in un primo momento il senso della risposta gli sfuggì completamente.
« È mia sorella. »
La voce di Lance aveva un tono inaspettatamente serio e pacato.
« So quello che si dice su di me, in parte ho alimentato io stesso le voci. Avere una certa fama può fare comodo. Su di lei però non scherzo. »
Le dita affusolate di Lance continuavano ad accarezzare il fucile come se fosse qualcosa di prezioso e Keith si rese conto che quello che stava per arrivare era un discorso particolarmente delicato. Non si aspettava certo che l'altro si confidasse con lui, non ne vedeva nemmeno il motivo, ma qualcosa lo spingeva ad ascoltare qualunque cosa avesse da dire.
« Quando Altea è stata occupata dai Galra, ho servito nella leva obbligatoria per tutti i giovani. Ero convinto di fare qualcosa di buono e di contribuire alla sicurezza della popolazione, senza contare il compenso che era di grande aiuto al nostro bilancio famigliare. Facendo parte di quella fascia di persone che a volte fatica a sbarcare il lunario, un'entrata in più faceva comodo. »
Lance raccontava in tono tranquillo, come se si fosse trattato solo di una storia o della vita di qualcun altro, cosa che faceva sentire Keith vagamente a disagio e gli trasmetteva il sentore di una catastrofe in arrivo.
« Ero giovane ma non ero stupido, sapevo bene che i Galra erano gli invasori e l'Impero un'istituzione oppressiva, ma in qualche modo mi ero convinto di non farne parte pur appartenendo alle loro forze armate. Ero l'ingenuotto di turno convinto di poter cambiare le cose in meglio dall'interno, almeno finché la realtà non mi è stata sbattuta dritta in faccia. C'è stata una rappresaglia, si diceva che fosse stata fomentata dalla Resistenza. I superiori ci hanno ordinato di sparare sulla folla. Ho visto molti soldati farlo senza battere ciglio e persone morire sotto quel fuoco. Mi sono rifiutato di prendervi parte e sono scappato. Nel momento stesso in cui l'ho fatto ho capito che non avrei avuto scampo, si trattava di tradimento e diserzione, non sarei mai potuto tornare indietro. Per questo ho lasciato credere a tutti di essere morto in quegli scontri, così che non potessero rivalersi sulla mia famiglia. Ho cercato la Resistenza, o meglio, loro hanno trovato me, e questa è stata l'arma che Allura mi ha messo in mano per proteggere le persone in un modo diverso e... »
Lance s'interruppe, tentennando per un attimo.
« So che sembra sciocco, anche noi uccidiamo la gente, alla fine, e la buona causa è una giustificazione fino a un certo punto, ma voglio credere che questo sia un bene diverso da quello che pensavo di poter fare da solo nell'esercito. Un bene che porterà davvero qualcosa di buono, nel concreto, per molti. Flor è la mia sorellina, non la vedo da cinque anni e pensa che sia morto, come tutto il resto della mia famiglia. « Voglio credere che quello che faccio sia anche per loro. »
Keith aveva ascoltato in silenzio, rendendosi conto che la storia di Lance, raccontata con parole semplici e approssimative, ben distanti dai discorsi formali fatti alle riunioni diplomatiche o strategiche, era mille volte più toccante. Era la storia di qualcuno che si era sacrificato in prima persona per proteggere i suoi cari e per un ideale superiore. Questo, riflettè Keith, era quello che lui stesso avrebbe voluto fare ma in cui aveva fallito miseramente nel momento in cui si era fatto salvare da Shiro.
L'istinto gli avrebbe suggerito di alleggerire l'atmosfera e mettere in qualche modo distanza tra sé stesso e Lance, ora emotivamente troppo vicino, ma, per qualche motivo, non riuscì a liquidare tutto con una battuta brusca. Si rendeva conto, con una sorta di nodo allo stomaco, che di tutte le persone che aveva incontrato Lance era forse quello che poteva capirlo meglio. E, pur non essendo abituato a incoraggiare qualcuno, si sforzò di esprimere un pensiero positivo.
« Pensi che prima o poi ti farai di nuovo vivo con la tua famiglia? Potresti spiegare loro cos'è successo e il motivo per cui ora stai combattendo. »
Se fosse stato nei panni di Lance probabilmente non sarebbe mai tornato, anzi, al contrario, sarebbe stato ben lontano da sua madre per evitare ogni sospetto o ripercussione, ma stava iniziando a capire che esistevano metri di giudizio diversi dal suo.
« Mi piacerebbe e ammetto di averci pensato più di una volta, ma adesso è ancora troppo pericoloso. » rispose infatti Lance. « Non posso portarli via da Altea in sicurezza, quindi è meglio che vivano tranquilli senza sapere di me. Tornerò da loro quando sarò certo che la Resistenza avrà fatto abbastanza passi avanti, quando sarò in grado di proteggerli e non condannarli a una vita da fuggiaschi. »
Keith annuì, suo malgrado ammirato da quel discorso maturo. Per quanto non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce, si rese conto che avrebbe dovuto prendere esempio da Lance per quello che riguardava la pazienza e la razionalità, soprattutto se si trattava del bene delle persone a lui care. Avrebbe dovuto imparare ad arginare l'impetuoso desiderio di vendetta che provava e aspettare che i tempi fossero sufficientemente maturi per agire.
Perso in quelle riflessioni, non si rese conto del silenzio prolungato finché Lance non tossicchiò per attirare la sua attenzione.
« Una moneta per i tuoi pensieri. »
« Non ci guadagneresti. »
« Oh, andiamo, io mi sono confidato con te, come minimo potresti fare altrettanto. Potresti raccontarmi del tuo regno, di tua madre e tuo padre. »
A quelle parole Keith si rabbuiò e distolse lo sguardo.
« Io non ho nessun padre. » mugugnò tra i denti.
Se sperava che quell’affermazione impedisse a Lance di fare domande indiscrete, si sbagliava di grosso.
« Ma non mi dire, sei un figlio in provetta. Non pensavo che anche i reali ricorressero a questa pratica, ma la scienza esiste per aiutare le persone e io non sono nessuno per giudicare… »
« Non sono un figlio in provetta! » sbottò Keith. « Avevo un padre, ma è morto prima che nascessi e mia madre non ne ha mai voluto parlare. Nessuno a palazzo è autorizzato a farlo. Non so nemmeno di che razza fosse, non che sia importante. Agli occhi di chiunque resto comunque solo un mezzo Galra. »
Non aveva mai dato voce al suo disagio riguardo il fatto di essere un mezzo sangue, nemmeno con Shiro o nei momenti di rabbia, era decisamente strano che Lance fosse riuscito a tirar fuori quel problema alla loro prima vera conversazione.
« Ti preoccupa la successione al trono? O il fatto di appartenere per metà alla razza che sta dominando l’universo? »
Keith lo fulminò con un’occhiata.
« La mia legittimità non è mai stata messa in dubbio! Mia madre è la regina Krolia di Marmora e questo basta! »
« Capisco… quindi il problema è fare comunella con i cattivi della situazione. »
« Io non faccio…! »
Keith si passò le mani tra i capelli, frustrato. Accidenti a quando aveva pensato che Lance potesse capirlo.
« Ma certo, è chiaro, rilassati. Ti stavo solo prendendo un po’ in giro. Capisco che tu ti senta in conflitto, chiunque lo sarebbe nella tua situazione. Non volevo certo appesantirti il turno di guardia con brutti pensieri, speravo solo di conoscerti un po’ meglio. »
Davanti a quelle parole, pronunciate con tutta la naturalezza del mondo, Keith rimase di nuovo spiazzato. Non era la prima volta che Lance tentava un tipo di approccio amichevole nonostante avesse dichiarato di non sopportare i membri dell’aristocrazia. Era un comportamento incoerente che non riusciva a spiegarsi.
« Perchè lo fai? »
« Faccio cosa? Parlarti come una persona normale? Sarebbe ora che lo facessero anche gli altri. »
« Non è solo questo, mi fai domande come se fossi davvero interessato a… »
« Alle risposte? Amico, è questo il motivo dell’esistenza delle domande. Se non sei interessato alle risposte, allora non chiedere. »
« Stavo per dire a me, ma anche questo ha senso. »
La reazione a quelle parole stupì di nuovo Keith che, di fronte a un Lance che arrossiva e si esibiva in una risata sguaiata, non seppe come reagire.
« Finora solo Shiro e mia madre si sono davvero interessati a me e a quello che avevo da dire. » ammise. « È strano… »
« Già, Shiro, l’uomo della tua vita. » commentò Lance, con con un'intonazione che Keith riuscì a identificare solo come un vago e velato sarcasmo.
« Non ti riguarda. » rispose quindi, ponendosi immediatamente sulla difensiva.
« Lo so. » disse Lance semplicemente. « Scusami, è stato un commento fuori luogo. Mi sento stupido perché lui che non ti vuole, ha tutta la tua attenzione, mentre io... Nulla, lascia perdere. »
Keith lo scrutò di nuovo, mentre l'altro distoglieva lo sguardo, chiaramente a disagio.
« Mentre tu? » provò a chiedere. « Stai cercando di farmi capire che dovrei esserti grato perché hai fatto delle cose per me? Perchè lo sono, sappilo. Non ne capisco il motivo, ma lo sono. »
Lance sospirò e scosse la testa.
« Non voglio niente da te, Keith, sono solo un po' invidioso di Shiro, tutto qui. Non ci badare. »
Dopo quelle parole, il giovane cecchino si chiuse in un silenzio malinconico che Keith non aveva idea di come spezzare e che, di conseguenza, si protrasse fino alla fine del turno.
Quando Hunk li venne a chiamare per il cambio della guardia, accolsero entrambi la sua presenza con sollievo, tanto che il compagno se ne stupì.
Keith non fece nessun commento, limitandosi a sottolineare la necessità di andare a riposare e avviandosi verso la propria cabina, lasciando soli i due amici: aveva fin troppe cose su cui riflettere e per farlo aveva bisogno di non avere nessuno attorno.

Lance si sentì addosso lo sguardo di Hunk ancora prima che l'amico aprisse bocca, ma si sforzò di ignorarlo.
« Quindi? Cosa gli hai detto? Ti sei dichiarato? »
« Cos...?! Ma che stai dicendo?! » esclamò Lance, voltandosi di scatto. « Io non ho...! »
L'espressione scettica di Hunk fu più che eloquente, tanto che non sarebbe nemmeno stato necessario il suo cenno del capo a indicare Keith, che si era appena allontanato.
Lance alzò le mani in segno di resa.
« Ok, ok, è vero, abbiamo parlato. Gli ho raccontato della mia famiglia. » disse accarezzando con la punta delle dita il nome inciso sulla canna del fucile. « E gli ho chiesto della sua, per conoscerlo meglio. Era stupito che m'interessasse. »
Hunk sollevò un sopracciglio.
« E? »
« E... gli ho detto che sono invidioso di Shiro. »
« Lance. »
« Cosa? »
Il tono di lasciava presagire una ramanzina in arrivo o, almeno, uno di quei discorsi pieni di buon senso che lasciavano Lance senza una giustificazione valida per i suoi colpi di testa.
L'amico incrociò le braccia e si appoggiò alla parete della sala comandi.
« Il mio compagno di turno sarà qui a breve, quindi non mi perderò in chiacchiere, ma ti rendi conto che dicendo una cosa del genere ti sei praticamente dichiarato? L'hai messo in una posizione scomoda. E, soprattutto, non avevi avvertito il tuo migliore amico che si trattava di una cotta seria! »
La sua espressione ostentatamente offesa fece ridere Lance.
« Probabilmente non lo sapevo nemmeno io fino a mezz'ora fa ma, a quanto pare, è così. Non avrei mai pensato di dirlo, ma mi piace. Tanto. E voglio aiutarlo nella sua battaglia. »
Hunk annuì. Forse avrebbe proseguito con i suoi consigli o con le sue battute, gli avrebbe detto di non imporsi su Keith, di non forzarlo, di dargli tempo perché si trovava in una situazione delicata e dall'equilibrio precario, ma tutte queste cose Lance le sapeva già. Inoltre Ryan, il compagno designato di Hunk, stava arrivando. Per questo il giovane cecchino si limitò a battergli una mano sulla spalla e ad allontanarsi nel corridoio.
Chissà se Keith era andato dritto nella sua cabina? Chissà se sarebbe riuscito a dormire? E chissà se aveva davvero capito quello che Lance intendeva?
Erano pensieri sciocchi fatti da chi, inizialmente, non aveva voluto con sé qualcuno di potenzialmente troppo distratto. Ora invece si stava augurando di diventare lui stesso fonte di distrazione, accantonando il vero motivo per cui si trovavano in quella missione.
Doveva concentrarsi e focalizzarsi di nuovo sul motivo per cui si trovavano lì. Pensare alla missione, agli ordini della principessa, alla liberazione di Slav.
Faceva parte della Resistenza e la Resistenza doveva liberare l’universo. Non aveva tempo per una cotta per un principino smarrito e bellissimo.

 

 

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