Capitolo 4
Bill lo
lasciò sfogare a lungo. Presto perse anche la cognizione del
tempo. Il mondo esterno sembrava non esistere. Non gli importava neanche
di aver lasciato i loro amici soli in salotto. Ora l’unica cosa importante era
stare accanto a Tom. Confortarlo. Farlo sentire protetto. A poco a poco sentì
la presa del moro farsi sempre più leggera sulla sua maglia. Il respiro di Tom
ora era regolare. Si era addormentato. Lo fissò un attimo in volto. Non era
giusto che suo fratello dovesse soffrire tanto a causa di loro
padre. Gli asciugò il volto e, stando attento a non svegliarlo, scese
dal letto ed uscì dalla stanza.
***
Georg,
Gustav ed Andreas erano rimasti seduti in salotto.
Nessuno dei tre aveva professato parola. Tutti temevano di porre ad alta voce
la domanda che si era fatta largo nelle loro menti.
“Secondo
voi Simone si riferiva a…” Gustav lasciò cadere la frase così. Andreas e Georg
portarono lo sguardo al batterista. Era risaputo che Gustav era un tipo
schietto e diretto. Ma il tono piatto e basso con la quale
aveva pronunciato quella frase fece venire i brividi ad entrambi.
Andreas
fece per aprir bocca, ma la richiuse subito rendendosi
conto che in effetti non sapeva cosa dire. Ricadde di nuovo il silenzio. Ma questa volta fu più breve. Sentendo dei passi provenire
dalle scale i tre ragazzi si voltarono incontrando subito il volto di Bill.
“Siete
ancora qui…” chiese cercando di sorridere anche se il
sorriso che ne uscì era molto tirato.
I
ragazzi annuirono poi Georg, facendosi coraggio chiese al cantante
“Tom?... come sta…”
Bill
sospirò raggiungendoli in salotto e sedendosi sul divano accanto a Gustav
“Si è
addormentato adesso…”
“Senti
Bill…” iniziò Andreas sedendosi davanti a lui insieme a
Georg “… cosa è successo?”
Bill si
strinse nelle spalle
“A cosa
ti riferisci?”
“A…
quello che ha detto tua madre poco fa… tuo padre ha…” iniziò Georg
“No…”
scosse la testa il rasta “Non è quello… vedete il
fatto è che…” si morse il labbro. Non sapeva se parlare o
meno.
Nessuno
degli amici fiatò. Non volevano dargli fretta. Se Bill che amava parlare ci
stava mettendo tanto doveva essere qualcosa di serio.
Bill
chiuse gli occhi passandosi una mano sopra gli occhi.
“Vedete…
nostro padre aveva un programma ben preciso per noi… beh… per Thomas e Wilhelm…
” i tre lo fissarono perplessi
“… in
particolare per il primo. Voleva che fosse il migliore in tutto, nello studio,
nelle attività sportive…”
“U- Un
attimo…” lo fermò Andreas “Thomas e Wilhelm?”
Bill
annuì ma non disse nulla, si limitò a continuare il suo racconto
“…
quando lui falliva nostro padre non si faceva scrupoli
a picchiarlo. Spesso…” Bill deglutì rumorosamente “…. Spesso lo sbatteva anche
contro il muro o usava una cinghia… nostra madre aveva paura di lui… perché
picchiava anche lei… a me non ha mai fatto niente perché non si aspettava che
potessi riuscire in qualcosa… e quelle rare volte che ci provava mio fratello
lo faceva irritare in modo tale che se la prendesse con lui… e non con me…”
disse con voce tremante “… a volte risultava davvero
violento… più del solito… una volta tornò a casa ubriaco… arrivato trovò mio
fratello che parlava con me… mi disse che non voleva più praticare karatè, che
non faceva per lui… quando lo sentì…” Bill si interruppe un attimo asciugandosi
gli occhi “… lo… lo prese a cinghiate poi lo spinse e gli fece sbattere la
testa contro il camino… rimase in ospedale per una settimana… quando venne
dimesso nostra madre fece i bagagli e ci trasferimmo a Magdeburgo… cambiammo
nome… avvisammo i vicini di non contattarci più… volevamo ricominciare da
capo…”
I tre
amici rimasero attoniti dal racconto del cantante
“Io…
non so che dire…” mormorò Gustav
“Non
devi dire nulla Gus… non è colpa tua…” disse Tom avvicinandosi agli amici
Bill si
voltò di scatto
“Da
quanto tempo è che sei qui?”
“Più o meno dall’inizio del racconto…” sorrise triste il moro
stringendosi nelle spalle
“Scusami…
non dovevo” si scusò Bill
“E perché… quello che è stato è stato. Purtroppo è la verità e non possiamo farci
nulla…” rispose il chitarrista sedendosi accanto al gemello
“Come
ti senti…” chiese Georg posandogli confortante una mano su un ginocchio
“Sto
bene…” rispose stringendosi le spalle “… sapevo che prima o
poi sarebbe saltato fuori anche se abbiamo fatto di tutto per evitarlo…
solo che… non ero pronto…” ammise poi
“Non lo
è nessuno Tomi…” gli disse il gemello posando la testa
contro la sua spalla.