C’erano momenti in cui riusciva a tornare indietro nel tempo, a quando era bambino, e ad immergersi così bene nei ricordi che per timore andava a tastarsi il viso per verificare che sì, la leggera peluria bionda ancora gli coprisse la mascella, e che no, il suo corpo non fosse cambiato per niente. Il marchio Agreste era ancora lì, vivido, scavato così a fondo nel suo essere che anche le ossa ormai ne portavano le dolorose incisioni. C’erano volte in cui dimenticava che Agreste non fosse proprio un marchio di fabbrica, ma il cognome di famiglia - della sua famiglia - che porta sempre con una fierezza esagerata, esasperante.

Ancora adesso non importa quanto di Adrien - il vero Adrien - venga fuori da quel corpo che no, non sente gli appartenga in alcun modo, perché il suo futuro era già stato scritto prima che nascesse, consegnato a mano direttamente dal responsabile di tale opera: Adrien Agreste avrebbe dovuto eseguire e basta. E così aveva fatto, così fa e così farà.

Gli abiti su misura, le sfilate programmate, il trucco privo di sbavature, il calendario da rispettare. Una sequenza cadenzata e ritmata di un’orchestra perfetta il cui maestro che ne agita le bacchette e guida la sinfonia è suo padre.

In ogni caso, senza Gabriel Agreste, Adrien rappresenta solo un guscio vuoto.

O almeno, questo era quello che pensava prima di potersi trasformare in Chat Noir.

Chat Noir è un atipico punto nero in mezzo ad una perfetta distesa di bianco, così candida che a volte si chiede se non sia stato un errore, un puro frutto del caso, ricevere il Miraculous della Distruzione.

Ma questo è successo, e ora Adrien può credersi un po’ meno Agreste, e fingersi un po’ più libero.

Soprattutto Adrien Chat Noir, della libertà che assaggia a piccoli morsi come un topolino, ne fa un gran tesoro. Se n’è innamorato così tanto che a volte spera con tutto se stesso di non vincere mai l’estenuante lotta contro Papillon, e non importa se dovrà ritagliare una piccola porzione di tempo in più, tra sfilate e photoshoot, per fare l’eroe di Parigi; non importa neanche se gli capiterà di arrivare a scuola con le occhiaie marcate sotto agli occhi - su cui gli assistenti di suo padre piazzeranno almeno tre strati di correttore - e di far fatica a seguire le lezioni per la stanchezza accumulata, perché, soprattutto perché, tra tutte le cose - ciliegina sulla torta - Chat Noir potrà giocare a fare l’eroe di Parigi assieme a Ladybug.

Di Ladybug adora tutto: il corpo flessuoso dalle curve morbide che più volte ha avuto la fortuna di toccare - tra una missione e l’altra, e solo per lavoro! -, il sorriso che disarmerebbe persino un orso bruno - e a questo punto, si chiede: cos’ha Papillon che non va? -, il taglio orientale degli occhi blu, così blu che a volte ha come la sensazione di nuotarci dentro, invece che esserne riflesso. E non è solo un fattore fisico, concreto, carnale. Ladybug è coraggiosa, intelligente e spigliata, e non c’è nemico che tenga di fronte alle sue capacità.

Quindi, molto più semplicemente, a volte si chiede: ma quanto cazzo la ama?

Il fatto che Ladybug non lo contraccambi è solo un insignificante inconveniente a tutta la favola che si crea quando si trasforma in Chat Noir: qualunque cosa sarebbe migliore di indossare le vesti di Adrien Agreste, perfino una bugia. Le bugie, almeno, non sempre sono concrete.


Note autrice: MBOH. È una [Adrien!Centric] che mi è uscita un po' per caso. Ammetto di non essere pienamente soddisfatta del risultato, perché di fatto ho sperimentato molto sui tempi verbali, quindi scusatemi davvero se ho fatto errori e vi prego di farmeli notare.
Doveva essere una flashfic, purtroppo sono andata leggermente oltre e l'ho sbattuta nelle oneshot.
Pazienza.