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Autore: Shireith    14/08/2019    0 recensioni
{Adrien/Marinette | post Trouble-fête}
Adrien s’esibì in un inchino di ringraziamento, la mano sinistra adiacente al petto e quella destra protesa orizzontalmente. Per quanto inaspettato, Marinette lo trovò un gesto stranamente familiare. Ma prima che potesse dire o anche solo pensare una sola sillaba, Adrien esordì: «Per sdebitarmi, se mai avrai bisogno di una persona che ti accompagni in farmacia, sai dove trovarmi. Di qualsiasi medicina si tratti, non farò domande, promesso: sono al tuo completo servizio!»
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nino
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Le cose che non ti apsetti



 L’ennesima e ultima minaccia di Papillon, nientedimeno che il povero Wahyem, era da poco stata sventata, merito per buona parte attribuibile al tempestivo intervento di ben quattro eroi. Le vittime del nemico diventavano sempre più temibili, e, da soli, Ladybug e Chat Noir non sarebbero mai riusciti a tenergli testa. Dunque, rientrato il pericolo, Marinette aveva sciolto la trasformazione ed era tornata a villa Agreste. Scopa alla mano, stava ora aiutando i ragazzi a fare pulizia in camera di Adrien.
  Nino, intento a lucidare la superficie del biliardino arancio e rosso, si era da poco scusato con Marinette, preoccupato che la ragazza potesse sentirsi offesa dal piccolo complotto messo in atto dai maschi della classe. I due si erano subito chiariti, stabilendo che entrambi avevano agito al solo fine di assicurarsi il divertimento di Adrien, una volta tanto che il padre non era presente per impedirlo. O meglio, Gabriel era indubbiamente presente, ma nessuno in quell’enorme villa avrebbe mai potuto immaginare che lo stilista in persona fosse indaffarato nella coltura di farfalle con indosso un grembiule bianco appartenente alla sua stessa collezione e un capello a falda raga provvisto di retino. Se anche qualcuno, in quella stanza, avesse avuto la fantasia necessaria a suggerire una tale ipotesi, tutti sarebbero scoppiati a ridere. Certe cose era meglio non saperle, probabilmente.
  Marinette era felice di aver avuto l’occasione di partecipare alla festa, sia pure per un breve lasso di tempo. Ma se da un lato Papillon aveva agito da ennesimo guastafeste – letteralmente, data l’occasione –, dall’altro l’aveva sottratta a una situazione non poco imbarazzante.
  Timidamente, la ragazza alzò lo sguardo sulla figura di Adrien, intento a chiacchierare allegramente con Wayhem. Che cosa ne pensava della sua ultima bravata, l’amico? Non aveva commesso nessun reato, né si poteva dire che fosse stata l’unica intrusa. Non tecnicamente, almeno. C’erano stati solo maschi, alla festa, perché l’intento iniziale del piano di Nino era stato quello di organizzare un pomeriggio di divertimento tra soli ragazzi. Ma le cose erano presto sfuggite di mano, e, a poco a poco, la stanza si era riempita degli invitati più strambi. Marinette aveva adocchiato il Maestro Fu, il produttore Thomas Astruc, il padre di Sabrina, e molti altri. S’era trovata in mezzo a talmente tanta gente che avrebbe giurato di aver intravisto il padre di Chloé truccato di tutto punto… e addirittura una banana formato gigante.
  In mezzo a tanta folla, mentre era impegnata in un ballo in compagnia di alcuni simpatici quanto strambi signori, era accidentalmente inciampata e caduta a terra, e con lei anche il suo camuffamento. Di tutto ciò, che cosa ne pensava, Adrien? Perché, a ben guardare, non era certo la prima volta che le capitava di esibirsi in una figuraccia proprio sotto al suo naso. E il disastro di quando il ragazzo aveva visitato Londra durante un finesettimana? Come se la compagnia di Kagami non fosse stata abbastanza, Adrien sembrava aver passato il suo tempo libero alla ricerca di una farmacia in cui reperire il famoso rimedio contro la stitichezza (dovevano fare una bella chiacchierata, lei e il Maestro Fu).
  In tutta sincerità, Marinette non sapeva dire quali dei due casi fosse il peggiore. Sapere che cosa ne pensasse Adrien di tutto ciò l’avrebbe sicuramente aiutata a chiarirsi un po’ le idee e mettersi il cuore in pace, ma non voleva nemmeno prendere in considerazione l’idea di chiederglielo di persona. Come tutte le volte in cui le era capitato di fare figuracce, sperava che le persone si gettassero tutto alle spalle il più in fretta possibile. In particolar modo, sperava fosse Adrien a farlo. A seguito di tutti i progressi compiuti negli ultimi mesi, non voleva mandare tutto all’aria. Non voleva tornare a essere la Marinette di un tempo, quella che non riusciva ad avere una normale conversazione con Adrien senza inciampare sulle sue stesse parole.
  «Marinette?» Una voce improvvisa giunse a distrarla dai suoi pensieri. Era stato lo stesso Adrien a chiamare il suo nome, constatò Marinette quando alzò lo sguardo su di lui, rendendosi conto solo in quel momento che l’intera stanza era stata completamente tirata a lucido. Indicando la scopa che la ragazza stringeva ancora tra le mani, Adrien le sorrise candidamente e disse: «Abbiamo finito: non ti serve più, quella.»
  Con la testa non più tra le nuvole, Marinette seguì l’istinto e ricambiò il sorriso senza nemmeno pensarci. Insieme, i due si spostarono alcuni metri più in là, dove tutti gli altri avevano già radunato i vari oggetti usati per fare pulizia.
  «Volevo anche ridarti questi» rivelò Adrien. «Pensavo li rivolessi indietro.» 
  Momentaneamente confusa, Marinette chinò il capo e osservò ciò che Adrien teneva in due mani: un casco rosso, un poncho, e un buffo paio d’occhiali in aggiunta a un grosso naso e dei baffoni. Sgranò gli occhi non appena li riconobbe: erano gli stessi oggetti di cui si era servita qualche ora prima per camuffarsi e intrufolarsi alla festa.
  «Fanno parte… della tua collezione privata?» indagò Adrien, sforzandosi di trattenere una risata che, se mal interpretata, avrebbe potuto offendere l’amica. Dal primo giorno in cui l’aveva conosciuta, Marinette era sempre stata una ragazza molto particolare e un po’ stramba – nel senso buono del termine. E proprio quando Adrien credeva di averne viste di tutti i colori, ecco che Marinette, prontamente, si superava. Ancora oggi, Adrien non sapeva spiegarsi molte delle sue stranezze. Per citarne una, perché una volta l’aveva incontrata mentre passeggiava per Parigi con addosso il pigiama? Non ne aveva la più pallida idea, e probabilmente non l’avrebbe mai scoperto. Ma non aveva molta importanza, per lui: Marinette era una ragazza eccezionale, e lui era felice di potersi definire suo amico, anche in barba a tutte le sue piccole stramberie. Stramberie che, col senno di poi, rendevano la loro amicizia una vera e propria avventura. Quando Marinette era caduta a terra e il camuffamento era venuto via, Adrien le aveva sorriso come un bambino. Era veramente capace di tutto, quella ragazza, a tal punto da intrufolarsi a una festa con indosso un improbabile travestimento e danzare in compagnia di uomini adulti che a stento conosceva.
  Marinette tornò con lo sguardo su di lui, il volto imbarazzato ma anche un po’ divertito. «Non fanno parte della mia collezione, in realtà. Li ho…» Si bloccò. A quale scopo mentire? Non aveva fatto già abbastanza figure? Una in più avrebbe davvero fatto la differenza? Probabilmente no. «Li ho trovati in un cassonetto.»
  A quella rivelazione, tutto si sarebbe aspettata, tranne che Adrien scoppiasse a ridere. Sì, Adrien era scoppiato a ridere, proprio come un bambino vittima del solletico di un suo compagno di giochi. La sua risata fu così forte e inaspettata che gli altri ragazzi quasi non si spaventarono. Voltatisi tutti, li osservarono con sorpresa. Poi Nino puntò lo sguardo su Marinette, accennò un sorriso e strizzò l’occhio con fare complice. La ragazza non riuscì a comprendere l’entità del gesto, ma, qualunque fosse il motivo, aveva il forte sospetto che ci fosse di mezzo lo zampino di Alya e di uno dei suoi pettegolezzi indiscreti.
  Nel giro di pochi secondi, i ragazzi erano tornati a ignorarli. O almeno, facevano finta di ignorarli, mentre, con poca discrezione, occhieggiavano nella loro direzione. Forse i pettegolezzi di Alya avevano raggiunto anche loro, rifletté Marinette, o forse avevano semplicemente collegato i puntini e capito che la loro compagna di classe era innamorata persa di Adrien.
  Intanto, la risata del ragazzo non s’era ancora spenta. Carezzevole e cristallina come quella di un bambino, era talmente coinvolgente da catapultarla indietro nel tempo, proprio nel giorno in cui il suo amore era sbocciato. Per un attimo, le sembrò di rivivere quell’esatto momento, benché l’ambiente e le circostanze fossero completamente diverse. Eppure, non le importava neanche che li stessero osservando. Vedere Adrien così felice le piaceva, le scaldava il cuore fino a darle l’impressione che stesse per sciogliersi. Ed era stato proprio quello l’intento della giornata: approfittare dell’assenza del signor Agreste per portare un po’ di gioia nella vita di Adrien. E forse, al pari di tutti gli altri maschi, anche lei ci era riuscita, sia pur in minor parte. Una semplice risata non poteva essere paragonata a una festa piena di musica e colori, ma andava bene così. Aveva appena compreso che sentirlo ridere era abbastanza, che l’occasione si presentasse sotto una romantica pioggia o in un normale pomeriggio tra amici.
  Una volta che Adrien ebbe smesso di ridere, Marinette vide Nino mormorare qualcosa agli altri. Il ragazzo tornò poi a rivolgerle lo sguardo e annunciò: «Noi vi aspettiamo giù. Raggiungeteci quando avete finito.» Così, tutto il gruppetto lasciò la stanza e lei si ritrovò sola con Adrien.
  Il ragazzo si asciugò gli occhi appena lacrimanti mentre distribuiva un veloce saluto ai suoi amici. Una volta soli, tornò a guardare Marinette negli occhi. «Scusami,» commentò, «non era per prenderti in giro. È solo che… davvero li hai trovati in un cassonetto?»
  Marinette si coprì la bocca con una mano nel tentativo di soffocare l’ennesima risata. «È la prima cosa che mi è venuta in mente» confessò. «Ed erano anche gratis.»
  «E sporchi, probabilmente.»
  «Dettagli.»
  Servendosi di una sola mano, Adrien srotolò il pezzo di stoffa color marrone chiaro. «È un tappeto, questo?» indagò.
  «Credo sia un poncho» rispose l’altra, seppur anche lei incerta della vera natura di quell’indumento.
  «Sembra più un tappeto con un buco per la testa.»
  «Forse è multiuso» suggerì Marinette.
  «Perché no?» decretò allora Adrien, ripiegando il tappeto-poncho come meglio poté. «Quindi, cosa te ne vuoi fare?»
  Marinette fece spallucce. «A dire la verità, fino a due minuti fa non ricordavo nemmeno di averli lasciati qui.»
  «Volevi che fossimo finalmente pari?» ironizzò l’altro.
  Lei gli scoccò un'occhiata confusa. «Pari?»
  Adrien si massaggiò la nuca con una punta imbarazzo: forse aveva osato un po' troppo, pensò. Ma ormai il dado era tratto. «Era solo uno scherzo. Probabilmente te ne sei dimenticata, ma, in uno dei primi giorni di scuola, ci trovavamo all’uscita, e stava piovendo, così io ti ho prestato il mio ombrello. Suppongo che tu ce l'abbia ancora. Non che lo rivoglia indietro: è solo un ombrello. Mi è solo tornato in mente, anche se non so perché dopo tutto questo tempo.»
  Improvvisamente, Marinette si sentì arrossire, e in cuor suo nutrì la speranza che non fosse troppo visibile a occhio nudo. Si passò una ciocca scura dietro l'orecchio e commentò: «Forse è perché hai riso proprio come allora.»
  Nel pronunciare queste esatte parole, ebbe la conferma che, contrariamente a come aveva temuto poco prima, la Marinette di quel lontano pomeriggio di pioggia non esisteva più: non sarebbe mai stata in grado di parlare con tanta sincerità, allora. E, benché il cuore le martellasse nel petto come uno strumento a percussione, era anche piuttosto clama. Probabilmente era dovuto alla chiarezza che sorprendentemente c'era nella sua mente, in contrasto con la confusione che le offuscava il giudizio durante i primi tempi. Marinette non sapeva come Adrien avrebbe reagito a quell’ammissione, e se, da essa, sarebbe stato capace di intuire qualcosa. Ma nemmeno questo le interessava. Era un grande passo, per una volta, aver confessato il vero; ché, per lei, quella risata era forse il suono più armonico e familiare che avesse mai udito.
  Adrien tornò con la memoria a quel pomeriggio piovoso. Si ricordò dell’ombrello nero che aveva porto alla ragazza, e di come questo, tra le sue mani, si fosse richiuso sulla sua testa come si vede accadere solo nei cartoni animati. Normalmente, Adrien non avrebbe mai riso così di una persona, e meno che mai di una persona appena conosciuta e con cui era partito col piede sbagliato. Ma, preso dall’ilarità del momento, era scoppiato in una fragorosa risata ancor prima che potesse rendersene conto. Proprio come gli era appena successo. Finalmente, il ragazzo si decise a parlare. «Mi riferivo ad altro, in realtà, ma anche quello è stato divertente.»
  «Altro? Altro cosa?» domandò allora Marinette con genuina curiosità.
  Adrien dubitava che tirare in ballo la questione sarebbe stato di qualche aiuto, perciò tentò di deviare la conversazione, seppur con scarsi risultati.
  «Ti riferisci a quella volta in cui mi hai beccata a girovagare per la città in pigiama?» tornò a chiedere Marinette. In cuor suo, ancora non si capacitava di come la sua prima uscita al cinema con Adrien fosse avvenuta in pigiama – e con la testa fasciata da un turbante a dir poco ridicolo.
  «Ah, già! Avevo anch’io un casco, ricordi?»
  Ridacchiando, Marinette annuì. «Abbiamo anche gli stessi gusti in fatto di travestimenti.»
  Lo sguardo di Adrien s’addolcì, sebbene Marinette avvertì l’impressione che vi fosse dell’altro, dietro. «Ti sono ancora debitore per avermi accompagnato a vedere il film di mia madre, comunque» confessò il ragazzo, che ancora custodiva nel cuore il ricordo di quella bellissima giornata. Nel pronunciare quelle ultime parole, Marinette aveva intravisto un accenno di tristezza mista a nostalgia velare gli occhi del ragazzo, e aveva compreso il motivo di quello strano presentimento di poco prima. Per rispetto e descrizione, decise tuttavia di tacere. Preferì invece concentrarsi sulla delicata gentilezza con cui Adrien l’aveva ringraziata, come se accompagnare un amico al cinema non fosse una semplice consuetudine.
  «È stato un piacere» rispose. «Tua madre era veramente una bravissima attrice. E anche una bellissima donna.» Non era una confessione disonesta, la sua, o un bieco tentativo di entrare nelle grazie di Adrien facendo leva sul suo amore incondizionato per la defunta madre. No, quella che fuoriusciva dalle labbra di Marinette era la pura e semplice verità: da tutto ciò che sapeva sul suo conto, Émilie le dava l’impressione di essere stata, a suo tempo, una donna straordinaria, piena di bellezza sia dentro che fuori. Forse ad Adrien avrebbe fatto piacere saperlo, perché, in tutta franchezza, si celava nel suo cuore il timore che nessuno si premurasse di ricordarglielo. Poteva esser considerato un giudizio avventato, ma, suo malincuore, sospettava che Gabriel non fosse affatto quel tipo di padre. Tutto l’opposto, semmai.
  Se possibile, gli occhi di Adrien s’addolcirono ancor di più. «Ti ringrazio. Lo penso anch’io, ed è bello sentirselo dire.» Come volevasi dimostrare, constatò Marinette tra sé e sé. 
  Seguì poi un silenzio che li avvolse come una fitta nebbia. Marinette avvertiva delle parole indugiare sulla punta della lingua, indecise se uscire allo scoperto o meno. Era quasi come se fossero dotate di vita propria, e Marinette non sapeva se assecondarle o metterle a tacere. L’occasione era perfetta: se non ora, quando? «Se ti va, un giorno possiamo anche rifarlo» snocciolò con evidente imbarazzo, riuscendo tuttavia a trattenersi dal distogliere lo sguardo o dal ritrattare. Non voleva rimangiarsi le parole, nossignore. Se anche Adrien si fosse dimostrato titubante, l’importante era che avesse agito.
  Ma Adrien non si mostrò affatto titubante, e, anzi, il suo volto s’illuminò come quello di un bambino la mattina di Natale. «Mi piacerebbe moltissimo» ribatté infatti con gioia e contentezza sia nella voce che nello sguardo. Probabilmente, rifletté Marinette tra sé e sé, il suo entusiasmo era dovuto al fatto che per lui le uscite tra amici fossero ancora una rarità. Ma di nuovo non le importava. Essere sua amica era sufficiente. Vederlo felice, e sapere che quella felicità dipendeva dalla sua presenza era più che sufficiente. Non voleva pensare ad altro. Non voleva pensare ad altri ragazzi invaghiti di lei, né ad altre ragazze che potessero arrivare al cuore Adrien prima di lei.
  «Allora è deciso!» decretò la ragazza, ancora incredula che una tale conversazione non fosse un semplice sogno. «Presto o tardi, ti riaccompagnerò di nuovo al cinema.»
  Adrien s’esibì in un inchino di ringraziamento, la mano sinistra adiacente al petto e quella destra protesa orizzontalmente. Per quanto inaspettato, Marinette lo trovò un gesto stranamente familiare. Ma prima che potesse dire o anche solo pensare una sola sillaba, Adrien esordì: «Per sdebitarmi, se mai avrai bisogno di una persona che ti accompagni in farmacia, sai dove trovarmi. Di qualsiasi medicina si tratti, non farò domande, promesso: sono al tuo completo servizio!»
  Normalmente, di fronte a una tale galanteria, Marinette avrebbe ostentato un sorriso a trentadue denti e il battito del suo cuore sarebbe ammattito. Ma la menzione di una farmacia non era una casualità, e questo Marinette lo sapeva bene: aveva subito collegato i tasselli, ritornando con la memoria a quella che riteneva la sua massima dimostrazione di goffaggine. Da quel giorno, Adrien era probabilmente dell’idea che soffrisse di un qualche problema di costipazione. Le sue amiche l’avevano canzonata per più una settimana, e il suo lato più melodrammatico aveva esposto a Tikki un piano geniale – a suo dire, almeno – che la vedeva trasferirsi a vita da qualche parte sulle spiagge del lontano Messico. Era passato ormai più di un mese da quel tragico avvenimento, e Marinette credeva che nessuno più ne avrebbe fatto menzione, se non, di tanto in tanto, per ridere tra amici. Non si sarebbe aspettata che Adrien ripescasse l’argomento, e, dato il suo pudore, meno che mai che lo sfruttasse per fare dell’ironia. Non era sua consuetudine comportarsi in tal modo, sebbene, ripensandoci, non era la prima volta che accadeva. E, in tutta franchezza, non le dispiaceva affatto. Marinette ripensò dunque all’accidentale scambio di lettere, ad Adrien che le porgeva una busta contenente un rimedio per la costipazione, e non riuscì proprio a trattenersi. Scoppiò a ridere nel giro d’un istante, e continuò fino a quasi piegarsi in due dal dolore.
  Adrien se ne stupì non poco. Accadde così all’improvviso che, per un istante, quasi non si spaventò. Era raro, per lui e Marinette, condividere un momento così personale, quasi intimo. Ancor di più, era raro che la sentisse ridere così. Anzi, non era mai successo. Erano tanti, i momenti in cui i due avevano avuto la possibilità di legare, ma mai l’aveva vista comportarsi in maniera così naturale e disinvolta. In quel momento, apprese che la risata di Marinette era forse il suono più armonico e familiare che avesse mai udito. E anche contagioso, perché, pochi istanti dopo, si sentì come trascinato da esso, come se qualcuno volesse costringerlo a ridere con lei. E, riflettendoci, erano tante, tantissime, le cose di cui lui e Marinette potevano ridere assieme. Possibile che prima d’ora non avesse mai notato quel lato di lei?
  Più tardi, i due riuscirono finalmente a smettere di ridere al solo pensiero di una qualsiasi farmacia. Posarono il camuffamento di Marinette su uno scaffale, e insieme si apprestarono a raggiungere il piano sottostante, dove i ragazzi li stavano attendendo da chissà quanto. Poco prima, Nino aveva suggerito di raggiungere le ragazze per aiutarle nel compito di piantare alberi. Durante tutta la durata del tragitto, dal momento in cui uscirono di casa fino al raggiungimento della meta, Adrien e Marinette non smisero mai di conversare animatamente l’uno con l’altra. Anche una volta raggiunte le ragazze, Alya e le altre avevano più volte ammiccato o strizzato l’occhio in direzione dell’amica, ma lei vi aveva a stento fatto caso.
  Era forse l’emozione a parlare, ma non le sembrava d’essere mai stata più felice. Era bello poter conversare con Adrien con tanta naturalezza. Era bello poterlo definire amico, ancor prima di cotta. Era bello sentirsi così rilassata, come se i piedi avessero smesso di toccare terra e fluttuassero ora a mezz’aria.
  Quel pomeriggio, Marinette non pensò più a niente. Non provò panico, né senso di inadeguatezza. E se solo avesse saputo che, inconsapevolmente, Adrien provava lo stesso, il cuore le sarebbe scoppiato.


   
 
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