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Autore: sparewheel    17/08/2019    8 recensioni
Affrontando le conseguenze di un desiderio espresso involontariamente, Emma finirà per ottenere quello che mai avrebbe creduto possibile e per scoprire che un futuro inaspettato può essere ben più prezioso di un desiderio realizzato.
Swanqueen ambientata qualche tempo dopo gli eventi della 6x10 e che non segue gli sviluppi della 6B.
Genere: Angst, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills, Un po' tutti, Zelena
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Salve ^^
Chiedo immensamente scusa per il ritardo e spero che la lunghezza di questo capitolo possa in qualche modo compensare la lunga attesa.
Visti i mesi passati e visto che gli eventi continuano esattamente da dove li avevamo lasciati, consiglierei di rileggere il capitolo 25 prima di passare a questo, per meglio comprendere il filo logico della storia sia nel presente che nel flash forward.
Ma se non doveste averne voglia… beh, era scoppiato un secondo incendio nella scuola di Henry, Emma non si trova e Regina, saputo che l’incendio ha la magia ad alimentarlo, capisce che bisogna domarlo dall’interno, alla fonte, e sta prendendo una qualche decisione in merito al da farsi. Riguardo al futuro invece, Emma e Regina si parlano brevemente, ma la tensione tra loro non si dissipa e Regina lascia la loro stanza, rimandando la discussione per via di una qualche cerimonia familiare imminente.
Grazie per la pazienza e buona lettura :)

 
 
Capitolo 26.

C’era stato un tempo in cui il fuoco le aveva trasmesso forza e sicurezza. Un tempo in cui le fiamme erano state la manifestazione del suo potere, del suo controllo sulla vita e sul mondo, della sua stessa essenza magica.
Un lieve movimento della mano e il rogo divampava. I suoi nemici erano in fuga, la strada veniva spianata e le urla di dolore diventavano dolce musica che accompagnava il suo trionfo.
C’era stato un tempo in cui la distruzione era stata la sua unica consolazione.
Ma in quel momento, mentre camminava cauta e svelta tra i corridoi della scuola in fiamme, Regina provava solo un agghiacciante terrore.
Faceva caldo lì dentro. Di quel caldo che ti soffoca la gola e la mente, che ti fa lacrimare gli occhi e pizzicare le narici.
E il fumo, il fumo prendeva sempre più consistenza passo dopo passo, sfocando i contorni di ogni oggetto e sostituendo il suo grigiore a quella che fino a qualche ora prima era stata la realtà colorata e vivace di un ambiente per bambini e ragazzi.
Ma erano i rumori la cosa peggiore: le grida, i rimbombi, gli scoppi. Un caos di voci e suoni che riempiva l’aria e faceva tremare il cuore, scuotendolo assieme alla voce nella testa di Regina, quella che, come un mantra, le ripeteva di andare avanti, le assicurava che quella era la cosa giusta da fare.
Perché c’erano ancora troppe persone intrappolate e l’edificio non avrebbe resistito a lungo. Perché i bambini non dovevano sopportare quell’orrore un istante di più, e lei poteva e doveva salvarli.
E doveva credere che, come sempre, Emma sarebbe arrivata in tempo a risolvere tutto, sarebbe arrivata in tempo per salvare il loro bambino.
L’unico bambino di Storybrooke che in quel momento Regina stava mettendo in pericolo.
Ma non poteva pensarci, non poteva lasciarsi fermare da quella devastante morsa al cuore.
Svoltò a destra Regina, percorrendo l’ennesimo corridoio e dirigendosi poi verso le scale che l’avrebbero portata al piano superiore.
Erano sempre di più i calcinacci e le macerie sul suo percorso, sempre di più i contorni conquistati dalle fiamme, ora vive e ardenti davanti ai suoi occhi ed intente a danzare spavalde e fiere del loro operato, proprio come un tempo avrebbe fatto lei.
Il destino le stava ridendo in faccia per l’ennesima volta, ricordandole la vera essenza della sua vita.
Non carezze e sussurri in un comodo letto, non risate attorno ad una tavola imbandita, non battibecchi sul divano e passeggiate nel parco, non sfide e soddisfazioni a lavoro, non profumo di casa e calore di famiglia.
Quei tesori non potevano essere destinati a lei.
Però gli sguardi, gli abbracci, l’amore vero… lei li aveva avuti.
Era stata immensamente fortunata a provare la vera felicità, ad assaporare la conquista più grande tra tutte.
E ne voleva ancora Regina, bramava con tutto il cuore altri mesi come quelli appena trascorsi, insieme a nuove notti scandite da pianti e ninne nanne, con la casa in disordine e l’odore di pannolini sporchi, le braccia doloranti e le borse sotto gli occhi, il farsi piccola piccola in un letto con quattro persone, in un futuro in cui la vita è una testolina poggiata sul tuo petto mentre due paia di occhi verdi brillano per lo stesso amore e la stessa gioia che ti senti danzare dentro.
Sarebbe stato incredibilmente bello un domani così.
E stava andando avanti per quello Regina, per dare alla sua famiglia e a tutta Storybrooke quel grande e prezioso futuro, anche a costo di non esserci a viverlo.
Poteva renderlo possibile per gli altri, poteva superare quelle fiamme e raggiungere la meta: i laboratori di scienze erano ormai vicini.
Era quasi arrivata.
Era quasi finita.
Ma ciò che contava no, non sarebbe finito.
“REGINA!” sentì urlare, prima che una mano salda le stringesse il braccio, fermando il suo avanzare.
“È pericoloso stare qui, devi uscire subito!” le disse David, evidenziando l’ovvio mentre s’interponeva tra lei ed il vicino corridoio in fiamme.
Era alto David, notò Regina. Era parecchio più alto di lei.
Aveva un fisico possente, uno sguardo premuroso, e quell’ingenuità e quell’eccessivo modo di proteggere che erano tipici anche di Emma e che lei fingeva soltanto di trovare irritanti.
Perché erano fastidiosi pregi che in realtà amava.
E che, circondata da fumo e fiamme, si chiedeva se sarebbero stati ereditati anche dal suo bambino una volta adulto.
Non lo aveva ancora mai immaginato da grande.
E probabilmente non avrebbe mai potuto vederlo nemmeno da piccolo.
Strinse gli occhi e la mano che David teneva ancora sul suo braccio.
“C’è un incendio magico nel laboratorio in fondo a quel corridoio. Bisogna estinguerlo alla fonte, con la magia.
Devi trovare Emma, portala qui” gli chiese Regina, una supplica nello sguardo.
Scostò la mano di David dal proprio braccio e si allontanò veloce, avanzando per paura della troppa voglia che aveva di tornare indietro.
Ma David la raggiunse in pochi secondi, poggiandole la giacca della sua enorme uniforme attorno alle spalle.
“Andiamo” le disse semplicemente.
“No, David!” lo bloccò Regina. “Devi andare a cercare Emma, serve la sua magia per alimentare il bambino!”
“Ma tu non aspetterai qui ferma il nostro arrivo, vero?” le domandò retoricamente David, il volto serio e deciso.
Regina distolse lo sguardo per un secondo e David ebbe la conferma di ciò che pensava.
“Siamo a poche decine di metri dalla fonte dell’incendio e tu hai già deciso di usare la tua magia, quindi tra un minuto sarà tutto finito. Solo allora usciremo da qui, insieme. Ed insieme andremo a cercare Emma.
Non devi farlo da sola Regina.
Andiamo” le ripeté, sorridendo.
Regina lo guardò sorpresa e sentì le lacrime invaderle i bordi degli occhi.
Annuì, senza riuscire a dire nulla, e riprese ad avanzare, David al suo fianco.
Percorsero in silenzio e a passi lenti l’ultimo tratto ancora libero dalle fiamme, avvolti da una nube di fumo denso e scuro che quasi non permetteva loro di vedere.
Ma pochi istanti dopo, nel bel mezzo dell’inferno, Regina scorse finalmente un bagliore blu che spiccava anomalo nel fuoco.
Era certamente quella la fonte delle fiamme, erano arrivati. Ed era certamente arrivato il momento di agire.
“Il bambino ha la priorità” disse, catturando l’attenzione di David.
“Regina-”
“No, ascoltami.
Neutralizzerò gli effetti della polvere di fata e farò sparire le fiamme, ma penso che dopo perderò conoscenza, quindi ti chiedo di proteggere mio figlio fino all’arrivo di Emma.
Il bambino ha la priorità David” ripeté Regina, in volto uno sguardo che non ammetteva repliche.
David capì.
E vi si arrese.
“Proteggerò anche te, e vi porterò da Emma” la rassicurò.
“Grazie…
E ringrazierai anche Snow e mia sorella e i vostri bambini.
E dirai… dirai ad Emma ed Henry che li amo tanto” concluse Regina, facendo un passo in avanti e rilasciando con determinazione la propria magia.
Un lampo di luce viola dissipò istantaneamente il fumo, colpendo ed annientando il bagliore blu, che scomparve insieme alle fiamme.
Pochi istanti di silenzio, poi un boato invase l’ambiente, assieme all’onda d’urto generata da quell’immensa concentrazione di magia.
Regina vide ogni cosa schizzare contro le pareti, compreso David, che fu scaraventato a terra a diversi metri di distanza. A lei stessa mancò la terra sotto i piedi, fino a che di schiena non impattò sul muro retrostante, finendo stesa sul pavimento.
Un fischio fortissimo le invase le orecchie mentre la vista sfocata le rimandava immagini di acqua e sangue.
“Inizierò ad odiare il dannato colore rosso” pensò, smettendo improvvisamente di provare dolore.
Ma le venne in mente la giacca rossa di Emma, e i suoi capelli biondi, e i suoi meravigliosi occhi verdi.
I colori della sua vita.
Regina si concentrò su quelli mentre le palpebre cominciarono a chiudersi e i pensieri a farsi confusi.
Lottò, ma non poté che abbandonarsi al buio.
“Emma…”
 
 
“Mi dici spesso che non sono molto sveglia e che, come agli appuntamenti, anche alle cose ci arrivo sempre dopo.
Negherò di averlo ammesso, ma... cavolo quanto hai ragione.
L’ho capito quella sera di giugno. Sai, quella in cui ti ho vista in piedi davanti allo specchio della nostra camera.
Eri lì e guardavi il tuo riflesso insicura, timorosa, e con il viso più dolce e tenero che io abbia mai visto.
Sei la cosa più bella che io abbia mai visto.
E sì, sei dolce e tenera. E a volte anche insicura e timorosa, ma va bene.
Puoi esserlo, con me.
Puoi essere tutto ciò che vuoi, puoi permetterti di sentire tutto ciò che ti esplode nel cuore.
Quel cuore grande, immenso che hai.
Ci ho messo un po’, ma l’ho capito Regina.
E no, non il fatto che hai un cuore, non guardarmi male, ok?
Ma il fatto che lì c’è... posto anche per me.
E sono un’idiota, perché tu crei posti anche per le persone che odi, figuriamoci per quelle a cui tieni…
Per quelle a cui tieni fai di più.
Per noi hai fatto tutto, tutto.
E l’ho capito.
Sai cosa sei tu?
Tu sei casa, e non credo ci sia nulla di più prezioso.
Lo sei stata per Henry neonato non appena lo hai stretto tra le tue braccia.
Lo sei stata per il nostro piccolo, con il tuo ventre e tutta te stessa.
E per me... per me sono bastati tre sorrisi in una cornice ed è cambiato tutto.
Ho trovato il mio posto.
Anzi, tu hai trovato il mio posto e me lo hai indicato, con pazienza ed un sorriso.
E hai lasciato a me la possibilità di scegliere se e quando prenderlo.
Mi hai lasciato appartenere ed essere libera allo stesso tempo.
E a me non è rimasto che stupirmi, ogni giorno.
E guardarti incantata, ogni volta che posso.
E capire.
E l’ho capito, sai?
Quella sera di giugno l’ho capito.
Anche se sono una vigliacca e te lo sto dicendo solo adesso che non puoi sentirmi.
Io… ti voglio al mio fianco per sempre.
Io che sono sempre stata sola, che ho sempre fatto tutto da sola, ora non so più nemmeno immaginarla una vita in cui tu non ci sei.
Ti voglio al mio fianco per sempre.
Perché senza di te tutto è vuoto, insignificante, insensato.
E da due settimane i giorni sono tutti uguali, ci hai gettato in una maledizione certamente peggiore del tuo sortilegio originario.
Ci sei riuscita, ti sei davvero superata Regina, ok?
Ma adesso basta, adesso devi svegliarti e far ripartire le nostre vite.
Perché manchi a tutta la nostra famiglia, e senza di te io ed Henry siamo un disastro.
E anche perché… il nostro piccolo è una meraviglia che non puoi perderti, e vuole conoscere la sua mamma”.
 
Con un tempismo pressoché perfetto, un pianto acuto e squillante invase la stanza, costringendo Emma a lasciare la mano di Regina, interrompendo il trasferimento di magia.
“Eccomi mostriciattolo, sono qui!” disse Emma al suo secondogenito, raggiungendone la culla e prendendolo in braccio.
Due enormi occhi color nocciola si puntarono sui suoi ed istantaneamente una manina paffuta andò ad afferrarle i capelli, cominciando a giocarci.
Proprio come faceva sempre Regina.
“Quando la smetterai di usare questi orribili soprannomi?” si sentì rimproverare Emma. E il respiro le si mozzò in gola.
“Regina!” provò ad urlare, raggiungendo in un istante il lettino in cui la donna si stava mettendo seduta.
E gli occhi di Regina furono subito sul loro piccolo. “Lui è… sta bene?” chiese, la voce tremante.
Emma le mise il bambino tra le braccia per la prima volta, sedendosi accanto a lei ed abbracciandola come da secoli aspettava di fare.
“Sta benissimo, grazie a te. Tua sorella e la dottoressa Wilson hanno detto che hai concentrato su di lui tutta la tua magia in una volta, per questo sei entrata in coma. Dannazione Regina, sei stata un’incosciente!” la rimproverò Emma, senza però smettere di sorridere e di stringerla.
“Non potevo aspettare, e tu come al solito eri in ritardo…”
“Ero svenuta” le spiegò Emma, imbarazzata. E solo a quelle parole lo sguardo di Regina lasciò il bambino.
“Stai bene? Ed Henry?” le chiese, preoccupata.
“Henry sta bene, non si è fatto neanche un graffio e ora è da qualche parte in giro per l’ospedale a cercarmi un caffè. E io adesso sto benissimo. Ma il giorno dell’incendio non avevo avuto il tempo di riprendermi dal trasferimento di energia e l’uso della magia per contenere le fiamme mi ha messa ko per un po’.
Per fortuna c’era mio padre con te, ti ha portata fuori dalla scuola dopo che sei svenuta e ti si sono rotte le acque.
E c’è stata tua sorella per il bambino e la magia che serviva durante il parto.
Io invece mi sono svegliata due ore dopo… ce lo siamo perso entrambe” le spiegò, mentre l’attenzione tornava al loro piccolo, che stava ancora stringendo i capelli di Emma e con lo sguardo attento e curioso cercava Regina.
Regina sospirò, ammaliata da quegli occhi così simili ai propri, ma che le ricordavano così tanto Emma.
Aveva mille domande ed era ancora abbastanza confusa, ma… c’era tempo. E c’erano certamente delle priorità.
“Dovrai raccontarmi tutto, ma adesso dimmi… hai finalmente scelto un nome?”
Emma ghignò e le posò un bacio sulla tempia.
“Certo! Penso di aver scelto il nome perfetto…”
 
 
“David Zell Mills, adesso sei davvero pronto!” esclamò David entusiasta, finendo di sistemare il papillon di suo nipote mentre un sorriso gli si allargava sulle labbra.
“Grazie nonno” gli rispose Dave, con un ghigno pressoché identico.
Regina approfittò della loro distrazione per fermarsi sulla porta della stanza e guardare suo figlio risplendere di gioia.
Con quei suoi occhi scuri e profondi, quella chioma bionda sempre arruffata, quel suo perenne buonumore contagioso e quella sua faccia da schiaffi così simile a quella di Emma… il suo bambino era stupendo.
Ma non era più un bambino, Regina lo sapeva bene.
Ed era solo lei a non essere davvero pronta, ma il momento era arrivato comunque.
E lei doveva accettarlo.
Sospirò e fece il suo ingresso nella stanza, catturando l’attenzione dei due occupanti. “Posso?” chiese quindi a David, che annuì e le lasciò il posto di fronte a suo figlio.
Regina gli lisciò la giacca nera e gli sistemò i capelli, in quella che fu più una carezza materna che non un gesto efficace per quelle onde ribelli.
Un ciuffo però sembrò trovare il suo posto.
“Ecco, così sei perfetto” sussurrò Regina, poggiando la mano sulla guancia di suo figlio mentre gli occhi le brillavano di amore e lacrime.
“Mamma… non è ancora il momento di piangere, la cerimonia non è nemmeno iniziata!” la richiamò Dave, sorridendole.
Regina distolse lo sguardo e si schiarì la voce.
“Non sto affatto piangendo” dichiarò, facendo un passo indietro.
“Ma ce l’hai ancora con me?” le chiese Dave, la voce colpevole.
Regina tornò subito a guardarlo.
“No tesoro, certo che no!
Hai fatto una cosa stupida scappando, ma è una cosa stupida che sono certa non farai mai più” disse, calcando su quelle ultime parole.
Dave deglutì ed annuì, cogliendo perfettamente il tono di sua madre e il ben poco spazio che lasciava a delle repliche.
“Come sai, non capisco perché hai pensato che per sposarvi vi servisse scappare” continuò Regina. “E avrei voluto che tu sentissi di poterne parlare con me, perché anche a me puoi dire tutto Dave…”
“Mamma… non l’ho detto nemmeno ad Emma, lei l’ha scoperto per caso! E sai che l’ho supplicata io di non dirti niente, non è stata una sua scelta” provò a spiegare Dave per la millesima volta.
La tensione tra le sue mamme era tutta colpa sua e non riusciva a capire come Regina potesse aver perdonato lui così facilmente e allo stesso tempo potesse accusare Emma con un tale risentimento.
Il modo in cui funzionavano quelle due sarebbe sempre stato un mistero per lui.
“Non provare a difenderla… certo che è stata una sua scelta! Una scelta idiota ed incosciente come lei” ribatté Regina.
“Sì, e sai che mi dispiace di averti mentito, ma potresti anche ammettere che non è stata una scelta semplice” precisò Emma, facendo il suo ingresso nella stanza, seguita da Henry.
“E avresti scelto anche tu di supportare nostro figlio se fossi stata al mio posto…” continuò lo sceriffo.
“Certo che avrei supportato nostro figlio! Ma parlandogli e provando a farlo ragionare, e spingendolo a confidarsi e a lasciarsi consigliare dalla sua famiglia, non assecondando la sua fuga segreta fino alla squallida Las Vegas…”
“Ma non ho assecondato la fuga, io sono andata a riprenderli e li ho convinti a sposarsi qui!”
“Si, e mentre andavi lì a me hai detto che sareste andati in campeggio!”
“Certo, perché la verità ti avrebbe distrutta!
E credi che non abbia provato a parlargli?! Ma è tuo figlio dannazione! È testardo ed incapace di ascoltare proprio come te!” sputò fuori Emma, frustrata.
Gli occhi di Regina si spalancarono, per poi ridursi istantaneamente a due fessure.
“…come, prego?!”
Emma deglutì, mentre un brivido freddo le attraversò la schiena.
Dave ed Henry si guardarono, stramaledicendosi in silenzio per non averle fermate prima.
Le loro madri erano entrambe cocciute ed orgogliose e quelle loro stupide liti potevano andare avanti anche per settimane.
Negli anni però i due fratelli Mills avevano imparato che c’era un modo per calmarle o quanto meno zittirle momentaneamente…
Henry guardò Dave, che capì ed annuì al fratello, prima di esclamare…
“Abbraccio di famiglia!”
E i due fratelli Mills allargarono le braccia e spinsero le loro madri l’una verso l’altra, stringendole in una morsa d’affetto come avevano già fatto decine e decine di volte sin da quando Dave era solo un bambino.
Emma e Regina si ritrovarono circondate dai loro figli e schiacciate l’una sull’altra.
In quella stramba posizione riuscivano a malapena a respirare e i loro abiti eleganti erano ormai certamente sgualciti, ma era uno dei loro riti di famiglia… ed era in momenti come quello che Emma e Regina sentivano i loro cuori battere davvero.
Cedendo, entrambe sollevarono le braccia andando ad avvolgere l’altra, abbandonandosi così a quel contatto che per troppo tempo si erano negate.
I due fratelli Mills se ne accorsero e si scambiarono uno sguardo complice.
“Grazie per essermi accanto in questo giorno” sussurrò Dave, stringendo ancora di più a sé la propria famiglia.
“Ok, ma adesso andiamo: non si può cominciare senza di noi!” gli ricordò Henry, sciogliendo l’abbraccio. “Andiamo uomo del giorno” disse quindi, trascinando con sé il suo fratellino.
Emma e Regina li guardarono uscire, un identico sorriso sulle labbra.
“Non è vero che non sai ascoltare… e amo il tuo essere testarda” disse Emma, poggiando la propria fronte su quella di sua moglie.
Regina sospirò, sentendo un grosso peso abbandonarle il petto. “E io amo il tuo voler sempre difendere la nostra famiglia, anche se lo fai in modo stupido e avventato” precisò, mettendole le braccia attorno al collo.
“Ma ami anche questo di me, vero?” ghignò Emma.
Regina le baciò via quella smorfia. “Purtroppo amo tutto di te Miss Swan”.
“Ed è questa la mia più grande fortuna” le sorrise Emma, gli occhi luccicanti di felicità.
“Quindi… madame, vorrebbe farmi di nuovo l’onore di camminare al mio fianco lungo una navata?” le chiese Emma, facendo un passo indietro e tendendole il braccio.
Regina le sorrise, ben consapevole che a quella domanda avrebbe risposto sempre e solo in un unico modo.
“Sì, certo.
Come lei desidera”.
 
 
 
 
As you wish”
Fine.
 
 
 
Ok… finalmente ecco a voi tutte le risposte. So che visti i miei immensi tempi di pubblicazione avrete più volte perso il filo e vi chiedo scusa per avervi fatto aspettare tanto, ma ogni cosa adesso dovrebbe avere il suo senso. Per dirne una, il David che compare nel primo flashforward, nel capitolo 18, non è Charming, ma il secondogenito di Emma e Regina, ecco il perché dei loro discorsi.
E la sera di giugno di cui parla Emma in questo capitolo è quella del capitolo 19.
Ho disseminato cose del genere un po’ in tutta la storia, cose che acquistano il loro significato solo più avanti, e mi sono divertita molto a farlo. Spero che per voi sia stato piacevole leggere questo mio piccolo esperimento :)
E… dopo tutto il tempo passato in compagnia di questa storia, non credevo che questo momento sarebbe arrivato davvero, invece ho appena scritto la parola fine, e devo ammettere che fa uno strano effetto...
Earwen82, adesso capisci perché non poteva starmi bene la tua proposta sugli incentivi per la pubblicazione dei capitoli? :p grazie per il tuo supporto e la tua pazienza :)
Non credo di essere pronta a lasciar andare una storia che mi ha dato così tanto e in cui ho messo così tanto di me… ma sono certamente pronta a dire i grazie che devo.
Prima di tutto, grazie a Sophia per avermi prestato i suoi fantastici abbracci di famiglia.
E un enorme GRAZIE a tutti voi che avete letto, perché sapere di aver condiviso questa storia con voi è stato un po’ come aver vissuto insieme parte di questi anni, legati dall’amore per Emma e Regina e la perfezione che sono insieme. E legati dalla voglia di regalare loro qualcosa di bello, perché se lo meritano tutto un lieto fine, un felice inizio o una seconda possibilità che dir si voglia.
Grazie mille a chi oltre ad aver letto ha anche recensito, dedicando del tempo a questa storia e lasciando commenti, apprezzamenti e scambiando opinioni con me, rendendo così i pensieri e i sentimenti un po’ più reali. Leggere le vostre impressioni, le vostre reazioni, le emozioni belle e brutte che questo racconto vi ha suscitato è stato un regalo immenso per me, e vi ringrazio di cuore per quello che mi avete dato.
Quindi…
Alice_91, AndreaG, anjiel, BeaS, BlueHeart, Brit, Celian1987, dadona84, Earwen82, eepfanfictionfan, EleonoraParker, jessy black 93, Kei_chan, lalaPasta, lonspace, matley79, Natascia75, oncers01, ouat99, RebeccaLP, Revil96, Swanqueen79, Trixie, viny1090, GRAZIE!
Spero di non aver saltato nessuno di voi recensori, ma davvero grazie.
E Trixie… tanto di quello che c’è tra queste righe è merito tuo. Non potrò mai smettere di ringraziarti per quello che mi hai dato.
Grazie infinite alle persone che, attraverso questa storia, hanno superato lo schermo e sono entrate nella mia vita reale. È stato certamente questo il dono più bello.
Grazie Emma e Regina. Grazie perché avete preso i miei pensieri e li avete fatti diventare più belli, avete preso dei sentimenti e li avete fatti sfogare e vivere, avete preso una parte della mia vita e l’avete arricchita immensamente.
Infine, grazie As you wish per avermi cambiato in meglio la vita. E, come dicevo, non sono ancora pronta a lasciarti, quindi credo che scriverò un piccolo epilogo prima di considerarti conclusa…
A presto,
Sparewheel
  
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