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Autore: Indaco_    20/08/2019    2 recensioni
Il cuore di Amy saltò un battito capendo bene che quel devastante e incredibile dettaglio non era affatto dovuto ad una semplice coincidenza.
I puri e grandi occhi del piccolo erano di un accecante verde magnetico.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dance'
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La porta del salotto si aprì di colpo con violenza, sbattendo sulla parete intonacata di bianco. Dall’entrata un lampo blu fece la sua presenza seguito, qualche secondo dopo, dalla madre rosa con una borsa a tracolla agganciata alla spalla ed un piccolo sorrisino.
< Justin! Ti pare il modo di aprire le porte? > esclamò stizzita la riccia cercando di fare la voce dura di fronte a quel baccano. Portando le mani ai fianchi, con espressione burbera, costrinse il piccolo a fermare la furiosa corsa e a fornire una giustificazione adeguata. 
< Non l’ho fatto apposta! Non sono riuscito a frenare in tempo! > rispose con un sorriso innocente, dirigendosi in cucina trotterellando. Gli occhi luminosi sorrisero gioiosi, aveva intravisto infatti gli aculei lucenti del ragazzo accanto al tavolo.
Senza pensarci due volte, si diresse in quella stanza in cerca del riccio blu, diventato ormai un’inseparabile figura per il bambino.  La ragazza spiò di sottecchi il figlioletto dirigersi nell’altra sala e con un mezzo sorriso si affrettò a raggiungerli. Appoggiata la borsa sul divano e liberato i capelli con brio, entrò in cucina sicura di trovarli abbracciati o intenti a giocare in attesa del pranzo.
< Sonic, siamo tornati! Scusaci il ritardo ma abbiamo incontr… > le parole gli morirono in bocca quando si trovò davanti una visuale ben più diversa da quella che si aspettava. Il sopracitato, ritto in piedi di fronte al lavandino, era intento a fissare le due ante della dispensa con sguardo vuoto e perso. Le labbra erano serrate e la piega verso il basso indicava che l’umore non era dei migliori. L’espressione completamente apatica preoccupava sia il piccino sia la ragazza che non si capacitavano di quell’espressione tetra.
La riccia raccolse da terra Justin, intento a fissare l’adulto con occhi sgranati e le braccine abbassate.
< So'? Tutto bene? > esclamò Amy avvicinandosi col prezioso bagaglio tra le braccia.
Le mani del ragazzo, appoggiate sul ripiano della cucina, erano tese ed immobili ed intrappolavano sotto di esse dei fogli bianchi mal piegati. Credendo fossero semplici ed innocue pagine, la rosa non vi badò più di tanto, si concentrò invece sulla faccia di Sonic, stravolta e seria come non l’aveva mai vista.
L’adulto staccò lo sguardo dalla credenza, concentrandolo per un attimo sui due coinquilini. Le espressioni tese e preoccupate di madre e figlio lo spronavano a parlare per poter tranquillizzarli almeno un po’. Il blu non voleva iniziare quel lungo discorso in presenza di Justin e, soprattutto, non riusciva a mascherare la paura che provava. Rigirandosi più e più volte le tre pagine tra le dita, decise di escludere il piccolo dalla conversazione, d’altronde era un discorso risolvibile solo da loro adulti. Sapere non avrebbe giovato al bambino.
Guardando il pavimento della cucina, il blu misurò le parole con attenzione:
< penso che oggi sia meglio se tu vada da Blaze > mormorò con un filo di voce rivolgendosi più alla madre che al riccetto.
Il diretto interessato spalancò gli occhioni verdi e si strinse al collo della madre in cerca di supporto,
< no! Non voglio andare da loro! Voglio restare con voi! Andate a mangiare il gelato senza di me? > iniziò con foga gonfiando le guancie arrabbiato. Amy impallidì capendo che qualcosa di grave aleggiava nell’aria. Baciando la testolina irta di aculei, salvò la situazione fingendo disinteresse e richiamandolo con tono più dolce possibile
< ma no Justin! Non andremo mai senza di te, te l’ho promesso no? Ma … io e Sonic dobbiamo parlare di cose importanti e tu ti annoieresti. Se vuoi restare qui puoi farlo, ma non si potrà né uscire, né correre, né saltare, parlare e via dicendo. Necessitiamo di molta calma e pace. Sei ancora sicuro di voler rimanere? >  rispose con tranquillità sapendo bene che il piccolo avrebbe cambiato idea nel giro di un paio di secondi di fronte all’obbligo di immobilità. Justin, dubbioso e non del tutto convinto, sbuffò nervoso,
< va bene, ma allora stasera andremo a mangiare il gelato? > domandò con sguardo supplichevole e acquolina in bocca.
 < Sì se non sarà troppo tardi e, ovviamente, se tu avrai fatto il bravo da Blaze! > rispose con finta allegria l’adulto blu rubando il bambino dalle braccia della madre. Quanto desiderava che quella busta non fosse mai arrivata.
Justin si lanciò su di lui senza paura, felice che l’amico della mamma fosse tornato spensierato e sorridente. Stringendolo forte a se, Sonic lo baciò sulla fronte con il cuore stretto da una morsa e la gola intasata dalla preoccupazione. Sentiva perfino le mani intorpidite tanta era l'ansia che stava provando.
Dopo un breve pranzo e dopo aver portato il piccino a Blaze, la quale si era dichiarata felicissima di poter controllarlo per qualche ora, finalmente per Amy arrivò il momento delle spiegazioni. La riccia aveva i nervi a fior di pelle, tutta quella misteriosità e, soprattutto, la faccia da funerale del ragazzo la facevano tremare di terrore.
Cosa era successo di così grave? Perché tutto quel panico? Seduti uno di fronte all’altra, i due ragazzi si stavano preparando per cose diverse. Mentre Amy si logorava il cervello per capire il nocciolo del problema, Sonic formulava le frasi più adatte per raccontargli l’intera situazione senza farla impazzire. Le dita della ragazza tamburellavano nervosamente e velocemente il piano del tavolo, scandendo i secondi uno ad uno. Lo sguardo carico di apprensione non si staccava dalla bocca del blu, serrata in una smorfia di disgusto.
Con un sospiro di rassegnazione, il riccio si riaccomodò sulla sedia per la centesima volta, arrotolando più e più volte i tre fogli.
< Allora? Vuoi farmi morire? Che è successo Sonic? > sbottò la ragazza appoggiando le mani sulla tavola impaziente. Sarebbe morta dall’ansia se non si fosse deciso a parlare.
Il riccio sospirò e con un movimento rigido si alzò in piedi facendo stridere la sedia. Deglutendo deciso si appoggiò al lavabo della cucina e iniziò a tamburellare il piede nervoso, non sapendo che parole utilizzare per dargli quella notizia tormentata. Alzando leggermente la testa verso il soffitto evitò completamente di incrociare lo sguardo carico di timore della ragazza,  seduta a tavola con lo stomaco sottosopra e con il cuore che batteva sempre più veloce.
< Questa mattina è arrivata una diffida stragiudiziale da parte di un ammirato avvocato di Gout City > mormorò il riccio con voce piatta, tentando di nascondere il terrore che dentro di sé cresceva di minuto in minuto.
Il nome di quella città riconduceva subito ad una persona. Amy incredula e spaventata si immobilizzò sul posto, sentendo le gambe divenire sempre più molli da quell’infimo prologo.
Stringendo le mani attorno al bordo del tavolo iniziò a pregare che il riccio stesse scherzando e quello fosse solo un gioco di pessimo gusto. Gocce di sudore iniziarono a formarsi lungo il collo, scivolando sulla pelle e radunandosi sulle clavicole.
Nonostante la temperatura estiva e l’aria calda che entravano dalla porta socchiusa, sgradevoli brividi di freddo le salirono lungo la spina dorsale. Lo sguardo del blu, però, comunicava tutt’altro, gli occhi erano velati dalla paura ed i lineamenti contratti le suggerivano che, purtroppo, quella notizia era terribilmente vera.  
Voltando la testa verso il lavabo, Sonic perse lo sguardo all’interno del catino, sprofondando all’interno di una ciotola sbeccata piena di acqua sporca.  < Diffida in cui ci esorta a prenderci cura di Justin come si deve e … a prepararci alla causa che stiamo per andare incontro. Jason vuole Justin >.  
Il viso della ragazza sbiancò come una mozzarella mentre gli occhi verdissimi si spalancarono terrorizzati, comprendendo appieno il significato di quella frase.
< CHE COSA? NO! NO! Non glielo darò mai! MAI! >  ed alzatasi in piedi sbatté un pugno sul ripiano del tavolo con rabbia crescente. La mascella contratta in un ghigno di rabbia e gli occhi infuocati stupirono persino Sonic, che non aveva mai visto la riccia così combattiva come in quel momento. Atteggiamento che rincuorò un po’ il ragazzo ma che però lo preoccupava ugualmente: Jason con quella lettera si era dimostrato molto più furbo e vendicativo di quello che credeva. Nessuno si aspettava una dichiarazione di guerra di quel tipo.
Con un sospiro di preoccupazione, il ragazzo incrociò le braccia al petto per poi rivolgersi alla ragazza furente.
< Amy. Stai considerando che la cosa non è così scontata vero? >  Mormorò cercando di non incrinare la situazione delicatissima. La rosa voltò di scatto la testa e strinse i pugni lungo i fianchi, gli occhi carichi di terrore non necessitavano spiegazioni.
< Deve esserlo. Sonic, non darò mai mio figlio in mano a lui. Nemmeno morta. > esclamò con un singhiozzo improvviso, sbattendo le palpebre sugli occhi lucidi. Il riccio blu sospirò indeciso, cercando di tranquillizzare la ragazza scossa dalle lacrime che, copiose, scendevano rotolando sulle guancie color pesca.
< Questo pomeriggio abbiamo un appuntamento con il mio di avvocato. L’ho chiamato non appena ho saputo la … notizia. Siamo in buone mani, forse la situazione non è nemmeno così critica come l’avvertiamo. D’altronde sei sua madre e Justin necessita completamente da te > l’avvertì tentando di portare un raggio di luce all’interno di quella faccenda.
In verità dentro di se si sentiva come se un camion l’avesse investito. Aveva paura, temeva che Jason sabotasse in qualche modo giudici o quant’altro, costringendoli a consegnare il piccolo a lui.
Mordicchiandosi la pellicina staccatasi da un pollice, il ragazzo e la riccia si accinsero a prepararsi per poter raggiungere il prima possibile l’avvocato.


< Una brutta situazione Sonic! Vi siete infilati proprio in un brutto guaio! > Esclamò con sguardo corrucciato il signor Stanghelf. La volpe, color verde muschio, sbatté sulla scrivania di noce i famosi fogli ricevuti per posta e, con sguardo dubbioso, arrotolò un baffo attorno all’indice. Amy e Sonic, seduti di fronte a lui su delle comode poltroncine, si lanciarono un’occhiata preoccupata.
< Perché è una brutta situazione? >Domandò la riccia sporgendosi dalla sedia con panico nella voce. La volpe, che indossava dei simpatici occhialini tondi, se li sistemò meglio sulla punta del naso e congiunse le punta delle dita.
< Bhe, vi accusa di non riuscire a prendervi cura del bambino, di non riuscire a star dietro alla sua evidente iperattività e ti accusa anche di avergli strappato il figlioletto senza avviso. Inoltre, per il fatto che è suo padre e per molte altre cose, chiede che Justin venga affidato a lui. Non è cosa di poco conto direi > descrisse brevemente tamburellando la punta della penna su un foglio di carta. La riccia sbiancò e strinse i braccioli fino ad avere i crampi alle mani. Non aveva mai pensato che Jason potesse arrivare così a tanto. E la possibilità di perdere suo figlio la faceva impazzire.
D’un tratto, la mano di Sonic avvolse la sua e la strinse in un muto gesto di consolazione.
< Non succederà. Non pensarlo nemmeno. Semmai, cosa faremo noi?  > Continuò sbrigativo rivolgendosi all’avvocato con voce ferma e decisa.
< Bhe, per prima cosa sappiate che faranno un breve test al piccino per capire se sta bene o no. Nessun test fisico si intende, gli faranno alcune domande per capire il suo rapporto con voi e con il padre. Dopodiché, gli assistenti sociali stenderanno una breve relazione sui comportamenti e sugli atteggiamenti rilevati che verrà presentata al giudice, sarà lui o lei a decidere > esclamò concentrato continuando a tamburellare la stilografica sul foglio. Lo sguardo corrucciato e concentrato sulla bella penna lo facevano sembrare più deciso che mai a risolvere quel caso così spinoso.
I due ricci sospirarono pesantemente, stringendosi le mani a vicenda e scambiandosi coraggio. Amy col cuore carico di tristezza respirò profondamente per trattenere le lacrime che minacciavano di scendere da un momento all’altro. Il riccio al suo fianco guardò il soffitto scuotendo la testa esasperato,
< nel caso vincesse Jason che succederà? > continuò il blu spostando l’attenzione completamente sulla volpe. Amy sollevò la testa e trattenne involontariamente il respiro, in attesa delle parole che sospettava sarebbero state crudeli.
< Se vi andrà bene gli assegneranno qualche giorno a settimana da trascorrere con lui, se vi andrà male > - mormorò assicurandosi che i due spettatori fossero ben recettivi prima di continuare - < Justin passerà nella mani di Jason, andrà a vivere con lui e potrete vederlo un numero limitato di ore a settimana. L’istruzione, educazione e tutto ciò che gira attorno al piccino sarà completamente deciso da Jason, il quale non sarà obbligato a chiedere pareri o consigli a voi > concluse con sguardo severo e leggermente teso.
Amy si portò le mani sul viso con disperazione, le spalle curve e la schiena piegata la facevano sembrare una bambina. I lunghi aculei rosa scendevano lungo le spalle, creando una sorta di cappuccio attorno alla sua testa. Tra le dita leggermente separate, Sonic vide scintillare delle lacrime, gocce salate che scendevano lentamente sulla pelle rosata.
La ragazza stava trattenendo i singhiozzi a stento: mai prima di allora si era trovata in una situazione così disperata. Il blu sospirò nuovamente e si rivolse alla volpe che rileggeva per la terza volta i fogli, ormai consunti, arrovellandosi su una soluzione che salvasse i suoi clienti.
< Cosa dobbiamo fare per dimostrare che siamo perfettamente in grado di gestire Justin? Servono prove? Qualche documento particolare? > continuò il blu con voce secca e roca. La riccia accanto a se ritornò ad ascoltare con attenzione doppia la conversazione, asciugandosi le tracce umide con il dorso della mano. Incrociò le dita e dentro di se pregò che esistesse un modo, una piccola speranza che le assicurasse completamente il suo piccino. < Purtroppo no, non esistono certificazioni valide. Vorrei invece, se possibile, vedere e conoscere il bambino, forse potrebbe aiutarmi a trovare qualche particolare cavillo burocratico su cui aggrapparci > sospirò con una scrollata di spalle appoggiandosi allo schienale della poltrona in pelle.
Amy annuì e sbatté le palpebre per trattenere le lacrime che minacciavano di scapparle fuori,
< certo, ci dica quando e glielo porteremo >mormorò con voce tremante scambiando un'occhiata di muto accordo con il ragazzo al suo fianco. Non aveva mai pensato di dover affrontare una situazione del genere. Non credeva che Jason fosse capace di tanto.
Dopo i saluti convenevoli, gli adulti tornarono a casa mogi, mogi e pensierosi come non erano mai stati. Nella loro testa albergava l’ansia, l’avvocato aveva dato loro ben poche speranze di vittoria e la posta di quella partita era dannatissimamente alta.
Il ronzio dell’auto era l’unico rumore che risuonava nello stretto abitacolo, non avevano la benché minima voglia di parlare e ancor meno quella di ascoltare la radio o una canzone qualsiasi.
La ragazza, appoggiata al finestrino dell’auto, ripensava alle parole dell’avvocato in cerca di un qualsiasi dettaglio che avrebbe potuto aiutare ad emergere da quella situazione. I capelli mal pettinati e parzialmente raccolti, le cadevano malamente sulle spalle, regalandole un aspetto ancor più disperato.
Sonic, assorto dalla guida, diversamente dalla compagna stava pensando a che cosa fare nel caso avessero perso. Non avrebbe mai permesso che quel piccino colorato finisse nuovamente da quell’infame, piuttosto avrebbe portato la riccia e il piccolo lontani da lì, fino a far perdere completamente le tracce. Era talmente assorto nella costruzione di una svariata carrellata di piani di fuga, che quasi non sentì Amy quando si rivolse  a lui con voce bassa e innaturalmente roca.
< Pensi che dovremo dirlo a Justin? > Mormorò assorta continuando a fissare il paesaggio che si stagliava dal finestrino. Raggomitolata sullo stretto sedile, la rosa aveva iniziato ad arrotolare il solito aculeo tra le mani osservandolo con aria pensierosa.  Il blu sospirò pesantemente, avrebbe voluto così tanto poterla abbracciare e rassicurare! Invece, in quella situazione, non riusciva nemmeno a confortarla un po’: il rischio di perderlo era terribilmente alto e tangibile.
< No, secondo me non è il caso, ha appena smesso di fare incubi su di lui > esclamò cercando di dare alla voce un po’ di espressione. Amy annuì e si rialzò mestamente, il suo viso era una maschera di sofferenza.
Quella mezza giornata era bastata a distruggerla e a porle un peso angosciante nell’anima. La possibilità di perdere il figlioletto era così cruenta da assorbire completamente ogni energia fisica e mentale, lasciandola sfinita e demoralizzata
. E per il riccio blu, poco cambiava. Non riusciva ancora a credere che Jason avesse architettato tutto quel pasticcio per una vendetta. Spendere soldi e soprattutto tempo per una faccenda di cui non gli importava praticamente nulla gli risultava parecchio strano. Perché impuntarsi così tanto per ottenere la custodia del piccino se non lo considerava nemmeno?   

Spazio autrice:
Buonasera! Siamo arrivati al trentesimo capitolo! Spero che la piega che sta assumendo la storia vi piaccia almeno un po'. Come sempre: errori, consigli, opinioni, etc. sono ben accette! Grazie, a presto! Baci.

 
 
  
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