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Autore: apeirmon    24/08/2019    1 recensioni
Quattro giocatori che si spostano sul tabellone del mondo fino a raggiungere la stessa casella, affrontare le stesse penalità e seguire gli stessi indizi. Ambientata contemporaneamente prima e dopo il prologo di "Jumanji - Benvenuti nella giungla", ma con i personaggi del primo film, questa storia esprime la mia ammirazione per Chris Van Allsburg e spero di riuscire a metterci ogni briciola di genialità in me che conosco e che mi farà conoscere scriverla.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alan Parrish, Altri, Judy Shepherd, Peter Shepherd, Sarah Wittle
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Grazie, Nora.” le sorrido per il succo d’ananas che mi porge.
Siamo passati a casa di Jim e Martha perché Judy e Peter vogliono salutarli, prima di continuare la partita. I due fratelli sono seduti accanto al letto della madre, profondamente addormentata, mentre noi siamo seduti in sette sedie insieme al padre e alla zia.
“Vi ringrazio per essere passati. La cirrosi biliare di Martha mi toglie già molto tempo da dedicare alla fabbrica, è davvero un gentile regalo di Natale.” ci apprezza Jim.
Sento uno sbuffo in direzione di Nadine: non posso darle torto se ha fretta!
Nora sembra meno comprensiva rispetto a me: “Non ho ancora capito chi siete.”
“Loro sono due amici che ho conosciuto in Francia: Philippe e Nadine.” mente Judy tenendo la fragile mano di Martha con premura. Scorgo le loro auree ingrandirsi in trasparenza.
Mentre sorseggio il succo, mi chiedo se potrò mai avere la stessa cura da parte di mia figlia. Le rivolgo un’occhiata.
Bernie osserva come me i fratelli Shepherd; ma il suo sguardo è perso nel vuoto, come se riflettesse e solo a tratti tornasse a vedere la scena commovente.
Tra poco non la rivedrò per diverso tempo. Perché la rivedrò!
Non appena finiranno la partita, tornerò al momento in cui Philippe ha tirato i dadi. Nadine ha detto che era la fine del 1994. In quel periodo ero incinta. Se solo potessi ricordare, avrei una seconda possibilità di crescerla in modo giusto. Judy e Peter dovrebbero potercelo raccontare.
Ma se quel giapponese ci trova, come posso fare? È sicuramente abbastanza influente da poterci uccidere, e non riusciremo a convincere i federali a proteggerci.
È davvero una situazione senza uscita…
“Adesso dovremmo proprio andare. Non possiamo trattenerci.” annuncia Alan alzandosi.
“Ma siete appena arrivati!” cerca di trattenerci Jim.
“Mi dispiace, ma Alan ha ragione.” convengo, imitandolo insieme a Bernie.
“Ragazzi, noi vi aspettiamo fuori. Fate presto. Jim, è sempre piacevole passare a trovarvi. Nora.”
Alan stringe la mano al nostro amico e esce dalla stanza.
“Auguri di guarigione a Martha. Sono sicura che quando guarirà sembrerà più giovane di prima!” gli dico, sforzandomi di sorridere.
“Grazie.” è la sua risposta. “La vostra presenza la aiuta.”
“Tornate quando volete.” ci saluta Nora mentre seguiamo Alan.
“Arrivederci.” mormora Bernie con lo sguardo basso. Nadine e Philippe non dicono nulla.
Passando dal vialetto, Nadine controlla che l’affare tremendo sia ancora nel telo che abbiamo preso dalla scialuppa.
“Non abbiamo tempo per la vita sosciale! Dovreste sbrigarvi a finire la partita!”
“Capisco la tua fretta, ma potrebbe essere l’ultima volta che Judy e Peter vedono la loro famiglia.” le faccio notare.
“Per questo vostra figlia dovrebbe tirare subito i dadi.” ribatte.
Mi avvicino a lei con le mani sui fianchi.
“Che c’è, ragazzina?! Lavorare su quella nave ti ha tolto l’umanità?”
“Neanche immajini cosa ho passato.”
“Affronteremo il prossimo pericolo tutti insieme.” interviene Alan. “Le conoscenze di Peter potrebbero essere fondamentali per salvarci. Io so molto sugli animali indiani e africani, ma in questa partita sono usciti solo animali del Sud America. Forse, però, può aiutarci Philippe.”
Il ragazzo lo guarda incuriosito.
Il a dit que peut-être tu peux savoir quelque chose environ les animaux du jeu et nous aider.
Oh… Oui.” risponde lui.
“Come ci aiuterà se non ricorda quasi nulla di francese e l’inglese non lo parla?” domando.
“Non c’è bisogno di parole per comunicare.” mi risponde a sorpresa mia figlia. “Philippe è bravo a farsi capire anche in silenzio.”
“Bernie ha ragione.” dice Alan lentamente. “Ricordo ancora come ogni movimento fosse questione di vita o di morte davanti a un animale feroce.”
“Anche tu sei finito nel joco?”
Mio marito annuisce: “Una vita fa, in ogni senso. Sono l’unico a sapere come si sente.”
Il aussi était été aspiré dans le jeu.” informò il fratello Nadine.
Lui rivolse uno sguardo pieno d’ammirazione ad Alan, che gli sorride comprensivo.
Sentiamo la porta chiudersi: l’altra coppia di fratelli ci raggiunge.
“Ora dobbiamo proprio continuare.” dice Judy determinata. “Bernie, sei pronta?”
“Non si può essere pronti per questo, ma voglio continuare.”
 
Dopo le varie manutenzioni, Villa Parrish è tornata all’antico solito splendore che si augurava il padre di Alan prima di lasciarci. Solo l’impianto elettrico è ancora in fase di ristrutturazione.
Nadine poggia l’affare sullo stesso tavolo testimone del mio primo lancio di dadi, in soggiorno.
Judy prende la mano a Bernie: “Qualunque cosa esca dal gioco, ci saremo noi.”
“Sì: vedrai che finiremo in fretta.” aggiunge Peter, la mano e le parole.
“Grazie.” risponde Bernie sinceramente. Tutte queste novità l’hanno cambiata. È un peccato che non se le ricorderà.
Philippe posa la propria mano sulle altre e ricordo che lo stesso patto l’avevo fatto anch’io. O l’avrei fatto, dato che si tratta di una realtà parallela.
“Allora tira, per favore.” le dice Nadine.
Dopo un lancio tremulo, compaiono un tre, un quattro e la frase verde: «Una piratessa che vien dalla foresta vuole appendere al muro la tua testa»
Sento il freddo scorrermi nelle vene: “Alan! È la stessa struttura…!”
Ma lui ha già sollevato nostra figlia per trascinarla al sicuro.
“Per carità… Bernie, stai dietro il divano! Nadine, controlla che fuori non ci siano pericoli! Peter, mi serve che smonti il salvavita: è già aperto. Sarah, prendi…”
Pum!
Il rumore di uno sparo e il televisore dietro Bernie viene forato.
Immediatamente lei si abbassa, Alan si frappone tra lei e la finestra, Peter corre verso il contatore elettrico e io grido, raggiungendo la mia famiglia con un balzo.
Vedo Nadine rispondere al fuoco con la sua arma ormai asciutta e ricaricata.
“L’ho presa in testa! … Aspettate: non si è fermata! NON SANGUINA NEMMENO!”
“Non si può uccidere, né ferire! È la Van Pelt di Bernie!” urla Alan.
La finestra va in frantumi sotto il fendente di una sciabola. Una donna salta sul davanzale e colpisce Nadine con un calcio in faccia. Sotto un cappello nero da pirata ha capelli biondi; tiene la sciabola corta nella mano destra, mentre l’altra regge una pistola a pietra focaia.
Dopo essere scesa sul pavimento, brandisce l’arma bianca in nostra direzione, ma Philippe le afferra il braccio.
“SCAPPA!” ordino a Bernie, che per una volta mi obbedisce.
“Non è buona educazione lasciare gli ospiti da soli! Devi essere gentile!” strilla Van Pelt.
Dopo aver fatto roteare la pistola in aria per impugnarla per la canna con destrezza, colpisce il ragazzo alla tempia, facendolo crollare al suolo.
“No! Philippe!” gli si avvicina Judy.
“Sarah, andate alla piscina!” mi grida Alan prima di cercare di fermare Van Pelt.
Io mi precipito a cercare Bernie in corridoio. Perché vuole che andiamo alla piscina? Figurarsi se una piratessa non sa nuotare… No, aspetta: ha chiesto a Peter di smontare il salvavita; i tubi di scarico sul fondo conducono l’elettricità per abbastanza spazio da lasciarla paralizzata. Ma come la fulmino?
“Mamma!”
Bernie è in cima alle scale, con in mano un secchio.
“Cosa vuoi fare? Scendi giù!” le urlo.
“Se scivola da qui potrete prenderle la sciabola!” mi risponde.
“Tuo padre ha avuto un’idea. Lui conosce bene il gioco; per favore, fidati di lui!” la supplico.
Dopo un momento per decidere se credere in noi o al proprio orgoglio, abbandona il secchio e torna al piano terra. Insieme ci dirigiamo all’ingresso, poi facciamo il giro del giardino e arriviamo alla piscina, che riflette i fasci di luce provenienti dai faretti lì attorno. Subito raggiungo quello più lontano dalla villa.
“Volete farle prendere la scossa? Avevo capito che non poteva morire.”
Prima che io le risponda, la finestra della biblioteca si spacca per consentire il passaggio di Van Pelt, che ci si avvicina a falcate con la sciabola di lato.
Invasa dal panico, spingo mia figlia di lato e mi lancio contro il braccio destro dell’assassina. Sento uno schizzo d’acqua dovuto al tuffo di Bernie bagnarmi i pantaloni viola.
Ma Van Pelt è agile e si alza quasi subito. Provo a trattenerla per uno stivale, però quello si sfila senza rallentarla granché.
Mia figlia è in acqua, inerme, ancora stordita dalla caduta.
Sopra di lei, Van Pelt è pronta a sferzarle il corpo con la sua sciabola affilata.
D’istinto, lancio il faretto che tengo in mano nella traiettoria del colpo e il metallo penetra i cavi.
Van Pelt rimane paralizzata, vibrante per la scarica ad alto voltaggio, ma non capisco perché. Perché la differenza di potenziale non si esaurisce riportandola a potersi muovere? La piscina, grazie a Dio non è percorsa da elettricità, quindi cosa prolunga l’evento?
“Complimenti, Sarah! Hai usato il tubo d’irrigazione anziché la piscina!” mi dice Alan, afffiancato da Peter.
Guardo il tubo per annaffiare l’erba e poco lontano, collegato ad esso da una pozza d’acqua clorata, il piede nudo di Van Pelt, ancora in preda ai tremori.
Alan aiuta Bernie a uscire dalla piscina.
“Grazie, mamma. Ti voglio bene”
Questa frase mi riempie di prati di gioia, in cui ogni fiore ha la sua aura ben manifesta e colorata.
Sorrido apertamente e largamente: “Sai che lo rifarei sempre, piccola mia.”
“Devo dire che un vantaggio nell’essere ricchi c’è: così abbiamo comprato un tubo in metallo.” scherza lei.
Peter prende un ramo e spinge Van Pelt sul tubo d’irrigazione, per evitare che si liberi inavvertitamente.
“Mi dispiace, mamma, di averti fatta disperare così tanto: ora lo so che stavi cercando di insegnarmi qualcosa.” ammette.
Io le prendo il mento e le rispondo: “Spesso siamo noi a dover imparare dai nostri figli.”
“Non per interrompervi, ma Judy e Nadine si stanno prendendo cura di Philippe. È ancora svenuto.” ci informa Peter.
“Questo vuol dire che per ora non possiamo continuare la partita.” aggiunge Alan.
Torniamo tutti in soggiorno per vedere come se la cava Philippe.
“Visto che per il momento non possiamo proseguire, Nadine, ci spiegheresti un po’ di più su tutta la vostra storia? E mi sembra che ne sappia di più di noi anche su Jumanji.” le chiede Alan.
Dopo un sospiro rassegnato, acconsente: “Come volete. Inisierò da quando ho trovato Jumanji sulla spiaja per regalarlo a Philippe. Sedetevi, sarà un racconto lungo.”
Noi ci accomodiamo per lasciarla parlare.
“Mi chiamo Nadine Bonnet, Moreau da nubile. Dopo che Philippe è stato risucchiato, non ho detto nulla a nessuno, nemmeno ai miei jenitori: ero jà troppo rimproverata per la mia fantasia. Fesci delle riscerche per conto mio, entrando nella marina militare e scercando informasioni su un’organizzasione che bramava Jumanji: la Trappola.”
Il nome mi sembra più che appropriato in più di un senso.
“Mi infiltrai fino a scoprire che quell’uomo, Mononobe, è immortale a causa del joco.”
“AAAAH!” allora, Bernie grida, fissando terrorizzata la finestra.
Forse Van Pelt si è liberata. Ma prima che possiamo scoprirlo, mia figlia sviene.
“Bernie!” mi avvicino a lei impaurita.
“È come l’altra volta. Devono essere le allucinazioni della muffa.” ci spiega Judy.
“Intanto che Aspettiamo che si riprenda, sai perché Mononobe ci ha chiesto di uccidere Bernie?” si interessa Peter. Non potrebbe farlo fare a un suo soldato?”
“Un jocatore di Jumanji può essere usciso solo da qualcosa di interno a Jumanji: questa è la regola.”
“Allora è questo che dà l’immortalità a quel vecchiaccio.” intervengo. “Noi possiamo ucciderlo se possiamo anche con… uno di noi.”
“Non è così semplisce: non ne sono sicura, ma potrebbe avere un ruolo superiore al nostro, come un supervisore del joco. Potremmo non fargli nulla comunque.”
“Ma ci dev’essere una soluzione per salvare Bernie!” esclamo, emettendo tutta la frustrazione che finora dovevo nascondere.
“Ad ogni modo, mio marito ha trovato Jumanji e si è fatto spiegare cos’è. Ho fatto un errore a fidarmi: si è spaventato e ha voluto venderlo all’asta prima che lo sapessi. E quindi è finito in mano a voi. Ho saputo da Mononobe che Jumanji era stato preso da Judy, quindi mi sono organisata per far saltare il rapimento. E la nave.”
“Judì...”
Philippe si sta rialzando.
Mon frère, reste ici. Ne mouve-toi pas.”
“Lui lo sa tutto questo?” chiede Peter in tono empatico.
“Gliene ho parlato mentre arrivavamo qui.”
“Ecco perché aveva quelle espressioni. Sei sempre così brutale anche con tuo fratello, allora?”
“Siamo in una situasione di pericolo, non posso fermarmi alle emosioni degli altri. O alle mie.”
“Devono averti fatto il lavaggio del cervello su quella nave!”
“Peter, smettila! È grazie a lei se siamo ancora vivi.” interviene Judy.
“Ascolta: mi dispiasce per tua madre, ma adesso dobbiamo sbrigarsci a finire il joco, oppure...”
“E che ne sarà di Bernie?” domanda Alan.
Nadine lo guarda lievemente impietosita: “Dovrete farla vinscere e usciderla.”
“Questo è troppo! Fuori da casa mia!”
“Se non lo fasceste ci usciderebbe comunque e per sempre. Credetemi: non abbiamo scampo. Solo così potrò tornare in vita e far vivere anche voi. Forse per me è già troppo tardi, ma...”
“E lasciare che quel mostro viva in eterno? No! Ci dev’essere un altro...”
Fermez-les!” esclama Philippe lanciando due tre sul tabellone.
Tutti tratteniamo il fiato leggendo la frase.
«Il est certain que vos yeux ne sont pas en sécurité»
Sentiamo un grido. Ma non un grido umano: il grido di un’aquila!
“Io proteggo Bernie!” urla subito Alan posandole il petto sulla faccia.
“Sono Harpia Harpyja, molto aggressive.” ci illustra opportunamente Peter.
“Ci sono degli attrezzi per il camino in veranda!” informo gli altri, e subito io, gli Shepherd e Nadine andiamo a prenderli, mentre Philippe ci segue.
“Io torno indietro a salvare Alan.” ci dice Nadine appena afferrate delle pinze.
Io prendo un attizzatoio e comincio a dare randellate per aria all’impazzata. Dio, quanto mi ricordano quei pipistrelli!
Ne colpisco una e sento la finestra frantumarsi, forse per opera di Judy.
A un certo punto sento degli artigli graffiarmi la testa e mi faccio prendere dal panico: mollo l’attizzatoio e corro strillando e scuotendo le mani sopra di me per tutta la stanza.
Un colpo secco da parte del soffietto preso da Judy mi libera da quell’uccello, che vola oltre il davanzale.
“Grazie.” le dico senza fiato.
Subito dopo corriamo a vedere come se la cava Nadine. Sembra che abbia diretto le aquile verso la finestra già rotta da Van Pelt, perché la vediamo arrivare dal soggiorno.
“Tutti a posto? Nessuno orbo?” chiede insensibilmente Nadine.
“Tutti sani e salvi.” risponde Judy stizzita.
Qu’est-ce que il t’a pris? Lancer les dés de quelle manière...” sbraita Nadine sul fratello.
Je… deteste vos querelles!” esclama lui in un francese perfetto prima di correre in biblioteca.
“Cosa ha detto?” chiede Peter.
“Che non gli va che litighiamo.” rispose Alan. “Lo capisco anche senza traduzione: una persona che non vede esseri umani per anni ha paura di ogni sorta di collera e farebbe di tutto per farla smettere.”
“Ci parlo io.” dice Judy andando verso la biblioteca.
Nadine aprì bocca per fermarla, ma poi la richiuse.
 
Dopotutto ero ancora solo.
Avevo ritrovato mia sorella, è vero, ma non era più la dolce bambina che ricordavo: era diventata un’assassina e anche irascibile.
E anche le altre persone che avevo conosciuto erano sempre pronte a urlare, tranne…
La porta della biblioteca si aprì ed entrò Judì, stupenda come sempre.
Peux-je entrer, Philippe?” mi chiese dolcemente.
Io annuii e lei si avvicinò chiudendo la porta.
Ta sœur est très préoccupée pour tout le monde. Elle veut que tu vit. C’est pour ça qu’elle a criée.
Je comprend. Mais pourquoi les autres aussi?
Parce-que la vie de Bernie serait en danger.
Alors je ne veut pas ça.” dissi con forza.
Tu es très doux.
Non seppi nemmeno come successe. Le sue labbra si accarezzavano alle mie e io facevo la stessa cosa, solo che mettevo anche la mia lingua sulla sua. Credevo che ci stessimo baciando.
“Ehm, scusate se vi interrompo, ma Bernie si è svegliata.” sentii la voce di Pitèrre.
Ci staccammo lievemente. Judì mi sollevò da terra e insieme ci dirigemmo in soggiorno.
“C’era un mostro verde dal cranio allungato con le zanne ricurve. Proprio fuori dalla finestra.” stava piangendo Bernì, abbracciata a sua madre.
“Su, era solo un’allucinazione. Una stupidissima visione per quella muffa.”
“Dovremmo andare avanti con il gioco.” disse Alan, comunque preoccupato. “Philippe ha fatto un doppio. Sta bene?”
“Sì. Adesso è tranquillo.” rispose Judì. “Philippe, c’est ton tour à nouveau.
Presi di nuovo i dadi. Per la prima volta, avevo paura di quello che sarebbe potuto succedere.
Ne feci uscire un tre e un uno.
«Si elle reste à toute l’heure, elle n’est pas agréable la chaleur»
Un’ondata di caldo sostituì velocemente quel gelo tipico della città in cui eravamo.
“Presto: i condisionatori d’aria!” ci ordinò Nadine. “Bisogna deumidificare!”
Alàn, Sara e Bernì cominciarono a correre per le stanze mentre io mi sentivo soffocare come dentro il gioco nelle ore più calde.
“In sala da pranzo c’è dell’acqua: bevetela a piccole dosi.” stabilì Alàn.
Mia sorella mi portò in un’altra stanza, mentre sentii l’afa diminuire. Prese una bottiglia d’acqua dal cucinino e me la porse.
Petit à petit.” mi disse, mentre la svitavo e lei ne prese un’altra.
Subito dopo ci raggiunsero anche gli altri e Alàn distribuì bottiglie da una specie di dispensa.
“Forse se ritiro i dadi, si ferma l’effetto.” azzardò Judì con il gioco sottobraccio.
Lo depose in terra e contò le caselle che le mancavano alla fine, poi tirò un dodici.
“NO!” gridò Sara, ma la pedina stava già tornando all’inizio.
«Avrai anche rinfrescato, ma il tuo sangue non ne è grato»
“Perché? Ho fatto dodici, dovrei aver vinto.”
“Non se hai barato!” sbraitò Alan. “La stessa cosa l’aveva fatta tuo fratello nell’altra partita e si era trasformato nella propria pedina.”
“Nella propria pedina? Vuol dire…” Judì accennò al coccodrillo nero al punto di partenza.
“Oh, non diventerai un’alligatore completo, tesoro, solo qualche soomiglianza.” disse Sara.
“E perché non me l’avete detto prima?”
“Sono passati decenni da quella partita: non possiamo ricordarci tutto.”
“Judy…” Pitèrre stava indicando il collo di Judì terrorizzato. Un collo con delle squame.
Judì si tastò in quel punto e gridò ad alta voce.
“Non preoccuparti, Judy, tutto finirà quando finiremo il gioco.” disse Alan.
“Resta la questione di come lo finiremo.” rimbeccò Nadine.
“In modo normale. Judy e Peter ci informeranno dopo. E noi ci nasconderemo.” ribatté Sara.
Se solo avessi saputo di cosa stavano parlando. Sapevo solo che si trattava dello stesso litigio di prima. E continuava a non piacermi.
“Di cosa state parlando?” domandò Bernì all’improvviso.
“Niente di cui preoccuparsi, cara.” disse Sara.
“Non pensate che...” cominciò Pitèrre.
“Che cosa?” chiese Alàn. “Vai avanti.”
“Be’, io credo che debba scegliere lei. Poi non se ne ricorderebbe neppure.”
“No! È da escludere! Noi siamo i suoi genitori e dobbiamo occuparci sella sua sicurezza.” replicò Alàn.
“Però è una sua esperienza. Siete sicuri di avere il potere di privargliela?”
“Non ti ci mettere anche tu, Judy.” la bloccò Sara.
“Voglio dire se fosse definitiva sarei d’accordo con voi, ma qui si tratta di vederla e poi tornare indietro. Mi sembra un’esperienza rara. Sicuri di volergliela togliere?”
“Mi spiegate cosa state dicendo? Devo morire prima che finisca il gioco?” tentò Bernì.
“Adesso basta! Il discorso è chiuso. Non permetterò che le facciate del male, né che quel mostro abbia vita eterna.” continuò Sara.
“Allora è così. Se muoio prima che finisca il gioco l’uomo che ci ha rapiti vivrà in eterno e ci lascerà in pace. E anche tutti gli altri bambini che prenderanno Jumanji.”
“Non suscederà mai.”
A sorpresa, tutti fissarono Nadine.
“Ora l’ho capito: un uomo così malvajo non si fermerebbe neanche dopo aver avuto l’immortalità. Dovete vinscere normalmente, qualunque cosa capitasse ai noi stessi passati.”
“Ben detto.” disse Alàn vagamente stupefatto.
“Grazie, Nadine.” si sorrisero Sara e mia sorella.
“Scusateci. È stata un’idea stupida.” disse Pitèrre.
“Anche un genio può permettersi un momento stupido ogni tanto.” ammiccò Alàn.
“Berenice, tu non vuoi mettere in atto questa cosa, vero?” le chiese la madre.
“Certo che no. Sono sicura anche io che peggiorerebbe le cose. Ma avrei preferito che me ne aveste parlato.”
“Noi volevamo solo proteggerti” replicò Alàn.
“Lo capisco, papà.”
Cadde un lungo silenzio in cui finalmente sapevo tutto ciò che c’era di importante da sapere: si erano rappacificati. E sembra fosse stato grazie a mia sorella.
Un silenzio simile a quello che abbiamo condiviso con Bernì quando mi sono svegliato in quella cella sulla nave.
Anche se spaventata, anche se non poteva parlarmi, si è assicurata che mi fossi ripreso da quella botta in testa e mi ha ricordato Nadine più della mia vera sorella, con la sua sicura dolcezza. Mi ha tenuto compagnia finché Nadine non ci ha liberati. Ecco come avrei voluto ritrovare mia sorella.
Ed ecco come credevo stesse tornando ad essere.
“Dobbiamo ancora completare il gioco: forza, Peter, ti manca un sette.” disse Judì con altre scaglie sul viso.
“Già, prima facciamo, meglio è.” rispose lui prendendo i dadi.
Accarezzai il volto di Judì per farle capire che il suo aspetto non mi importava.
Uscirono un cinque e un quattro.
“Ho vinto…” esalò Pitèrre a mezza voce.
Ma la pedina raggiunse il centro del tabellone e tornò indietro di due caselle.
“Che cosa?!” esclamò lui.
“Dev’essere preciso! Il tiro non era preciso!” sbottò Alàn mentre si formava la frase.
«Per una riprova futura, ti mandiamo una puntura»
Silenzio. Un silenzio diverso dal precedente, carico di tensione.
E poi zampettare da più direzioni. Nadine urlò, indicando uno scorpione giallo che camminava su un mobile vicino a Judì. Lei non si voltò in tempo e le cadde sulla schiena.
Vidi chiaramente la puntura dell’animale e Pitèrre afferrare un libro per scacciarlo.
“JUDY!” le strappò il retro della maglietta, ma incredibilmente si rilassò.
Quando mi avvicinai, vidi solo squame impenetrabili.
“Sono Tityus Serrulatus, scorpioni gialli brasiliani. Potevano ucciderti con delle neurotossine.” spiegò Alàn. “Direi che il tuo turno ti ha salvata.”
“Non è il momento di discutere!” urlò Bernì, che aveva preso una mazza da golf per allontanare altri due scorpioni.
“Come ce ne liberiamo?” chiese Sara, che aveva ripreso l’attizzatoio.
“Sparando.” rispose Nadine riprendendo la sua arma.
Ci fu una serie di uccisioni di scorpioni per tutta la stanza, finché tutti non furono colpiti.
Pitèrre guardò Nadine: “Sono animalista, ma ti ringrazio lo stesso.”
“Figurati.”
“Dobbiamo azzeccare proprio il numero di caselle che ci mancano e non possiamo forzare il tiro: praticamente potremmo stare in eterno a far fuori animali del Sud America!” sbottò Judì.
“Jà, questa è la trappola del joco da tavolo chiamato Jumanji.”
   
 
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