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Autore: LongShot    27/08/2019    0 recensioni
"Era una giornata come tanto quando morimmo tutti.
Era una giornata come tante.
Per molti lo era, credo, forse era una giornata speciale per tutti, in quel caso, mi dispiace di aver fallito.
Perchè ho fallito? Forse perchè non ce l'ho fatta in tempo, forse perchè non potevo farcela.
Però ora non conta più nulla: sono morta...
...e allora perchè mi fanno così male le gambe?"
Con una luce bianca, tutti sono scomparsi, tutti tranne qualcuno.
Questa storia la voglevo scrivere da tanto, ma non sapevo come. No, il risultato non mi soddisfa del tutto, ma intanto la scrivo, poi magari la modificherò
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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Era una giornata come tanto quando morimmo tutti.
Era una giornata come tante.
Per molti lo era, credo, forse era una giornata speciale per tutti, in quel caso, mi dispiace di aver fallito.
Perchè ho fallito? Forse perchè non ce l'ho fatta in tempo, forse perchè non potevo farcela.
Però ora non conta più nulla: sono morta...
...e allora perchè mi fanno così male le gambe?

Presi una grande boccata d'aria, come se fossi appena riemersa da sott'acqua. Intorno a me era tutto buio, ma guardando in basso potevo certamente vedere la mia gamba schiacciata sotto a delle macerie di metallo.
«Cosa...» Almeno ero viva, ma non sapevo dov’ero, perciò mi alzai. O almeno quella era la mia intenzione: qualunque cosa fosse quella sulla mia gamba, non accennava a spostarsi con una semplice spinta.
Ottimo. Mi guardai intorno, strizzando gli occhi cercando di vedere qualcosa, ma non c'era nulla.
Ora che ci pensavo l'aria si stava facendo pesante.
Forse non c'era uscita.
Provai ad alzare le macerie con la forza delle mie braccette, ma non ottenni nulla. Tastai il terreno intorno a me, magari potevo trovare qualcosa, magari qualcuno sarebbe arrivato a salvarmi...
Toccai qualcosa di freddo e duro: un tubo di metallo. Non sapevo quale metallo ma sicuramente poteva fare da leva in qualche modo.
Iniziai a fare forza su quella levetta che avevo improvvisato «stupida trave... levati di dosso...» Mi dovetti mettere col sedere sopra affinchè alzassi un po' la trave.
«Si!» esultai prima di ritirare la gamba e lasciare andare la leva. Tutto quello attorno a me tremò per un istante, ma non collassò nulla fortunatamente.
Ora rimaneva il fatto che dovevo uscire. Come? Non ne avevo idea, anzi, a dirla tutta, avevo rinunciato, pensavo che però se avessi aspettato sarebbe successo qualcosa.
Devo dire che ho aspettato a lungo prima che i soccorsi arrivarono... solo che "i soccorsi" era il mio istinto di sopravvivenza che mi diceva che restare ferma serviva solo a dormire ed avevo paura che se mi addormentassi... non mi sarei più risvegliata.
Okay, facciamo punto della situazione: sono sotto delle maceria, la mia gamba è probabilmente rotta, l'aria finirà presto e non vedo nulla. Se sopravvivo potrei usare quest'esperienza come spunto per un libro... 
Mi guardai intorno per istinto, ma ovviamente trovai il solito buio. Una cosa era certa però, l'area era abbastamza grande, forse ero dentro un edificio... Mi alzai in piedi, sabbattei la testa e tornai a terra.
Gemetti per il dolore, sia la testa che avevo sbattuto andando su che alla gamba che avevo sbattuto tornando giù.
Okay, alzarsi non era un opzione, magari gattonare... però la gamba faceva troppo male.
E fu così che finì per strisciare come un serpente in mezzo all'oscurità. Non avevo idea di dove stavo andando, ma il mio senso di orientamento mi aiutò a capire che stavo girando in cerchio.
Mi fermai e mi girai a pancia in su. Non avrei trovato l'uscita, sarei rimasta lì. Pensai che a quel punto sarebbe stato meglio farsi un pisolino, sarebbe stato un passaggio all'altro mondo certamente più pacifico.
Chiusi gli occhi.
«Hey hey, Leya, avevo ragione! non siamo soli, c'è qualcuno laggiù»
   
 
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