Film > Coraline e la Porta Magica
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Autore: GirlDestroyer1988    30/08/2019    0 recensioni
un esaltante crossover tra i piccoli eroi dello Studio Laika
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Wybie, Coraline Jones
Note: Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!
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CORALINE
“L’affermata giornalista Caroline Jones, venuta qui per intervistare l’attore Jean-Louis Trintignant, figlio del campione di Formula Uno Trintignant  Maurice, che farà d’anfitrione a questa gara inaugurale sul superautodromo Hida Speedway, costato 2 miliardi di ¥. Ora lascio a lei la linea” “Grazie Wybie, e il mio nome comunque è Coraline, aumentativo di Cora, come il personaggio omonimo di L’ultimo dei Mohicani. Comunque messier Trintignant, cosa si aspetta da questo battesimo? Che ricordo ha di suo padre Maurice?” ma proprio mentre si stava cimentando nell’intervista, gli altoparlanti si misero a protestare. “Attenzione, attenzione, in corrispondenza del Notanisoshiyama, sul ponte del fiume Shogawa, si è verificato un incidente dovuto alla subitanea comparsa di grasso sull’asfalto. “ la notizia allarmò l’INTERPOL là radunatasi, e, alla testa del Generale Daigoro Tanaka, si recarono alle volanti per investigare. “Cora, o Caroline, questa potrebbe essere la nostra occasione. Potremmo fare il reportage dell’indagine sull’attentato. Già riesco a immaginarmi i titoli: CORAGGIOSI GIORNALISTI COMMENTANO IN DIRETTISSIMA RETATA CONTRO MISTERIOSI SABOTATORI DEL NUOVO AUTODROMO PIU’ GRANDE DEL GIAPPONE” “Smettila di giganteggiarti. Noi non andremo da nessuna parte, Daigoro mi ha esplicitamente ordinato di rimanere sugli spalti. E lo ha detto anche a te. Un conto è essere coraggiosi, un altro essere imbecilli. Io non voglio diventare la nuova Ilaria Alpi, e spero vivamente che tu non voglia diventare il nuovo Pier Paolo Pasolini”
PARANORMAN
“E’ una notizia che dovresti accondiscendere. Tu, Norman Babcock, fisico impiegato presso la Todai, l’università imperiale di Tokyo, avrai saputo dello stabilimento chimico di Omitama che ha preso fuoco in circostanze misteriose, riconducibili a un misterioso hitman che sembra avere poteri magici, come appunto sparare fuoco dalle mani. Lo sapevi che dei tuoi colleghi sono stati arrostiti nell’assalto?” “Sì, il quotidiano per anglofoni l’ho letto, ma dice tutt’altra cosa. L’hitman avrebbe attaccato esclusivamente le guardie, non il personale, giacché era un semplice deposito militare, non un laboratorio effettivo. E tutti i miei colleghi vivono sereni e intonsi qui a Tokyo, e poi: se era un mago per lui cosa potevano significare quegli stabilimenti? Di posti come quello, compresi veri laboratori di ricerca, questo sedicente ne ha già attaccati altri 6, sto cominciando a pensare che non sia un mago, ma un chimico fallito datosi al crimine. I suoi sarebbero semplicemente applicazioni pratiche di formule chimiche. Sono una persona molto credula nel paranormale, ma a tutto c’è un limite. E ora massima tranquillità, ho qui con me una miscela di conegrina, blu di metilene, poliuretano e acqua di Labarraque. Se dovessi sbagliare la proporzione di acqua di Labarraque, qui esploderebbe tutto”
UOVO E WINNIE
“Queste caverne appartengono alla cordigliera del Ryusendo, ed è qui che vivrebbero gli Shirime. Loro vivono scavando nella roccia il metallo del clan degli Ishikawa, samurai ladri gentiluomini che risiedevano in questa zona. Il capostipite, Goemon Ishikawa I, fu condannato al toro di Falaride” “Che cos’è?” “Una tortura in cui cuoci vivo un essere umano in un enorme altoforno a forma di mucca tutto d’oro” “Orribile”
KUBO
Kubo è tranquillo sulle sue ginocchia incrociate. Attorno a sé, c’è solo un lontano rumore di uccelli che chiacchierano, prendo il volo, e un ruscello che scorre. I capelli neri occultano il suo occhio guercio, avvolto nel suo kimono rosso, la spada in mano. La sua calma, da cosa potrebbe mai essere infranta? Nell’aria, in una vampa improvvisa di cinetica, delle scuri fendono l’aria. Kubo, con una rapida serie di fendenti, le annienta. Lo sguardo di Coraline e Wybie è ammutolito, assolutamente incantato dalla velocità e dalla precisione di quei colpi. Kubo poi ricolloca con collocata lentezza la katana nel fodero. E tutto questo a occhi chiusi! Il misterioso ragazzo è davvero così abile.
“Tv, cinema, videogiochi…tutte cose meravigliose, ma l’arte di piegare la carta, di ricavarne origami, di farli muovere al ritmo di musica, è un arte che non passerà mai di moda, di certo, mi auguro che non sia destinata a diventare un anticaglia da museo come con il teatro di strada kamishibai, un importante fetta del nostro folklore spazzato via impunemente dalla televisione e dall’embargo americano. Ma se non ho capito male, voi siete americani” “Sì, io sono di Los Angeles, il mio collega è di Amhrest, Massachusetts. Eravamo venuti qui per vederLa in azione. Sa, con origami, la melocinesi….” “Se proprio lo volete, ve ne darò una dimostrazione. Accendete le vostre telecamere, ma niente flash, o altri trucchetti da NHK. Questa è la storia di Hanzo, guerriero che sfidò l’antico e al culmine del suo potere Re Mercurio, dopo che egli osò uccidergli la moglie e rapirgli il figlio. Combatté i mostri dei regni a Occidente, nel deserto glaciale della Mongolia, trovando un'altra donna come possibile moglie riparativa, difendendola dalle insidie e dagli inganni del Re. Il khan di quelle terre voleva sviarlo lussuriosamente con la bellissima Shahmaran, regina odalisca delle donne serpente, ma lui vi rinunciò. Entrò nell’alchimia del Re, dove lo scheletro vivente lo minacciò con la spada, riuscendo infine a distruggerlo. Raggiunse l’isola di Komsomolec, verso il Nord, verso il Polo Nord, combattendo il Rock a due teste, perché dall’albume del suo uovo potesse trarre alchemicamente un veleno che riuscisse a uccidere un re con i poteri di un dio come Re Mercurio, e abbandonando l’isola con la sua donna mentre questa veniva devastata da una lotta con il colossale Ijiraq il gigante dalla testa di renna e l’Akhlut, l’orca-tigre gigante. Continuò dirigendosi verso l’India, dove dovette combattere per recuperare il figlio. Il re Mercurio lo teneva d’occhio con l’invisibile spionaggio una pari-pari, fata malefica che usava per amplificare gli occhi e le orecchie. Mentre Hanzo, sua moglie e i suoi compagni navigavano nell’Oceano Indiano, la polena della loro nave divenne viva e cercò d’ucciderli. Giunti a Mumbai, s’inoltrarono negli antichi tempi della vendicativa dea Kalì, la cui figlia Durga li attaccò sotto forma di una statua resa vivente dalla magia di Re Mercurio, per poi doversela vedere con la gigantesca Kinnara, la donna-gallina, che riuscì a uccidere dopo un combattimento contro il Garuda. Ma qui, la storia del suo viaggio verso Occidente si ferma bruscamente. Vedo che avete fatto delle buone riprese” “Sì. Vorremmo chiederLe se è vero che queste storie sono reinterpretazioni autobiografiche di fatti realmente succesegLi” “Mio padre, e ora anche mia madre sono morti. Io vivo solo con un macaco delle sorgenti, che sarà a spasso nei boschi proprio mentre stiamo parlando” “Ma quindi?” “No, mio padre non era un eroe come Hanzo. Lui era un figurante storico, interpretava il samurai solo come corvée, non lo era realmente. Ah, ecco Scimmia” nella genkan entra un macaco termale dal caratteristico vello che sembra un armatura di scagliette di carta igienica macerata, con un espressione che non è quantificabile. L’animale ha delle “mani” con dita perfettamente cilindriche, dove ciascun unghia assomiglia a una borchia nera volta a orlare una guarnizione d’acciaio, di un rosa scuro cianotico, condiviso dalle zampe, dalle natiche, e dal volto. Gli occhi assomiglierebbero anche a quelli di un essere umano, ma dov’era, in quella bestia ammantata da realistica irrealtà, l’umano e lo scimmiesco? O meglio per spaccare il capello in quattro: cosa bisognava, era necessario che bisognasse trovare in quell’animale sclerotizzatamente idealizzato, idiosincraticamente astratto tracce equivalenti e equipollenti dell’essere umano, del macaco….e della bambola? Sì, una bambola, un fantoccio, o un automa, non un automa di quelli sofisticati, sofisticatamente robotizzati, dell’epoca in cui la pseudo-vita tecnologica risponde al nome cecoslovacco di Karel Capek, ma dell’epoca degli automi scacchisti ottomani a orologeria, giacché gli occhi, come in quel disinganno da Per favore non mordermi sul collo, non avevano movimenti plausibili per degli occhi di una creatura, una creatura che non contenga metallo. “Kubo. Chi sono queste persone?” “Giornalisti, vogliono sapere tutto quello che so dire di me stesso. Non preoccuparti, nella mia ricerca di mio padre potrebbero rivelarsi utili” “Quindi non ha gettato del tutto la spugna di ritrovarlo? Vorremmo conoscere un po’ meglio questa ingarbugliata vicenda” “Mio padre, come detto, era un figurante. Io invece adesso vado in tutte le rievocazioni e mi esibisco con questa mia melocinesi, animando origami che assumono forme tra le più stravaganti e imprevedibili, di pari ballo con la musica del mio shamisen. Le mie dita, il mio plettro, in questi momenti, cadono come in una trance, sviluppano un cervello loro specifico, obbediscono a una risonanza che fluisce nella terra, io agisco solo come tramite di qualcosa che io non controllo, ma che controlla me. Nessuno ha mai saputo spiegare come questo avvenga, forse tutti hanno sempre preferito starmi a guardare. Mia madre è morta per difendermi da mio zio e dalle mie sorelle. Mi ha anche detto che hanno ucciso mio padre” “Il motivo?” “Un antica maledizione. Io nacqui senza un occhio, mia madre mi ha sempre ammonito che questa mio occhio guercio era l’emblema della malvagità delle mie sorelle e di mio zio. Prima l’occhio-mi diceva-poi l’anima. Effettivamente il mio villaggio è stato attaccato dalle mie sorelle, le riconoscerete (sempre che le sopravviviate abbastanza) per i loro abiti da strega, le loro inquietanti maschere sorridenti, il misterioso fumo nero datore di morte che spargono come una prosecuzione batterica (credo che contenga un agente patogeno mortale) delle loro armi, delle mani che strappano occhi come le pescatrici subacquee strappano le perle dalle conchiglie madreperlacee. Nella mia ricerca ora mi aiuta Scimmia” “Mi assicuro non venga ammazzato”
“Deve essere terribile vivere come quel Kubo. Mamma e papà decimati come spine di grano tranciate dalla falce del mietente, zio e sorelle contro, senza un occhio, solo una scimmia come qualcuno da avere accanto….” “Li ci vorrebbe un samurai, come l’Hanzo delle sue storie. Un eroe leggendario che non abbia paura a sacrificarsi per lui. Guarda guarda….Hikari Kusuzi, il guerriero sterminatore di briganti, ha appeno riportato la vittoria su Momochi detto il Vecchio, assassino responsabile della morte di 400 persone, tra civili e poliziotti” “Cosa faceva un simile ematofago scatenato?” “Era ferocia pura. Apparteneva a una colonia criminale che viveva per autoimposizione in un eterno Medioevo, uccidendo con la katana e le armi storiche dei ninja. Negli ultimi tempi si sarebbe però reso un ipocrita impiegando armi occidentali come bombe e un carro-camion blindato lanciafiamme. La città il cui commissariato aveva dichiarato guerra a questo villaggio di delinquenti voleva dare vita a un bombardamento a tappeto di bombe a napalm incendiario dopo che si seppe che volevano erigere un monumento a quel bestione” “Sarebbe un patrigno perfetto per Kubo”
SCARABEO
“Una corazza d’acciaio in grado di trasformarti in un Dinaste Ercole umano, un corpo umano incontrovertibilmente tecnologizzato, quello che accadrà, su scala tale che la tua micragnosa mente non reggerebbe l’urto, a tutta l’umanità, in un momento non dato del tempo prescrittoci, e un nuovo mondo da abitare insaccato nella carne. Immaginati che i tuoi vecchi organi, il cervello simile a un flaccido, spugnoso gheriglio di noce, il tuo cuore a pompetta da cane giocattolo, i tuoi polmoni simili a bistecche crude, vengano colonizzati da quello che la tecnica considera cervello, cuore e polmoni al loro posto, un microcomputer Superbrain INTERTECK, un motore idraulico, uno spiroforo. E tu puoi ancora mangiare, addormentarti, bere una soda ghiacciata troppo affrettatamente e percepire del ghiaccio coagularsi nella testa ferendoti come un goedendang che si strusci contro la carne lacerandola e piagandola, ma adesso sei un gabinetto, o un qualsiasi macchinario volto a purificare, mondare, lo sporco del mondo esterno. Nel tuo urotergo, quello che in te, novello Gregor Samsa, va a sostituire l’addome, c’è una cintura da cui partono un gruppo di droni che ti aiutano a combattere, perché tu lo sai fare, immune a proiettili di mitragliatrice e getti di fuoco di lanciafiamme, con una lama che trafigge anche l’acciaio, e un cocchiere del diavolo su quattro ruote invincibile sull’asfalto, un ragno dei cammelli corazzato che si muove con la spietata lentezza di un carro armato pesante, un vermecane degli abissi che funge da sommergibile, un grillotalpa da scavatore e una libellula da aereo. E con quelli hai sconfitto tutte le più diaboliche e efferate bande criminali che abbiano mai calpestato il mondo. Però sei lo stesso prigioniero, e sai che il tuo segreto non durerà per sempre. Te l’hanno predetto, dei ragazzini ti avrebbero messo in grossi guai.
KUBO
“Dunque….Emicrania, labirintite, vomito, febbre alta, ha bisogno di un clima freddo, per non dire polare” “Ma Dottor Hedashigawa, siamo in pieno Giugno, a Tokyo ci sono 25°, a meno di non portarlo al museo dell’esplorazione artica-antartica di Tachikawa, non c’è modo di curarlo. Non ce lo possiamo curare a casa sua? È davvero necessario per i fini della terapia arrivare a portarlo su un ghiacciaio innevato? Non ci sono già qui e per qui medicine disponibili e che lo possono curare? Non c’è il rischio che il freddo possa peggiorare la malattia?” “Se ci si ammala di una malattia di questo tipo, che oltretutto non riesco a definire precisamente, dato che è un insieme di sintomi e patologie minori (l’emicrania ècupololitiasi, cefalea emicranica, meningite/labirintiteèsindrome di Meniere, cinetosi) che in genere appaiono scaglionate. In ogni caso, le malattie sono sempre stagionali; la loro intensità e quanto esse siano in grado di farti soffrire dipende dal mese e dalla stagione. In Estate un febbrone da Emboloterio come quello del vostro sodale Kubo raggiunge defcon 2. E’ come se un ammalato di erisipela venisse messo su una graticola. Il fuoco non spegne dell’altro fuoco, serve del freddo, molto freddo, perché la degenza si abbrevi. I ghiacciai, le sorgenti termali del Fujiyama, sono ottime. C’è però il problema degli strapazzi del viaggio. Ma a quelli ci penseranno le nostre ambulanze”
 
“Co, non ti ho mai vista così sconvolta e partecipata ai problemi di una persona. Ti piace quel Kubo eh?” “Smettila” “E allora come mai te ne stai tanto in ambasce?” “Perché allora dovrei sbattermene? Tu non provi un brivido di immedesimazione quando vedi una persona che conosci soffrire, indipendentemente dal grado di vicinanza?” “Sì, anche a me da delle preoccupazioni, ma non mi metto a fare la mamma in pena per un tizio che ho solo intervistato e che quindi conosco a malapena. Comunque i medici hanno detto che provvederanno” “In ogni caso anche noi dovremo andare sul Fujiyama. E non per coccolarlo, io non c’è l’ho ancora un fidanzato, e se me lo troverò non sarà una delle persona che ho intervistato” “Comunque Co ho sentito Kubo delirare di un certo , personaggio che mi ha sollevato delle perplessità” “Hanzo è il misterioso supereroe che ha sconfitto le bande criminali che avevano riempito le pagine dei quotidiani a cui noi mettevamo la firma in calce. Te lo ricordi no? Dopo che Hanzo fece il suo intervento eroico malmenando tutti, procedemmo finalmente a fare il servizio, durante il quale venimmo a sapere della sua esistenza” “Ma non è contrario alla deontologia professionale fuggire da una verità che noi, anche a costo della vita, avremmo dovuto testimoniare?” “Innanzitutto, Daigoro ci ha esplicitamente chiesto di lasciar fare alla polizia almeno sinché la situazione non si fosse calmata, e poi questa teoria dei martiri dell’informazione è una gran cavolata. Voglio dire, avremmo corso un rischio inutile, e i nostri , Ilaria Alpi da Roma e Pier Paolo Pasolini da Bologna, se ci fossimo catapultati in quella tagliola ci avrebbero dato degli scemi incoscienti. C’è un tempo per il coraggio e uno per la pusillanimità, e quello era quello della e non voglio che mi si equivochi. Un conto è avere paura, percepire il rischio, e agire comunque mossi dalle proprie giuste motivazioni, e un altro e fare come fai tu, che illudendoti d’essere invincibile ti scaraventi come una donna cannone in una situazione nella quale raggomitolarsi in preda al panico è il minimo. Comunque Kubo deve essere assistito per un'altra motivazione, che la sua morte non lo farebbe riconciliare con suo padre. Non può morire sinché non avrà avuto quello che cerca. Il dottore non sa dire cos’ha di preciso, e questo può voler anche dire che è in pericolo di vita”
 
“Hanzo…..Hanzo……..l’eroe di cui mio padre mi cantava……quello per cui io ho cominciato la mia ricerca……..la mia battaglia…….se solo non fossi così debole…….il cibo me l’hanno dato, ma rimango così impotente. Maledettamente impotente. Hanzo, dove sei? Padre mio, perché non sei qui con me? Quando ero malato mi abbracciavi, condividendo con me parte della mia malattia, vegliavi su di me, ora come posso fare se tu non ci sei?”
 
Kubo, a detta anche del dipartimento medico dell’hotel-stazione termale, era un pezzo di ferro rovente. Aveva anche una peculiare bava trasecolantegli dalla bocca, un giallastro dovuto ai continui attacchi emetici, e sarebbe peggiorato se le medicine non li fossero state date all’istante. Fu Wybie a portargliele, dimostrando che la storia della gelosia l’aveva superata. “Me le hanno date senza dirmi quali marche sono o in che ordine te le devo somministrare. Brufedol, Valontan, Imodium, Tachifludec….boh, mettitele tutte dentro, se finisci con il vedere astronavi in fiamme ai largo dei bastioni di Orione e raggi β baluginanti nel buio alle porte di Tanhaüser non è affar mio” Kubo, aiutato da Scimmia, assume la roba, poi, sazio di ibuprofene, mepiramina, loperamide e paracetamolo si corica di nuovo, con gli occhi a moirè, mentre Scimmia si prende cura di lui. In lei, per un attimo, c’è uno scatto d’ira. “Le tue zie….le tue zie ti hanno fatto questo” dice, congedandosi da Kubo rimuginando propositi di vendetta contro esse. Kubo però adesso ha bisogno, guarda un po’! di altro aiuto. Wybie se lo accudisce mentre incappa negli altri arrivati: un segaligno giovane laureando in fisica di nome Norman Babcock, un allampanato speleologo dilettante di nome Uovo, o meglio Isaac May, che se la fa con una ballerina di burlesque con un fisico da canottista di nome Winnie Lanwonber, una mezza austriaca.
NORMAN
“Innamorato di me? Beh, devo ammettere….un sottilmente inquietante gioco del destino” Su Coraline Johnson c’è da dire una cosa. Era una giovane donna dalla grande bellezza, ma che dava da pensare, elargiva una pesantezza al cuore come quella di un affetto da problemi cardiovascolari. Molti avevano il vago sospetto che fosse una vampira, e un suo ex racconta che si tratti di una tipa parecchio bizzarra. Bizzarra è disturbante. Per lei l’amore è qualcosa di strano, un miriapode nero che ti si arrampica sulla faccia, camminandoci dentro come si camminerebbe dentro i Bagni misteriosi di De Chrico. Le labbra, degli angioma cresciuti direttamente dai muscoli orbicolari, sono come dei bassi divani-tagliola, sedercisi sopra fa cadere in una trappola a laccio dalla quale è fastidioso uscire. Tipo Blood solid di Anish Kapoor. Il naso è una caverna d’arte come quella del giardino dei Boboli realizzata da Pompeo Ferrucci, esplorarla sarebbe dilettevole, ma il miriapode sa che deve puntare altrove. Gli occhi sono spalancati, e nessuno dovrebbe mai dormire con gli occhi aperti. Sono raffinati acquari, giardini d’acqua dolce in cui un qualche nobiluomo o nobildonna viennese del 18esimo secolo si fermava a ammazzare il tempo seguendo il nuoto a rilento di carassi dalla coda simile a un sipario logoro e strappato, con crani sovradimensionati da grampi, con occhi fuori dalle orbite craniali alla stregua dei “luponi” di Tex Avery. Non è però roba che faccia per lui. Infine il miriapode raggiunge la meta prefissata: l’orecchio. Per aggiungere un tocco di colore, l’orecchio è affetto da microtia. Il miriapode ci entra dentro, trova lo spazio del cranio contenente gli ossicini martello incudine e staffa assolutamente comodo. Per Coraline l’amore era lo stesso freddo, viscido e picchiettante brivido sulle parti più erogene del suo corpo, destinatole a accarezzarle le labbra come un bell’esemplare di vermocane appena pescato e ripulito dalla sabbia e dal brecciato del fondale marino fattole strusciare sulle voluttuose labbra dal suo misterioso Joe Sub di Gallieno Ferri, lei Fiona Volpe di 007 Thunderball operazione tuono. Il brivido all’altezza delle cartilagini più alte del setto nasale di quando avvicinava un dito alla parte più alta del naso, come se là dentro si accendesse una spia di prossimità come quella dei sottomarini. La fredda carezza di un termometro al mercurio che le accarezzi il dintorno dell’occhio, come Kiki de Montaparnasse nella foto dadaista Larmes de verre di Man Ray. E infine che quella “cosa” le entri dentro, le deponga le uova nel cuore, come Norman ha fatto dal momento in cui si sono incontrati. Un incastro d’anime alla  Goldrake che si distacca dal suo Spacer per ricevere l’agganciamento del Double Spacer, una Coraline meravigliosamente nuda, alta 1,7 metri, avvolta nell’oscurità di uno studio fotografico abbandonato nella notte dell’equinozio di primavera, con Norman trasformato in Dargon dei Sectaurs alla guida del Molga EZ-006 della linea degli Zoids che lo usa per arrampicarsi su quella monumentale distesa di carne. Cercare di non cadere sulle gambe intrecciate come uno svincolo autostradale dalle parti di Terni, finirle nella vagina per avere un punto sicuro per proseguire nell’arrampicata, come gli scalatori che si rifugiano in un insenatura della montagna per attrezzarsi nel successivo sviluppo della scalata, raggiungerle lo stomaco, parte pianeggiante e sicura, rimanergli incastrato tra i seni, accovacciarsi nei suoi capelli. Persino lui aveva le stesse sensazioni, ma Coraline aveva, dal suo punto di vista, enfatizzato maggiormente la sua natura parassitaria. Un acaro della scabbia che comincia a mangiargli la pelle, scava gallerie in essa, arrossandogli il braccio sinistro (a differenza di Coraline, per Norman “l’infezione d’amore” non aveva nessuna implicitezza genitale), fino a colpirgli il cervello. La donna punta al sesso, l’uomo punta al pensiero. Un antica città, una Parigi vecchia quanto i merovingi, protetta da una cupola schermante dal mondo esterno come in Agonia della Terra di Edmund Hamilton, la sua città-casa, una Venaria reale personale, una Quarto Oggiaro ad personam, una Disneyland dopo la diffusione del virus KV di Io sono leggenda in cui Walt Disney è l’unico uomo rimasto….di giorno. Un po’ perché il Vincent Price di L’ultimo uomo sulla Terra di Ubaldo Ragona li assomiglia parecchio, credeva. Il suo monolocale è arroccato sulla cima della Torre Eiffel, un po’ alla maniera degli Animaniacs, ma senza far ridere. Il giorno è afoso, la qualità dell’acqua della fontana di Saint Julien le Pauvre, del fiume del giardino del museo di storia naturale, della fontana della piazza André Honnorat del palazzo lussemburghese di Salomon de Brosse e il Lac aux images del Futuroscope (che però è a Poitiers) è la stessa del Todmorden del deserto australiano nei giorni di solleone, e interagisce esclusivamente con robot, come il Ross di Vita con gli automi, che soddisfanno ogni suo capriccio d’interazione interpersonale, “interpretando” i pensionati del tram di Route de la Bonne Dame, del suburbano di Route de Villededon, dei turisti che pullulano nei pressi dell’Arco di trionfo, che li sgrassano, disinfettandola dalla ruggine la “sua” Torre Eiffel, che, cazzo, quelli che bazzicano nella redazione di Spirou e Pif magazine, di giorno lo proteggono. Ma di notte, come tanti Daitarn III, si disattivano quando il Sole albeggia a Tokyo, e allora nessuno lo può tenere al sicuro dai succubi che un tempo erano suoi concittadini, e deve assolutamente raggiungere il punto più alto della Torre Eiffel. Ci è in gioco la sua vita. Di notte i succubi sostituiscono la popolazione della sua città mentale e lo prosciugherebbero, se lo trovassero vulnerabile. Non c’è che un rifugio, la vetta della Torre Eiffel, l’unica casa sicura, dove però è palese che la salvezza non durerà per sempre….
CORALINE
“Per cosa te ne sei venuto qui Norman?”
“Gli origami. Mi piacerebbe studiargli servendomi della mia attrezzatura, includente un radioscopio a raggi x con cui immortalare la struttura interna di quei pupazzi animati”
“Pensi di farcela? E dopo?”
“Dopo studierò quello che avrò trovato, ma non dirò niente a nessuno all’infuori della nostra piccola cerchia, Norman Babcock, Coraline Jones, Wybie Lovat e Kubo Yamadera”
“Giuralo su quello a cui tieni di più”
“Lo giuro su Harold Porter”
“Chi?”
“Il creatore del piccolo chimico”
“Oh ciao scimmia. Come sta Kubo?”
“Ora si sta facendo una sauna, deve controbilanciare il freddo che ha dovuto prendere per farsi passare gli effetti più violenti della sua finora sua esclusiva malattia”
“La deve sconfiggere con il disequilibrio termico”
“Il disequiliche?”
“Cominciamo da Talete….”
SCARABEO
Oh povero Kubo….questa tua malattia è colpa di Karasu e Washi, le tue degenerate zie. Io ho però la soluzione. Ma come cavolo ti hanno messo? Ma che idea è quello di farti stendere a schiena nuda su un catafalco di ghiaccio grosso come un carro delle soapbox races[1]? Poi è naturale che hai il bagno turco in camera! Ma così mi morirai! Fa sentire…..
Temperatura corporea: 38°
Ci credo….sembri un meteorite che si è appena schiantato. Qui non mi resta che un solo modo….”
Scarabeo raccoglie Kubo e gentilmente lo mette sul legno di quercia del parquet della stanza, procedendo poi a tracciare un pentacolo attorno al suo corpo. Dentro le quattro punte rivolte verso Ragusa, il mare di Laptev, Menfi e il Queensland iscrisse i quattro katakana: 氷河, Hyoga, スタック, Sutakku, 江戸, Edo, 天照, Amaterasu. Stringendo un mala, pregò perché Kubo guarisse. “Nishi, Ovest, per i nostri ghiacciai del Monte Fuji, vi imploro di fare da yutanpo[2] per raffreddare la febbre di Kubo. Minami, Sud, per i faraglioni che dal mare difendono la mia patria, impedite che lo tsunami affoghi Kubo. Azuma, Est, per Edo nostra capitale, Grande Imperatore, Dio per gli uomini e uomo per gli dei, con la tua irraggiungibile saggezza veglia su Kubo. Kita, Nord, per te, Amaterasu, Nostra Padrona del Sole, ascolta la mia supplica e guarisci Kubo”
Dopo che il rito fu consumato, Scarabeo lasciò accanto a Kubo un cervo volante che sembrava uscito da una puntata di Mushiking. Guardò un ultima volta Kubo con espressione apprensiva e se ne uscì dalla finestra.
UOVO E WINNIE
“Cioè, tu ti chiameresti Uovo? Non hai un altro nome?”
Uovo timidamente allungò verso Coraline una carta d’identità che i suoi amici “Boxtrolls” avevano trovato chissà dove nella sporcizia. Coraline con un paio di guanti la maneggiò e lesse
Michael “Uovo” Prester, e poi chiese a Winnie di fare lo stesso. Sulla ragazza poteva già elucubrare che avesse un nome umanamente elargibile, e non ne fu delusa. Il dettaglio focale era però il nome di Uovo. “E chi o cosa sarebbero questi Boxtrolls?”
Uovo (Michael Prester) cominciò a raccontare atteggiandosi a Fanboy di Fanboy & Chum Chum con sommo bruxare di denti da parte di Coraline. La stava insultando? Cos’era quel gigioneggiare?
“I Boxtrolls vivono sottoterra, a Glasgow, Inghilterra, nei tempi antichi erano accusati di saccheggiare i caseifici e di rapire i bambini per scuoiargli e divorarli. Riuscirono a sopravvivere alle persecuzioni grazie ai membri della mia genealogia, i Prester
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Descrizione: Macintosh HD:Users:andreacornali:Documents:albero genealogico.tifAlbero genealogico di Uovo
Li abbiamo guardati per generazioni, fino a che l’Illuminismo non fece cercare spiegazioni scientifiche alle sparizioni di formaggi e bambini. Si concluse-con la conferma della realtà-che era tutta un invasione di tassi.  All’epoca c’erano tassi grossi come palloni da fitness, ghiotti di cheddar….e di carne infantile. I miei amici Boxtrolls furono fondamentali per debellarli. “
“Posso sapere qual è la ragione per cui siete arrivati fin qua?”
“Perché in Giappone vive il popolo amico degli Shirime. Volete sapere cosa sono?”
“No”
“Spiriti giapponesi con l’occhio che li esce dal sedere. Sì, è assurdo, anche Winnie è stata restia da convincere in questi termini. Ma questi Shirime sono amichevoli”
“E dove vivrebbero?”
“In Giappone, nella cordigliera del Ryusendo, nella prefettura di Iwaizumi. Ma ci siamo trovati in pericolo di vita. Dei predoni volevano saccheggiare le miniere della cordigliera del nichel in esse serbato. Venimmo salvati dallo Scarabeo”
“Lo scarabeo?”
“Il supereroe insettomorfo che da un po’ di tempo protegge il Giappone dai più efferati e mostruosi criminali. Ci aiutò lui a uscire sani e salvi da quelle grotte”
“Ragazzi…e se fosse stato lui a portarci tutti qui?”
“Kubo! Ti sei ripreso!”
“Barcollo un po’ ma la febbre mi è scesa e persino il vomito è andato via”
KUBO
“Come hai fatto a riprenderti così alla svelta?”
“Un rito, un qualcosa di antico, che in qualche modo ricollego a mio padre”
“Tuo padre?”
“Era lui che mi curava, lui che mi salvava da una landa di buio e disperazione senza fine. Di cosa cianciavate prima che arrivassi io?”
“E se fossimo stati riuniti qui, sul Fuji, da qualcuno?”
“Non da qualcuno, da me”
SCARABEO
“Scarabeo? Sei veramente tu?”
“Sì….un uomo dentro un armatura da insetto, condannato per l’eternità in questo feretro a 6 braccia”
 
“Kubo, è mio obbligo dirti la verità. Io sono tuo padre, Hanzo il grande, e non era una semplice maschera, io sono un vero samurai, ma tuo nonno Kazuyuki e le tue sorelle Michie e Ayako non volevano che rimanessimo insieme. Eravamo appartenenti a clan avversari, il nostro era un amore proibito, e riuscirono, dopo la tua nascita, a farcela pagare, strappandoti anche il tuo occhio, come ulteriore punizione inflittaci per aver seguito il nostro cuore. Inflitta su un essere assolutamente incolpevole, tu dovevi pagare per crimini che noi avevamo commesso. Ma ignoravano che la scienza moderna mi sarebbe venuta a aiutare. Il Dottor Daigonkeru, luminare della fissione nucleare, mi raccolse e mi trasformò nel mostro che vedi adesso. Mi salvò la vita, ma mi precluse per sempre di poter tornare ad essere un essere umano. Mi impegnai a combattere, con l’inno di guerra dello Scarabeo, i criminali del pianeta Terra per assicurare un futuro senza né incubi né mostri a mio figlio. Le bande criminali in realtà erano delle esche che, a mia insaputa, mio genero Kazuyuki mi tendeva per uccidermi, credendo di turlupinare il mio grande senso di pace e guerra per la giustizia, che con mio grandissimo piacere tu hai ereditato, Kubo, Ma io ora sono qui, per aiutarti a combatterlo. Ma chi sono i tuoi amici?”
CAROLINE JONES
“Meravigliata. Io mi chiamo Caroline Jones, oh ma che dico! Coraline Jones! Faccio la reporter, ero in Giappone per caso. Wybie è il mio cameraman. Lei è lo Scarabeo, il grande e nobile Scarabeo! Ammirazioni!” “Sono lusingato e anche un po’ imbarazzato. Ormai l’ho detto. Mio figlio è una persona meravigliosa e ho patito enormemente non essergli potuto stare accanto mentre cresceva. Dovevo però non essere assieme a lui, dovevo difendere la famiglia. Molte sono le storie che si raccontano su Hanzo, colui_che_possiede_la_metà_di_tutto. Il mito racconta che un tempo io, tua madre, tuo zio e le tue nipoti fossimo stelle del firmamento. Tuo zio, incarnazione di Mercurio, era disgustato dagli uomini, e volle proibire loro di guardare il cielo. Perciò, mandò mia moglie a seminare l’odio e la discordia in mezzo a loro, affinché il numero di guerre tra loro si moltiplicasse, e si distraessero così tanto da smetterla di guardare lo spazio su cui egli regnava. Ma tua madre scelse invece di disubbidire e amare e proteggere i terrestri a lei affidati, e mandarono me, allora solo suo genero, per ucciderla. Ma anch’io scelsi di tradire e disubbidire, vedendo che tua madre era una donna meravigliosa, piena d’amore, incapace d’odiare niente di ciò che la infastidisse. Un angelo. Da allora tu nascesti e crescesti ma io non potei starti accanto. La sfida che avevamo lanciato a lui, re di Mercurio, era stata una dichiarazione di guerra. Dovetti combattere contro mostri, assassini, armi prodigiose che mi erano mandate contro, tentativi di indebolire la mia volontà e farmiti uccidere. Alla fine, tua madre combatté lei personalmente contro le tue nipoti, ma era una leonessa e una leonessa non sa difendere i leoncini. Nemmeno un forte leone poteva contro due svergognate iene, e mi ferirono quasi uccidendomi. Sarei morto, se uno scienziato, il Dottor Daigonkeru, non avesse trovato il modo di risorgermi. Tu, piuttosto, sacrificasti un tuo occhio, non ce la fece mia moglie a impedirglielo. Questa storia potrà apparirvi assurda, ma è successa veramente.”
 
NORMAN BABCOCK
“E’ interessante ascoltarLa. Io sono Norman Babcock, e studio chimica. Chiunque sia codesto Daigonkeru è imbattibile nella realizzazione di armature così tecnologicamente avanzate” “Lusingato, Norman. Sai, essere persone prone all’ascolto è una qualità inestimabilmente rara oggidì. Hai tutti che esigono di dirti la loro ma nessuno accetterebbe mai di starsene cheto per un minuto elicitando l’altro a esprimersi francamente. In compenso, Norman, ho pagato carissimo quest’armatura.

Quello che mi è successo precedentemente era stato prefigurato solo nella fantascienza. Per esempio Hachiro Azuma di 8 man di Kazumasa Hirai, alcune versioni della Cutie Honey di Go Nagai, l’Hiroshi Shiba di Jeeg robot d’acciaio sempre dello stesso autore, e Alita di Alita l’angelo della battaglia di Yukito Kishiro. Ma quell’uomo ci è riuscito davvero. Ma il mio corpo è irreversibilmente commisto a questo feretro d’acciaio, come Tetsuya Azuma di Kyashan il ragazzo androide di Tatsuo Yoshida o Bryman di Daikengo il genio dello spazio di Akiyoshi Sakai. Gregor Samsa per sempre, sopravvivendo alla morte di tutti”
UOVO E WINNIE
“Davvero non potrebbe ritrasformarsi?” chiese fanciullescamente Uovo a Scarabeo. Ma Winnie lo fulminò con lo sguardo, facendoli comprendere che stava facendo una domanda senza alcuna riverenza. “Lo lasci perdere, è ancora un troglodita, però anch’io mi chiedo se davvero quel Dottor Daigonkeru non abbia pensato a metodo alcuno per invertire il processo. O, cosa che temo anch’io, il suo corpo non sopravvivrebbe all’allontanamento a quello che, mi sembra d’aver compreso, non è che un polmone d’acciaio perfezionato aldilà dell’immaginabile” “Non so cosa mi fecero, ma credo che seriamente il mio corpo non sopporterebbe la prigione che prosegue la mia esistenza. Che è più che mai vuota e insensata, ora che lei è morta”
SCIMMIA
“Io sono quella donna, Hanzo, e sono quella madre, Kubo, ma non ve lo posso dire. Siamo condannati a diventare corpi inumani, se mai volessimo continuare questa vita, e se vogliamo che nostro figlio esista”
Il primate era, in una posizione di febbricitante ieraticità, a guardia del suo figlio sul ramo di un acero, mentre pensava che Sariatu, la donna che un tempo era stata, aveva già vinto su Kazuyuki suo nonno, non lasciandosi uccidere da quella coppia di vipere di Karasu e Washi, le streghe nere, ma trasferendo la sua anima in una umayagami, scimmietta votiva scultorea che veniva sempre lei dietro. E, in tempo utile, consegnò a quello scienziato, Ichiro Daigonkeru, un akitsukuni di un uomo-scarabeo, che diventasse il corpo del marito. Nella foresta, la guardia era sempre alta, ogni animale, foglia, fungo era un autovelox che, al primo movimento fuori norma avrebbero costretto Scimmia a passare all’azione. Scimmia cercò, nell’intrico delle piante, dei rami contorti, degli aghi di cirmolo che pungevano come i cascami di capelli dopo la rasatura le prove che le due puttane che suo figlio aveva l’incolpevole colpa di avere come parentado erano passate da là, armandosi con lunghi tekko-kagi che la facevano assomigliare a Freddy Krueger per fronteggiarli meglio equipaggiata. “Fate prima a uccidermi che a ucciderlo” ringhiò serrando i denti come se le avessero messo l’apparecchio ortodontico che tocca a Shawnee Smith in Saw III-l’enigma senza fine di Darren Bousman. Troppo tardi, però, le sorelle streghe nere le fecero capire che non avrebbero attraversato i boschi per venire a cercare Kubo. Ciononostante, fu una grande fortuna per Scimmia che Norman Babcock fosse là nei paraggi.
NORMAN BABCOCK
 

vestitosi con un abito di stoffa massiccia, un hitatare, Norman camminava attraverso l’engawa avendo opzionato degli tsurumaki al posto dei geta perché su di essi si sentiva un pagliaccio equilibrista, modello Daggett (Alessio Cigliano) di Catastrofici castori quando lui e il fratellastro Norbert (Fabrizio Temperini) diventavano le versioni rodenti dei Bee Gees e lui si faceva dei piedistalli podalici con anche un acquario all’interno, o svariati attori-cavie degli allestimenti teatrali della Daniela Cin e Marco Isidori in particolare L’isi fa Pinocchio ma sfar lo mondo desierebbe in ver per il personaggio di Matteo Lantero, o quello di Corrado Parodi di nome “Sabino” di Il cielo in una stanza, calzature così alte da esporre a una perpetua vertigine chi si azzardi a mettersele ai piedi. I geta avevano due tacchetti a mattoncino del genka che lo avrebbero fatto sentire un labirintitico, rischiando sempre di farlo cadere e inciampare. Per di più, aveva sentito quei discorsi sulle sorelle nere Karasu e Washi, e girava, nella foderatura con tasche come il volumone dei “pre-libri” di Bruno Munari e Marzia Corraini dell’hitatare armato di numerose capsule simili a quelle delle costruzioni Mitsubishic contenenti reagenti chimici in quantità da laboratorio di Lavoisier, martire della scienza contro il luminoso oscurantismo dei Lumi. E si sarebbe servito anche di qualcos’altro che, allo straniero troppo audace non avrebbe detto fino al momento del crollo della torre di Siloè. Mentre emulava Aristotele che educava all’arte del pensare camminando nel templio dei peripatetici, le sorelle nere, seminatrici di disgrazia, elargitrici di scempiaggine, apparvero venute silenziose come il crotalo, parlando con lingua intinta di cianuro all’indirizzo della casa di Kubo. “La miserabile Sariatu, sdegnatrice dei cieli, irreparabile delle distese firmatarie, con una prole emblema dell’inaccettabile, testamento di carne e sangue dell’oscenamente insindacabile, del biasimevolmente indifendibile! Tu che tra noi e lui ti frapponi, preparati alla morte di sangue e disonore!” “Così voi sareste Karasu e Washi, le cancellatrici di miseria,  le dignitarie dei cieli, le riparatrici delle distese firmatarie, emblemi dell’accettabile, ipse dixit viventi del puramente argomentabile, del lodevolmente sindacabile! Se cercate Kubo non è qui, né suo padre né sua madre!” Karasu lo attaccò con un fendente di kama che spaccò con un suono di osso spaccato il parquet dell’engawa ma Norman se ne trasse fuori e, al successivo fendente di roncola kama Karasu spaccò una delle capsule di etanolo di Norman e andò a fuoco, come il destino volle che morisse Goemon Ishikawa a Kyoto. “Cane verminoso! Ostinati a precluderci Kubo e la tua sorte equivarrà alla morte!” e diede soccorso alla sorella con la naginata, ma Norman ricorse-ai danni della spalla sinistra della donna(ccia)-all’esaidrossoantimoniato miscelato a del tetraossoclorico. “Anata! Kyo no nishigawa no maho wa, watashitachi ni kyosei-teki ni kotai sa semasu. Shikashi, anata nashide wa, watashitachi wa modotte kite, anata ga chumon shita mono o hatasudeshou!” cornute e mazziate, si dileguarono costrette a una ritirata di grossolana fattura come quella del re nemico (Antonio Paiola) nell’adattamento animato della fiaba Il cavallino gobbo di Boris Butakov. Gli altri, ben consci che c’era stato del baccano, videro Norman in uno stato di ieratica stizza simile a quello che aveva h24 l’invincibile ninja Kamui (Oreste Baldini). “Le sorelle nere, con le vesti di piume di corvo, i cappellacci da strega e le maschere da Hiruko Kagetane di Black bullet di Shiden Kanzaki sono state qui e io le ho respinte. Ma da come hanno proseguito la prolusione è lapalissiano che torneranno”
IL TECNOLOGO
Coraline Jones-Daniela Caroli
Wybie-Bruno Cattaneo
Norman Babcock-Alessandro Rigotti
Uovo-Giulio Mezza
Winnie-Laura Gigante
Kubo-Luciano Melani
Scimmia-Gabriella Genta
Hanzo-Luca Biagini
Sorelle-Sofia Ciccarone
Daigonkeru Hakase-Giovanni Battezzato
“La casa di Kubo ha un sistema di videosorveglianza fittissimo. Merito del mio genio, che rende impossibile non essere scovati se vi ci si entra inopinatamente. E ho altresì assistito a una violazione….le sorelle nere Karase e Washi….non sono un problema da rimanerci con la testa tra le mani, ho le mie contromisure….Grey Cabiria, soldatessa del corpo squarciato, la tua missione sono le sorelle Karase e Washi” la soldatessa A30 Caserta-Salerno aveva, come gli altri Soldati, una tuta inerente il sesso, rosso a righe rosa con pois marroni per le femmine, blu a righe azzurre con pois viola per i maschi, e un casco simile al kabuto di un samurai ibridato all’elmetto di Kamen Rider. Era chiamata “la morte affilata” per il suo esclusivo uso di spade nel combattimento. Ne aveva infoderate sulle spalle, sui fianchi, sui quadricipiti, sui bicipiti. Era stata resa dal Dottor Daigonkeru l’equivalente umano del Grande Mazinga, con tanto di Ali diaboliche rinserrabili nello splenio, e non parlava, ma comunicava telepaticamente. “Vedrò d’eseguire l’ordine” pensò.
A30 CASERTA-SALERNO
L’A30 Caserta-Salerno è un autostrada a pedaggio afferente alla A2 Mediterranea. Si estende per 56 chilometri tra Caserta e la sua frazione capodrisana e Salerno e la sua frazione lancusana. Attraversa Fisciano, Bracigliano, Castel San Giorgio, Nocera, Sarno, Palma Campania, Nola.
“Dove potranno celarsi quelle mie due prede?” si interrogava in quel Noah Kuttler che era le sue cervella A30 mentre attraversava Tokyo travolta preterintenzionalmente dall’afa con una pelliccia Bettarinic grigia scappellata a campana, un abito assolutamente impertinente per quella stagione solleonina. Sotto il sole giaguaro di Salustiano A30 camminava attraverso Shibadaimon deserta, raggiungendo il cavalcavia parallelo a Toranomon, con dei facinorosi buttati sul cemento che solleva il cavalcavia da terra che si ingolosiscono alla vista dell’impellicciata A30 e si mettono a ficcanasare. “この女の子は東京の夏の一人で、彼女のミンクを持つサウナで気持ち良く過ごすことができます。” “しかし、四頭筋の中央にある水槽が、あなたのように日焼けしていてはいけませんか?” そして、脇の下の下にはルイジアナの湿地があってはいけませんか?” “まるであなたが自分のレースに完全に属しているかのように気分に苦しむことはありません。” “あなたが地球外生き物であることは不可能です。あなたは私たちのように人間でなければなりません。あなたは....それはクノイチではない!” ねえ! あなたは決して知らない! 彼が熱い追求のために地面を徘徊しなければ、彼は人間の境界で超越的な訓練を受けたクノイチでなければならない。” “Come Hela di Hela Supergirl” “私は女性の腹から生まれていない” “私は溶接部を冷却した後、鋼板になっているように見えます。物事は混乱している” “この2人の女の子がどこにいるのか教えていただけたら、私は何も組み合わせません”

“この2人の女の子がどこにいるのか教えていただけたら、私は何も組み合わせません. 私がちょうど夢見てきたこの種のパトロールのうちの2つですが、見たことがありません。あなたが今まで見たことのあるような2人のスーパーセクシーなbada-boom babes? 彼らはどのように呼ばれていますか?” “ペントハウスについて!” “だから裸で美しい2つの親密なモデルでなければなりません。
 
Glam’s honey era un negozietto di Harajuku dove Victoria’s secret teneva una sua filiale. La commessa, con un paio d’occhiali e una somiglianza con la direttrice dell’istituto femminile di Cutie Honey di Go Nagai, le disse che lì non c’era modo di sapere se quelle fossero o non fossero modelle della casa madre a San Francisco, ma poteva andare lei lì a controllare. Ma A30 aveva, come Motoko Kusanagi, un cavetto USB nella nuca con il quale il viaggio a San Francisco le poteva diventare pleonastico. E, servendosene, arrivò a arguire che Karasu e Washi non erano mai state modelle. Ma, essendo Daigonkeru suo creatore un amico e confidente di Hanzo, da Hanzo arrivò a arguire che l’obbiettivo era Mercurio.

su Mercurio era stata costruita una base in perenne corrispondenza con la Terra, l’Itaca dalla quale il giovane Telemaco poteva prendere il largo, dopo che Ulisse figlio di Laerte era entrato nell’Olimpo accanto a Patroclo, Ettore e Priamo (nonno di Astianatte), che sembrava uscita da un numero di Metal Hurlant dell’ultimo triennio degli anni 70, tra Guerre Stellari, Generazione Proteus, I magnifici sette dello spazio e La morte in diretta, e in pratica incubava tutto lo zeitgeist del decennio più amato del secolo breve
Dentro o fuori la televisione?
meglio artefatto e volgare
o meglio coglione?
il risultato è il tuo cosmetico
efficacia ne ha tanta
se la mia pelle è nel 2000
e la tua è ancora anni '80
 
non sai che non si esce vivi dagli anni '80
non si esce vivi dagli anni '80...
 
Afterhours-Non se ne esce vivi dagli anni 80-Non è per sempre
A guidare quell’arcadia della mia giovinezza (Tomoharu Katsumata) c’era Paul Walter[3] che osservava l’arrivo dello Space Shuttle uscito direttamente da quando con Reagan tornammo a volare. “E’ in arrivo il n’D615. Non si è mai visto porto più ligio alla puntualità di questo. Non ne sei convinta?” “La sottotenente Katherine Young era a braccia conserte e non sembrava che la cosa le suscitasse la qualunque. “Da Cape Canaveral parte uno Shuttle ogni due ore, e quassù distiamo da quaggiù 79 chilometri. Non potevamo recarci sulla Luna?” “Mercurio è il primo e più vicino pianeta a qualificarsi astronomicamente come tale. La Luna è un satellite, come lo sono Phobos e Deimos per Marte, Adrastea, Amaltea, Tebe, Ganimede, Callisto, Io, Europa, Temisto, Carpo, Sinope e Megaclite per Giove, Encelado, Teti, Dione, Rea, Titano e Giapeto per Saturno, Cordelia, Ofelia, Desdemona, Porzia, Cupido, Belinda, Titania, Oberon, Calibano e Sicorace per Urano (o Uretto se siete Fansworth), Naiade, Talassa, Despina, Galatea, Larissa, Proteo, Tritone, Nereide, Alimede, Laomedea, Psamate e Neo per Nettuno, Caronte e Cerbero per Plutone. Ci sarebbe anche Commodo, il decimo pianeta, che fa da ponte tra Cerbero e Behemoth, il secondo satellite di Lucifero, del nostro più vicino sistema solare” “Cosa sono Behemoth e Lucifero?” “Roberto Grossatesta aveva scoperto che ci sono due sistemi solari. Battezzò i suoi astri con i nomi dei personaggi della Bibbia. Perciò abbiamo Gerusalemme, il doppio della Terra, con il suo satellite Betlemme, Emanuele, il suo Sole, Maria, la sua Luna, Gesta, Mercurio, Davide, Marte, con gli asteroidi Assalonne e Salomone, Salomé, Venere, Epulone, con i suoi satelliti Sucello (divinità norrena dell’agricoltura e della fermentazione), Penase (anagramma di senape), Abele, Onan, Isaia, Satorarepotenetoperarotas (il quadrato magico), Fenrir, Caana, Mammona, Baal, Legione, Ittico, Caifa, Barabba, Dioniso, Giano, Ayauhteotl, Satana, Giove, Adamo, Urano, Simone, Nettuno con il satellite Andrea, e appunto Lucifero con Behemoth. Quassù quasi nulla potremmo recriminare, a parte l’irradiamento solare. Cosa c’è che ti perplime?” “Una pagoda nel lato oscuro del pianeta. Ritrovamento merito di Taprobane, il sacro otre del cielo, il nostro più potente satellite. E quello come me lo spieghi?” “Io credevo che non esistesse” “Se accetterai con me di passare da 167° a -173° potrai vederlo con i tuoi occhi”
 
“Disertato” il posto, Paul Walter e Katherine Young attraversarono i crateri simili a quelli della Luna raggiungendo una zona nella quale vulcani incomparabilmente alti e ormai esauritisi creavano una visione orribilmente asociale. Mercurio era un mondo morto, paragonabile a quelli di tutto il sistema solare? O, come già diceva Fermi, gli alieni esistono ma ci inviano indizi ballerini non per schandefreude, ma per permetterci di fantasticare su di loro a partire da quegli scampoli di realtà loro meravigliosa che ci è elicitato da loro ricevere? Una pagoda alta come 5 torri Velasca in blocco come pennarelli nel loro cartoccio incellophanato e edificata con materiali inopinati all’edilizia come lastre di calcantite sestrese per il tetto, lastre di spessore centimetrico di ialino per i rosoni e le vetrate, blocchi di dimensione antropometrica di ametista per i mattoni e le murature, wustite per il portellone. “Questo doveva essere visto” fece apocalittico Walter rimirando la costruzione avvertendo la sua pelle ispessirsi come pancetta sulla graticola. “Ci conviene allontanarcene, e dirlo” “Pensi che avranno modo di crederci?” “Ho con me una foto, non potranno non credere a quella”
 
il tempio di Koya nel Wakayama si ergeva in mezzo a un bosco deciduo con una rombante cascata, del fiume Kinokawa. A30 camminava in abiti tradizionali verso la pagoda, con tsurumaki ai piedi, hitatare sulle forme, katana nel fodero, e suruchin anche. Sapeva che Karasu e Washi avevano la stessa forma mentis di una yuki-onna, o la hashihime di Genji il principe radioso di Murasaki Shikibu, scegliendo un ponte, o un maniero o un templio come suo nido, similmente a una Aonyobo. Dai cespugli di felce strisciò un serpente, che zigzagò verso A30, che, dal suruchin, esibiva un pezzo di carne. Il serpente lo morse e A30 lo calpestò con i suoi tsurumaki armati di ashiko, sventrandolo all’altezza del diaframma. “私はちょうど正直に言っておきたい、バイパーは虫歯に毒をかける可能性があります。” il templio dai tetti impilati come tanti conetti da palestra e vertebrati da un dritto e solido puntale Alessic per il tuo albero di Natale aveva un osservatorio gestito dai bonzi arroccato all’ultima piattaforma, da cui, se non si soffriva di vertigini, si poteva avere una vista immensa della valle che si trovava al di sotto. E tra tutti gli astri del firmamento, Mercurio era quello a lei indispensabile da conoscere.
 
LE SORELLE
A30-Elisabetta Cesone
Sorelle-Sofia Ciccarone
 
Nel templio, nei suoi sotterranei, le due donne, rese inabili a volatilizzarsi come fuliggine dal legaccio della Terra, si stavano ancora medicando dopo aver fallito con Norman. Karasu, Giovanna d’Arco, aveva la pelle simile a feci di un ascaridico mentre Washi, Gessica Notaro, aveva un ossidazione tutta a bolle e escrescenze rugose della consistenza della gomma vulcanizzata che, sotto, aveva una pelle lucida come il marmo, morbida come la gommapiuma e fresca come il ghiaccio appena sversato nel cuba libre. Quella sanguisuga stirata tutta bitorzoli e polipi era invero molto antiestetica, e Washi se la stava scollando con una coppia di pinzette e una lima per unghie di quelle che segano le sbarre carcerarie. Serrando i denti perché il colloide di quella cicatrice era duro a diluirsi e a consentire quell’operazione di raffazzonata chirurgia, ma con un ultimo, tremebondo strattone la pelle del suo deltoide poté uniformemente essere accarezzata di pelo e contropelo suscitando il fremito dei polpastrelli a toccare un oggetto molto morbido, delicato e liscio come il petalo di un papavero. Per di più, ambo le gaglioffe erano senza maschere, mostrando versioni più restaurate del volto di Sariatu, annettendovi li stessi capelli neri e cuoiosi,  come ingellati. Raiden, nonno di Kubo e chiamato veramente Kazuyuki (anche Karasu e Washi sono nomignoli) apparve in una nube di polvere azzurra mostrandosi scontentato dall’insuccesso delle due nipoti. “Sariatu! E’ morta o viva? Il colpo mortale avrebbe distrutto chiunque! Nemmeno io potrei distogliermene. E Kubo! Kubo ha seguito, come Hanzo e Sariatu, il destino da me a lui impartitogli?” “Venimmo sconfitte da un ragazzo venuto dall’Ovest” “Cosa? Un occidentale vi ha battute?” “Pagammo la nostra incapacità finendo ustionate e acidificate….conosce i segreti della chimica a se ne è servito per farcela pagare” “Sventurato! E Kubo quindi è ancora vivo, prescindendo dalla mia volontà?” “Senz’altro noi, deposte a ucciderlo, non siamo tornate da Lei in condizioni suggerenti un nostro essere vittoriose, quindi Kubo è ancora vivo e lo resterà con alleati come quello” “Non vi è concesso demordere. Voi, Karasu e Washi, le sorelle nere, siete assassine come il mondo non ne ha mai viste, e cotanta fama non può tramontare per degli intrugli chimici venuti dall’America! Conoscete la strada della cascata, percorretela e tornate al dojo dove si doveva compiere il vostro editto. Ora è tempo che vi lasci” svanendo, con lo svanimento di Raiden susseguì l’apparizione di A30, spalancando la porta del templio nascosto con un tono da Erotica Jones/Stripperella (Barbara Berengo) annunciando che adesso, per Karasu e Washi, sarebbe venuto il tempo di confrontarsi con la più potente female war martial art machine della nazione. “Mitsukarimashita. Konzetsu ni susumu
 
“その女性....どのように彼女は寺院に来て、彼女はこの秘密のホールにいかがでしたか?” “あなたは誰が私を送ったのか知るのに十分に生きていないだろうが、盲目になる前に裸足で歩く墓地を子供が持つことを知っている” era una dichiarazione di guerra.  E fattale mentre erano debilitate, avanzi d’ospedale. Pusillanimamente, Karasu e Washi se la scapparono tramite lo scivolo che le faceva cadere nella cascata, per darsela a gambe nei boschi. Ma A30 non avrebbe mangiato la loro polvere, e, uscita dalla pagoda, si denudò di pelliccia e armi aggiuntive e, con un piccolo comunicatore da polso, richiamò il bolide con la quale aveva raggiunto Wakayama, un bestione di 24 ruote motrici chiamato A32 Torino-Bardonecchia
 
L’A32 Torino-Bardonecchia è un autostrada a pedaggio che scorre attraverso il traforo del Frejus. Si estende per 73 chilometri tra Torino e la sua frazione collegnese e Bardonecchia e la sua frazione di Les Arnauds. Attraversa Bardonecchia, Savoulx, Oulx, Salbertrand, Susa, Chianocco, Borgone, Avigliana, Rivoli, Santena
 
Nome appropriato per quel divoratore d’asfalto. Si piazzò con il muso puntatole contro come la salamandra carbonizzata verso il loto di Untitled di Nobuyoshi Araki, e A30, spazientita, corse sul suo telaio e con una piroetta atterrò sul sedile di guida. Senza pietà sfondò il templio e si gettò verso l’acqua, mettendo il suo mezzo in modalità sommergibilistica. Uscì dalle acque del Kinokawa e attraversò la foresta sul pantagruelico bolide lasciandosi dietro il sogno di qualunque taglialegna. Aggirò le sorelle nere e, parcheggiato il bestione, corse sguainando le sue Debiru Wings e prendendo il volo come un alato demonio contro le sorelle. Il suruchin di Karase e l’higurumaken di Washi si rivelarono buoni solo a rimbalzare sul selciato. Una voce forte come il tuono annunciò l’arma di A30 Grande tifone  [Great Typhoon] e A30 emise un sospiro così forte da rintruzzare il suruchin e l’higurumaken delle sorelle nere e poi Una voce forte come il tuono annunciò l’arma di A30 Raggio gamma [Breast Burn, un raggio bianco dal boomerang allo ialino sul suo sterno. Karase cercò di pararlo servendosi del suo tessen, mentre Washi adoperava il suo gokakyu no jutsu, illudendosi di dover semplicemente schermare uno spruzzo di Servisol commerciale corretto preventivamente da aerosol. Ma quello era un raggio termico a 3000 K. Dopotutto c’è un motivo se Luigi Brugnatelli parlava di calor bianco. Il tessen andò in marmellata di susino mentre le due donne si preparavano di nuovo alla ritirata. Restava però la tecnica piremetica di Washi, che la riversò a dosi da Uomini d’amianto contro l’inferno di Andrew McLaglen addosso a A30, la quale però, atterrata e travolta dalla fiamma, con poi Una voce forte come il tuono annunciò l’arma di A30 Doppio fulmine [Thunder Break] e il cielo si fece nero e piovoso. Due fulmini le colpirono le orecchie rimanendo là, sui padiglioni sventolanti modello Luca Laurenti come due fuochi di Sant’Elmo e A30, innalzando al cielo un indice, scaraventò ambo le saette contro Karasu e Washi, polverizzandole come Ethel Rosemberg e Ruth Snyder sotto la potenza carbonizzatrice di 600 milioni di volt. Caddero al suolo ridotte a qualcosa di simile a Toyoko Kugata e Sadako Sasaki all’alba del calvario conclusosi con la loro morte. Ma altresì uccise.
 
RE MERCURIO
“Le ha uccise un fulmine bigemino. Dannazione, chi ha potuto fare una cosa del genere? Non c’è di che preoccuparsi. Gashadokuro, Dodomeki, Watatsumi! Cercatemi Kubo e uccidetelo!”
 
 

 

 

 
 
HANZO
“Ho ricevuto una comunicazione Ben Reich[4] da parte sua” “Karasu e Washi sono state eliminate. Merito di A3O Caserta-Salerno, ed eccola qui, tornata” “Che donna meravigliosa. Cos’è quel boomerang sullo sterno?” “E’ una cyborg ad alta tecnologia ispirata al Grande Mazinga

A cui è accomunata per la presenza di modifiche del bauplan corporeo per incorporarvi dentro le armi del mecha, come le orecchie per i Doppi fulmini, la bocca per il Grande tifone, e quella lastra a V sullo sterno per il Raggio Gamma e il Grande boomerang. Nonostante quella di A30 Caserta-Salerno sia bianca come lo ialino produce un calore di 3000 Kelvin al minuto. Ha ucciso Karasu e Washi, ci sono state nubi temporalesche su Wakayama. Karasu e Washi erano le nipoti di Raiden, il re di Mercurio. Era lui l’uomo che ti voleva uccidere?” “Già, e loro erano le sicarie prefissate per adempierne il volere. Ma adesso non rappresenterà più un problema di sorta” “Ho invece ragione di credere che tenterà ancora di farmi fuori. Io in teoria non potrei morire un'altra volta, io in teoria sarei come il Boris Karloff di L’uomo che non poteva essere impiccato di Nick Grinde o la Virginia Leith di Il cervello che non voleva morire di Joseph Green, ora o mai più. Ciò che mi attanaglia è invece quello che potrebbe fare a Kubo. È lui che deve salvaguardare, Dottore” “Ho già qui bel bella una guardia del corpo all’uopo. A19 Palermo-Catania
 
L’A19 Palermo-Catania è un autostrada a pedaggio. Si estende per 192 chilometri tra Palermo e la sua frazione sigonelliana e Catania a e la sua frazione villabatese. Attraversa Catania, Motta Sant’Anastasia, Gerbini, Catenanuova, Agira, Dittaino, Mulinello, Enna, Caltanissetta, Resuttano, Irosa, Tremonzelli, Scillato, Buonfornello, Caccamo, Trabia, Altavilla Milicia, Casteldaccia, Bagheria, Villabate.
 
Da oggi il tuo onere è difendere Kubo” “Sì San”
 
KUBO
“Le alte montagne del Fuji, sto meglio, il mio corpo prima si stava trasformando in una nana rossa. Grazie a tutti voi. Ma ora mi sovviene con tristezza che le nostre strade si separeranno” “Continueremo a tenerci in contatto tra di noi attraverso questo comunicatore da polso

“Saremo come congiunti io, Wybie, Norman, Uovo, Winnie e te da un filo rosso minuto ma resistentissimo. Attraversando lo spazio su questa Terra, e il tempo che intercorrerà tra oggi e quando ci rivedremo. Come sonde che attraversano il futuro”
 
IL GRANDE ANTENATO
“Avvenne in giorni prima dei fatti di Fukushima. Il Giappone poi cadde nell’abisso e noi antenati ne sentimmo la sofferenza. Ma dov’è Kubo? Sarà a Tokyo, al sicuro? Keukegen  il peloso!”
 
“Qui? Io?”
 
“Devi trovare Kubo è assicurarti che non fosse né a Fukushima né a Yonezawa”
 
“Lo cerquerò e mi premunirò di sapere se stia ancora bene”
 
IL PELOSONE
 
“Tokyo è una città così estesa….e se Kubo non si trovasse qui? Per di più questa forma umana mi disagia molto…..cavolo, quegli Arhat mi hanno mandato qui completamente disarmato e disinformato!” Keukegen cammina attraverso Shibakoen di notte con gli occhi pieni di luci fotoniche dalle insegne al neon e disorientato come un naufrago nel maelstrom, e senza essere in grado di capire dove sarà Kubo e nemmeno con la certezza di riconoscerlo. Tokyo è una megalopoli tentacolare e, certamente, hanno sbagliato a mandarlo lì. Alla fine, conoscendo altresì le leggi degli uomini quel popò che gli bastava per capire a quali conseguenze sarebbe incorso, decise di usufruirsi della torre NHK, diffondendo un comunicato nel quale pregava Kubo di raggiungerlo in quel posto. La cosa finì con il diffondersi e ne parlò anche la Fuji Tv raggiungendo una piccola eco internazionale dal momento che, sebbene non fosse una notizia che ci interessasse come terrestri (e come mercuriani invero) con sbigottimento ne arrivò a parlare altresì sulla torinese Telesubalpina, la varesotta TeleEuropa 1, la ternana TeleGalileo, la viterbese TeleViterbo, la padovana 7 Gold, la reggiana Telereggio. Non si capisce ancora con che senso, giacché i media di caratura più internazionale, come la NBC, la TLM, la MBC, e la WOWOW non ne parlarono ma, a scapito di Coraline e Wybie, maggiore e prioritaria attenzione venne focalizzata su quello che succedeva a Fukushima.

“Non è un po’ da cuori di pietra andare a Fukushima e metterci a fare un remake di Giappone proibito di Giuliano Tomei con Ugo Fangareggi nel ruolo del narratore?[5]” “Coraline ha ragione. Qui abbiamo sovente fatto del sensazionalismo nei nostri reportage, ci converrebbe fare un resoconto a basso testosterone, per mostrare un po’ di meritato rispetto per chi è dovuto passare attraverso quell’inferno atomico” “Io sono sempre stato un segugio. Lo conoscete lo schema BCG?

E’ uno schema usato in marketing per stabilire-mediante i due parametri epistemologici dell’andamento mercanteggiante in senso accrescitivo e la quota di mercato soggettiva la nostra crescita. In semplicissimo, quanto cresciamo o precipitiamo sull’asse del mercato, quella linea zigzagante rossa che segnala dove stiamo andando con i nostri investimenti e le nostre piroette sul Nasdaq e la nostra quota a noi esclusivamente soggettiva, nostra e solo nostra. Da una parte abbiamo l’incognita, in salita ma che non sappiamo se possa essere profittevole. Fate finta di essere giornalisti de L’ora di Palermo fondata settant’anni fa da Carlo Starrabba nel 1979, e di essere ben consci che dimensioni il fenomeno del terrorismo sta assumendo. Avrete sentito altresì dell’attacco all’aeroporto di Tel Aviv dell’armata rossa di Fusaku Shigenobu, e perciò lucrate su attentati su vasta scala, ma non potete minimamente immaginare cosa succederà a Ustica tra un anno. Anche se è tutto nebuloso, il fatto che vi sia una crescita spinge a investire e sviluppare sul question mark, suo nome più congruo, ed è quello che voi farete con Ustica. Non si parla che di questo e voi ve ne uscite in copertina con dozzine  e dozzine di articoli su disastri aerei e nuovi scioccanti retroscena che inchiodano Attilio Ruffini e Stan Turner, capo della CIA  il secondo e ministro degli esteri il primo, con aggiornati sopralluoghi sulla città e il tratto di mare dove l’aereo ha conosciuto la sua fine. La stella, the star, è il trend di mercato in (apparente) inarrestabile ascesa. Come, nel 1981, la tragedia di Alfredo Rampi a Vermicino, con articoli su bambini uccisi, rapiti o morti in circostanze da inchiodare i polsi alla croce alle forze di soccorso in aumento d’attenzione vertiginoso, da umore cefalorachidiano in aranciata San Pellegrinoc. e voi cavalcate, come Astolfo con l’ippogrifo, questa crescita esponenziale, finché vi è un rendiconto mungibile. E a proposito di mungere; c’è la cash cow, cioè grandi profitti con poco e contenuto sforzo. Una bella giumenta da corrida che, prima dell’arena, useremo per quanto più latte, formaggio e yogurt ci sia possibile avere. Come le notizie sull’Italia che vince i mondiali’82: davvero, tra Dino Zoff, Sandro Pertini e Nando Martellini che sudore sudavate? Poi c’è, ahinoi, il cane, the dog, l’eterna perdita. Smettiamola di investirci sopra, come sulle notizie sulle BR davanti alla mafia che uccide un comune cittadino come Mario Coniglio. Adesso la stella e la giumenta dalle mammelle d’oro è Fukushima: il nostro telegiornale diventerà un mostro. Andate, andate….”
 
Mentre salivano sul volo per Tokyo da Los Angeles, Coraline tamburellava le dita sulla prima superficie raggiungibile masticando biliosa le frasi del suo caporedattore.  Io sono sempre stato un segugio. Lo conoscete lo schema BCG? E’ uno schema usato in marketing per stabilire-mediante i due parametri epistemologici dell’andamento mercanteggiante in senso accrescitivo e la quota di mercato soggettiva. In semplicissimo, quanto cresciamo o precipitiamo sull’asse del mercato, quella linea zigzagante rossa che segnala dove stiamo andando con i nostri investimenti e le nostre piroette sul Nasdaq e la nostra quota a noi esclusivamente soggettiva, nostra e solo nostra. Da una parte abbiamo l’incognita, in salita ma che non sappiamo se possa essere profittevole. Fate finta di essere giornalisti de L’ora di Palermo fondata settant’anni fa da Carlo Starrabba nel 1979, e di essere ben consci che dimensioni il fenomeno del terrorismo sta assumendo. Avrete sentito altresì dell’attacco all’aeroporto di Tel Aviv dell’armata rossa di Fusaku Shigenobu, e perciò lucrate su attentati su vasta scala, ma non potete minimamente immaginare cosa succederà a Ustica tra un anno. Anche se è tutto nebuloso, il fatto che vi sia una crescita spinge a investire e sviluppare sul question mark, suo nome più congruo, ed è quello che voi farete con Ustica. Non si parla che di questo e voi ve ne uscite in copertina con dozzine  e dozzine di articoli su disastri aerei e nuovi scioccanti retroscena che inchiodano Attilio Ruffini e Stan Turner, capo della CIA  il secondo e ministro degli esteri il primo, con aggiornati sopralluoghi sulla città e il tratto di mare dove l’aereo ha conosciuto la sua fine. La stella, the star, è il trend di mercato in (apparente) inarrestabile ascesa. Come, nel 1981, la tragedia di Alfredo Rampi a Vermicino, con articoli su bambini uccisi, rapiti o morti in circostanze da inchiodare i polsi alla croce alle forze di soccorso in aumento d’attenzione vertiginoso, da umore cefalorachidiano in aranciata San Pellegrinoc. e voi cavalcate, come Astolfo con l’ippogrifo, questa crescita esponenziale, finché vi è un rendiconto mungibile. E a proposito di mungere; c’è la cash cow, cioè grandi profitti con poco e contenuto sforzo. Una bella giumenta da corrida che, prima dell’arena, useremo per quanto più latte, formaggio e yogurt ci sia possibile avere. Come le notizie sull’Italia che vince i mondiali’82: davvero, tra Dino Zoff, Sandro Pertini e Nando Martellini che sudore sudavate? Poi c’è, ahinoi, il cane, the dog, l’eterna perdita. Smettiamola di investirci sopra, come sulle notizie sulle BR davanti alla mafia che uccide un comune cittadino come Mario Coniglio. Adesso la stella e la giumenta dalle mammelle d’oro è Fukushima: il nostro telegiornale diventerà un mostro. Andate, andate…
“Ma qui la logica Lava più bianco! Non c’entra niente ed è peccato mortale. Questa tendenza dei rotocalchi di farsi la guerra a vicenda per chi porta su inchiostro e fotoni le notizie più sensazionali e esorbitanti non serve la verità, ma la prostituisce. Vinceremo solo se, come in (Salmi 39 11) Non ho nascosto la tua giustizia dentro il mio cuore, la tua verità (אֱמוּנָה, emunah) e la tua salvezza ho proclamato. Non ho celato il tuo amore e la tua fedeltà (אֱמֶת, emeth) alla grande assemblea. Questo è il solo servizio elargibile.
 
Inchioderemo dei colpevoli, non degli innocenti, e emetteremo il nostro verdetto solo dopo ogni possibile ricerca. Meglio; diremo le cose come stanno e a fare il processo ci penseranno gli enti competenti, perché a autoproclamarsi avvocati delle cause perse (Dario Fo[6]) non fa mai guadagnare. Oltretutto noi siamo giornalisti, non sciacalli!” mentre recriminava contro un giornalismo in cui lei non credeva, Wybie le diede da leggere, per svagarsi, l’opuscolo del FFF di Oscar Cosulich di quell’ingrato annaccio. Coraline ringraziò e se lo lesse sia in attesa che mentre l’aereo volava sopra il Pacifico.
 
Tokyo Magnitude 8.0 di Masaki Tachibana, Puella Magi Madoka magica di Akiyuki Shinbō, Fractale, Steins; Gate di Hiroshi Hamasaki Ano Hana ancora non conosciamo il nome del fiore che abbiamo visto quel giorno di Tatsuyuki Nagai, Mawaru Penguindrum di Kunihiko Ikuhara, Tiger&Bunny di Keiichi Satō, Deadman Wonderland di Koichi Hatsumi, Fate/Stay night di Gen Urobuchi. Seguono il terzo film di Besson sui Minimei, World invasion di Jonathan Liebesman, l’omaggio animato-documentaristico a Moebius, il ritorno dopo I cospiratori del piacere di Jan Svanmakjer. Distrattasi, cominciò a vedere il familiare profilo delle coste del Giappone sudoccidentale. “Guarda Wybie, Kubo. Lo rincontreremo” “Ma….” “No, sono certa che Kubo non è andato a Fukushima. Il mio comunicatore me lo dava in quei giorni sempre a Tokyo, non può essersi sbagliato” l’arrivo a Tokyo avvenne con una nazione ancora scioccata da quanto successe pressappoco un paio di mesi prima, eppure Coraline rimase schiantata dal vedere l’indifferenza degli edochiani. Per loro, non era avvenuto pressoché nulla. Continuavano a pastrugnarsi tra Burberryc, Guccic, Harmont&Blainec, Victoria’s secretc, McDonald’sc, e persino un Mandarake, e gli aerei continuavano a andare e a venire implacabilmente, insensibilmente. “E’ sbagliato tutto questo” sentenziò Coraline con un atteggiamento insoddisfatto e piccato. “Cosa c’è?” domandò Wybie. “Non lo vedi? Metà paese è andato distrutto, e questa gente se ne frega. Come quando, appunto, avvenne il dirottamento aereo di Ustica; l’Itaviac ha forse sospeso i voli? No. Quei dannati aerei hanno continuato a volare imperturbat* su cosa fosse successo a un loro simile e al fatto che ce ne sarebbe potuto essere un altro, e poi un altro e poi un altro! Io lo so che ci sono autobus che devono recarsi alla prossima pensilina, shinkasen che devono muoversi, e appunto, aerei che devono lasciare l’imbarco, ma tutto avviene come se fosse un giorno come un altro, come se quei morti, quella città che adesso è non più, non fossero altro che panorami di un videogioco a cui nessuno importa. Non era per questo che volevo diventare una giornalista, non era per questa omertà che ero venuta in questo paese, e di certo non è questa omertà che mi ha spinto a diventare una giornalista. Quand’ero bambina, a Los Angeles, vivevamo in Yucca Street, e nostro vicino condomine era un veterano della guerra delle Falkland dalla parte della Tachter. Essendo nato in Inghilterra, pur essendo diventato legalmente cittadino statunitense accettò comunque di prendervi parte e si fece scortare dall’Air Force. Quando nacqui io era congedato e una mina antiuomo sulle rive del Warrah l’aveva invalidato. Avevo sì e no 14 anni quando venimmo a sapere che quell’uomo si era suicidato perché, essendo reduce di guerra, i facinorosi di sinistra che tenevano financo in pieno inverno raduni nudisti al Griffith Park gli avevano sfasciato la carrozzina e il servoscala. La Extremac s’impegnò personalmente a costruirgliene uno nuovo mentre la mia e altre famiglie del condominio ci proponemmo di aiutarlo con una colletta a trovare $ sufficienti a comprarsi una nuova sedia a rotelle, ma lui si suicidò in maniera orribile. E le persone con parole, opere e omissioni (Chrodegango di Metz) l’avevano mosso a uccidersi non ostendevano la benché minima coscienza di quello che avevano fatto e che avevano fatto succedere. Da lì è nata la mia volontà di fare la giornalista. Per l’unico desio di servire la verità e di ridartela indietro obbiettivamente. E altresì adesso avrai capito perché non sopporto i menefreghisti; Le parti peggiori dell’inferno non saranno per chi ha fatto il Male, ma per coloro che non hanno fatto niente, Dan Brown. In ogni caso io, come giornalista, ho il potere di scuotere le coscienze e costringerle all’odiata elucubrazione. Pertanto, giacché devo andare a Fukushima mi ingegnerò a fare un servizio che obblighi a elucubrare su quello che a quelle persone è successo e a non ritenere aprioristicamente che, fintanto che non siamo noi o chi è come noi, allora chissenefrega” “Occhio però…..Ilaria Alpi, Pier Paolo Pasolini……” “C’è un tempo per essere pusillanimi e uno per essere Ilaria Alpi e Pier Paolo Pasolini. Ed è imperciocché giunto il momento di essere Ilaria Alpi e Pier Paolo Pasolini”
La stazione dei shinkansen dell’aeroporto, inerentemente a Fukushima, è un calvario da Purgatorio alighieriano. Dato che Coraline e Wybie sono giornalisti, hanno il diritto di tenersi le macchine fotografiche, ma devono prima, scortati dagli uomini della JSS, fare docce lavati da mani non loro come in L’ultima follia di Mel Brooks all’Hilton Tokyo Narita Airport, indossare per tutto il tempo del viaggio tute rosse di polivinilcloruro antiradiazioni, e avere più gorilla di Cheng Miu in Le invincibili spade delle tigri volanti di Chang Cheh alle calcagna. Arrivarono a Fukushima e Coraline stentò a non equiparare lo scenario che era costretta a vedere giacché lei a differenza di Federica de Bortoli non poteva cambiare lo scenario con della carta da parati[7] a quello di Conan il ragazzo del futuro di Hayao Miyazaki.
 

“Porco facocero” esclamò lasciandosi andare. Persino Wybie era allibito. Le tute in polivinilcloruro ingolfavano i loro movimenti rendendoli come automi semidistrutti che si risvegliano in scenari da mondo ridotto in discarica come nel videoclip di Automatic dei Tokyo Hotel di Craig Wessels, paragone azzeccato date le circostanze, scattando foto e a un certo punto facendo cominciare la telecronaca.
“Qui Coraline Jones per ABC. Come vedete, eloquentemente alle mie spalle, questa è Fukushima, 2011 dc. La centrale nucleare qui nei paraggi a causa di un maremoto ha subito un implosione del nocciolo e questo è ciò che combinatamente reattore in fallout e muro mobile d’acqua di mare alto 40 metri hanno coprodotto. Noi non intervisteremo chi non può farcela, noi intervisteremo chi ha dato ordini e disposizioni per salvare questo posto. Adesso avremo Yoshihiko Noda” e interruppero il girato. Aiutati dal proprio muro mobile umano raggiunsero Nagatacho, la camera dei rappresentanti, in cui Coraline incontrò e riconobbe Norman tra i consulenti scientifici di Noda-san. Bacio all’eschimese ensues. “Non sapevo che foste fidanzati!” “Mai chiesto?” “Io e il primo ministro discutevamo proprio di Fukushima. Come avrai visto, ci vorranno anni. Il geologo Masanobu Shishikura sostiene che gli impianti energetici-a meno di non farli a forza talassomotrice-non potranno mai essere impiantati in una zona così vulnerabile. Di tsunami il Giappone se ne è buscati tanti, ma a questo si è unito in tempo inutile un effetto domino che ha portato a un calcio negli zebedei e un doppio maglio perforante sulla nuca mentre là per là ti contorci dal dolore della virilità estintati. In primis sarà necessario disfarci dei rifiuti, serviranno squadre di bulldozer in unità di decine. Poi dovremo drenare e dissipare le lagune, gli acquitrini che si sono formati dopo che 40 metri per 7000 tonnellate di peso d’acqua marina hanno travolto la costa. Soccorrere i feriti. Dare degna sepoltura ai morti sotto le macerie. Cominciare a ricostruire tutto quanto è andato in pezzi. Sembra una nuova Nagasaki” “Faremo un intervista al primo ministro, e ascolteremo anche te, una tua prolusione sul disastro, alla Non è magia di Sabine Quindou” “La cosa è per me fonte profonda di gioia”
 
Ministro Noda, il Giappone investirà ancora sul nucleare dopo questi avvenimenti?
Watashitachi ga katsute nokoshita himitsu wa, dōro kara tōzakaru kuruma no hametsu no yō ni kiete shimatta. Nihon wa kashō hyōka sa rete ori, kono keisan no ayamari wa subete no mono ni totte kyōidesu. Genshiryoku, sekiyu,-netsu-den,-fū... Watashi wa, yama to mottomo gensui shita jishin ni shokubutsu o utsusou to shimasu. Mochiron, Fukushimade wa sore ijō no mono o tsukurimasenga, watashi wa saisho ni sore o atsukau yori mo mushiro mondai o mawatte iru to mitomemasu... Sore wa warui kotodesu. Sore wa watashi o kinjite iruga, watashi no futan wa mune ni menshite iru.
Cosa farete perciò?
Watashitachi wa kirei ni shi, burudōzā ni gareki o harasu tame ni okuri, danryoku no aru hito o tasuke, maisō sa reta hito o umemasu. Watashitachiha ragūn ya shitchi o haisui shi, sono tochi ga kansō suru yō ni modoshimasu. Zan'nen'nagara, watashitachiha nan'nen mo kakarudarou. Nazenara, sono tochi wa izen no mono ni modoru karada.
A tal proposito Norman Babcock si esprimerà in merito. Norman a lei la linea
Io e il geologo Masanobu Shishikura [arigato Shishikura-san] abbiamo ben preso nota del danno in tutta la sua “eredità” devastatrice. Esattamente Babcock-san. quiê ho un plastico che mostra cos’è successo. Qui í c’è Fukushima, ricostruita in LEGOc. qui ê l’Oceano Pacifico. E, sempre nel plastico cittadino, a una distanza che tenga ragionevolmente da conto la perizia toponomastica di Setsuo Yamada, la centrale atomicaî Il maremoto venne innescato, come ci è ben noto, da un improvvisa frattura del mantello del fondale, a 12.000 metri. Codesta frattura è rappresentata da dell’esplosivo con cui io, alla pigiatura di un singolo pedale, farò saltare parte del basamento di questo diorama

L’acqua, come vedete, travolge tutto, mirando prima alla centrale. Ora, dentro di essa vi sono delle fiale di trinitrossipropano liquido.

 
 
Esplode tutto quanto. Un esplosione atomica di piccola entità che si somma a un maremoto che suscita un onda anomala di una quarantina di metri. Tanto basta perché ciò che rimanga di Fukushima sia quello che chiunque di voi avrà già visto. Una landa desolata e semidistrutta. Il peggior spettacolo di annichilimento che chi non ha mai visto Nagasaki potrà ricordare.
 
Molti se lo chiederanno, ma può l’acqua rappresentare un entità solida così distruttiva?
Certo che può….domanda pertinente, ma ingenua.

Se a livello esperienziale conoscete solo le pistole d’acqua vi renderete conto da voi stessi che vi bagnano e basta.
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Norman viene spruzzato da un idrante come Beavis dopo essere salito su un tapis roulant
E’ ancora tutto intero?
Ddddirei di sì
L’acqua possiede anche una massa e un peso. Prendiamo questo gavettone. Pesa quanto un grosso giornale. Già di per sé può costituire un fattore concussivo, ma nulla è paragonabile a un pogo pieno d’acqua e appeso a una corda discendente il soffitto. Mandandola contro il muro e facendole fare un rimbalzo, una spanciata, ne percepirete grandemente l’effetto cinetico. E, con iperbole, ne capirete l’effetto su masse d’acqua di estensioni molto più grandi. Senza contare gli effetti della radioattività…..
IL PELOSONE
Usciti dall’edificio di Nagatacho, videro Kubo a cavallo che si dirigeva verso la stazione di polizia di Hamamatsucho. Prendendo la palla al balzo riuscirono a pedinarlo fino a raggiungere Hamamatsucho e a capire cosa ci potesse mai fare uno come Kubo in una stazione di polizia.  “Bentornati amici. Dicono di avere arrestato qualcuno che chiedeva insistentemente di me” “E chi mai potrebbe essere?”
 
Avevano davanti Charles Taine della Legione dimagrito ma comunque uno sbando d’uomo paragonabile a Henry Dunn di Scemo + scemo disegnato da David Feiss, inequivocabilmente giapponese che sembrava non avere alcuna capacità di comprendere dove stesse. “Era lui, Signor Kubo?” “Non posso nemmeno dire chi sia” “Io sarei un araldo mandato dagli Antenati per assicurarmi que tu stia bene” fece l’omaccione. “Gli Antenati! Quindi tu non puoi essere….” “Dovetti assumere questa forma per potermi mimetizzare in mezzo agli umani, perquè il mio vero aspetto sarebbe questo!”

“Grazia Divina! Cos’è quella cosa?” “E’ un keukegen. E’ una massa di pelliccia che si muove” “Una massa di pelliccia che si muove? Che bislaccheria è mai questa?” “Fa niente, se in me non è credulo fa niente. Ciò que davvero conta è que Kubo stia bene”
 
KUBO

“Questo è il tuo cavallo, com’è che si chiama?” “Rottofreno, il cavallo di Annibale. Come state?” “Nonostante le radiazioni di Fukushima, direi bene” “Sì, la cosa delle radiazioni. Gli Spiriti sono molto agitati, e sicuramente se anteporranno troppo tempo la loro ira potrebbe esplodere. Hanno detto quando Fukushima potrà tornare a essere abitabile?” “Temono-ragionevolmente-che ci vorranno anni. Come per Nagasaki, e con Nagasaki, sai se gli Spiriti raggiunsero lo stesso livello di follia e vendetta?” “Sì, e la loro vendetta è alla base di tutto quello che il Giappone ha dovuto subire dopo. Quindi sì, gli yokai, infuriati con gli uomini che causarono Nagasaki, hanno architettato l’attentato dell’Armata rossa di Fusako Shigenobu a Tel Aviv, la scia di omicidi di Tsutomu Miyazaki, l’attentato con il Sarin alla metropolitana da parte di Shoko Asahara della setta Aum Shinrkyo, e anche Fukushima. Adesso continueranno, per settant’anni, a causare morte e disastri per vendicarsi di noi creature umane. E Re Raiden di certo terrà conto della cosa”
 
“E’ bello essere di nuovo tutti insieme…però Uovo e Winnie non sono con noi” “Di certo non potevano venire” “Guarda! Quegli arnesi con l’occhio nel….”

“……..sedere” completò la frase Norman.  Gli Shirime sono fatti così. Si tratta di un fantasma giapponese senza volto, ma che ha un grosso occhio sul sedere.
La notte ama spaventare i malcapitati.
In giapponese shiri significa "sedere" e me "occhio".
Si narra che un tempo un samurai stava camminando di notte in una strada di Kyoto.
Improvvisamente un uomo in kimono apparve sulla sua strada.
Temendo in un attacco chiese chi fosse.
"Perdonami, posso rubarti un attimo?" chiese l'uomo.
Ma prima che il samurai potesse rispondere, l'uomo misterioso si voltò, scopri il suo sedere dal quale spuntò un grande occhio che emanava una strana luce che spaventò il samurai, il quale corse via con tutto il fiato che aveva in corpo.
Shirime non uccide, ma si diverte a spaventare le sue vittime.
 
Questa è una donna. L’ho capito perché…..ha i capelli come la Kaede (Maura Cenciarelli) di Lamù. Tirato a indovinare” “Che sei venuta a fare, donzella…..con un terzo occhio infilato nel buco del culo?” dicendolo, Coraline inorridii più dell’Agamennone di V.M.18 di Isabella Santacroce prima che cominci a starci con le tre “spietate ninfette” Desdemona, Cassandra e Animone. “精神が集まって、人間に向かって血なげに怒りを経験し、彼らの愛情によって何ができたのか。彼らは彼らが持っている無尽蔵な怒りの犠牲者になり、それは無限に燃え尽きるでしょう!”
“Si può sapere che ha detto?” “Lo spiritame giapponese è molto incazzato, e si sta dirigendo a Fukushima…..incazzati neri. Watashitachi wa nani ga dekimasu ka?” “首相を殺す
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E fatelo in modo bello, bello in modo assurdo!
彼は自分の怒りを引き起こした原因の創造者になった” “E adesso?” “Ammazzare il primo ministro della Malesia del Giappone” “COSA?!!” “Dice che o così o Pomì” “Ma è un omicidio! Se ne rende conto?” “Gli yokai sono fatti così. La loro è una giustizia molto meno accondiscendente della nostra” “E non c’è un alternativa?” “Anche se glielo chiedessi sarebbe irrevocabile. Ma…..あなたはRe Raidenを知っていますか?彼は男が死に値すると決めるためにあなたを動かしたのですか?” “この物語の水銀皇帝は外観に影響を与えませんでした。私たちに注文を与えるためには、背中に日本を握っている神そのもの、ナマズ! 彼の意志は疑いありません!” “それから私はあきらめなければならない...” “Allora? Hai trattato per una soluzione diversa?” “No, non c’è nulla fare. A decidere è stato nientepopodimeno che Namazu, il pesce gatto che regge sulla sua schiena tutto il Giappone. Da lui dipende l’intera esistenza della mia nazione. Tutti gli yokai rimettono a Lui le loro scelte. Il Suo volere è tale, nulla gLi si può controbattere. Ergo, se Lui ha sancito che Noda deve morire, e perlopiù ha indicato in noi coloro che adempieranno alla Sua volontà, una volta che il Suo editto è stato proclamato e i suoi esecutori specificati, essi non dovranno nemmeno elucubrare di sottrarvisi. “ “Immagino che le bombe e il maremoto si riconducano a Lui” “Lui ne è la prima vittima, e contemporaneamente ne diventerà il primo carnefice. E se non vogliamo che la Sua collera conosca un decollo, ci è necessario fare quello che vuole Lui. Ma resta il problema che Noda è innocente, e Hirohito è morto nel 1989. Questa volta il Suo editto è nello sbagliato, ma posso io oppormici?” “Quello scienziato che costruisce robot/belli geniali però/tutti senza qualche rotella, quel Daigonkeru, non è che ci possa soccorrere in una qualche maniera?”
 
DAIGONKERU
“Grazie a Hanzo, l’abbiamo trovata. Namazu, il siluro sulla sua schiena si erge tutta la penisola nipponica, ci ha ordinato di uccidere il primo ministro Noda. Conoscendoci, io perderei l’onore e la mia katana si arrugginirebbe per lo sdegno, e lei diventerebbe una ricercata internazionale come Meredith Kercher. Non ha un robot o un cyborg che faccia il pasticciaccio brutto di Via Merulana al posto nostro?” “Credo che A50 Bologna-Varese
 
 
L’A50 Bologna-Varese è un autostrada a pedaggio. Si estende per 34 chilometri tra Bologna e la sua frazione cagniniana  e Varese a e la sua frazione buguggiatese. Attraversa Bologna, Rozzano, Gratosoglio, Genova, Corsico, Gaggiano, Lorenteggio, Cusago, Settimo Milanese, Rho Cascina Ghisolfa, Torino, Venezia, Terrazzano, Varese
 
Possa essere un utile prostituta. A50 Bologna-Varese, vieni qui!” Coraline, Wybie, Norman e Kubo dovettero sgusciarsi gli occhi come semi di papavero oppiaceo per riconoscere sul pavimento a reticolato di Carlo Bernardini la donnina con un corpo rosso, una T blu sulla schiena cadentegli sulla colonna vertebrale come la mantellina di un parrucchiere, la testa a pezzo di parmigiano scalpellato a triangolo rettangolo proiettato tridimensionalmente di un giallo sporco con inserti azzurri. “Lei è A50 Bologna-Varese” “Così piccola?” “Non c’è da sottovalutare la forza dei microrganismi. Ricordate la Yersinia Pestis? Il flagello del Medioevo? La falce de I promessi sposi? Era grande un micrometro, ancora più piccolo del taglio dell’unghia del vostro alluce, ma riuscì a piegare un intera nazione. Se A50 Bologna-Varese dovesse venire infastidita, sarebbe una scalogna sciagurata. Se lei vuole, Norman, con i suoi tsurumaki….” Norman venne sedotto. Stava per calpestare A50 Bologna-Varese quando per poco non cadde ritraendo imbestialito il piede emettendo un ruggito di dolore, cadendo su Coraline e reggendosi il piede che, in corrispondenza dell’aponevrosi plantare, sanguinava come perorato da un trapano. “Gesù del Cielo Norman! Quella cosa….” “Maremma infiorettata sì, quell’arnese mi ha fatto un buco nel piede!” “Cosa vi era stato detto? A50 Bologna-Varese è tremenda se sottovalutata. Ha girato sul proprio asse e meravigliosamente è riuscita a fare una perforazione nella suola del suo tsurumaki e se tu non le avessi fatto mancare all’improvviso materiale avrebbe continuato fino a scavarti nell’osso dall’altra parte!” “Già con questo c’è da dire che Noda è bello che morto, acciderbolina, guardi cos’ha fatto al mio piede!” “Ma quello che A50 Bologna-Varese sa fare non si limita certo a questo! Io ho organizzato una dimostrazione di prova che vi ostenda il suo vero potenziale…..”
Aveva fatto un arena che assomigliava a un plastico del Colosseo, nel quale stava facendo combattere animali di vario genere. Per prima cosa, mise un pesciolino d’argento contro un ragno saltatore. Il pesciolino d’argento finì stritolato restandosene immobile, come la mucca che nel videoclip di Am i wrong di Etienne de Crecy di Geoffroy de Crecy si lascia macellare da un cane standosene a mugugnare biada…..almeno fino all’imprevisto e granguignolesco finale. Daigonkeru rimase con la bile sulla lingua a quella scena, e etichettò il pesciolino d’argento come inutile. Poi, procedette a mettere il ragno saltatore contro uno scorpione. I due si dettero subito da fare e i colpi delle zampe volarono con convinzione. Alla fine però, i due si comportarono come due automobiline di gomma che fanno continui tamponamenti spampanandosi in giro come in un bumper di MTV. “Ah! Vatti a fidare degli insetti! Avanti A50 Bologna-Varese! Sterminali!” decise di far combattere A50 Bologna-Varese contro un orda di topi, per la piccola A50 Bologna-Varese grossi come orsi grizzly. I topastri cercarono di strapparle le braccia a morsi, ma sarebbe stato come se un panda avesse cercato con la sola forza delle zanne di strappare il collo di una gru. Infatti persero i denti sia spaccandoseli perché A50 Bologna-Varese come il Bobby Robot di Jocelyn era fatta d’acciaio, sia perché A50 Bologna-Varese li strappò i peli della testa e li massacrò le teste sbattendole una contro l’altra e poi annodandogliele con le code. Poi procedette a girare su sé stessa alla velocità con cui aveva fatto un buco negli tsurumaki di Norman, buttando all’aria i topi e afferrandone uno e trasformandolo nella frusta di un frullatore, per poi scavarci un tunnel nella roccia di uno dei pilastri e continuando a girare fino a spaccargli l’osso del collo. Continuò quel folle carosello soltanto quando prese per sdrucciolevolezza la presa sull’ex topo. Poi, con un salto sopra gli incisivi di un altro topo spiccò un balzo e si trasformò in un aereo supersonico che ascese al cielo mentre dalle spalle di Daigonkeru, Coraline, Wybie, Norman e Kubo vennero spremuti come in una colostomia per affetti da peritonite contro la balaustra sull’anfiteatro dalla scia di un missile grosso come un camper decollato alle loro spalle. Dal missile si aprì la calotta e schizzarono fuori i componenti di un robot femminile come quello di Robert Abel per la CFIC, la testa dalle labbra carnose e sempre aperte come le fauci del leone della fontana dei Quattro Fiumi, ingerendo l’aeroplanino e serrandoselo al palato con i magneti. Giunsero poi a agganciarsi le restanti parti del suo corpo scolpito nel burro, e atterrò a terra allungando dalla testa antennine da casco di Joe Kaisaka di Groizer X e mostrandosi come la più forte dell’arena. Daigonkeru, alla stregua di Lyle Bolton, è un superomista con poca fiducia nella Legge con la L maiuscola. L’uomo contro cui A50 Bologna-Varese era il marito di una donna che aveva ucciso il figlioletto servendosi di uno strumento da cucina molto probabilmente essente un coltello di quelli per raschiare la colonna di carne da kebabbaro, poi coprendola muovendo mari e nuvole. L’uomo, secondo i parametri di Daigonkeru, non era stato trattato con la Draconianità necessaria. L’uomo attaccò A50 Bologna-Varese con un pugno, ma A50 Bologna-Varese lo parò con ambo le mani tenute a coprirle il volto, stringendole attorno alle nocche dell’uomo, in modo implacabilmente sempre più forte, così tanto che le ossa cominciarono a scricchiolare. L’uomo ritrasse il pugno perché le falangi stavano cominciando a sembrare quelle di Munzio Scevola. Guardò angosciato e stomacato A50 Bologna-Varese e le sferrò un altro pugno, ma A50 Bologna-Varese catturò il braccio del figlio di cagna-un gimnoto flaccido, con vene grosse come gambi di sedano e i peli unti di miele raggrumato-e se ne servì per farsene perno per afferrare con le cosce il collo dell’uomo e con una rotazione spaccarglielo di netto. Poi arrivarono altri uomini-tutti grassi, disastrati, con un epa come quella di un acromegalitico, l’espressione di Carlo Verdone in Bianco rosso e Verdone di Leonardo Benvenuti, i capelli simili a un tappetto finto turco (come quelli che vendeva su Telelefante Alessandro Orlando) ridotto a tessuto sbrindellato-che vennero sterminati dalla ginoide. Dalla sua aveva la capacità di generare proiettili laser dalle antenne intersecando due fasci di luce, sparare acido dalla bocca, servirsi di una coppia di mitragliatori inseriti nei seni, lanciare frese dai reni, mannaie caricate a elastico dagli avambracci. “Non l’ho ancora messa contro il mio Ishtariano, ma non vedo cosa mi impedisce di farlo adesso” A50 Bologna-Varese si mise di nuovo in posizione di difesa, mentre nell’arena apparve un uomo-leone centauro armato di scimitarre in ognuna delle sue quattro braccia. Una delle lame venne rimpallata da una delle mannaie brachiali di A50 Bologna-Varese prima che venisse soccorsa dal missile che lo distrasse sparando negli occhi al bestione, prima di dare alla ginoide un armatura a forma di sfinge egiziana in due pezzi come quella della Bastet di Ramses the golden pharaoh con una coppia di trivelle rosse come le candele dell’Antica Cereria parmigiana e ali rosse nello stesso pantone CYAMK, che si chiusero attorno a A50 Bologna-Varese trasformandola in un qualcosa di simile al Cyber Copter di Jonny Quest, alata assassina perforatrice come il colibrì nella preistoria secondo Alfred Tennyson piombante addosso all’uomo leone centauro riducendolo a carne, ossa e budella con una forma tutta da decifrare.
 
Finito con Kubo, Coraline, Wybie e Norman, Daigonkeru chiamò a riunione clausis januis A19 Palermo-Catania e A50 Bologna-Varese, in quanto a breve distanza tra di loro c’erano state due occasioni mensili nelle quali erano venuti da lui a chiedergli di dare in prestito uno dei suoi robot. “Ecco perciò il punto, il nodo Gordiano, quello su cui scervellarsi. A19 Palermo-Catania ti affidai perché facesti la guardia personale di Kubo” “E senza che lui lo venisse a sapere era ciò che stavo già facendo, prima che i miei ordini venissero cambiati. A50 Bologna-Varese, invece, tu sei stata data di recente, per quanto io ne sappia, a chi?” “Al tuo stesso protetto” “Ma questa è un assurdità!” “No, assolutamente no, non è assolutamente un assurdità, è quello che davvero mi è successo, e Daigonkeru-san il nostro comune creatore sono ben certa che ce lo possa testimoniare” “Effettivamente Kubo, per motivi che non ti competono A19 Palermo-Catania, è venuto da me perché doveva noleggiare una killer” “Mostruoso! Kubo non l’avrebbe mai fatto. Era lei che ha incaricato una nostra sorella di commettere il delitto delle Sorelle Nere, ma un ragazzo come è lui non avrebbe mai richiesto questi nostri così gravi servizi” “Infatti quella che è successa è un eccezione alla regola che ha sbalordito anche me sebbene non me l’abbia letto in volto. Quello che lo ha fatto arrivare qui e che mi ha incaricato di questa scelta è a priori una decisione di Namazu, il siluro sulla cui schiena limacciosa tutta l’isola a lombrico morto del Giappone giace ed è lui che, indignandosi, prudendosi, accusando toxoplasmosi scuote, squarcia, spacca in zolle frananti in slavine di sabbia la nostra terra natale, contorcendosi nel suo amnio abbatte faraglioni d’acqua di mare alti come i muri di Kamaishi, i grandi frangiflutti della prefettura di Iwate, il cui volere soggioga qualunque entità spiritica. Qui, in Giappone, il volere di cotale bestia degli abissi è assoluto e ha ordinato di uccidere il primo ministro reo di Fukushima. Lui stesso fece morire Kichisaburo Nomura, l’uomo che sfondò la linea Maginot di Pearl Harbor e schiantò il Giappone in una guerra infernale. Fateci caso: non viene mai dettagliata la causa di decesso, avvenuta a ridosso delle 18esime olimpiadi moderne, secondo voi come mai? Perché quell’uomo non è morto di stanchezza di vivere nel suo letto, ma uno yokai se ne è preso la vita. Adesso dovranno uccidere anche quell’altro.  Anche se mi opponessi Namazu scatenerebbe ottant’anni che devasterebbero il Giappone, nel fuoco dei vulcani e sotto piogge di meteore come Sodoma e Gomorra quest’ottantennio disintegrerebbe il mio paese. La somma punizione arrecataci per gli errori di cui nostra è la colpa. Aver scatenato la Seconda Guerra Mondiale e aver costruito centrali nucleari su coste sismicamente interessanti. Io posso solo pregare che Namazu cambi idea, non è degno di Lui un simile mandato” “Quindi, io, e la mia sorella, come ci comportare?” “A19 Palermo-Catania continuerà a guardare le spalle di Kubo, mentre A50 Bologna-Varese rapirà il primo ministro necessitando altresì di uccidere le sue guardie del corpo e lo condurrà da Namazu, nelle caverne di Takachiho, Ama-No-Iwato, la caverna in cui Amaterasu contenne il suo sdegno dopo che Susanoo distrusse le risaie che aveva fatto costruire. Laggiù dovrebbe ancora vivere Ama-No-Uzume, la dea dell’eclissi, che si turlupinò di Amaterasu così tanto che in Lei la curiosità per la carnascialata di Ama-No-Uzume ebbe la meglio sulla sua fatica oltraggiata e gli altri Dei ebbero così giuoco a trascinarsela con loro di nuovo nell’Amenoukihashi, il pontile celestiale accesso al loro reame. Siccome un Dio non può conoscere l’obsolescenza di un essere umano,  Ama-No-Uzume dovrebbe attendere chi venisse a cercarla”
 
Il Primo Ministro Noda usciva dall’edificio di Nagatacho scortato da due reduci dell’Armata Rossa con fucile mitragliatore a tracolla che li fecero da scudi di Bubsy in Bubsy 3D in: Furbidden planet fino alla Lincoln Town Car color latte raffreddato che lo avrebbe portato lontano da lì. In quell’auto sedeva la segretaria Rihoko Ashinabara, che, conscia della moglie, stava per fare al ministro una domanda pericolosissima. “あなたの大野野田、この王室の馬車にあなたを歓迎します。あなたの妻について何を言っているのか、あなたは若い人たちと結婚し、あなたの前の人生はすべてあなたの前でありました。私はまた、彼の妻が歌手であり、最高のもの、最高のものの一つであることも知っています!” “Hai, kekkon shite iru wakamono ni wa ōku no meritto ga arimasu. Watashi wa seidjiteki tachiba no tame ni hikakuteki wakai kao o shite itanode, watashi wa kono furuku kara no chōsen o yurushite imasendeshita. Hitomi-san to issho ni, watashi wa shinsetsude attakai kankei ga arimasu. Īe, watashi wa umekigoe ga watashi ni atte iru to wa omowanai. Robotikusu wa kimyōna ningen kankei ni natte shimau koto mo arimasu. Aru jiten de, watashi wa josei ga shūkan ni nari sugite, daibingu ya hon o yon de obore sase tari, anata o tsuresattari suru yō ni narimasu.” “彼は楽観主義の誤りを犯す、彼の使命. あなたが夢中になると、あなたの妻はあなたの人生の中で最大の冒険になるでしょう、それを裏切って、あなたを悩ますことはありません、いつでも吹くブレーキレベルでアドレナリンを維持する女性には、” “Nan sen mo no watashi no nanika no amyūzumento?” “これまでに、または女神とのセックスをするよりも少ない” Noda accusò gli stessi effetti eziologici dell’intossicazione da pesce di L’aereo più pazzo del mondo, quanto la sua (non) segretaria ebbe la spacconeria di offrirLe addirittura una dea con cui copulare mettendo un collare armato di un Estemmenosuchus alla moglie fattiva. Quando l’uomo riacquisì la padronanza personale, e la calma sepolcrale con cui fino ad allora aveva percorso la 246esima e volle sapere ancora dalla sua (non) segretaria se millantasse complete assurdità o se Li stesse offrendo della concretezza. “私は今までの傭兵ではないだろう。” fece lusinghiera “私は女性なので、私はあなたの人と経験する情熱を知っています。そして、彼の妻がガラスの結婚式に閉じ込められていると感じていることは確かです。あなたの妻が望んでいる怒っている獣のような女神の武器から戻ることができます” lei poi fece un sorrisetto incattivito, come quello della Mina Tepes di Dance in the vampire bound, mettendo la pulce nell’orecchio al ministro.
 
Con la moglie mantenne un silenzio radar che proseguì fino al 15 Novembre, per la festa propiziatoria di Tori no Ichi, dell’annata ventura dei raccolti fecondi e redditizi. Con la giustifica di una vacanza collegiale, venne accompagnato dalla segretaria raggiungendo la grotta, dove venne cesurato dalla segretaria da un esplosione della roccia alle sue spalle. Reso solo in quell’intrico di pietra, in quel dedalo scavato nella roccia, si sentì come Fortunato in La botte di Amontillado  di Edgar Allan Poe, colpevolizzandosi per aver voluto fare quello che non gli era giusto con il vincolo matrimoniale con Hitomi. Pregava che la pila facesse luce a sufficienza fino all’uscita, ma la spense prima perché tutto li pareva inutile. “La licenzierò, e la farò arrestare!.....ma a che servirebbe,  questa strigliata te la meriti e basta, così come ti meriti di morire di fame e di sete prigioniero di questo utero di roccia. E la Dea…..? verrei fulminato alla più miseranda avance….” “Guarda guarda guarda. Il primo ministro è venuto da Namazu in persona senza obbligarci a prendere iniziative…..” “Sento una voce…..chi sei?” “Chi sono io? Se accenderai la luce lo rimirerai da te” accendendo, vide un Abura-Akago con un espressione strafottente che si ubriacava con una tanica di kerosene manco fosse Ellen Page in Juno. “Uno yokai….e pure infantomorfo” “Non ti montare la testa che poi i nuovi condomini si autoproclamano abusivi” fece screanzatamente l’Abura-Akago, un bastardello della specie del Baby Herman di Chi ha incastrato Roger Rabbit?

Neonato ci chiami poi tua sorella Ciccio!
“Comunque Ama-No-Uzume sarà contenta della preda che le ho portato” “Quindi lei è qui?” “Certo bischero. Se vuoi te la presento……” la dea era una statua di cera con un seno così grande da sfiorare la fantasia sessuale di Chris Griffin (Davide Lepore) avvolta da nastri bianchi assolutamente inabilitati a essere coprenti e con un espressione tutto meno che accondiscendente. Il ministro Noda non sapeva-bellezza a parte-cosa aspettarsi di preciso. Contemporaneamente, ammise di avere davanti a sé una donna meravigliosa, sebbene si sentisse minacciato dal modo con cui lo guardava, ossessivo e come un trapano che scava nella sua carne con metodica cattiveria. Dopotutto lui pretendeva di farci l’amore, un ardire che neanche il libidinoso Pan con Afrodite non si sarebbe mai azzardato ad avere. E voleva avercelo lui? Che se ne scampasse. “Dunque il mio messo mi ha detto che lei vorrebbe fare sesso con me giusto?” “Io non gliel’ho mai detto” “Allora glielo avrà letto nel pensiero. Imperciocché, se è il sesso con me per cui smania, glielo posso elargire anche subito, anche…..ora” e così, sotto metri e metri di roccia, il primo ministro del Giappone giacque con la dea dell’eclissi. Quando si riebbe, era in un futon con la dea che, oltre la cortina di mitsumata di un fusuma, aveva la dea che conversava con quello che sembrava un messaggero dell’antico imperatore. A seguire lo spettacolo di ombre cinesi vi era altresì un boroboroton che lo prese alla sprovvista. A quanto pareva il messaggero era venuto dalla Capitale a nome di un geologo di grande stima presso l’Imperatore, Archibald Geike, un emissario venuto dalla Germania per prendere nota delle volubilità geologiche di Fukushima, distante da là, Kashiwazaki, 266 chilometri. Il messo era arrivato alle 08.13, dopo un viaggio intrapreso dalle 06.13 alle 08.03, 3 ore al galoppo attraversando Koriyama, Aizuwakamatsu, Aga, Niigata, Sanjo, Mitsuke, Nagaoka, la donna, ancora mezza nuda, si chiamava Hideko Koyama, ed era una ricca prostituta che lui, chiamato surrettiziamente Megumi Nezu, aveva pagato per uno spogliarello. A quanto pare il boroboroton che continuava a non farsi gli affari suoi aveva fatto per l’occasione un kokigami a forma di cane. In ogni caso, l’imperatore Zanamu consigliandosi con il tedesco voleva lui per la costruzione di una carboneria sul lungomare di Fukushima, e doveva rendere conto di alcuni progetti fatti evidentemente senza conoscenza piena delle bizze geologiche della costa, e quindi orsù, doveva andare.
 
Erano anni di guerra, la Grande Guerra, e i cavalli, venendo il gasolio razionato, offrivano un ottimo mezzo di trasporto, mentre i Sopwith Camel dell’Impero Giapponese emettevano un ronzio tale da coprire tutti gli altri suoni arrivando anche a anteporsi alla luce del Sole come a avocarsi il diritto di far scendere la notte anzitempo. Il Giappone stava puntando alla Cina e alla Corea, e quegli aerei avrebbero ridotto Pechino e Pyongjang a una landa post-apocalittica come ne viene descritta una in La peste scarlatta di Jack London, il nonno dei vari scenari dopo la fine del mondo, giusto per immaginarvi un Ken di Hokuto versione steampunk. Alla fine, raggiunse Fukushima. L’Imperatore non era alterato, ma secondo lui e Geike le coste di Fukushima, con le loro Harusame, le loro Wakamiya e i loro Ko-hyoteki rappresentavano una zona a tasso di sismicità troppo alto per i progetti-invero perfettissimi-di Megumi Nezu di una carboneria, con anche l’espandersi delle raffinerie petrolifere, progetti delle quali operati altresì dal Nezu. Nezu, come avendo un lampo di genio, capì che la dea era stata come il fantasma dei Natale che furono che lo aveva fatto tornare indietro nel tempo per permettergli di rimediare ai fatti di Fukushima, destinati a avvenire un centinaio d’anni da allora. “私たちは蔵王の麓にある七ヶ所に移送します。Zaokogen公園で動植物を移動させます” ma le cose andarono diversamente. Infatti quella equivalse a una confessione innanzi a Namazu (anagramma di Zanamu) a cui poi Noda dovette aggiungere dei dettagli. “No, io non immaginavo assolutamente che a Fukushima si sarebbe mai potuto verificare un maremoto di quelle dimensioni e con quell’impatto catastrofico.
 
È stato il peggior disastro nucleare del dopo-Chernobyl e oggi c’è chi sostiene che quello di Fukushima si poteva prevedere. O meglio: la condanna della centrale nucleare vittima dello tsunami nel marzo 2011 era già scritta prima dello tsunami. Difetti di progettazione, falle nei sistemi regolatori e analisi del rischio improprie, ne avrebbero segnato il destino prima ancora dello tsunami. A lanciare il sasso sul già terribile disastro oggi è uno paper pubblicato su Philosophical Transactions A of the Royal Society, firmato da due ricercatori, Costas Synolakis e Utku Kânoğlu, che hanno passato in rassegna pagine e pagine di report istituzionali e industriali insieme a un gran quantità di materiale giornalistico.
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“Mentre la maggior parte studi si sono concentrati sulla risposta all’incidente”, racconta Synolakis della Viterbi School of Engineering della University of Southern California, “noi abbiamo scoperto che ci sono stati problemi di progettazione che hanno portato al disastro che avrebbero dovuto essere affrontati molto prima del terremoto”. Tanto che, continua ancora il ricercatore, se gli studi relativi ai rischi fossero stati fatti a dovere avrebbero identificato nei generatori diesel (quelli intervenuti a sostegno del sistema di raffreddamento dopo l’interruzione dell’energia elettrica, ma che hanno funzionato per un tempo limitato) la miccia di un futuro disastro. “Fukushima Dai-chi era una paperella in attesa di essere inondata”, ci va giù pensate il ricercatore. I generatori diesel che avrebbero infatti dovuto garantire il raffreddamento dei reattori non hanno retto allo tsunami, portando da ultimo alla fusione dei noccioli e al rilascio di materiale radioattivo. Perché?
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La causa, sostengono i ricercatori, sarebbe della loro localizzazione: alcuni in un seminterrato, e altri a 10 e 13 metri di altezza. Troppo bassi se si considera il rischio tsunami. Rischio sottovalutato dalla Tepco stessa (l’azienda che gestiva della centrale), secondo i due ricercatori, che si sarebbe affidata alle errate valutazioni interne non ascoltando i pareri degli scienziati che avevano previsto l’esistenza di tsunami più grandi di quelli da loro considerati.
Qualche numero: le valutazioni dell’azienda si sarebbero basate su onde alte circa 6 metri, relativi a terremoti di circa magnitudo 7.5, quando invece anche ben più forti, fino a 8.6, erano stati rinvenuti al largo della zona dove si trovava la centrale (quello che scatenò lo tsunami a marzo 2011 aveva una magnitudo pari a 9). Eppure, continuano i due ricercatori, la Tepco stesso sarebbe venuta a conoscenza di studi che parlavano di onde alte fino a 10 metri, e non avrebbe rivisto le sue stime neanche dopo il terremoto in Cina del 2010 di magnitudo 8.8, che avrebbe dovuto fare da campanello d’allarme. Quelle dello tsunami del 2011 superarono i dieci metri, soppiantando anche i generatori posti a 13 metri.
“Il problema”, continua Synolakis: “è che tutti gli studi della Tepco sono stati fatti internamente, non ci sono stati fattori di sicurezza sviluppati nelle analisi, che comunque non erano contestualizzati. Globalmente, ci mancano gli standard per la formazione specifica e la certificazione sullo tsunami di ingegneri e scienziati che si occupano di analisi del rischio, e per le autorità di regolamentazione che li esaminano, che possono in linea di principio garantire che possono essere fatti dei cambiamenti, se necessario”. E se qualcosa in materia di formazione e verifica sul rischio tsunami non verrà fatto il rischio rimane, concludono gli autori.
“Poi io La conosco: è Namazu, il pesce gatto sulla cui schiena tutto il Giappone si mantiene in equilibrio. Quindi, sarebbe colpa tua! Noi costruiamo queste centrali credendo che Lei si manterrà immobile come un bambino che dorme, ma costantemente la terra si scuote e tutto quello che abbiamo costruito crolla tragicamente. Quando quella centrale venne costruita, nel 1967, l’ingegnere Joji Naya immaginò un impianto tecnologicamente avanzato, sfruttando le intuizioni di Heinz Haber, uno dei fisici più importanti della storia della Germania, e la progettò con criteri antisismici. Ma non era preparata contro i maremoti. Io non ho colpa alcuna, Sua Pesciosità, se non l’essere stato ingenuo, come ingenui fummo tutti noi” “Ne sono conscio. I Suoi peccati verranno rimessi….” Ma in quel momento Re Raiden, “splendido splendente all’aroma di liquore” (Donatella Rettore-Splendido splendente-Brivido divino) apparve, e si mise contro il Giappone in carne e ossa. “Quello che ha fatto non può essere rimesso. Namazu l’ha perdonata con troppa lascivia, e se non sarà Lui a fare giustizia, ci penserò io!” “Vorrebbe, re di Mercurio, mettersi contro Namazu?” “Mi metterei contro chiunque per quello che quest’uomo ha fatto! E Fukushima vale la sua morte” Raiden evocò il gigantesco Gashadokuro, scheletro alto, dipendentemente dalle occasioni, 31 metri o 7, che, economizzando sugli spazi della caverna con cristalli di selenite degna di una scenografia di Luciano Spadoni abbastanza ingombranti assunse l’aspetto di un centauro armato con un higurumaken delle sue stesse dimensioni, che cominciò a mulinarlo colpendo la roccia e facendola vibrare e balenare di scintille incandescenti. Come il cowboy robot gigante (don’t ask) di Hugo l’ippopotamo di Bill Feigenbaum mulinava l’higurumaken con convinzione e certamente Noda sarebbe rimasto ucciso nell’impatto, nonostante la strenua difesa di Ama-no-Uzume. L’Abura-Akago nel mentre se l’era data a gambe, non però per pura pusillanimità ma perché il Re di Mercurio gli aveva inferto uno smacco in quello che ambiva a fare. Aveva bisogno di un grande teatro, quello della Scala di Milano, di un grande librettista, Giuseppe Giacosa, di una grande attrice, Rosa Storchio, e di un grande direttore, Cleofonte Campanini, se voleva che le cose andassero come voleva lui. Per fortuna, poteva avere nella sua manica l’asso di Baragon, il kaiju evocato da Ishiro Honda in Frankenstein alla conquista della Terra e “interpretato” da Haruo Nakajima, “indossatore” della fitta ridda di mostri di Ultraman come Gomora, Gubila, Bemular, Telesdon, Zaragas e Jirass, praticamente Godzilla con al collo un foulardone tipo pagliaccio Pierrot. Il suo ruggito giunse al momento in cui il Gashadokuro aveva frantumato il suo higurumaken, pur fatto di roccia, e stava per usare Noda come timbro delle poste, costringendolo a ingaggiare una lotta con lo straniero. Un mucchio d’ossa, reggentisi sulla rabbia dei morti era però comunque un mucchio d’ossa, e la lotta contro Baragon era chiaramente già volta a suo sfavore. Ciononostante Gashadokuro riuscì a ferire alla schiena Barugon con un frammento dell’higurumaken, quindi guadagnò un oncia di vantaggio. Barugon poi non era neanche il kaiju più massiccio: Angilas pesava 30,000 tonnellate, Guiron (nemico di Gamera in King Kong contro Godzilla) 110 ma compensava con un muso a coltello da macellaio che avrebbe potuto ghigliottinare il cornino di Baragon con la stessa facilità con cui durante una penetrazione si recide il frenulo, Orga, nemica di Godzilla in Godzilla millennium di Takao Okawara, pesava ugualmente sulle 11.000 tonnellate. Senza contare il Moguera di I Misteriani di Ishiro Honda e il MechaGodzilla di Godzilla contro i robots di Jun Fukuda e Distruggete Kong! La Terra è in pericolo di Yukiko Takayama, fatti d’acciaio come il Bobby Robot di Jocelyne e pesanti uno 32 tonnellate l’altro 350, capaci di ridurre qualunque osso in briciole. Ciononostante, Baragon riuscì, con uno dei suoi fulmini, a far crollare uno dei travoni di selenite addosso alla schiena di Gashadokuro, spezzandogliela in due metà nette. Re Raiden se la diede a gambe per non dover rispondere della furia del mostro, mentre Noda si svegliava a casa sua credendosi reduce solo da un brutto sogno
 
Re Raiden aveva però Gashadokuro ancora dalla sua e spiriti in rivolta da sedurre al fine di soggiogare il Giappone e uccidere i traditori e il seme del loro seme. Lo scheletro gigante fece una prima ostensione ufficiale a Shizuoka, nel cimitero di Minaminumagami, nella archetipica “notte buia e tempestosa”

 
Era una notte buia e tempestosa
……………………………………….
Beh, che c’è di nuovo?
Che vuol dire immanentemente catastrofi all’aroma di gatto morto. Il gigante osteoplastico poteva essere formato dalle ossa dei morti del cimitero là in quel momento, di solito come conseguenza, come contrappasso di un azione che non andava fatta. La strada era indifferentemente solcata da auto di tutte le case in corsa sui due sensi di marcia i cui fari rendevano il cimitero irriconoscibile. Un barbagianni se ne stava su un ramo di canfora e, come tutti i barbagianni nel fiore degli anni, osservava dardeggiante le lapidi in stile buddhista corrose dal tempo e con i fiori ridotti a sterpaglia corrosa e incenerita, mentre due ragazzi camminavano a falcata piena tra i morti dal riposo mai tale. “Ti dico che qui non penseranno mai ci possa essere” diceva il maschio, imperciocché i suoi lineamenti somatici erano troppo effemminati per ritenerlo un uomo di qualsivoglia genere, alla ragazza, viceversa troppo maschiaccio per considerarla una donna, suora, puttana o madre che fosse. “Che razza d’affare sarebbe allora? Quella robaccia potrebbe essersi decomposta come tutto qui, o i ratti se l’avrebbero potuta sniffare” “Questa è la tomba a tumulo più vasta e concamerata del cimitero. Appartiene a una famiglia di capitani d’industria vissuta negli anni 40 a Shizuoka, che afferisce a codesto cimitero. I sacchi come quelli di Babbo Natale giacciono nel loculo del patriarca, del Padron ‘Ntoni della situazione. Non c’è il minimo sistema d’antifurto perché in quei feretri non giacerebbe nulla di infrangibile….omettendo la sostanza d’incomparabile assuefabilità che IO ho creato, rendendomi il capomastro della sintesi di psicotropi” “Tu ometti altresì che il mio aiuto valse più di idee come le tue, tanto fenomenali quanto grezze all’eccesso. Quindi mi devi riconoscenza” “Sì, era il punto a cui anelavo d’arrivare. Ciò che ci resta da fare e scoperchiarlo e inoltrarci raggiungendo l’abisso, il fondo della trappola per mastodonti, dove il feretro del capofamiglia occulta i sacchi” ma scoperchiare una tomba con fare goloso e avido in un cimitero nel cuore della notte porta sempre male. Infatti dopo l’emulazione di Axel e Otto Von Linderbrock (Kenneth More e Pep Munnè) i due contrabbandieri riuscirono a rimuovere la pesante lastra di granito e a rimirare le forme nere e blu, simili a colossali macrofagi esausti da una grande abbuffata, dei sacchi. “La droga!” sibilò l’efebo alla gorgade. Ma cominciando l’estrazione nella terra fredda e inghiottente i piedi s’appesantirono come intorpiditesi. Ma non erano intorpiditi, nossignore, qualcuno li stava immobilizzando, degli arti in condizioni della mummia di Similaun dalle parti di Bolzano che, nonostante, avessero un aspetto ossuto e corroso dagli eoni, erano più inestricabili di una tagliola per orsi. Nessuno li sentì urlare mentre il Gashadokuro emergeva dalla terra raccogliendo le ossa di questi essicatisi antenati, aumentandone le dimensioni a quelle di una trave per ciascun osso, e mettendosi in una posa da Golem inattivo. L’aspetto era però nuovamente diverso, con caratteri scimmieschi, più nel dettaglio da macaco, in riferimento al Proconsul, giunto dall’Africa all’Asia e al Giappone nel Miocene e da cui nacquero indipendentemente gli ominini da cui discesero i giapponesi. È la tesi avanzata dal Professor Hiro Koizumi dell’università di scienze naturali di Hongo, a Tokyo, basandosi sui giacimenti fossiliferi dell’isola, venendo però trattato alla stregua di un fanatico religioso lobotomizzato e affetto da ritardo. Protocollo standard. Comunque Koizumi non aveva altresì desistito, scrivendo su diverse riviste del settore, mostrando al pubblico fossili di parantropi uguali a quelli trovati in Africa, ma inequivocabilmente venuti dal Giappone e da strati del record geologico della nazione che non possono appartenere a un periodo successivo al Pliocene, dal momento che si tratta di una coppia di strati di natura alluvionale-fango secco e compresso, con per di più del litantrace, addirittura più abbondante che negli strati terminali del Paleozoico, in cui il litantrace, seppur presente, è un tantinello esagerato nominare un intero periodo Carbonifero, secondo la definizione di Abraham Werner. L’aumento della presenza del litantrace è attribuibile alla natura paludosa e alla gran quantità di piante che, a causa di alluvioni prolungate, sono cadute, schiacciatesi le une addosso alle altre e in ultimo compattatesi, schiacciatesi come rottami dentro la pressa di uno sfasciacarrozze e la cui legnina, mista alla corteccia, sono diventat* con il passare dei secoli in saecula saecolorum un insieme di calcoli, di coproliti duri come la latta e dall’aspetto uguale a quello della liquirizia, usati per scaldarsi prima dell’epoca della combustione petrolifera. Gli antenati cercopitechi dei giapponesi erano creature alte all’incirca come un cane di grossa taglia con un articolazione della gamba nell’osso sacro molto più mobile di quella attuale ma contemporaneamente anche meno stabile, rendendo quindi questi antenati dei camminatori discutibili. Sotto cotanto punto di vista, viene da pensare agli Australopitechi e come, nonostante le scoperte di Johanson, in realtà “ballassero” come i lemuri, e di come sia ben lontana dall’aversi una teoria che unifichi le varie ipotesi mitologiche sull’acquisizione della stazione eretta nel deambulare. Ma a ostacolare questa Grande Unificazione vi sono ben tre ostacoli:
  1. Il rifiuto dell’importanza del mito, della fede, della religione;
La scienza senza la religione è zoppa. La religione senza la scienza è cieca
Albert Einstein
L’immaginazione è più importante della conoscenza
Albert Einstein
Che strana macchina è l’uomo. Gli metti dentro lettere dell’alfabeto, formule matematiche, leggi, e doveri ed escono favole, risate e sogni
Fabrizio Caramagna
  1. Il continuo menefreghismo nei confronti del principio dei magisteri non sovrapponibili;
Il progresso umano si sviluppò a grande velocità e dandogli poteri inimmaginabili; ma ahimè il progresso morale non fu altrettanto veloce
Renè Barjavel
Sviluppare la mente è importante, ma sviluppare una coscienza è il dono più prezioso che i genitori possano fare ai figli.
John Edward Grey
 
  1. L’essere atei creduloni
Non esistono atei; solo pagani
Fedor Dostojesvky
 
Pertanto a ogni morte di personaggio in una puntata di Dallas si squadernava un'altra teoria per spiegare perché non camminiamo a testa in giù, perché non siamo centauri e come mai soffriamo di calli, duroni, vene varicose, mal di schiena, scoliosi, cinetosi: dall’uomo acquatico (Alister Hardy), alla deforestazione (Telmo Pievani), fino al rapimento da parte degli alieni (Yu Yamamoto, Arthur C Clarke, Iginio Straffi…..) venendo la voglia di rispondere che tutte le spiegazioni valgono alla stessa maniera, se nessuna Galileianamente e Popperianamente parlando assume maggiori consensi a scapito di quelle evidentemente più prive di consensualità unanime. Una lite tra fiorai su quale rosa fosse più bella, tra Era, Afrodite e Artemide per stabilire chi fosse la più bella mentre Eride ci guadagna, mentre agli altri non potrebbe importare di meno. E senz’altro Koizumi aveva quell’atteggiamento degli uomini di più lungo pensiero che si elevano, si cesurano, si eccellono dal pollaio che suscitano preterintenzionalmente con la loro franca espressione doxologica, come lo era Giovanni Guareschi e come  lo è massimamente Giampaolo Pansa dopo gli attacchi rinnovantisi in automatico come negative Primavere a ogni suo nuovo tomo sulla verità storica della Resistenza partigiana. Il mondo gira, si litiga per il niente, atto misericordioso è non appartenere, ignorare, badare a sé stessi. Preoccupati più della tua coscienza che della reputazione. Perché la tua coscienza è quello che tu sei, la tua reputazione è ciò che gli altri pensano di te. E quello che gli altri pensano di te è problema loro Charlie Chaplin. Koizumi d’altronde, come Giuseppe Ungaretti, non voleva tuffarsi in un gomitolo di strade, specialmente se su Tokyo il cielo era un soffitto ostile di guttaperca nera attraverso cui correvano lampi e che come un bombardamento faceva colpire la terra da raffiche di pioggia. Koizumi se la faceva da dietro delle tende color corindone valutando che non c’era sufficiente aderenza alla realtà. “Più guardo questa pioggia, più mi convinco che me l’abbiano appiccicata alla finestra con del Vinavil” diceva. “O con Photoshop. Fa uguale” Koizumi era un uomo a sé stante fisicamente parlando: aveva un corpo avvizzito, un tubo da grondaia, ma la testa di una persona che doveva pesare il triplo di quel corpo. Un segaligno con il cranio di un obeso. Non era però uno scherzo della natura in senso lato, giacché frequentava ambienti in cui si accettava (quasi) la qualunque, condividendo la cattedra con anche degli acondroplasici, dei gigantisti e via dicendo. Nel momento in cui, guardando sotto quelle teste ghiribizzose anche in senso grottesco come quelle dei libri di caricature di Basil Wolverton, si scopriva che c’era del marcio in Danimarca del genio e dello sfruttabile, in genere le università facevano gare per quei geni ghiribizzosi. Ora era un uomo che aveva quasi un cervello per due, un craniostenitico che sembrava Sloth de I Goonies, ora uno con una terza mano, ora uno su una sedia a rotelle che boh, era semplicemente Niles Caulder della Doom Patrol, ma oh, già che c’era ci stava. Koizumi si mise su uno Stockholm dell’IKEA che sembra il velcro dei pavimenti dell’Overlook Hotel di Roy Walker e in atteggiamento catatonico guardava il soffitto fumando. “I miei fossili hanno aspettato più di mille anni, e in mille e più anni hanno mantenuto se stessi in attesa, come mossi dalla forza di una promessa. E io, modestamente, credo d’averla adempiuta. Sì Koizumi, la promessa, la promessa che venne loro promessa l’hai mantenuta tu” un nome per i fossili? Molto probabilmente Nipponantropus Koizumii, ma restava da elucubrarci sopra con dei più competenti di lui. Mentre la mente errava sulle note della colonna sonora di La morte viene dal pianeta Aytin di Angelo Lavagnino, Koizumi sembrava un impiccato, con gli stessi occhi da antico Moloch, come quello costruito da Arrigo Equini per Ercole contro Moloch di Giorgio Ferroni, giungendo a far trascolorare le note a metà tra la cavalcata western da Ennio Morricone con effetti synth come quelli di Burt Rexton per Le notti del terrore di Andrea Bianchi in suoni più tradizionali, mentre si disegnavano paesaggi di foreste selvagge lungo il Tama e un insieme di pagode su un ponte su una cascata che ruggisce ininterrottamente. È lo scenario di un classico film estremorientale, e anche gli abiti fanno pensare a quelli di una pellicola di Lo Wei. Degli uomini con i volti contratti e rugosi trascinano uno scheletro incastonato nella pietra lungo il pontile, e lui, Koizumi, è lì, e li sta guardando. “それは、地獄の骨格です. 彼は、彼の爪が複数回出血するのを望んでいない場合、彼は解散する!” non li capisce, il giapponese è troppo aulico, ma una cosa afferra: che deve scostarsi, marginalizzarsi, perché hanno l’urgenza di passargli oltre, e quello che tengono con loro ha molto che non va, e non vogliono che lui vi ci si avvicini. Ricevuto, Koizumi corre fino a raggiungere un'altra stanza, ma viene catturato da delle mani. Sono mani morbide, femminili, sembrano quelle di un karakuri coperte di velluto, provengono da una valchiria con gli occhietti mandorlati di una fanciulla di un manga di Yoshiko Watanabe, i capelli neri intrecciati in due fruste nere che le si allungano sulla S della schiena e dei glutei, perfetti come nemmeno se li avesse disegnati Armando Testa, i seni grossi come kintsugi, i vasi “belli perché rotti”, vasellame di pregiatezza incomparabile pregni di estetica wabi-sabi, carpe diem estetico, il busto che, come il disegno di una pera matura, zigzaga con la mollezza di un autostrada resa di gomma come quella de Il pollice dell’autostoppista di Robert McKimson fino alle gambe strette come un doppio incrocio ferroviario, i suoi abiti, leggeri ma robusti, i piccoli zoccoli ortopedici, le calze bianche sulle cosce da cammello, i seni di cui vi era giusto il cruccio di occultarne il capezzolo, la testa da bambola anni 80 in cui l’attaccatura dei capelli disegna la punta di una fiocina. “Come ti chiami? Perché mi hai trattenuto?” “スケルトンの呪いは車輪の雪崩のようなものです” esordisce lei con fare mellifluo, da gatta in calore “これは彼女を殺すことができる唯一の女性です” uccidere una maledizione? Koizumi non capisce, ma le da retta anche perché saltuariamente meno si capisce più si capisce. “Senz’altro la carovana esorcizzante passerà attraverso questo bugigattolo, sai già cosa farai quando succederà codesto evento?” “私は1000人の殺人事件で殺された女性です。私を心配する必要はありません....” la gnoccona giapponese simile a Hitomi Tanaka si mise davanti ai due uomini, i due vegliardi che arrancavano trasportandosi appresso quel grosso sasso fossilizzato, chiedendo, o più esigendo, che venisse lasciata lei e lo spettro disturbato nel sonno (quasi) eterno da soli. Costui aveva, una volta materializzatosi, un  aspetto tra l’umano e il mandrillo, uno scheletro dai movimenti meccanici di una marionetta, che però teneva un bel vocione, come quello di Renato Montanari, con il quale inveiva ai danni della Giunone credendola una sprovveduta con troppa arroganza. “Io incarno la rabbia e l’anelito di vendetta degli antenati della dinastia dei Katsuda, che voi Ogawa avete sterminato!” あなたは猛烈な一族で、日本全土を圧倒して作ろうとしています。だから私たちを埋葬するのは私たちの義務でした!” e con i suoi Lu Jiao Dao attaccò frontalmente lo scheletro, servendosi della tecnica sciamanica Shi o korosu rokkingunaifu, “le lame a dondolo che uccidono la morte”, con cui gli attacchi ultraterreni vengono neutralizzati. Se non bastava, era anche generosa nel servirsi di shuko sui suoi tsurumaki, anch’essi in grado d’attivare lo Shi o korosu rokkingunaifu, qui diversamente chiamato Shi o korosu kakushitsu yōkai no tsume, “artigli della cheratolisi che uccidono la morte”, era una combattente con il ballo di San Vito, compiva capriole, salti da canguro, persino avvitamenti che elicitavano le sue cosce simili a nacchere brasiliane in memory foam di spaccargli le vertebre cervicali, cosa comunque poco efficace perché quello è già morto, ma che rappresentavano una seccatura retrospettivamente poiché era come essere continuamente decapitati. Il che finiva con il farti perdere l’obbiettivo, impegnato com’eri a risistemarti la testa sulle spalle con una simile arpia furiosa che ti attaccava con la furia e la violenza d’impatto di un intero esercito di arieti che si abbatte su antiche mura e impaziente solo di avere ostenduta una guardia sufficientemente abbassata da elicitarla allo scontro frontale pienamente concussivo. Alla fine, lo scheletro dovette giocare sporco se voleva farla franca. Si munì di un paio di nigiri extra-large con le quali minacciare Koizumi di staccargli la testa, trinciargliela con sommo dolore e con una morte lenta e dolorosa quale corollario. La tettona dall’estremo Oriente però non demorse, aveva più armi lei da tirare fuori dal nulla che cartelli Senzanome e estrasse un ornitottero a molla che, caricato, se ne volò verso l’orizzonte. Ma era tutta una strategia per disarmare l’osteggiatore. Infatti alla nigiri l’ornitottero di poc’anzi attaccò magneticamente degli hiya caricati a miscela pirocinetica al deretano del nigiri, che esplose separando incontrovertibilmente le due lame emisferiche, catapultando Koizumi a terra e togliendo allo scheletro il suo ostaggio. Lui#1 se l’era cavata con due graffi da carta ai lati del collo, niente per cui rimanere dissanguati, lo scheletro era di nuovo senza testa, da mettere e togliere se lo si vuole all’infinito ma totalmente senza costrutto. Lui#2 non avrebbe retto ancora per così tanto, mentre l’avversaria era un uragano che stava comburendo la sua giovinezza con tutto il trasporto che si consiglia a chi dalla vita non ha che or ora poco per affannarsene, e certamente avrebbe vinto lei se dalla sua parte, di lui#2, non fosse sopraggiunta quell’iniquità nella distribuzione dei livelli di forza che eternamente fa vincere le forbici sulla carta perché le forbici possono tagliare la carta, il sasso sulle forbici perché le forbici si sbrindellano se osano aggredire il tegumento inscalfibile del sasso, la carta sul sasso perché la carta lo può avvolgere. Ma lui quell’iniquità la poteva avere, e ce l’avrebbe avuta, era solo una questione d’olifante. In questo caso, una voce senza suono, telepatica, che resuscitava i trapassati, ne aumentava la forza e la stazza, e li rendeva del valido materiale per erigersi un nuovo corpo, fatto d’ossa grandi come travi e come esse robuste e coriacee. E mentre sotto i piedi del Gashadokuro la pagoda crollava, Koizumi si riebbe madido di sudore senza essersi reso conto che era come rinvenuto da un coma. Qualcosa prese a innervosirlo, qualcosa lo fece alzare, vestire impeccabilmente come a un matrimonio, e sempre qualcosa lo fece scapicollare giù in strada con ombrello raccattato al galoppo da una invero generosa ombrelliera, tuffandosi nelle strade rese piccoli fiumi dalla pioggia incessante e con i tuoni come cannoni in una battaglia paradisiaca, come Lotta di putti nobili contro putti plebei di Guido Reni, scapicollandosi a raggiungere la fermata della metropolitana di Sakuradamon, fino all’immediatamente vicina Nagatacho, dove c’era l’interscambio con la lillà di Hanzomon. Si mantenne in essa raggiungendo il capolinea Oshiage, che era poi dove c’era il TST, Tokyo Sky Tree, che lui doveva raggiungere, imprescindibilmente. Raggiunse la sommità, ben occultato in mezzo agli altri turisti che, a ritmo da tornelli, salivano, scendevano o rimanevano là per là nei piani e qui cercò dove accucciarsi senza che lo si importunasse. Tanto non doveva che fare un numero e non ci avrebbe messo che un oncia di minuti. Si chiuse nel bagno più in alto di tutto il Giappone, escludendo quelli della base spaziale Fuji Astro Flying Center di Odissea sulla Terra di Kazui Nihonmatsu, e messaggiò alla polizia avvertendola di recarsi a Minaminumagami per fare dei sopralluoghi nel cimitero.
 
Infatti, andarono a Minaminumagami, e videro che una tomba, molto grande e concamerata, era stata disseppellita. Oltre a ciò, nella terra dappertutto ad essa c’erano impronte inumanamente grandi e appartenenti a uno scheletro colossale. Le impronte proseguivano raggiungendo il centro città, in cui il passaggio del gigante era stato segnalato già da diverso tempo e indipendentemente dalla chiamata di Koizumi, elucubrando però che il gigante era tirato filato verso il mare e che lì poi se ne era volatilizzato. “Ciononostante le tracce e il modo con cui è avanzato insindacabilmente mostrano che ci sono stati dei danni da lui compiuti” “Innegabilmente. Ma di cosa poteva trattarsi?” “Mi permetterei troppi lussi e già di lusso ce n’è poco, ma propenderei per credere che abbiamo a che fare con un Gashadokuro” “Un cosa?” “Ho qui con me un libro! Gli scheletri delle persone uccise dai banditi,
gli scheletri delle persone uccise dalla guerra,
gli scheletri delle persone uccise dalle carestie
convergono tutti a formare un gigantesco scheletro, alto venti volte un uomo, 
si dice che questo gigantesco essere divori qualsiasi essere umano incontri, senza alcuna eccezione.
Quando di notte sentite un rumore di qualcosa che ricordi un "gash, gash" allora guardate in alto...
forse il Gashadokuro é sopra di voi...” “Pinzillacchere per superstiziosi! Non può esistere una cosa del genere!” “Vi verrà invero d’ammettere però che cotanta impronta di certo non ci sono molti altri modi per deporla!” “Ma dobbiamo mantenerci persone di polso, qui a saltare a conclusioni affrettate si fa solo male. È un impronta che potrebbe contenere un uomo intero. Va avanti dritta fino a raggiungere il porto e i danni sono i seguenti: una serie di Renault 4 Parisienne partecipanti a un raduno di sorcini della Renault che appare nel 14esimo James Bond 007 bersaglio mobile spiaccicate, una roulotte Adria Optima 400T fatta esplodere (ma con chi abbiamo a che fare, con Jet Jaguar di Ai confini della realtà di Jun Fukuda?), un'altra auto, di modello non pervenutoci, fatta schiantare nella vasca da bagno di una casa dalla muratura divelta, altri incidenti automobilistici (cazzo, si sta come d’Autunno qui come in Le macchine che distrussero Parigi di Peter Weir, il manifesto contro gli eccessi dell’ecologia accanto a Un maledetto mondo fatto di bambole di Michael Campus post Aurelio Peccei e le sue stronzate), e un porto sul quale sembra sia passato un asteroide a rotta di collo. I danni saranno pazzeschi da riparare specialmente dopo i fatti di Fukushima, ma noi giapponesi potremo domandare assistenza ai nebraskan, Omaha nel Nebraska è gemellata con Shizuoka, ci dovrebbero venire a dare una mano” questo disastro, derubricato come un altro maremoto in una stagione nei quali il Giappone aveva un forte mal di stomaco, non passò inosservato a Kubo, che, insieme ai suoi, si recò a Shizuoka e al suo porto di Miyakami, dove, presentandosi come degli oceanologi, ebbero il permesso di servirsi di un sommergibile di piccolo calibro con il quale mettersi a compiere ricerche nelle zone limitrofe. “Qui c’è stato un gigante, che ha camminato e seminato morte e distruzione seguendo un percorso preciso, che ne ha visto la conclusione qui, nelle acque del porto di Miyakami. È compito nostro trovarlo” “Ma cosa faremo quando l’avremo trovato? Non abbiamo nessun mezzo per combatterlo, nel caso si mostrasse aggressivo” “Mio padre mi ha parlato che c’è un arma, una lama collocata in un telescopio dell’osservatorio del templio di  Koya, a Wakayama, che potrebbe uccidere financo un re planetario come Raiden. L’importante è far sapere agli abitanti di Shizuoka dove si annida la minaccia, in modo che possano debellarla in tempo utile” zigzagando tra i fondali e i relitti, ben presto raggiunsero il fondale della baia di Suruga, a 2.500 metri di profondità, attraversando un territorio inospitale nel quale era “vietato” crescessero alghe, costellato da relitti di antiche navi dalla vela in carta di riso assembrati assieme a di più recenti, mercantili e navi da guerra, sommergibili e portaerei. E, in quei 2.500 metri era tutto un emergere di ossa dalla Discontinuità di Mohorovìc, scheletri di salme che allungavano mani ridotte a posidonie di calcestruzzo verso la torpedine che vi ci vagava attraverso. “E’ inquietante….sembra la scena di un film in cui i protagonisti vengono assediati dagli zombie” disse Coraline, che però a parte la rottura di scatole per gli zombie impiccioni non era poi così turbata, scattando anche delle foto. “Kubo, tu che ci fai da Publio Virgilio Marone attraverso questo girone infernale, sapresti dirci se tutto questo è bene o alternativamente male?” fece Norman. “No bene. Tutta questa gente non può essere morta contemporaneamente tutta qua affondando con un così grande numero di vascelli. E infatti quaggiù è innaturale che si formi un cimitero nautico spontaneamente. Ci conviene tornare in superficie e darci anche una mossa se non vogliamo che…..” ma Kubo non ebbe né il tempo né il modo di far chiudere quella prolusione. Vennero stretti come un sasso da lanciare sul pelo dell’acqua di uno stagno da una mano colossale, quella del Gashadokuro che raggiunse la costa di Heda seminando il fuggi fuggi. Lento, inarrestabile e con un verso da far tremare le inamovibili montagne afferenti alla vetta del Darumayama attraversava il porto e continuava inerpicandosi sulla vetta del Sanagiyama fino a toccarla, alzandosi sopra di essa come Sanda e Gayra mentre si avvicinava l’ora nella quale il cannone MASER del Dottor Yuzo Majida ucciderà ambo i “figli” del bambino che a Hiroshima per sopravvivere mangiò il cuore nuclearizzato del mostro di Frankenstein diventando un mostruoso gigante nel precedente film Frankenstein alla conquista della Terra, ma stavolta nessuno lo avrebbe fermato. Il caos imperversava e i sodali di Kubo erano ammassati come stracci contro la paratia di poppa del sommergibile nei pugni del mostro, mentre il ragazzo giapponese combatteva contro la gravità per raggiungere la plancia. “Non ce la farai mai!” implorava Coraline. “Non c’è niente che qua dentro possa costituire un aiuto. Purtroppo non ce la faremo….” “Intanto non voglio morire da precipitato vinicolo. Cercherò di farvi rimettere in piedi anche a voi, se il mio corpo, già fiaccato da prove di forza incomparabilmente oltre l’umano, cederà almeno una volta” “E non puoi lasciare che ceda se vuoi vivere Kubo!” “Cederà comunque ma è certo che non morirò. Il sedile, finalmente posso sedermi. Qui ho trovato dei cavi di rame d’emergenza, aggrappatevene e usateli per raggiungermi a prua” mentre era in corso la faticosa arrampicata, Re Raiden ebbe la Schandefreude d’apparire e interferire con Kubo “Sentenziai che tu morissi e con te i tuoi genitori. Ora Gashadokuro me ne da la chance. Se ti arrenderai senza oppormi resistenza, io risparmierò la vita a gli altri. Altrimenti la pressione di Gashadokuro diverrà tale che vi ridurrete a sottilette, foglietti di formaggio più minuti di uno stuzzicadente. A te la scelta” Kubo si massaggiò la testa affranto e con idee a quota zero. No, Re Raiden non avrebbe mantenuto la parola data, non ci pioveva su questo. È perché avrebbe dovuto? Sua madre e suo padre erano stati adamantini, quell’uomo che adesso cinicamente giocava con lui non aveva mai tenuto la parola data. E di certo non si era mai costretto a dividere tra i colpevoli che lo ingolosivano e gli innocenti. Perciò poteva solo scegliere di non scegliere se messo in quella situazione. “Fai di me ciò che vuoi Raiden, fa di me ciò che vuoi……” “Ammiro la tua ragionevolezza, e contemporaneamente mi stomachi ulteriormente. Perché quelli come te, come Hanzo e Sariatu lo state facendo per farmi venire i sensi di colpa. Conoscete troppo bene che il mio ricatto a vostro parere presuppone implicitamente che io lo infrangerò. Se davvero non hai nessuna fiducia in me, la tua malafede verrà accondiscesa!” e Gashadokuro strinse la presa. Ma le cose non andarono come previsto….
 
Base Mercurio aveva il suo spazio aereo intersecato dai più fantastici vascelli spaziali mai concepiti dalla NASA: aerei senza ali ma con alettoni di dimensioni subnormali, missili a stadi, astronavi a forma di lampadario con propulsione tachionica, “ombrelloni”, basi spaziali mobili monoporzione simili a funghi che raccolgono l’energia dal Sole per la fissione atomica necessaria a sostentarle, altre a forma di anello, spazioplani con reattori comburenti a forma di pallina dell’albero di Natale. Mentre Walter era intento a riempire a gara dei bicchierini di plastica con una pistola d’acqua, come se fosse l’ultimo uomo in generale, sentì bussare alla porta dacché lui era seduto da solo là dentro. “Si può sapere chi è a quest’ora?” chiese non sapendo cos’altro dire. Per un po’ stette sulle sue, convinto che, unanimitariamente,  dovessero averlo sentito. “Ke razza d voce è kvesta?” li rispose una voce femminile dall’altra parte. Walter andò alla porta scorrevole e premette l’interruttore convinto di avere a che fare con una giovane turnista di quelle che arrivavano in genere dopo un addestramento volto a far loro accettare che nello spazio o ci andavi che eri mentalmente come Clint Eastwood, James Cromwell, James Garner, Donald Sutherland, Tommy Lee Jones di Space cowboys di Ken Kaufman o non ci andavi, e che saltuariamente tornavano a fare le bimbeminkia. Però Walter non era preparato ad avere a che fare con donne straordinariamente mature, e contemporaneamente con un aspetto così inusuale. Erano una squadra nella quale spiccavano una vampira in cui muscoli e seno erano entrambi enormi, muscolosa e tettona ma comunque con delle linee estremamente armoniose, con un monokini di poliuretano pesante, un polimero plastico ad uso militare, paragonabile alla gomma vulcanizzata, con delle frese collocate nelle clavicole e che s’infossavano direttamente nella carne, i capezzoli coperti da delle sorta di boccolieri con il logo dell’allarme nucleare coperti dal suddetto monokini assottigliatosi in due elastici neri, capaci idraulicamente come due cannucce dei succhi di frutta in bricco che terminavano in una conchiglia allungata che le avvolgeva le circonflessioni iliache superficiali come due pneumatici che si agganciano al telaio in una coppia di circonferenze tracciate con un concoide di De Sluse e “proiettate” lungo una coppia di curvilinee tracciate da una guida rettilinea di Roberts, in base alla circonferenza applicata all’assonometria cavaliera, una donna-rettile, con squame che si trasformavano in un mosaico a incastro da gioco Quercettic, con una coppia di arcuate creste dove dovrebbero esserci i capelli, che la figlia di Carmilla (Yutte Stensgaard) teneva invero annodati in una coda di cavallo simile a delle fibre ottiche fuori di guaina, una ragazza vestita come Ursula Andress in La montagna del dio cannibale con i capelli verdi, una ginoide la cui “pelle” è a metà tra quella di una puntata di Siamo quelli di Beverly Hills e un vecchio termometro al mercurio, destinati a rompersi e a rendere casa tua uno scivolo ad acqua con una coda che terminava con un pungiglione, sopra la sua testa pendente come l’amo di una rana pescatrice. “Voi non mi sembrate cadette NASA” “E tu non sembri un* maschiemma[8]” “Maremma?” “No, un maschiemma, tipo così:

Una femmina dotata di pene. Con permesso, vado a vomitare…..”
 
“D’accordo, emesi a parte che c’azzecca con me questa vostra assurda prolusione? E poi voi chi siete?” “Noi verremmo da Ecate, la Terra Madre” “Mai sentito pianeta chiamato così” “E’ questo, così adesso sai com’è”

“Ma è la Terra! Lo stesso pianeta che si può osservare dal lucernario della nostra base!” “Che strano. Eppure fin da quando venimmo de-incubate il nostro mondo lo chiamiamo Ecate. Quali bislaccherie ci racconti?” “No, no, no, mi servono spiegazioni e mi servono adesso
 
“Tutto cominciò quando venne scoperta la disparità del cromosoma X, quello doppio che è presente nei maschi, a cui poi cominciò a succedersi una malattia che progressivamente rendeva i maschi umani impotenti, soggetti a anemia o gigantismo, in alcuni concorrenti di Mister Universo i muscoli li fecero morire con il cuore schiacciato dai loro stessi pettorali e così altrettanto i polmoni. Le donne ne erano immuni, e progressivamente, con un evoluzione accelerata espandemmo le nostre capacità. Sviluppammo un intelligenza maggiore di quella dei maschi, e similmente espandemmo la nostra forza, la nostra agilità, e alcune donne svilupparono un clitoride estremamente grande, in tutto e per tutto un pene completo di prepuzio, glande e ovaie in grado di generare spermatozoi, a partire da ovuli citodieretici e con tube di Fallopio rese identiche all’epididimo e al dotto deferente. L* chiamammo maschiemma, o ermafrodit*, e per ess* venne reso obbligatorio l’asterisco obliterante. Ognun* appartiene a tutt*, ognuna appartiene a tutte. Alla fine il gene maschile scomparve, come i Neanderthal, gli accadi, gli ayyubidi, gli etruschi, gli unni, i normanni, i rongorongo dell’Isola di Pasqua. Rimasero solo le donne e le maschiemme sul nostro pianeta” “Terra” “Ecate o Terra?” “Terra perché sono duro di comprendonio e, come Jimmy Kennedy anch’io non capisco perché Costantinopoli l’hanno chiamata Istanbul” “E che c’entra?” “Chiamatela Terra perché sono sul punto di vomitare” “Noi donne e maschiemme attuali non sappiamo nulla direttamente di queste cose, nelle lezioni di Storia ce l’hanno spiegato, ma noi stesse e noi stess* non sapevamo assolutamente come fosti fatto tu” “Cioè siete rimaste con un palmo di naso perché avete visto un* con il pene e senza le pumpe? Quindi fu una malattia che misteriosamente beccava solo i maschi e che misteriosamente non si trovava modo alcuno per guarirla? E i maschi scomparvero irrevocabilmente da questo mondo? Io in merito ho un sospetto. C’è tra di voi una dottoressa? Una biologa? Un anatomopatologa?” “Sinceramente no, ma abbiamo i nostri Seidelman Pog”[9] “A cosa servono questi portacipria?” “Servono a visualizzare un avatar di una donna del passato che, con i suoi consigli, possa esserci d’aiuto. Il mio è quello di Rita Levi Montalcini” “La torinese che Primo Levi (L’altrui mestiere) definì principesca e irrefrenabilmente indomita apparve più giovane dei suoi cent’anni, come doveva essere nel 1939, somigliante a un attricetta di carattere come lo poteva essere Carole Landis, Bessie Love, Clara Calamai, Fiorella Mari, e già ben imparata di scienze della vita. “Signora illustrissima dell’italica farmacologia, abbiamo bisogno di un suo consiglio. E’ possibile una malattia mortale solo per i maschi ma addirittura superomisticamente salutare per le femmine?” “I germi e i morbi colpiscono tutti. E’ una malattia genetica?” “C’è né la certezza” “Allora donde i telomeri cromosomici sono diversi per maschi e femmine, certi sessi possono essere più colpiti di altri, ma colpire vengono colpiti anche fino alla morte e il cianuro di uno non può essere l’olio di ricino di qualcun altro” “Come millantavo. Proviamo a usare la logica. Quella malattia, per uccidere solo gli uomini, o deperendoli come anoressici morti di magrezza o schiacciandone cuore, causando mixomi, polmoni, causando carcinoidi, e financo reni causando prima ematuria per sfaldamento dei glomeruli di Malpighi che, come elettrodomestici passati nelle zampine di Willy il coyote (come il frigorifero con congelatore automatico di Lavato e stirato o l’impacchettatrice automatica di Chi salta si fa male, o la moto di Vieni, guarda e vinci! E il missile di Il coyote testardo) non funzionano neanche infliggendosi da sé le stimmate di Padre Pio dovute a spontanea formazione di acido fenico nel sistema linfatico ematuria e poi ipernefroma da steroidi e eccessiva massa muscolare, con culturisti morti schiacciati dai loro stessi muscoli, dev’essere non un arma batteriologica a omicidio casuale, ma come la leggendaria spada di Damocle che anche da sola trafiggeva o i moderni missili a tracciamento termico o come nel più classico episodio di Autogatto e mototopo in cui il felino su ruote di Marty Ingels progetta un avveniristico missile-auto multiaccessoriato che sembra vagamente un Intercettore della SHADO su ruote, ma che comunque apporterà una catastrofe indicibile deve essere una malattia mortale specificatamente indirizzata a queste vittime. E soprattutto deve essere stata creata. Sovveniamoci cosa ci dicono i due protagonisti di La cosa di Umberto Eco in Diario minimo:
Volevo aspettare ancora, ma ora mi avete provocato. Ho fatto qualcosa-la sua voce divenne quasi un sussurro-qualcosa di grosso….e, per il Sole, bisogna pure che lo si sappia!
[….]
Bene, fece perplesso il generale, è un sasso.
Il Professore ebbe un lampo di malizia negli occhi celesti, sormontati da una coppia di siepi di sopracciglia ispide e incolte. Sì, disse, è un sasso, ma non da lanciare, da impugnare.
Da imp….cosa?
Da impugnare Generale, da abbracciare con la parte senza dita della mano, come un pesce estratto dal fiume. In questa pietra, piccola è vero, c’è l’energia sufficiente a un uomo per mettere le forze della Natura contro loro stesse. Osservate
[….]
Il Generale guardava con gli occhi sbarrati, trattenendo il respiro. Fenomenale, sospirò a mezza voce deglutendo la saliva accumulata nel palato.
E questo è il nulla, disse il Professore con aria di trionfo, questo è il nulla, anche se voi con le dita non sareste mai riuscito a fare niente di simile. Guardate ora-prese una noce di cocco e chiese al generale di aprirla manualmente, di spaccarla servendosi esclusivamente della forza delle braccia.
Voi sapete bene che non è possibile, disse. Solo un dinosauro ci riesce, colpendola con la zampa.
State a vedere-rispose il Professore. Prese la noce di cocco, la mise su un “tavolo” di pietra e con un solo colpo inferto dalla pietra scheggiata che adesso passava dalle sue mani a quelle del Generale ne spaccò il tegumento, mentre un bolo di succo del frutto eruttava dalla scorza violata e bagnava il pavimento roccioso. Le fette, con la loro polpa, ora erano alla portata sua e del Generale, e infatti una di esse venne presa dal Generale che se ne saziò con sommo piacere.
Per il Sole Ka! Questa è una cosa meravigliosa! Con questa “Cosa” l’uomo ha centuplicato la sua forza, può tenere testa a qualunque dinosauro….è diventato padrone della montagna e della foresta, ha ottenuto metaforicamente un terzo braccio…..ma che dico! Un villaggio di braccia! Dove l’avete trovato?
Ka sorrise compiaciuto: non l’ho trovato, l’ho fatto.
Fatto? Che significa fatto?
Che prima non esisteva, ora, dopo che l’ho fatto, esiste.
Siete pazzo Ka, disse il Generale tremando, deve essere caduto dal cielo, deve averlo portato qui un emissario del Sole, uno spirito dell’aria….com’è possibile fare qualcosa che prima non esisteva?
E’ possibile eccome-disse Ka con calma-è possibile prendere un sasso, battervi con un altro sasso sino a scolpirlo facendogli assumere la forma voluta, in modo che la mano abbia una zona di esso dove tenerlo in mano, e se lo si vuole farne anche di più grandi
Ecco, come un utensile di pietra che verrebbe umiliato anche solo da una spada non è un accidenti della Natura ma una cosa che è stata inventata, allo stesso modo questo virus esiste e l’hanno creato. E chi ha voluto che si diffondesse aveva in mente uno scopo preciso tale da rischiare a propria volta che se ne venisse contagiati. Quindi adesso resta solo da trovare il colpevole effettivo. Nella storia che vi hanno insegnato si fa menzione dell’epoca storica in cui il virus cominciò a manifestarsi?” “Ci hanno detto solo che è un passato assai lontano, ma che a quell’epoca comunque le donne erano trattate e con loro le maschiemme molto male. Spesso, soprattutto le maschiemme, chiedono ai teleologhi maggiori informazioni, vogliono almeno sapere se quest’epoca d’ingiustizia abbia un nome, in modo da essere cert* di non ripeterla per disattenzione. Ebbene, essi rispondono sempre che si chiama Medioevo, ma questo nome non è sempre mantenuto da tutti loro. Alcuni lo chiamano neoplatonica, altri medioevale, altri , altri anni 40, altri anni 50, ma ci dicono che non ne dobbiamo sapere nulla oltre al fatto che fossero male” Walter si impensierì. “Va bene….vi hanno semplicemente detto che erano o sono sces* nei dettagli?” “Solo che era tutto male” “Bene, Onniscente vedrà se ciò è vero oppure no” Onniscente è un poligrafo definitivo, che entra nella tua mente e ne esprome anche quello che riesce altrimenti a rifugiarsi troppo in basso, e che avrebbe osteso chissà quali “meraviglie” in merito a quelle quattro donne (o maschiemme, perché non avevano ancora detto chi aveva il “surplus” e chi no). Era non intrusivo, giacché era una gabbia sferoidale che leggeva le scariche elettriche del cervello in modo wireless, dandone poi il responso su uno schermo, eventualmente quello che passava sullo schermo poteva poi essere decalcato con un apposita stampante a transfer laser in fogli con fustellature removibili bucherellate. “Questa macchina vi obbligherà a ricordare anche quanto vi imposero di dimenticare, come la che Zio Paperone dà da bere a Omion per aiutarlo a ricordare il destino della città di Atragon del magico mondo di Auralon[10], solo che non vi farà sentire la lingua sulla sedia elettrica” come se fossero Joe McClaine che diventa Joe 90 le quattro donne subirono un trasloco cerebrale da cui emersero chincaglierie dimenticate financo da loro stesse. Walter leggeva sul monitor con un misto di scuotimento e angoscia. “Vi hanno mentito, vi hanno sempre mentito, cumuli e cumuli di menzogne. Santo cielo…..ho bisogno di nuovo di un libro….” Walter smontò e andò al bibliotecario automatico. “” “Libro. Carta, cellulosa vegetale cagliata, come la fanno vedere al museo della stampa di Lodi, caratteri piombati QWERTYUIOPASDFGHJKLZXCVBNM, sappilo” il libro uscì profumato di scaffale sotto l’occhio impassibile di Walter, che si mise a spiegarne il contenuto alle quattro carogne a Malopasso. “Cercherò di sintetizzare per quanto mi è elicitato fare. Ipazia non venne uccisa che a settant’anni d’età e dai parabolani, dei feticisti del martirio scomunicati già da prima. San Cirillo la difese finché era in vita e perseguitò i suoi assassini diventando Dottore della Chiesa. Un omicida o un mandante di un omicidio non lo sarebbe mai potuto diventare. E’ la stessa ragione per cui Beppe Fenoglio è uno stimato scrittore e Sandro Pertini è stato Presidente della Repubblica nonostante il predecessore Giovanni Leone sapesse perfettamente che il Pertini da Savona ordinò che Osvaldo Valenti morisse. Le crociate vennero indette prima contro i Catari, disprezzatori della carne e del mondo e che imponevano con la violenza il loro pensiero, poi contro i musulmani del Saladino che avevano trasformato Gerusalemme nel loro bordello manco fosse lo Slum King di Violence Jack trucidando i pellegrini e schiavizzando gli stessi arabi gerosolomitani e cairoti, e quando crociati e templari, cominciando a adorare Baphometh si abbandonarono a imperialismi ingiustificati vennero scomunicati. Il papa Pacelli non diede appoggio né a Benito Mussolini con l’enciclica Non abbiamo bisogno né a Adolf Hitler con l’enciclica Con viva preoccupazione. Figuriamoci a Josif Stalin con l’enciclica Divini redemptoris. Su Galileo e Darwin vi interesserà leggere e sentire quello che Antonio Zichichi avrà scritto” “No, noi volevamo sapere solo quella faccenda su Ipazia. E il Medioevo? La I 40? I 50?” “Il Medioevo convenzionalmente va dall’incoronazione di Carlo Magno alla Peste Nera. Quando Papa Celestino V facea per viltade lo gran rifiuto e Dante Alighieri fuggiva da Firenze, Giovanni Boccaccio componeva il Decamerone e Niccolò Macchiavelli il Belfagor arcidiavolo eravamo già nel Rinascimento. Quando Ferdinando Magellano circumnavigò il pianeta Terra prende avvio l’epoca moderna, coronata dalla scoperta dell’Australia a opera di James Cook o a dire il vero la ri-scoperta, giacché già Eratostene da Cirene e Aristotele e gli antichi greci sapevano che esistesse. Quando in Sardegna Luigi Tatti aprì la prima tratta ferroviaria dell’isola e in Giappone la Shimbaishi venne attraversata dal primo convoglio parliamo di età industriale. Dominano le macchine e avrebbero continuato a farlo fino all’epoca di Robert Goddard, l’era spaziale o era di Buck Rogers. L’era di Buck Rogers sarebbe continuata fino al 1969, con l’arrivo di Neil Armstrong sulla Luna. Comincia così l’epoca dei carolingi delle stelle o epoca di Barbarella. Come i carolingi, discepoli della scuola di Hokuto nel medioevo salvarono l’umanità dalla retrocessione evolutiva in gorilla, allo stesso modo James Fletcher issava il jolly roger con i colori della bandiera statunitense e come un lampo il suo pugnale che lanciava contro il mal, volava all’arrembaggio però un cuore grande aveva e sotto quella bandiera si era liberi. A quei tempi dovrebbero essere vissute le più agguerrite tra le vostre arcavole, ma la loro epoca finì con l’arrivo di Robert Frosch, l’elezione di Ronald Reagan e il lancio dello Shuttle che elicitò la costruzione di una discarica sulla Luna adibita alle scorie nucleari, che venivano depositate lassù da speciali astronavi costruite da Jerry Anderson, i Brachiosauri” “I Brachiosauri?” “Si chiamerebbero Aquile, ma sono così lente che io le chiamo così.

#magari
Dando inizio all’epoca Han Solo, che prosegue ancora oggi. E questo ci porta al decennio più ingombrante, ghiribizzoso, spettacolare, fuori di testa, quel che è stato è stato di quello che Eric Hosbawn definì il secolo breve,

 

 
Quando         tutto    era      estesi. E il femminismo aveva smesso d’ingannarvi. Come con i giovani innamorati protetti da San Valentino, eravate madri libere. E lo sareste rimaste
 
“Io però ancora ho confusione. Quindi non era una malattia spontanea, ma un arma batteriologica mirata” “Esattamente. Vi ricordate quel racconto di Eco? Il Generale era così meravigliato dalla Cosa del Professore che credeva gliela avesse data una divinità, che un Dio messo del Sole l’avesse forgiata e lui ne fosse incappato camminando sulla riva di un fiume, ma il Professore dice che l’ha fatta, che battendo una pietra contro una seconda pietra può temperarla fino a ottenere un amigdala che può essere impugnata e che dispone di una parte piatta e acuminata e che può essere usata come si vuole. Anche per uccidere un essere umano, perché è quello che succede nell’epilogo, quando il Generale uccide il Professore perché il secondo non vuole dargliela perché il primo se ne servirebbe per uccidere un capoclan rivale. Noi esseri umani inventiamo, scopriamo cose sapendo che esistono, gli scienziati scoprono e inventano apposta, non per ragioni casuali, Einstein diceva che Dio non gioca a dadi, se ne convincano gli araldi dell’ateismo, se per voi il Caso è l’artefice di tutto vi meraviglierete dell’ordine logico della Natura, di come tutte le rotelline girino in un modo che è insindacabilmente quello e non un altro. La gravità è unidirezionale, un sasso lanciato in aria cadrà sempre a terra. Anche nello spazio è valido questo principio. Un satellite (prendiamone uno piccolo, un Maggiolino Wolksvagen come Deimos di Marte) è in perpetua caduta verso il pianeta, ma la distanza lo mantiene fuori dal risucchio del campo magnetico planetario esercitante l’attrazione gravitazionale vera e propria, giacché la gravità è un fenomeno magnetico. Se spostassimo l’altitudine orbitale del satellite faremmo sì che cominci un inarrestabile caduta verso il suolo del pianeta con effetti devastanti. Dipendentemente dalla stazza dell’oggetto. Un vaso di petunie creerebbe un cratere profondo 70 cm e largo 30, un capodoglio farebbe molti più danni

 
Sì, ho letto la Guida Galattica per Autostoppisti. Non ho panico, credo nel numero 42
Come in un anno il freddo dell’Inverno cambia nel tepore della Primavera e poi questa Primavera diventa Estate e di come l’Estate si dilavi in Autunno e poi in Inverno, di nuovo di nuovo e di nuovo, e di come nelle scienze della vita a ben donde Alexander Koyré possa dire di essere passati dal pressappoco alla precisione. Voi conoscerete bene la precisione, l’esattezza con cui gli organuli funzionano, agiscono e si dispongono in una cellula. Le geometrie del guscio della tartaruga palustre americana, le meravigliose geometrie frattali dei coralli e del broccolo romanesco, la difficile ingegneria dello scheletro dei più colossali animali mai vissuti sulla Terra, che in una manciata di milioni di anni hanno attraversato il Giurassico, culminando nel turbolento Cretaceo con creature come il Sauroposeidon lungo 34 metri, l’architettura dell’alveare, che sarebbe meraviglioso visitare reso gigantesco, come quello dell’ape gigante di L’isola misteriosa di Cy Endfield, possibilmente senza rischiare la vita. Geometrie egualmente incomparabili agli standard umani quelli dei vespai, opera delle più sapienti cartaie di madre Natura, che, ingigantite, sfiderebbero in ardimento i design della fermata Amendola della metropolitana di Milano parto di Luigi Piccinato. L’uomo, dominatore delle forze della Natura, ha trasformato queste forze senza pensiero in meraviglie la cui complessità e la forza con cui ardiscono raggiungendo vette intoccate sgomenta, quando vi è la piena coscienza dell’intenzionalità che vi giace. Sulla Terra ammirereste il ponte di Brooklyn, l’Empire State Building, il Cristo Redentore sulla cima del Pan di Zucchero a Rio de Janeiro, le piramidi di Cheope, la Fonte Aretusa di Siracusa, la fontana dell’Amenano di Catania, la Torre Cavallara di Catanzaro, la chiesa del Santissimo Salvatore di Crotone, la Torre Mastio di Corigliano Calabro, la Torre Eiffel, il Cremlino, la Sagrada Famila, la grande muraglia. Ma ciò che l’uomo costruisce l’uomo distrugge.
Forse che l'odio il fulmine scaltro la mascella di un asino
La mazza nodosa di Un Milione di A. C. la clava il flagello l'ascia
Catapulta Da Vinci tomahawk Cochise acciarino Kidd pugnale Rathbone
Ah e la triste disperata pistola Verlaine Puskin Dillinger Bogart
E non ha S. Michele una spada infuocata S. Giorgio una lancia Davide una fionda
Bomba sei crudele come l'uomo ti fa e non sei più crudele del cancro
Ogni uomo ti odia preferirebbe morire in un incidente d'auto per un fulmine annegato
Cadendo dal tetto sulla sedia elettrica di infarto di vecchiaia di vecchiaia O Bomba
Preferirebbe morire di qualsiasi cosa piuttosto che per te Il dito della morte è indipendente
Non sta all'uomo che tu bum o no La Morte ha distrutto da un pezzo
il suo azzurro inflessibile Io ti canto Bomba Prodigalità della Morte Giubileo della Morte
Gemma dell'azzurro supremo della Morte Chi vola si schianterà al suolo la sua morte sarà diversa
da quella dello scalatore che cadrà Morire per un cobra non è morire per del maiale guasto
Si può morire in una palude in mare e nella notte per l'uomo nero
Oh ci sono morti come le streghe d'Arco Agghiaccianti morti alla Boris Karloff
Morti insensibili come un aborto morti senza tristezza come vecchio dolore Bowery
Morti nell'abbandono come la Pena Capitale morti solenni come i senatori
E morti impensabili come Harpo Marx le ragazze sulla copertina di Vogue la mia
Proprio non so quanto sia terribile la MortePerBomba Posso solo immaginarlo
Eppure nessuna morte di cui io sappia ha un'anteprima così buffa Panoramo
una città la città New York che straripa a occhi desolati rifugio nel subway
Centinaia e centinaia Un precipitare di umanità Tacchi alti piegati
Capelli spinti indietro Giovani che dimenticano i pettini
Signore che non sanno cosa fare delle borse della spesa
Impassibili distributori automatici di gomma Ma 3° rotaia pericolosa lo stesso
Ritz Brothers del Bronx sorpresi sul treno A
La sorridente réclame del Schenley sorriderà sempre
Morte Folletto Bomba Satiro Bombamorte
Tartarughe che esplodono sopra Istanbul
Gregory Corso-Bomb-Benzina
E io canterei disingannandovi
Forse donna mi odiasti quando nella savana primordiale
Decantai la tua bellezza?
Hai inventato una malattia con cui farmi fuori
E adesso me la fai respirare
Perché dopo quattromila anni io la smetta
Di amarti
Nel vostro sangue io credo che voi manteniate tracce di quello che le vostre antenate fecero voi.
Lo vedete o mortali
Come le bombe non sono scoppiate
Vi facevo meno intelligenti
Ma gli anni 50 sono finiti
E avete inventato l’arma dolce che manipola la mente
E l’apocalisse non sarà Eishenhower che lancerà il missile atomico
Ma Cicciolina nuda con un serpente tra le cosce
CREATOR: gd-jpeg v1.0 (using IJG JPEG v62), quality = 85
Il macchinario per le estrazioni ematiche sembrava un tomografo che esegue una tomografia al braccio, anestetizzandolo e poi con 40 aghi estrasse il sangue tridimensionalmente dall’arto scelto per la vampirizzazione, e 160 campioni di liquido ematico vennero coagulati in un solo super-campione, come mattoncini LEGOc che si assemblano. Analizzandolo, il sangue di Kablamula, la vampira con due bazooka nelle zinne sembrava latte misto a vomito con dei rottami di un cronometro frammisti. Analizzandolo, il sangue di Dilophia, la donna Dilofosauro sembrava grattachecca alla menta mista a vomito con dei rottami di un cronometro frammisti. Analizzandolo, il sangue di Felina, la supereroina che riassumeva Catwoman, Gatta Nera, Tigre Bianca e Vixen in una sola donna sembrava la “cosa” più prossima a del sangue, sebbene le licenze poetiche non fossero invero finite e più che sangue quello era vomito ematemetico con dei rottami di un cronometro frammisti. Analizzandolo, il sangue di Platinum Nail….no, lei era una ginoide perciò niente salasso, niente sangue. Quei risultati, quelle sborrate che sembravano brodi di coltura per Helicobacter Pilori della gastrite non era nella natura delle cose che circolassero tra arterie e vene della grande e piccola circolazione, e lui doveva andarci giù ulteriormente. Procedette a ingrandire e a ampliare il fuoco dell’otturatore fino a che superò l’iniziale televisione di latte, grattachecca, ematemesi e vomito standard con pezzi di metallo da giocattolo scientifico della newyorkese Kikkerlandc e si accorse oligovisivamente che quelle erano stazioni sommergibilistiche su scale micrometriche assemblate e gestite da piccole astronavi con braccia Waldo meccaniche delle dimensioni proporzionalmente le basi di un acaro della scabbia e i droni assemblatori e manutentori di un linfocita. “ipse cogita. Ragazze, quella non era una pandemia, ma una contaminazione nanorobotica responsabile del filocidio dei maschi” le foto fatte al microscopio vennero ostese diapositivamente alle astanti, e Walter gongolò pensando che dove non c’era riuscita nientepopodimeno che la Montalcini c’era riuscito lui. 1/0 per i membromuniti. “Vabbuò carinissime, questo è quanto. Ditemi, cosa siete venute a fare su questo pianeta?” “La nostra astronave non l’avete identificata perché usa meccanismi stealth di camuffamento identificativo. Volevamo scoprire il nostro passato, ma abbiamo smarrito la strada. Poi, a dire il vero, cercavamo il Dottor Daigonkeru, sapevamo solo che viveva in Giappone. Se lei, che da quassù guarda tutta la Terra, può aiutarci, ne saremmo grate e grat* a lei” “Ah bè, non è un problema”
 
Stavano circumnavigando a livello mesosferico la zona nei paraggi del Sanagiyama, quando con un ingrandimento telescopico identificarono il Gashadokuro come Nobuhiro Kajima e Christopher Murphy mentre, con le spallucce coperte dall’ineffabile Gamera (Umenosuke Izumi), scoprivano la superficie del pianetoide Terra prima che Gyaos (Yuumi Kaneyama) e Guiron (Satsuma Kenpachiro) li attacchino ostendendo cosa sono capaci (anche se il fatto che poi Guiron uccida Gyaos-oltretutto con un paio di passaggi parecchio balenghi-diminuisce la possibilità di coinvolgere Gamera in un combattimento due-contro-uno come quello di Godzilla contro Mecha!Godzilla e Titanosaurus). “Quello è uno scheletro gigantesco!” esclamò Walter.  “Dimena i pugni chiusi come se vi imprigionasse qualcosa. Potrebbero esserci delle persone in pericolo di vita per colpa sua. Dobbiamo rilasciare B19
 
La Route 19 è una delle highways degli Stati Uniti estesa per 2,314 km tra Florida, Georgia, Carolina del Nord, Tennesee, Virginia, Virginia Occidentale, Pennsylvania. Città intersecate: Erie, Mercer, Warrendale, Washinghton, Walkersville, Beckley, Bristol, Asheville, Atlanta, Monticello, Memphis
 
Lei certamente sarà in grado di combatterlo” “Parlate come se foste Emi Ito e Yumi Ito di Watang! Nel favoloso impero dei mostri. Ce l’avete con voi Mothra?” “No, e non sprechi tempo con cotali illazioni! Ammari in quel braccio di mare” Walter ubbidì e dall’astronave delle 4 donne cadde in mare una piccola locomotiva gialla che, allontanatasi l’astronave, emerse e cominciò a galleggiare. Arrivò sulla spiaggia e tagliò verso Oriente, disponendosi alle spalle del Gashadokuro e ostendendo fuori una donna da Calcutta coperta da una tuta bianca come quella della Tamara Dobson di Operazione casinò d’oro con un casco come quello di Mojo Jojo con un occhio sul frontone. Aveva la bocca aperta come un impiccata, e dal retro uscì un elfa dalla pelle verde vestita come una nativa della foresta pluviale dell’Amazzonia  che si trasformò in un calabrone e si accovacciò nel palato senza saliva. La donna finalmente chiuse la sua bocca e cominciò a correre verso Oriente, ricevendo dalla piccola locomotiva gialla un incrocio tra il Warugadar di Kyashan il ragazzo androide modalità Tank e Submarimon (Roberto Stocchi),  con il quale si inabissò nella terra. Dopo un poco perorò il piede destro del Gashadokuro inarrestabilmente provocandone lo smantellamento. Questa, per Raiden, non ci voleva, e addio scheletro gigante. Il sommergibile prigioniero venne raccolto al volo dall’astronave delle quattro, e portato a terra in piena sicurezza.
 
“Ossa alle ossa, morte che muore. Dodomeki, signore dai mille occhi, ti invoco perché tu arreca soccorso!” il Dodomeki, il signore dei mille occhi da Nagasaki, si concretizzò sotto lo sguardo di Raiden come un gigante dalla pelle assimilabile a quella di una coppia di sacche testicolari in stato molle con peli lunghi e simili a filamenti di tungsteno nero, la cute unticcia, bisunta di sudore, 86 palpebre con 86 occhi che giacevano pronti a schiudersi. Non sembrava li riuscisse parlare, ma Raiden esigeva solo cieca ubbidienza. “Dannazione! Emetti l’afrore di un intera barriera corallina in decomposizione! Vatti a lavare nelle fonti di Unzen, ne hai bisogno come gli occhiali!”
 
Walter non li volle portare su Mercurio, giacché sarebbe stato contemporaneamente un viaggio troppo claustrofobico e troppo agorafobico, da pressati come sardine dentro uno Shuttle a rinogradi abbandonati nel deserto mercuriano dall’elevatissimo calore e dall’elevatissimo freddo, e poi lui voleva tornare a camminare su della terra e a ricevere il calore del Sole senza proteggersene con un boccione da carassi vuoto sulla testa. Ma si sentiva come il Mutta Nanba di Uchuu kyodai fratelli nello spazio di Chuya Koyama. “Questo è il dojo di Kubo, il tuo dojo, esatto?” “Non ne ha mai visto uno?” “Non ho una cultura enciclopedica sull’argomento, ma ho una preparazione che mi permette di dire che quelloî è un Ishidoro, un sentiero di pietre serpentino. Quella sorgenteë è una tradizionale fontana acquitrinosa Koi con un Shishi-Odoshi che fa Shishi….Odoshi…..Shishi….Odoshi…..così in loop. Laggiù c’è il dojo vero e proprio, con il camminamento di legno a metà tra le stanze interne e il giardino con l’Ishidoro, il Koi e il Shishi-Odoshi, si chiama Yen-Gawa. La porta a scorrimento in carta di riso si chiama Shoji, e il pavimento si divide nella parte superficiale, Toko, e sottocutanea, Tatami, e il soffitto con contrafforte si chiama Fukuro-dana. Come me la sono cavata?” “Ne sai più di quanto mi aspettassi. Qui c’è mio padre, Hanzo il grande, e questa scimmia si chiama Sariatu ed è mia madre. So che sembra assurdo, ma come direbbe Monica Ward, sembra una storia stramba però questo sono io, anche se non sono Ranma. Mio padre sembra però più atarassico del solito….” “Infatti tuo padre risiede da me, al mio quartier generale, questo è un androide progettato come mangianastri con cui mandarvi i miei messaggi. No, non preoccupatevi, non attiverò alcun meccanismo autodistruttivo dopo che vi avrò osteso quello che devo proludervi. Dov’eri finito figlio mio?” “Con i miei amici mi ero recato a esplorare il braccio di mare di Suruga, nella prefettura di Shizuoka, per identificare il nascondiglio di un gigantesco mostro che ha devastato Shizuoka e che, avanzando, si è inabissato proprio in quella baia. Eravamo partiti con un piccolo sommergibile, ma ben presto cosa avesse causato quelle devastazioni lo scoprimmo a nostre spese; un gigantesco scheletro” Daigonkeru momentaneamente sospese la comunicazione telefonica con Kubo e domandò delucidazioni a Hanzo. “E’ un Gashadokuro, uno scheletro gigantesco nato dalla rabbia di deceduti oltraggiati. Chiedigli come hanno fatto a salvarsi” “Come ve la siete cavata? Ero così impensierito!” “Non lo sappiamo, un astronave ha impedito che cadessimo da 60 piedi d’altezza” “Quell’astronave la guidavo io” disse Platinum Nail intromettendosi.
 
DAIGONKERU
“Sono Daigonkeru. Quella ginoide al centro del mio fuoco prospettico oculare…..mi meraviglio avercela davanti. La tecnologia perduta che avevo trovato sul Gora Lopatina, la USS Ashley incagliata nella costa di Katangli che nominai a mio primo laboratorio, la scoperta nelle viscere dello Shirataka di un secondo laboratorio…..quelle ginoidi e quelle cyborg che io, credendomi un solitario Thomas Edison di Eva futura elucubravo inventassi senza equipollenti al mondo, ora ne osservo un esemplare massimamente realizzato, una di quelle donne perfette a cui l’umanità ambisce…..di cui l’umanità ha bisogno più di sé stessa” la voce di Daigonkeru, giungente all’altro capo annullata del timbro vocale dalla macchina sintetizzatrice, si scaricò di una punta di biliosa infingardaggine “Se lei, maschio, può venire con me nella montagna accompagnandosi a quelle FEMMINE, io ne sarei immensamente grato. Ah, e ovviamente anche voi siete i benvenuti….”
 
Kubo ebbe modo di poter riabbracciare suo padre, anche se quello che fagocitò con le sue braccia fu solo metallo freddo e autassassinofilo, mentre Walter e la crew formata da Coraline, Wybie e Norman aveva recepito rabdomanticamente le inflessioni nella parlantina di Daigonkeru, ed erano altresì cert* che nello Shirataka occultasse incommensurabili segreti. “Perché con me è rimasto così di sasso?” belò Platinum Nail allo scienziato. “Sono certo che, per esperienza, nessun* avrebbe forgiato una creatura agalmatofila come tu sei solo per renderti la sua ancella. Agricane di certo non rese Marfisa una semplice concubina. Io personalmente credo che nelle donne il mesencefalo sia molto più sviluppato che nei maschi, ma che egli agisca come Clitemnestra figlia di Leda che raggiunse il talamo di Agamennone figlio di Atreo per distruggerlo in esso. Basta solo stimolarlo nel modo giusto. Sono più che certo che, giungendo nella mia dimora, vi sarete accorti da per voi che il portone del mio regno è una vagina a spaccaginocchia

Una macchina da tortura che squarcia esclusivamente i possessori di pene” “Però a me e a Wybie non ci ha ridotti a budella a zonzo. Come mai?” “Eravate dietro a una donna. Esattamente come per lei, se degnasse presentarsi” “Walter, Paul Walter, ma mi chiami altresì Ciuffettino” “Come lei vuole, Maurizio Ancidoni[11]” “Siccome eravate in paggeria rispetto a una donna da entrambe le fazioni, vi hanno elicitato a entrare” “Chi ci hanno elicitato? Perché arrotonda per eccesso al plurale?” “Perché io non decido chi entra e chi ammazza, lo fanno le mie calcolatrici elettroniche” “I have the weirdest pictures in my head right now. Un areopago di Divisumma 33, TI-30 Galaxy e CosmiCounter Calculator Voltron è lassù (o dovunque si situi la stanza dei bottoni) a decidere chi entra e chi merita la macellazione?” “In realtà il loro nome proprio sarebbe computer, ma le macchinette poste alle feritoie dei piani alti sono permalosamente misandriche, e perciò esigono quell’altro nome. Comunque qui le donne regnano, e io le addestro e le modifico affinché diventino le più pericolose avversarie del suo pisello” “Quindi donne che odiano gli uomini (Francesca Pansa) e lei come fa a non farsi uccidere? Le urla tipo A cuccia! Modello Kagome Higurashi?” “Se io fossi Ryomou Shinmei lei avrebbe già le vertebre cervicali che le hanno sfondato e brutalmente lo sternocleidomastoideo, ma preferisco circostanziare altresì nell’inalienabile condizione di non-possessore della forza necessaria a spaccarle il condilo occipitale, estrarglielo, ficcarglielo in un occhio, disarticolarle i processi coronidei e piantargli il summenzionato condilo occipitale in gola. Forse essendo maschio il rischio c’è, ma le donne se le accarezzi la schiena nel senso più congruo non ti salteranno mai addosso. Ed è una convenienza; la donna più forte tra quelle solamente usufruibili per omicidi a corto raggio faceva la salumiera come copertura. Quando di sottobanco Katsuhito Kotaterujonnohā, una guardia giurata di Tono, mi implorò di aiutare la sua questura a uccidere Ryonosuke Rajōteru, un astro nascente della yakuza di Hakodate, perché Rajōteru non c’era verso di metterlo in gattabuia, aveva avvocati tali che Perry Mason e Al Pacino di L’avvocato del diavolo erano Beppe Bepponi e Silvestro Lupo, e quindi siccome con la Legge con la L maiuscola non si riusciva a fare giustizia, si persuasero esacerbati ordunque a ricorrere al codice di Hammurabi. Quello che ritrovarono del Rajōteru era
1)Con la calotta cranica riciclata come posacenere
2) Gli occhi cavati con un cucchiaio da maionese, girati per il nervo ottico di 180°, ficcati nell’umore cefalorachidiano
3) Un intero set di coltelli piantato nei polmoni
4) Le costole scollegate e traslate a fare compagnia agli occhi agganciandole e ammollandole nell’umore cefalorachidiano
5) Il cuore annodato attorno all’’intestino
6) Il fegato, mediante il coledoco, estratto e fattogli fare quattro giri attorno ai surrene
7) Il membro staccato e ricollocatogli nello sfintere anale
E fecero anche delle foto da vere signorine, ve le lascio immaginare” “Forse essendo maschio il rischio c’è, ma le donne se le accarezzi la schiena nel senso più congruo non ti salteranno mai addosso. Ma questa non è un proposizione misoginisticamente assimilabile?” “E’ semplice gentilezza verso il carognoso sesso. Le donne sono tutte un po’ come Monro di Kure Kure Takora , non se lo scordi mai” Walter e Norman annuirono soprassedendo da ulteriori delucidazioni. Era incredibile come quello schizzato con evidenti attorcigliamenti nell’identificare il proprio orientamento sessuale fosse riuscito a proteggere Kubo e a resuscitare Hanzo. Evidentemente trattasi di un angelo custode pazzo, efficiente ma pericoloso per sé stesso e per gli altri, tipo Gamera che nel primo film uccideva tutti come facevano anche Godzilla, Rodan e King Kong alle loro prime uscite e poi diventava l’angelo custode di un qualche bambino, Toru Takatsuka di Il mostro invincibile, Nobuhiro Kajima di King Kong contro Godzilla, Yasushi Sakagami di Gamera vs Zigra, e così via. O la Sofonisba Ruscufù di Marina Morpurgo. Li fece attraversare una passerella simile all’istmo in inarrestabile erosione delle membrane cellulari sul punto di staccarsi della telofase agghindato con delle ringhiere in ferro arrugginito ma ancora robusto, sospesa su uno strapiombo come un occhio senza occhio che la passerella seca in uno strapiombo doppio, sul fondo del quale una luce azzurra e bianca raggiungeva i peripatetici sulla passerella nera, sprofondando l’ambiente in un oscurità nella quale la luce stride orribilmente, un rumore che perfora i timpani come un treno che frena, reso sinestetico. Coraline sentiva quella luce come quella del Sole del deserto, e non le veniva di guardarla senza avvertire gli occhi bruciarle, e quando di nuovo era nel buio coriandoli epilettici le causavano giramenti di testa, come la “stella nera” che nei casi di emicrania più forte compare al centro del campo visivo. Però voleva sapere cosa laggiù richiedesse una luce così forte per essere adempiuto, e una curiosità d’equipollente fatta stava insorgendo anche negli altri. “Laggiùê agiscono h24 senza interruzioni come quelle, che ne so, di una palestra aperta dalle 7.00 alle 23.00, un fast-food aperto dalle 7.00 a mezzanotte, una libreria aperta dalle 9.00 alle 23.00, pause umanamente elucubrabili, i miei ingegneri genetici, artefici di A30
 
L’A30 Caserta-Salerno è un autostrada a pedaggio afferente alla A2 Mediterranea. Si estende per 56 chilometri tra Caserta e la sua frazione capodrisana e Salerno e la sua frazione lancusana. Attraversa Fisciano, Bracigliano, Castel San Giorgio, Nocera, Sarno, Palma Campania, Nola.
 
 
A19
 
 
L’A19 Palermo-Catania è un autostrada a pedaggio. Si estende per 192 chilometri tra Palermo e la sua frazione sigonelliana e Catania a e la sua frazione villabatese. Attraversa Catania, Motta Sant’Anastasia, Gerbini, Catenanuova, Agira, Dittaino, Mulinello, Enna, Caltanissetta, Resuttano, Irosa, Tremonzelli, Scillato, Buonfornello, Caccamo, Trabia, Altavilla Milicia, Casteldaccia, Bagheria, Villabate.
 
A50
 
L’A50 Bologna-Varese è un autostrada a pedaggio. Si estende per 34 chilometri tra Bologna e la sua frazione cagniniana  e Varese a e la sua frazione buguggiatese. Attraversa Bologna, Rozzano, Gratosoglio, Genova, Corsico, Gaggiano, Lorenteggio, Cusago, Settimo Milanese, Rho Cascina Ghisolfa, Torino, Venezia, Terrazzano, Varese
 
 
Procediamo” e Deo gratias elucubrò Coraline, quella luce da dentista per me che a livello ortodontico non ho motivi per farmi curare è solo un inferno per i miei occhi e financo per le mie palpebre, che quando le chiudo vedo tutto rosso. Raggiunsero un giardino giapponese in cui un emissario del Mogami creava un ambiente da dipinto di Monet, arricchito da numerose fanciulle vestite solo di hakama scampanellati per aggiungere fattore d’agilità alle gambe e tutte, dall’ombelico in su, con quello che è impossibile non piaccia a ogni maschio sulla faccia della Terra:

Ma io non so com’è nata questa cosa qui e quando mai è cominciata. Sarà stata mia zia con quei seni anni cinquanta a contagiarmi in questa mia mania. Poppe, poppe, poppe poppe, poppe, poppe. Poi la mia prof. di Petralia di Sotto che aveva due tette che sembravano quattro. E cosa dire della Preside, laureata in Ostetricia aveva due spade proprio dentro la camicia. Scollature, panettoni rigoglio sano di femminili ormoni colline bianche e solchi misteriosi dove si appuntano gli sguardi dei golosi perché al mondo, al mondo ci sono troppe poppe, poppe, poppe poppe, poppe, poppe. E mi ricordo dal barbiere le donnine profumate con quelle tette da illusioni disperate. E dal meccanico della Pirelli il calendario aveva in copertina un seno leggendario. E non ho mai guardato più in giù della cintura perché è di sopra che si esprime la natura. E io voglio annegare nella gommapiuma su due tette ricoperte di bagnoschiuma. Scollature, panettoni rigoglio sano di femminili ormoni colline bianche e solchi misteriosi dove si appuntano gli sguardi dei golosi perché al mondo, al mondo ci sono troppe poppe, poppe, poppe poppe, poppe, poppe.
Ivan Graziani-Poppe poppe poppe-Malelingue
Coraline storse la bocca, non tanto per le minne là ostesele, ma per la sicumera del loro Pigmalione, convinto femminista. Come se un uomo possa essere femminista senza cadere nella doppiezza del fasciocomunista di Antonio Pennacchi che risponde al nome di Accio Benassi, un centauro pronto a esplodere, come se d’altronde il femminismo avesse mai elicitato alla mascolinità di esprimersi liberamente, all’uomo di essere uomo e di vivere con saggezza e orgoglio la propria intrinseca virilità, e non l’abbia sempre demonizzato e con esso il concetto di patriarcato, dimenticandosi che ci sono stati matriarcati senza alcun rimorso e con la coscienza grondante sangue incolpevole e che, nell’Antico Testamento, c’è un patriarcato giacobino moralmente inattaccabile. Evidentemente queste farisee pensano alla famiglia Tenge dell’Ayako di Osamu Tezuka, loro che, mantenendoci proporzionali, sono pappa e ciccia con le bellissime megere di Chikyuu wo nomu. Un uomo non conoscerà mai quale abisso una donna, psicologicamente e gnoseologicamente, possa essere, ed è pura illusione pretendere che una donna non abbracci la maternità, cesurandola da lei e facendone un orpello, non un inevitabilità. Strapparle gli ovuli come vignai che recidono i tralci dal pergolato, rinchiuderli in spaccatesta a -30° facendoli morire di freddo se in una pura logica simoniaca qualcuno non se li compra per un piatto di lenticchie, qualcuno che pertanto avrà figli non suoi, figli rubati, avidamente, golosamente, lussuriosamente, come il più cupido dei contrabbandieri, come il più vorace dei falsari, come una Bionda di Saudelli  cleptofila. E sarebbe un nostro diritto? Pensò Coraline rabbrividendo per un bolo di bile che le stava risalendo la colonna vertebrale. Oltre alle Giunoni, c’erano altresì degli uomini a petto nudo che dovevano ingaggiare delle lotte contro di loro. I primi due contendenti erano un maschio armato di un nunchaku ottenuto congiungendo una coppia di manganelli jutte, la sua avversaria disponeva di nekote con lame da shuang gou. Tagliò in 10 l’avversario muovendosi come Rodan (Haruo Nakajima) quando, muovendo freneticamente i suoi patagi, suscita addirittura delle tempeste. Un'altra donna se la doveva vedere, a mani nude, con uno che sembrava Giancarlo Giannini ai tempi di Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’Agosto di Lina Wertmuller, e il maschietto piuttosto fece la fine di Omar Sharif per mano di Cornelia Sharpe in La volpe il lupo e l’oca selvaggia di Robert Lewis, poi passando a un molosso negro che brandiva una qiang menandola come un finto elefante gonfiabile della parata del 26 Novembre con la sua proboscide puntandola contro una giapponesina con degli HEAT BK14 come mammelle, brandendo una katana per combattere ad armi pari.
6 SENI DI VIOLENZA

“Le tre trionfatrici precedentemente ostesivi sono le consociate delle Sex machines, le femmine definitive. Libere, selvagge, assassine. Nessun uomo può imprigionarle, nessun uomo può soggiogarle, nessun uomo può avocare per sé su di loro i diritti di brutalità dei mariti arabi” diceva con fanfaronaggine da apologia di Bruto Daigonkeru mentre le tre né più né meno prostitute vegetanti in una mostruosa illusione di libertà (e selvatichezza e venatorietà) sfilavano loro davanti. April Dancer, la Sex Machine nera, programmata per essere libera. Collier, la Sex Machine bianca, programmata per essere selvaggia. Lucrezia, la Sex Machine asiatica, programmata per essere assassina” “Mi scusi narratore delle Charlie’s Angels” fece corrosiva Coraline, che era stata forse l’unica a mantenersi distaccata, al punto da rasentare ed essere perfidamente satirica verso quello che avevano visto “Ma potrebbe circostanziarci meglio la parte inerente la Programmazione?” “Sanno a memoria La fabbrica delle mogli e Il racconto dell’ancella, tutto per induzione ipnotica, e le somministro una droga che me le renda fedeli e contemporaneamente che agisca sulle loro tube di Falloppio producendo una quantità subnormale di flusso mestruale e sul loro mesencefalo perché le renda misandriche e cattofobe” “E che c’entra la cattofobia?” “C’entra e c’entrerà. Cosa? Una sirena?” dalla parte dell’Hataya erano arrivati tre bonzi del templio di Koyasu posseduti dal Dodomaki al servizio di Raiden, e che, per siffatto motivo, sembravano dei nisicaste dai tre occhi. Sulla fronte infatti possedevano un occhio funzionante attecchitogli tra le rughe della pelle di quella parte del corpo con vene varicose che se ne diramavano, in realtà dei Bishagatsuku che, aggruppandosi, diventavano i mille occhi del Dodomaki, e che spossessavano la vittima della sua volontà soggettiva asservendola a quella del Dodomaki, che quindi se ne serviva come di una marionetta. Il primo bonzo attaccò April con un enpi-uchi invertito a cui lei rispose con un enpi-uchi dato giravoltando su sé stessa a cui seguì un enpi-uchi sferrato allo sternocleidomastoideo e uno shuto-uchi sferrato al trapezio, buttandolo in avanti e subendo poco dopo uno hitsui-geri allo scroto che contribuì a staccare il suo Bishagatsuku, che decollò dal suo frontale e come Willy il coyote attraverso la fontanella per uccelli di Chasers on the rocks ruzzolando attraverso il tatami emettendo il rullio di un ingranaggio ruzzolante a folle velocità su un tetto in tegole nascondendosi in un buco per topi nel battiscopa. Il secondo posseduto usava la tecnica Tai Shing, imitante una scimmia sbronza. Ondeggiava come un labirintitico su una barca in posizione teisho-uchi, andando anche a sbattere contro il muro attualmente però servendosene come releaser cinetico-paragonabile al “funghetto” di un flipper-per attaccare Collier e eseguirle una koshi-guruma atterrandola. Collier finse di aver subito uno pneumotorace ansimando stentoreamente, approfittando del momento in cui l’avversario, credendola indebolitasi, avrebbe abbassato la guardia. L’uomo intese piantarle un piede nel diaframma, ma lei ruzzolò andando a disarcionarlo all’altezza dell’altro malleolo e afferrandogli il piede destro e torcendoglielo all’altezza del retinacolo inferiore degli estensori. Gli stava quasi per spezzare il malleolo mentre, con una semi capriola in avanti e un salto sulle piante dei piedi si era già rimessa verticale e, sempre tenendolo in quel modo, iniziò a mulinarlo fino a scagliarlo contro il muro, e la capocciata che diede fu così forte che il botto sul parietale si ripercosse sul telencefalo, tutto l’umore cefalorachidiano ne partecipò, e l’impatto, vibrando, attraversò altresì il talamo ripercuotendosi sul frontale e eiettando l’occhio di troppo come un missile a aria compressa sparato da una pompa. Il terzo occhio del secondo bonzo si rintanò in una maniera simile. Il terzo eseguì su Lucrezia una running bulldog e, approfittando dello slancio, una brainbuster. Mentre con il braccio sinistro esecutore della running bulldog di prima la stava stritolando, Lucrezia proiettando all’indietro le gambe piantò uno dei suoi alluci nell’occhio destro dell’avversario, buttandolo poi a terra con una yoko-sho e una marshmallow hell che consisteva nel cercare di soffocare l’avversario con il proprio seno. Non le riuscì come preventivato perché lui le morse la porzione di pelle tra i seni, poi mollandole una coppia di sberle sulle orecchie da scapparci un doppio acufene, colpirle la testa con un pugno doppio, un diretto al sorriso, un uppercut al mento, e, mentre lei rinculava, afferrarle il seno e eseguirle una suplex powerslam. Mentre lei era ancora a terra lui con una rincorsa minacciò di eseguirle una running diving elbow, ma lei si girò e lui beccò il tatami. Mentre accusava tutto il dolore per essersi appena schiantato il gomito, rotolando velocemente lei arrivò a un muro e vi si arrampicò rimettendosi in piedi. Poi prese la rincorsa e lo colpì con un rondhouse kick eseguito a mezz’aria a cui seguirono un calcio negli zebedei, un salto sui piedi pestandoglieli, un diretto all’occhio destro, la torsione del lobo auricolare destro al punto da far inginocchiare la vittima dal dolore, la torsione delle cartilagini nasali allo stesso modo, poi lei li cascò addosso rotolandogli sopra come il tronco fossile usato da Willy il coyote in Stanco e spiumato, un ceffone all’orecchio destro, quest’ultimo finalmente in grado di buttare per aria il Bishagatsuku, anche lui scapicollantesi come tutti gli altri piccoli pusillanimi. I tre uomini erano belli acciaccati e nemmeno le Sex Machines potevano cantar condizioni migliori, tipo Se Sparta piange Atene non ride (Aristodemo). In compenso, la crew non si era fatta niente.
 
KUBO
I globi oculari tentacolati erano ancora soggiogati dai battiscopa, quando la notte costrinse ad albergare in quella fortezza di Regina Selene fino a quando non sarebbe stato nuovamente sindacabile muoversi. Erano inquietanti sagome nella notte, sembravano i mostri di I mostri delle rocce atomiche di Quentin Lawrence combinati con quelli di The brain eaters di Ed Nelson, e la tenebra l’avevano anelata per poter finalmente guardare in tutto il loro stallatico orrore. Nel buio, cominciarono sincronizzatamente a muovere le palpebre. Click. Click#2. Click#3. Clack. Clack#2. Clack#3. Tipo Daniel Pennac, sebbene questa volta il “lupo” sia maggiormente apparentato con il Pantherocaris di Warren Fahy, o con i mostri senza forma conoscibile che pullulano gli anfratti di Providence. Strisciando sui loro tentacoli, flaccide zampe da ragno delle fruste, caracollano dirigendosi verso le camere dove i nostri pernottano, prigionieri “a fin di bene” come John Strock nelle mani di burro di un delirante Robur, padrone dell’Icaria che corrisponderebbe all’atmosfera terrestre, cosa realizzabile se fossimo in Il castello in aria di Diana Jones.
Je suis le maitre de cette septieme part du monde, plus grande que l’Australié, de l’Oceanié, de l’Asie, de l’Ameriqué et de l’Europe, cette Icarie aerienne que un jour sera popoleé par milieux des Icaros
Icaro…..destinato a cadere come lui. Coraline è quella che nel sonno si piglierebbe meno facilmente. Dorme contrita e con occhi che rimangono chiusi controvoglia, ambendo a sparire, chiudendosi la testa in una morsa con l’ausilio delle braccia, mordendosi la pelle e sbavando, immaginandosi degli hillibillies impegnati a spaccare la legna, segarla, stroncare immense sequoie e, una volta schiantatele, segarne la parte apicale irta di fronde, ottenendo un tronco completamente livellato, sospingendolo poi con i suoi fratelli lungo fiume al molo della segheria. Le è impossibile ingoiare senza esofagiti quello che oggi aveva visto, che diamine, Lucia Mondella era molto più femministicamente encomiabile di quelle tre parche con le bocce di una femmina di satiro. Norman anche lui, a differenza di Wybie che ronferebbe come un rinoceronte ubriaco anche sotto fallout nucleare è inquieto. Ripensa alla sua “Parigi ideale” ma non con il cuor contento con cui Jonathan Pryce intonava il suo personale osanna a un Brasile in cui potevi ancora fare figli senza che Michael Palin venga a suscitarti paure fittizie di sovrappopolazione come faceva il tirannico AUTO della Axiom ben intenzionato a portare alle conseguenze tanto estreme quanto lucidamente e insindacabilmente logiche di quella poesia di Giorgio Caproni che faceva Come potrebbe tornare ad essere bella, senza l’uomo, la Terra. Vive come un lebbroso sulla cima della Torre Eiffel, temendo una città che tutti hanno considerato la più bella del mondo. Nei suoi sogni, non è un segaligno, ha bicipiti degni di Bosco PE Baracus nonostante si contraddistinguano per un retrogusto mostruoso, tipo Chirone lui è un centauro, corpo d’uomo e altro corpo di cavallo, meccanico, ottenuto dall’inarrestabile obsolescenza degli amici meccanici dei nuovi parigini, un mondo di robot mentre lui è l’ultimo uomo rimasto. Uno stallone più fedele di Trottalemme (Raffaele Fallica) obsoleto nelle mani impotenti di una fantina, che glielo ha donato come pegno. Essere un Obsolescente in un mondo di creature intramontabili come quelle non era facile, e lui, nel suo piccolo e obsolescente, non si è mai fatto scrupoli a aiutare quegli Intramontabili, senza che essi ne riconoscessero la valorialità Obsolescente. Di notte tutti cadranno addormentati, e lassù quello sarà il solo luogo sicuro, perché nelle strade cammineranno quelle che un tempo erano le parigine, adesso decisamente non quelle di Jacques Poitrenaud. Una contaminazione zombie ha decimato la popolazione maschile e le sopravvissute sono dei mostri viventi nelle tenebre. E lui è Leggenda. E dopo aver visto quello che oggi aveva visto, lentamente il convincimento che cotanto scenario un giorno si sarebbe avverato si incistava sempre di più, assumeva sempre meno connotazioni fantascientifiche e sempre più limitrofe alla realtà. Anche Kubo non dorme sogni pacifici. Suo padre è un mostro d’acciaio la cui pelle non rilascia più alcun calore, tenuto per i fili da un pazzoide, e sua madre è un animale. E come se non bastasse, suo zio è contro di lui. Gli obbiettivi erano tre, ordunque. E i tre globi oculari ce l’avrebbero anche fatta, se non avessero fatto la fine di quelli delle ragazzine che il Kenji di Tokyo soup intendeva seviziare se, per sfogarsi, non ripiegava su castelli LEGOc costruiti sul pavimento dei convogli della linea Oedo da parte di tre shirai scagliati dalla finestra spalancatasi nella più completa afonia. La misteriosa donna del subcontinente indiano in una tuta bianca da “corpo proiettabile” come quello della festa radical chic a cui partecipava Valentina in una delle storie del ciclo degli abitanti del popolo sotterraneo di Guido Crepax che aveva sconfitto il Gashadokuro come Polymar aveva messo k.o il leader della banda della piovra elettrica con un salto avvitato atterrò nella stanza raccogliendo i tre occhietti e sfilandoglieli gli spilli e ingoiandoseli come Michel Lotito[12] “Così non gli sperpererò” pensò seccamente. Infatti quella, l’avrete già capito da par vostro, non era una donna qualunque. Ingerendo quegli spilli essi le attraversarono la faringe e, imitando il modo con cui mangiando una donna arricchisce di latte il proprio seno, le si risistemarono nei dotti galattofori. Camminando silenziosamente uscì attraverso le porte a scorrimento della stanza se non prima che ella fosse riuscita a occultare i tre occhietti trafitti dentro un comodino, raggiungendo la stanza cesurata di Walter. Lui qui era da solo, nessun  altra donna o uomo con cui condividere quella condizione, non che avesse una voglia matta di donne dopo aver esperito tutto quel giorno. Disgraziatamente, l’infiltrata scelse proprio quella stanza. Lui, poi, paradossalmente senza alcun compagno con il quale poter fare teoricamente caciara in un pigiama party sarebbe dovuto essere quello con il sonno più profondo era sveglio come un grillo, mentre gli altri erano molto più giovani e in teoria molto più proni a scatenarsi in chiasso senza sonno, e invece dormivano così pesantemente che la Gerda Maurus che quell’infiltrata dall’India era avrebbe potuto anche sfasciare i loro letti senza che ne risentissero nulla. Per apparire a Walter cercò in primis di assumere un atteggiamento seducente, scimmiottando la Kim Basinger di 9 settimane e ½, suscitando nell’uomo solo un espressione abitudinaria. Non era così ghiribizzosa da potergli suscitare una reazione d’impertinenza tale da meravigliarlo. “Un'altra delle creature di quell’uomo, di quell’imitatore da strapazzo di Eric Stanton[13], immagino. Cosa mi manda a dire?” “Non sono assolutamente collegata a quel Rudolf Klein-Rogge[14] e vengo per inquisirti in merito alle quattro donne che sono svicolate dal futuro” “Alludi a Kablamula (Laura Romano), Dilophia (Barbara de Bortoli), Felina (Claudia Penoni) e Platinum Nail (Domitilla d’Amico). Io mi chiamo B19 (Francesca Bregni) e sono una cyborg
 


Io, come le quattro donne (o tre donne e una ginoide) provengo dal futuro. Il mio corpo venne realizzato a partire da quello di una donna indiana che venne trovata in una bara criogenica, non una lussuosa, una di quelle che negli slum vengono dallo Stato Indiano per poter mettere al servizio delle caste maggiormente in alto riserve tecnicamente infinite di organi di cui rifornirsi. Parliamo di paria, lazzaroni con cui il non deve perdere tempo né ambire a miscelarsi. Se lei pensa che ai tempi di Guy De Maupassant i nobili facevano giocare i loro figli con i figli dei più proletari e contemporaneamente adottavano la di queste miserrime famiglie per millantare una discendenza, una cosa che, abbiamo notato, avviene ancora in un mondo che, supponevamo, avesse da lungo corso superato queste bislaccherie da nobiluomini blesi, come, in una biblioteca di Calvairate, abbiamo potuto apprendere leggendo Mi chiamo Druw di Patrizia Rossi. Estvassevo pvaticamente tutti gli ovgani del mio covpo, tvanne lo scheletvo, i miei vecchi muscoli, il mio cevvello, il manubvio dello stevno, i dotti galattofovi, il tubevcolo pubico, le ghiandole suvvenali, i muscoli dei quadvicipiti, i glutei, i muscoli dei bicipiti, i muscoli estensovi dei pollici, i vetinacoli dei flessovi, donandomi uno scheletvo nel più vesistente dei metalli, acciaio che suvclassasse i muscoli che avevo avuto, oltre che una pelle che, all’accavezzamento, le favà pevcepive tutta l’algidità del metallo, donandomi la capacità di viveve anche spvovvista di quello che mi avevano fatto lasciave indietvo, equipaggiandomi con queste fovmidabili avmi, che pescano dall’avsenale medico:
2) un guantone da chirurgo con inserita una fresa lacerante clip quadrata chiusa collocatomi in corrispondenza del manubrio dello sterno. Mollandomi un pugno in mezzo ai seni lo estraggo e, subito agganciatomi all’arto prescelto entra in funzione facendo assaggiare ai miei avversari che i loro denti del giudizio hanno bisogno che vengano rimossi, se non si vuole che quell’apparecchio ortodontico da 333$ non si sia rivelato uno scialacquamento insensato
3) spilli (da agopuntura) sparatemi dai seni
4) bisturi lanciati dalle forature della mia cintura
5) dai surreni fuoriescono due macrofagi ingigantiti come quelli immaginati per i campi da battaglia del futuro da parte di Giovanni Scolari per il Giornale delle meraviglie di Angiolo Bencini che attaccano la pelle dei soggetti che devo combattere, i quali mi trasecolano da degli appositi serbatoi in quella parte del mio corpo
6) nei miei quadricipiti ci sono delle balestre retrattili che lanciano un bisturi gigante
E, come se già così equipaggiata non fossi già fantastica,
  1. Ho un raggio laser lanciato dall’occhio sulla mia fronte
7) I miei glutei possiedono delle pompe che gonfiano, in caso di necessità, delle spine acuminate sulla superficie di una coppia di giganteschi palloni. Così i miei avversari si sfasciano la testa quando gli do una botta di culo
8) Dai miei bicipiti decollano una coppia di ossifraghe meccaniche controllate dalla mia psiche che sparano laser dall’ugola e le cui ali sono spade sulla carlinga di un aereo
9) Scudi d’energia difensivi che si attivano dai miei estensori dei pollici
10) Lame dai retinacoli dei flessori
Non solo.


“Ha un insetto in bocca” disse Walters, accorgendosi poi che, fino a quel momento non si era reso conto che quella donna non parlava. O serrava le labbra accavallando il superiore all’inferiore l’inferiore al superiore rimanendo seria, sorridendo o mordicchiandosele, ma i denti non li ostendeva mai. E allora perché avevano parlato lui e lei domandandosi/rispondendosi? “Telepatia a campo libero. Io penso, tu capisci e ascolti i miei pensieri senza che tra la mia e la tua mente sia necessario stabilire un qualche che eliciti il passaggio tra input di domanda e output di risposta/input di risposta e output di domanda” “Provieni davvero dal futuro….” “Sai com’è che dicono, Quello che sbalordisce per 9 giorni al decimo è considerato normale amministrazione. E sai cos’altro c’è? Che la mia telepatia non è nemmeno una consuetudine. Pensa a un cercapersone; è semplicemente un cicalino che ti obbliga a prendere atto che da qualche parte c’è qualcuno che ti cerca. Comunque sì, c’è un insetto nella mia bocca, abbastanza in avanti, in una porzione aggiunta al mio miloioideo in cui questo bacherozzo si va a atterrare, in realtà è la mia anima, il mio Charlie con io che sono il suo Astroganga. È Naturalia, un elfa che può assumere l’aspetto di ogni animale ella voglia, e che, con i suoi poteri psicomantici mi guida, mi indirizza.

 
 
 
 
 
 
Vetro satinato antiproiettile. Beh, che c’è che secondo te non eliciterebbe la mia accompagnatrice/manovratrice a guardare e orientarsi? Se Enzo Braschi riusciva a camminare per Piazza Duomo di notte con i Ray-Ban senza incornarsi con i lampioni di ghisa del Mazzucotelli perché Naturalia non dovrebbe guidarmi da sotto il mio naso e sopra il mio mento tutto il mio corpo?” “Io ero venuto qui come di quei ragazzi, perché quel Daigonkeru ce lo aveva esplicitamente chiesto. Non so perché abbia voluto vedere tutto il gruppo proprio ora, non so, avrebbe potuto chiamarlo al momento di ridare vita a Hanzo in modo che lui, rinvenendo da morte, vedesse che suo figlio ha fino a quel momento ha trascorso un esistenza felice e si è fatto tanti amici, sarebbe stato rallegrante, ma credo che di mezzo ci vadano le tue amiche, e sinceramente in merito loro nutro un po’ di preoccupazione, giacché quell’uomo ci sta meno con la testa di un cane con la testa ciondolona da cruscotto dell’auto, e non vorrei che questo volesse dire conseguenze per quelle coetanee di Cabiria (Lidia Quaranta) prede sacrificali nell’antro del Moloch del sommo sacerdote Karthalo (Dante Testa), oltretutto un Moloch che ti getta nella sua fornace con zucchero più che ketchup, come il mulino dell’Herbert Bohme di Il mulino delle donne di pietra di Giorgio Ferroni, trappola mortale per l’incosciente Scilla Gabel soggiogata dal malvagio imbalsamatore d’uomini” “Perché ti ha messo addosso tutta quest’aura di minaccia?” “Non ho , ma uno squilibrato in grado di minacciare sé stesso e quelli che li stanno attorno non c’è bisogno di essere dei rabdomanti per capire d’avercelo davanti. Poi a noi ha tenuto dei discorsi, e fatto vedere delle cose, che rabbuierebbero anche lei. Come donne e cose di questo tenore. Mi fa pensare al Gregory Gaye di Banditi atomici di Edward Cahn, che trasformava esseri umani in zombie con un cervello computerizzato che lui usa come suoi schiavi e guardie pretoriane. Facendolo con delle donne e spacciandosi per un . Orsù, io vado a cercare le quattro donne con cui sono venuto, rischierò la mia vita ma non voglio che quello squilibrato compia su di loro esperimenti e a cui non ambisco a pensare. Se Lei, meravigliosa creatura, volesse accompagnarmi, potremmo essere come Galadriel Lei e Celeborn il sottoscritto, per fermare quel Sauron impazzito” “Non ho la minima idea di nulla di quello che mi è altresì stato proluso, ma la mia presenza, e assistenza, suppongo potrebbero essere necessarie. Neppure io, te lo dico seriamente, so nella più pallida delle maniere cosa e cos’abbia dentro questo posto. E se tu hai bisogno di un Aslan, io ho bisogno di un Virgilio. Su di te non so neppure come ti chiami, ma ti offro un patto, ci aiuteremo a vicenda e io proteggerò te e tu proteggerai me” B19 gli menò una mano con cui sugellare il patto da lei proposto. Walters non si fece remore a menargliela congiungendola con una delle sue, e entrambi, con B19 davanti con gli occhi a faro del Picot del Dottor Uri che illuminassero le tenebre nelle quali Walters non si sentiva propriamente a suo agio. Non per una qualche forma di “paura del buio”, ma perché al buio, almeno che tu non sia un oritteropo, non si finisce con il distinguere nulla. Camminarono a lungo attraverso i corridoi raggiungendo un atrio simile alla sala d’aspetto di un otorinolaringoiatra, in cui A30, A19, A50 erano messe in attesa, come manichini in disuso. Davvero, Il mulino delle donne di pietra di Giorgio Ferroni, nonostante le “scenografie” più che a Arrigo Equini sembravano ispirate a quelle di Maurizio Chiari per Una lucertola con la pelle di donna o quelle di Uberto Bertacca per I viaggiatori della sera di Ugo Tognazzi, e quelle “donne di pietra” non sembravano per nulla indifese. Anzi, la minaccia là erano loro. “Aspettiamo ordini. Di diventare operative” Walters volle comandarle, ma B19 maternamente lo fece desistere. “Fanciulle rosse zigrinate di rosa e impestate di marrone, se mi è elicitato comandarvi, provvedete a cercare le quattro donne” “Kablamula, Dilophia, Felina e P.N. Platinum Nail” ingiunse Walters “E fatele fuggire da questa montagna” loro si misero in piedi e, con gesti militareschi, fecero un cenno d’assenso. Girate sui tacchi cominciarono uno scandagliamento a tutto campo che le portava a muoversi per il dedalo di corridoi a metà tra un horror ambientato in un ospedale e il dedalo del Gerard Tichy di SuperArgo contro Diabolicus fino a arrivare a un androne con una porta a scorrimento pesantemente rinforzata, con duplice orlatura verde nel punto in cui scattava la chiusura e premettero il pulsante verosimilmente responsabile dell’apertura trovandosi davanti a un misto tra il dormitorio criogenico della Nostromo e l’area relax con baldacchini di un film su Cleopatra in cui i quattro soggetti loro onere trovare Kablamula



Sdraiate voluttuosamente (Gabriele D’Annunzio) con l’aria rinfrescatale da ventagli grandi come “vele” di un Edaphosaurus da una coppia di robot con l’armatura con i pettorali scolpiti bianca e come testa una boccia da degustazione vinicola con appiccicati occhi a pendolo, naso a rondella cava d’ananas, e labbra fatte con il ketchup in bomboletta. Walters ne rimase schiantato. “Vi tratta bene quel Daigonkeru?” domandò Walters senza alcuna intonazione. “Ci riverisce come la coorte di Dejah Toris (Traci Lords) solo perché siamo donne. Anche lei, Bintch, qui è libero di muoversi esclusivamente perché fa il cricetino Hamtaro di una femmina, che….” “Mi chiamo B19 letto alla Jasmine Main di Paganini horror, Bey-Naintin, e provengo dal vostro stesso futuro regno magico di Calendar. Cerco di far sì che il mio Walters non venga ucciso o seviziato come gli cinesi, Daigonkeru potrebbe pensare che i suoi testicoli siano eolipile dell’amore carburate ad infinitum e costringerlo in una gabbia grande come un Super Pasqualone con un anemone di tubicini diafani pendentigli dai maroni a venire succhiato della pasta del Qatar scoperta da Khalid Mu’awiya e resa pienamente scientifica di Arthur Von Lewonhoek corrispondente al materiale grezzo del liquido seminale, composto da diidrossidiidrossietilfuranone, calcio, cloro, colesterolo, acido citrico, creatina, fruttosio, acido lattico, magnesio, azoto, fosforo, potassio, pirimidina, sodio, sorbitolo, acido urico e zinco, la cui mantecazione crea l’omonima pasta, dagli infiniti impieghi. Comunque quel Daigonkeru….ha parlato con voi?” “No, ma io, Kablamula, la vampira esplosiva, ho avuto modo di parlare con Hanzo. È stata una conversazione senza dubbio degna di intraprendenza, Hanzo il Grande è un uomo encomiabile, straordinario, che ha colpito nel profondo le mie idee sul sesso maschile, invero come quelle di tutte noi pregiudizievoli in graduatoria variabile. Pensavo molto male degli uomini e mi mantenevo fredda, per quanto un figlio di Orlock e Dracula possa essere caloroso, verso i vari Norman, Wybie e te, ma non solo essendo tutti e due cyborg abbiamo non so quanto involontariamente agganciato una qualche forma di relazione carismatica, ma guardando Hanzo e osservando i suoi gesti e ascoltando le sue opinioni davvero mi sono sentita in torto a rimanerne stomacata anche a livello tutto sommato implicito, capendo che il femminismo a me, a noi, ci ha danneggiate. In fondo le ideologie nascono nel momento in cui un proposito buono per migliorare un mondo effettivamente messo allo scatafascio giunge all’autofagia, al rifuggire la realtà credendola trascurabile. Credendo, elucubrando, millantando e millantandosi che di essa, della sua non manichea complessità e irriducibilità se ne possa fare anche un tralascio. È vero, voi uomini avete i vostri torti. Siete stati anche violenti verso di noi, cattivi, abusivi, sfruttatori, nostri soggiogatori. Ma io metterei enfasi sull’anche più che sul resto, perché voi uomini ci ricordate l’irrinunciabilità del 100 che fa parte di voi. Il bambino
è fatto di cento.

Il bambino ha
cento lingue
cento mani
cento pensieri
cento modi di pensare
di giocare e di parlare

cento sempre cento
modi di ascoltare
di stupire di amare
cento allegrie
per cantare e capire

cento mondi
da scoprire
cento mondi
da inventare
cento mondi
da sognare.

Il bambino ha
cento lingue
(e poi cento cento cento)
ma gliene rubano novantanove.

Gli dicono:
di pensare senza mani
di fare senza testa
di ascoltare e di non parlare
di capire senza allegrie
di amare e di stupirsi
solo a Pasqua e a Natale.

Gli dicono:
di scoprire il mondo che già c’è
e di cento
gliene rubano novantanove.

Gli dicono:
che il gioco e il lavoro
la realtà e la fantasia
la scienza e l’immaginazione
il cielo e la terra
la ragione e il sogno
sono cose
che non stanno insieme.

Gli dicono insomma
che il cento non c’è.
Il bambino dice:
invece il cento c’è.

Loris Malaguzzi
“Loris Malaguzzi, il grande pedagogo di Correggio, ha detto parole che adotterei per descrivervi, o maschi. Voi ci avete anche difeso dalla violenza, non esigendo mai di musealizzarci preda del timore che ci arrivassero a distruggere. Ci abusavate, ma anche salvate. Ferite, ma curate. Quando cadevamo addormentate, voi ci avevate preparato un giaciglio che ci accogliesse ammortizzandoci il corpo e coibentandoci calore. E quando il nostro ventre s’ingrossava, voi ponevate la vostra mano su di lui e auscultavate la vita che in quel ventre custodivamo. Mi chiedo per cosa abbiamo buttato noi stesse” “Da sempre l’uomo vuole essere libero, ma la sua libertà la costruisce spesso nel modo sbagliato, arrivando a voler ambire all’onnipotenza. Come faceste voi. Vi hanno, quei teleologhi, insegnato solo una parte della storia. Millantavano che un parente del William Kellogg grande maestro delle nostre colazioni millantasse che per i ragazzi che si masturbavano si procedesse a circonciderli senza anestesia (quello che poi fanno da duemila anni ebrei e musulmani e da molto di più dagli aborigeni australiani e di quasi tutte le isole dell’Oceania ma nessuno se n’è mai andato a lamentare. Per di più gli ebrei magnati del porno considerano la circoncisione un metodo per averlo più grosso) perché con il dolore soprassedessero dal farlo e di chiudergli il membro in una scatola (magari di ferro, che fa tanto Dumas) mentre il “depenalizzatore” dell’atto onanistico, Alfred Kinsey, era un imbroglione, un falsario, un turlupinatore, un pedofilo, un sadomasochista, un seviziatore e traviatore psicologico, un frequentatore dei circoli di Alistair Crowley grazie al quale divenne poi anche un satanista. Le femministe di una volta erano un branco di iene rabbiose e iperviolente, nonché delle ipocrite, delle serve del Demonio, delle pedofile, delle puttane, delle infanticide. E siam* cadut*. Disobbedendo abbiamo obbedito” “Non è ancora tutto perduto. Io ho ascoltato Kubo, e c’è una con la quale è possibile sovvertire la scacchiera a nostro favore,  una katana, forgiata prima dell’avvento della civiltà umana sul pianeta Mercurio e conservata in un templio di Katayama, che ucciderebbe un re-Dio immortale, Raiden, e che libererebbe Hanzo e Sariatu, che finalmente ascenderebbero al Nirvana. Un corpo da scimmia e uno di un Beetleborgs sono una tortura, Barbara Payton di Bride of the gorilla  trasformata lei stessa in un mostruoso demone scimmiesco, e Peter Weller di Robocop incrociato con il suo scopiazzatore da Robovampire entrambi costretti a vivere, perseguitati a farlo mentre la sola cosa a cui anelerebbero è morire in pace. E così dovremmo anche farla finita con Daigonkeru, perché per me c’è solo dello sbagliato in un uomo ossessionato dal voler rendere le donne le dominatrici dell’Universo” “HO SENTITO ABBASTANZA.- KABLAMULA, DILOPHIA, FELINA, PLATINUM NAIL, VOI ALTRE MIE PREDILETTE, UCCIDETELO E CUCINATENE LA CARNE CON IL SAKE!” “Che ragioni abbiamo ancora per crederLe? Gli uomini sono migliori di quello che lei millanta. E se davvero lo vuole, possiamo anche metterci contro un suo intero esercito!” “Ah davvero? Io preferirei lasciarvi in pasto agli stessi che si sono trapanati Franca Rame, giusto per potervela poi raccontare alla Palazzina Liberty di Milano” “Ma non è che questa Franca Rame o chi diavolo ella sia non voglia imporci i nostri stessi errori, cioè credere che tutto il sesso maschile sia merda a prescindere? E non potrebbe un qualche adepto di Gianluca Iannone prendere tutta la sua frittata e rigirarla con un Tutta bordello, centro sociale e casa okkupata? Lei poi è un uomo, davvero vorrebbe il filocidio del suo stesso genere sessuale? E lei crede davvero che un maschio come Walters ci salterebbe addosso per stuprarci se volesse e potesse? E non è lei che ci vuole trasformare in macchine assassine per lo sterminio di ogni. Singolo. Maschio. Sulla. Terra?” Kablamula non gliele stava cantando, e Walters cercò d’intromettersi non intrusivamente nella conversazione, per puntualizzare che: “E’ vero, degli uomini hanno attaccato certune sue fanciulle, ma non erano in loro. E poi gli uomini che le sue stesse Lolly (Letizia Ciampa), Dolly (Valentina Mari) e Molly (Monica Ward) hanno massacrato? Non pensa che anche loro abbiano sofferto?” “Ho sentito abbastanza. Mie Sex Machines, uccidetele” ma la conversazione delle nostre Sailor Starlights e il nostro Luka Redgrave mischiato in piccole dosi all’archetipico amico sfigato delle supermegaeroine di turno era stata intercettata e sentita dalle Charlie’s Angels di Matthew Patel (Riccardo Scarafoni)

E questa è legittima: PERCHE’ MATTHEW PATEL VORREBBE FARSI RAMONA FLOWERS SE PUO’ EVOCARE DELLE DEMONESSE PER SESSO SELVAGGIO?
E non erano contente. E sapevano dove Daigonkeru andava a nascondersi per giocare a fare il Jaque Catelain di L’inumana di Pierre Dumarchais. E stavano venendo per lui. Il microfono era rimasto acceso e tutt* ascoltarono Daigonkeru andare incontro all’archetipica fine dello scienziato pazzo, questa volta defenestrato e andando a impalarsi sul fondovalle.
“Dove andrete bellissime fanciulle?” “Forse attraverseremo il mondo cercando di vivere la nostra femminilità anche in quello che ci hanno vietato. Io, per esempio, Sex Machine bianca, credo proprio che mi farò un pancione che conterrà un bellissimo bambino con i capelli neri come una notte senza stelle

“Io” esordì la Sex Machine nera, “Forse mi troverò un qualche bravo fella di Harlem, e spero in un bambino così marrone che sembrerà un Oompa-Loompa”

“Va bene. Io e i miei compagni, partiremo, e troveremo quel telescopio.
Il Dodomaki era però ancora vivo, e successe che, per raggiungere Wakayama, da Shizuoka dovettero attraversare il lago Biwa , dalla riva di Nagahama, e il Dodomaki, puzzolente, lento come i Ceratosauri di L’isola misteriosa e che si era già fatto venire più di una congiuntivite alle ascelle non era però un avversario sottovalutabile strategicamente. E un Dodomaki che s’impegni veramente può guardarti fino a sottrarti l’anima, e nessun occhio può berti l’anima come un paio di mulierbi occhi di donna.
Una barca moderna era pronta a salpare ma la ciurma non c’era ancora. Il capitano lucidava le balaustre a poppa e, quando credeva fossero diventate troppo lucide e catarifrangenti se ne appoggiava e guardava l’azzurro del lago muovendo le mascelle a vuoto come un coniglio che masticasse. Coraline, sulla spiaggia, con scarponi gialli, cercava di attrarne l’attenzione. Alla fine l’uomo incrociò la sua figura sull’arenile e scese a chiederle se volesse salire su quell’imbarcazione. “彼女だけはここにいるの? ここで長浜にペダルボートを持ってきた” Coraline, non molto imparata in giapponese, pensò di ricorrere all’inglese, passepartout del mondo tondo perlomeno da quando Adriano Celentano cantava Prisencolinesanchinainunciusol, e quello elucubrò la cosa tutto sommato non facendola sentire sbagliata. “Your friends waits you at the town’s center? Can i hold your phone for a second so i can call them myself?” Coraline glielo diede, assumendo però un espressione inferocita. Se quell’uomo avesse cercato di rapinarglielo, sarebbe passata alle cattive. L’uomo cercò qualcuno che parlasse giapponese e trovò Kubo, e i due riuscirono a combinare l’attraversamento del Biwa. Poi, sconfessando i timori di Coraline, glielo riconsegnò e non v’era su di esso nemmeno un graffio fuoriposto. Dopo un po’, arrivarono gli altri e raggiunsero Coraline sulla sabbia. “Il lago Biwa….how big is him?” “670 Km2” “How long will took to cover his extension?” “57 minutes. Busy for a shorter cruise?” “Well, no, no, not at all, you know, we assumed this lake was longer than others, but 57 minutes, almost an hour, is disputable” la barca era sicura e guadagnò il largo veloce come uno di quei pedalò che, inventati in Francia combinando un velocipede a un pattino galleggiante sul modello di un congegno similare, ma ingombrante e distruttivo per le gambe da far funzionare brevettato in Piemonte da Umberto Cattaneo e raggiunse il parallelo con Ayabe, il centro del compasso dell’estensione lacustre. Ma là sotto il Dodomaki aveva appeso i suoi globi alle alghe nelle sue profondità. E cominciarono a increspare l’acqua sul punto di superarla, venendo scorti da Kubo esattamente come voleva. “Kubo……mi vorresti vedere nuda?” Kubo era come un bisonte con le gambe troppo corte per saltare oltre il gard-rail i cui occhi erano diventati specchi neri su cui si catarifrangeva il riverbero dei fari di un auto in transito, ma non avrebbe saltato. “Che donna sei?” “Chigusa, la fukachi-onna” “Perché dovrei vederti nuda? Una prostituta non potrà mai essere mia moglie” “E chi ha detto che non puoi prenderti solo una botta e via? Perché il sesso non lo puoi vivere solo come fiotto liberatorio?” “Perché se è solo perché dovrei avere bisogno di te? Perché non potrei solo masturbarmi? In fondo non è quello che è tutto per esperire questa libertà rinchiusasi in fiotti, mentre si potrebbe aspirare alle cascate? Perché non posso sognare di averti accanto a me per tutta la vita, così che i fiotti possano durare tutta un esistenza in comune?” l’occhio si contrasse, poi si rituffò in acqua e a Kubo sembrò che non ci dovessero essere ulteriori importunanze. Poi però il Dodomaki passò all’armamento pesante cingendo la barca con i tentacoli algali e cominciando a spremerla come Braccio di Ferro la lattina di spinaci, sebbene qui sembrasse essere l’opposto, un Popeye metà uomo metà chenopodiacea che mangia piccoli Popeye come le caramelle Pezc, e né Coraline, né gli altri ci tenevano a finire di nuovo spremuti in un catafalco di latta da un mostro kaiju (dopo Daimajin-Roldano Lupi ora Gezora-Haruo Nakajima) e di nuovo una bellissima ginoide dovette controbattere per salvarli. Il “missile” che fungeva da Divina Libertà a A47, un’altra ginoide dal futuro. Dall’alto, una creaturina di cera rossa osservava il lago prima che il Dodomaki diventasse una presenza notevole. Pigolò qualcosa alla CPU del missile e poi rientrò dentro, e il missile impennò verso l’alto e dalla punta del missile, apertasi come la corolla di un fiore, venne lanciata fuori una testa dalla bocca aperta nel cui palato entrò un piccolo aereo rosso su cui calò una vetrata nera, mentre altri pezzi di un corpo venivano lanciati e si collegavano magneticamente alla testa per poi, a corpo femminile ultimato, un carro armato con il muso a trapano venne anch’esso eiettato e la ginoide vi si collocò dentro cadendovi e automaticamente sistemandosi sul suo sellino, attivando il trapano e “godendosi” la caduta da 670 chilometri puntando su un campo da golf di Adogawacho, e il Bill Murray della situazione si sarebbe dovuto sbattere per qualcosa di molto più “ghiribizzoso” di una marmotta mossa da Mark Ruffalo. La ginoide perorò il terreno con una violenza inaudita e continuò a scavare fino a raggiungere il fondo del lago, e, capito dove il Dodomaki stesse agendo, cominciò a girarvi attorno fino a fare il vuoto sotto di lui e imbottigliarlo, per poi dare un ultimo affondo e passargli attraverso. I tentacoli caddero in acqua privi di vita, mentre il capitano “ammirava” sconvolto che la sua bagnarola sembrava Isaac Sprague. Era così schiantato dalla cosa che certamente sarebbe caduto in acqua se, provvidenzialmente, Norman non gli avesse afferrato i piedi. “Non ci cada a babordo!” mentre lo tirava a poppa, Coraline puntualizzò quello che era appena successo, una piovra-sargasso come uno degli Antichi di Le montagne della follia aveva cercato di affondarli. “Cosa ha potuto fermarne la furia?” “Non lo so, sarebbe necessario mandare in avanscoperta qualcuno con una batisfera per accertamenti” “Do you have a batysphere inside here?” “Maybe. I use to use her for checking in such a lake, that is well know for being very ballerina with his behaviour. Is kinda old, but she can stand the pressure of the bottom of the Northern Pacific” l’uomo tirò fuori una “cucina satellite” di Colani sofferta dal tempo, con degli oblò neri e una pesante catena anch’essa nera che ne permetteva l’estrazione come con le tradizionali sagole da pesca. Approntata, riammodernata e con gli interni resi come Dio comanda, era pronta per eseguire il controllo. In acqua, raggiunse le spoglie del mostro fatto di alghe, essi notarono che degli occhi erano rimasti intrappolati. Era ovviamente una traccia del Dodomaki, il quale doveva aver manipolato la popolazione algale del lago come Van Kleiss di Generator Rex per generare quell’incrocio tra l’ammasso di parassiti intestinali combinato alla Coca-Colac non bevuta ma lasciata nella bottiglia gettata sul pianeta Ooze del Bolero di Ravel di Allegro ma non troppo di Bruno Bozzetto, l’alieno di La guerra di domani di Spencer Gordon Bennett e una delle piante inghiottitrici di Prigionieri dell’Antartide di Virgil Vogel, adesso, per fortuna, inattivo. “Sapere che questo coso una volta era vivo e ci stava per asfaltare come rifiuti su una strada mi angoscia. Il Dodomaki…Kubo, tu che sei una miniera vivente d’informazioni sugli yokai, cosa puoi dirci in merito?” “il fantasma di un borseggiatore, le braccia sono coperte di occhi. Può anche seminarli in giro per avere controllo su chi essi riescono ad arrampicarvisi. O, farli sprofondare cavandoseli da sé e trasformandoli in macropinna microstoma che nuotino raggiungendo un basamento algale, dove qui rendere le alghe marionette al suo servizio. L’acqua era piena di sozzura dovuta ai continui rivangamenti del fondale, al continuo, intorpidente tramestio della motta che giace, come l’intorbidimento dei vini malconservati, sul basamento in argilla in cui strisciano creature simili a vermi dalla lunghezza approssimativamente di quattro spanne, sozzura aggravata dalla macerazione di una massa vegetale in decomposizione, e Wybie, proponendosi come novello Ulderico Tegani, apprese che l’infiorescenza era stata tranciata e questo aveva accelerato la marcescenza e contemporaneamente disperso tutta quella sbobba verde nell’acqua.
“Il lago è salvo, non ho trovato nessun occhio, non so cosa voi abbiate visto in questa ragnatela verde e che si sta sciogliendo come Yoshio Tsuchiya di Una nube di terrore, ma il Dodomaki non si è fatto vedere quaggiù. Io mi stringerei nelle spalle e schiverei i conati per Horror in Bowery Street di James Muro guardando Il mistero del dinosauro scomparso di Robert Stevenson” “Va bene. Norman, manda la scossa” Norman mosse la catena con ossessiva frenesia, in modo che si capisse che era andato tutto bene e che la mandragola nell’ora di lezione di Pomona Sprite poteva essere estratta. Il capitano, guardando il catenaccio in maglie piccole come alamari di un cappotto agitarsi, attivò il riavvolgimento. A bordo, il lento galleggiamento della bagnarola con i fianchi simili a quelli di un bicchiere di plastica nel cestino poté riprendere, e approdare a Kyoto. Il Dodomaki camminava nelle fogne di Takashima con fare rancoroso. Gli occhi di quella e di quell’altra volta ce li aveva ancora, con una macchiolina bianca al centro del cristallino ma con buona pace di quella ginoide ancora perfettamente sani, capo chino, testa che pendola come la macchina a moto perpetuo di Villard de Honnecourt su ruote e masticando la sua bile. Quel Raiden li ha chiesto una cosa impossibile, quel Kubo è protetto da divinità a cui non si riusciva a farla. “Che se ne faccia una ragione quel piantagrane! Kubo ha Fudo l’Irremovibile che lo protegge![15]” e faceva il tapino colmo di biliosa sicumera, fino a che a un angolo di fognatura venne colpito da una nube bianca. Rimase intrappolato in un sudario adamantino di ghiaccio, mentre A47 reggeva in mano una sezione di grondaia Heximc grigia che respirava un fumetto bianco dal bocchino con cui aveva assistito il colpo surgelante.
 
Kyoto non era Tokyo, ma proporzionalmente era come passare da Milano a Liechenstein, era una città di un  milione quattrocentosettanta e più anime in cui, che lo si volesse o no, “l’ultraerodinamicità” che Mario Gromo, recensendo La pastorella e lo spazzacamino di Jacques Prevert e Paul Grimault, considerava la nefanda aurea disumanizzante emanata dal regno del re-despota-dittatore di Pascal Mazzotti e superbamente incarnata dal robot-alfiere che, manipolato dall’uccellaccio bohemienne e turlupinante di Jean Martin distrugge i suoi chilometrici castelli dalle cui guglie impone una sua visione superomistica volta a non far passare il suo strabismo era arrivata e Kyoto aveva dovuto assumere la nevrastenica corazza di città moderna e congestionata. Una torre con sferoide panoramico svettava fin dove l’occhio riuscisse, dalle colline e montagne che là la cingevano, a guardarla, sotto al quale sentirsi bambini ammalati. “Kubo…..c’è qualcosa che ti mette ansia?” “No, no, cerchiamo delle informazioni su Wakayama, e andiamo avanti” a Chayacho, una delle prefetture, c’era il museo nazionale, che li indicò che Wakayama distava 120,8 km da percorrere da un ora e 48 minuti, attraversando la Hanwa Expressway. Non potevano dire quali fossero le ragioni per cui dovevano andare a Wakayama, ma dopotutto a cosa sarebbe potuto servire? E poi, perché, ovviamente, Raiden continuava a seguirli, e forse in quel momento nel giardino del museo con la tomba di Toyotomi Hideyoshi Raiden stesso li stava osservando. Dovettero prendere uno shinkasen per Tanabe, e da là procedere come esploratori in un Far West ancora non  completamente reso agibile, nonostante Wakayama avesse la sua ragnatela di autostrade. A Wakayama, la città, pernottarono a un caravanserraglio in cui Kubo chiese di dormire in una camera solo per lui. Nella notte, con il suo shamizen, uscì come Robert Neville dalla casa in cui aveva eretto il suo forte perché, ormai, lui era Leggenda, e Leggenda non avrebbe subito un eutanasia standosene in una casa dissacrata mentre i Vamp avanzano, o impiccarsi come Steve Albini in The end of the radio da Excellent italian greyhound del suo gruppo, gli Shellac, oltretutto sapendo quanto sia lui che Raiden fossero logorati, e comunque quella spada non era quello che importava. L’aveva capito. Va bene, esiste una spada che riuscirebbe a uccidere un Dio, e quel Dio non vuole che quell’unica lama capace d’ucciderlo riesca ad essere trovata e a essere usata per ucciderlo. Ma c’era in quest’equazione un elemento taciuto, che ignorandolo non la faceva tornare: che Raiden era suo zio. Accoccolatosi nell’erba, Kubo cominciò a suonare. Non lo poteva vedere, ma suo padre e sua madre erano nella penombra, piangendo il suo triste destino. Ma quelle erano lacrime di gioia, perché il loro figlio era felice. “Raiden, io non c’è l’ho quella spada, né voglio prendermela e usartela. So che tu sei mio zio, e che anche se hai cercato di uccidermi, io non serbo rancore. Perché anche se hai cercato d’uccidermi, io non mi sono mai dimenticato che eri mio zio, e non ho mai ascoltato quello che mi diceva mia madre. Perché se mio padre e mia madre sono potuti giungere a farmi, fu anche un tuo merito. E delle mie cognate. E se vuoi uccidermi, fallo, fallo senza pentirti, spacca questo marmo per costruire qualcosa di nuovo, liquefa questa creta per plasmare un nuovo Kubo” Kubo tacque. Watatsumi apparve, e davvero stava per divorarlo, ma in quel momento A47 arrivò rampante dal templio, mentre anche gli altri assistevano alla cosa trattenendo il respiro. Reggeva la spada, ma non per infilzarla nel drago, ma perché l’elsa ne venisse morsa dal drago e non per quello che ci si sarebbe aspettati, ma a quello che, forse, Kubo segretamente si aspettava. Il possente Watatsumi consegnò a Kubo quell’arma, perché capisse che, in realtà, quello era uno spiedo di ferro incredibilmente fragile nelle cose come stanno, e che Raiden stesso l’aveva forgiata, ma solo per ricordarsi che ci sarà sempre stato qualcuno che non l’avrà visto come un nemico….
 
……Ma uno zio.
“Spaccala Kubo, perché è solo un nodo gordiano che io stesso ho intrecciato solo per ricordarmi che posso perdermi, e che non devo alzare le mani su qualcuno che mi guarderà non come un nemico ma come uno zio. Se lo farai, sarai libero, e questa volta non ti farò alcun doppiogioco” Kubo aveva capito cos’era successo a suo zio. Aveva capito. Kubo lo voleva perdonare, e lui voleva perdonare. Kubo se la spaccò mettendosene l’elsa rivolgendone la parte tagliente verso i polsi e appoggiandone due parti sui bicipiti, e muovendo le braccia all’indietro mentre i muscoli del torace all’opposto venivano “gonfiati” in avanti fino, legittimamente, a creparne la superficie, di metallo tra virgolette, come preannunciato da Raiden, spaccandola. Dalla spada, mandata a frantumi, si liberarono mulinelli di polline dorato che, abbracciando Sariatu e Hanzo, ne assunsero i corpi nel Nirvana. Anche le sue sorelle, le pettorute, con culi a cuscino, maschere sorridenti inquietanti come quella del Promoter di Black butler e stereotipato costume da strega biasimevole a Halloween come all’Epifania adesso, come anime morte, erano rimaste senza maschera, non ne avevano neanche più bisogno, e ora ostendevano un volto completamente diverso.

Carne, pelle, fragili, spaventate, perfette sculture in alabastro, con labbra di una razza, occhi piccoli, gialli, con una pupilla simile a una puntura di siringa intinta nell’inchiostro, capelli di un blu molto scuro e risonante, con quelle labbra, risucchiate all’indietro, che tremando come un uomo colpito da una malattia accennavano a sorridere. Kubo le guardava imploranti, mentre Coraline ne accarezzava la testa (una che aveva fantasie di questo tipo: Per lei l’amore è qualcosa di strano, un miriapode nero che ti si arrampica sulla faccia, camminandoci dentro come si camminerebbe dentro i Bagni misteriosi di De Chrico. Le labbra, degli angioma cresciuti direttamente dai muscoli orbicolari, sono come dei bassi divani-tagliola, sedercisi sopra fa cadere in una trappola a laccio dalla quale è fastidioso uscire. Tipo Blood solid di Anish Kapoor. Il naso è una caverna d’arte come quella del giardino dei Boboli realizzata da Pompeo Ferrucci, esplorarla sarebbe dilettevole, ma il miriapode sa che deve puntare altrove. Gli occhi sono spalancati, e nessuno dovrebbe mai dormire con gli occhi aperti. Sono raffinati acquari, giardini d’acqua dolce in cui un qualche nobiluomo o nobildonna viennese del 18esimo secolo si fermava a ammazzare il tempo seguendo il nuoto a rilento di carassi dalla coda simile a un sipario logoro e strappato, con crani sovradimensionati da grampi, con occhi fuori dalle orbite craniali alla stregua dei “luponi” di Tex Avery. Non è però roba che faccia per lui. Infine il miriapode raggiunge la meta prefissata: l’orecchio. Per aggiungere un tocco di colore, l’orecchio è affetto da microtia. Il miriapode ci entra dentro, trova lo spazio del cranio contenente gli ossicini martello incudine e staffa assolutamente comodo. Per Coraline l’amore era lo stesso freddo, viscido e picchiettante brivido sulle parti più erogene del suo corpo, destinatole a accarezzarle le labbra come un bell’esemplare di vermocane appena pescato e ripulito dalla sabbia e dal brecciato del fondale marino fattole strusciare sulle voluttuose labbra dal suo misterioso Joe Sub di Gallieno Ferri, lei Fiona Volpe di 007 Thunderball operazione tuono. Il brivido all’altezza delle cartilagini più alte del setto nasale di quando avvicinava un dito alla parte più alta del naso, come se là dentro si accendesse una spia di prossimità come quella dei sottomarini. La fredda carezza di un termometro al mercurio che le accarezzi il dintorno dell’occhio, come Kiki de Montaparnasse nella foto dadaista Larmes de verre di Man Ray. E infine che quella “cosa” le entri dentro, le deponga le uova nel cuore, come Norman ha fatto dal momento in cui si sono incontrati. Un incastro d’anime alla  Goldrake che si distacca dal suo Spacer per ricevere l’agganciamento del Double Spacer, una Coraline meravigliosamente nuda, alta 1,7 metri, avvolta nell’oscurità di uno studio fotografico abbandonato nella notte dell’equinozio di primavera, con Norman trasformato in Dargon dei Sectaurs alla guida del Molga EZ-006 della linea degli Zoids che lo usa per arrampicarsi su quella monumentale distesa di carne e che al di fuori del fidanzato non lasciava che libri criminalizzassero lo poteva fare, o no?) avvolta, tra i tanti, da quell’alone di porpora aurea, i cui riccioli diventavano sabbia di un giallo più penetrante di una supernova volta a diventare una nana bianca, mentre persino la notte assumeva maggiore brillantezza del giorno più fulgido. Il Nirvana, il grande perdono, alla cui fine, di Hanzo e Sariatu non erano rimasti che un armatura per lui e una statuina da Lare per lei.
Kubo, avrebbe cantato ancora per anni, e forse, quando la Luna è più alta, dove in Giappone si sta peggio, il suo Shamisen suona con maggiore soavità.
 
 
 
 
[1] Gara creata negli anni 90 dalla Redbull in cui delle squadre si sfidano su autoveicoli senza motore autocostruiti lanciati lungo un pendio. E’ l’equivalente su terra del Redbull Flugtag
[2] La borsa dell’acqua alta giapponese
[3] Fusione tra Paolo, nome del protagonista di Le redini bianche di Pier Antonio Quarantotto Gambini e Walter, di Tutti giù per terra di Giuseppe Culicchia
[4] Ben Reich è il protagonista del romanzo di Alfred Bester L’uomo disintegrato ed è un telepate. La “comunicazione Ben Reich” è pertanto una comunicazione telepatica
[5] Giappone proibito, conosciuto ufficialmente con il titolo Il paradiso dell’uomo, è un mondo movie diretto da Giuliano Tomei e conosciuto in America come Sex in forbidden Japan, con la voce narrante di Ugo Fangareggi, esplorante aspetti bizzarri e perturbanti della nazione nipponica. I mondo movies sono un tipo di documentari sensazionalistici e voyeuristici cominciati e proseguiti dal successo del film di Gualtiero Jacopetti Mondo cane, spesso accusati di mancanza di tatto e rispetto. Coraline allude anche a Cannibal holocaust di Ruggero Deodato, nato come parodia di questo tipo di film
[6] Dario Fo è l’autore comico celebre per il suo spettacolo Mistero buffo e per la sua tecnica del grammelot, cioè un susseguirsi di discorsi insensati in un dialetto immaginario. La tecnica del grammelot è stata poi usata da Carlo Bonomi per il doppiaggio del personaggio de La Linea di Osvaldo Cavandoli. Nell’adattamento televisivo de I promessi sposi di Alessandro Manzoni a opera di Salvatore Nocita a lui tocca la parte dell’avvocato Azzeccagarbugli conosciuto altresì come “l’avvocato delle cause perse”
[7] Federica de Bortoli è la doppiatrice italiana del personaggio di Paprika nel film di Satoshi Kon Paprika-sognando un sogno. In originale è doppiata da Megumi Hayashibara e nella versione yankee da Cindy Robinson. Viene fatto riferimento a una scena in cui Paprika passa da un sogno all’altro.
[8] Unione tra maschio e femmina per designare in modo nuovo un ermafrodita
[9] Susan Seidelman (Filadelfia, 11/12/1952) è una regista americana che negli anni 90 realizzò un avveniristico corto intitolato Yankee Doodle Sweetheart in cui compariva una Marilyn Monroe ricreata digitalmente. E accanto a lei? Humprey Bogarth off course!
[10] Paperino e il ritorno alla Roccafiamma, sceneggiatura di Giorgio Figus disegni di Roberto Marini
[11] Ciuffettino è un ragazzino ribelle e anticonformista protagonista di alcuni racconti di Enrico Novelli. Negli anni 60 la RAI di Bernabei ne fece uno sceneggiato diretto da Angelo Alessandro in cui l’allora decenne Maurizio Ancidoni interpretava il protagonista
[12] Michel Lotito (Grenoble, 15 giugno 195025 giugno 2007) è stato un intrattenitore francese.
Nacque a Grenoble e divenne famoso in tutto il mondo per il suo picacismo, sotto il nome d'arte di Monsieur Mangetout (in italiano: "Signor Mangiatutto"). Le sue maggiori performance erano l'ingerimento di oggetti di metallo, vetro, gomma e così via; fu inoltre famoso per l'ingerimento di corpi di grosse dimensioni, quali biciclette, carrelli per la spesa, televisori, un aeroplano (Cessna 150) e altri oggetti ridotti in piccole dimensioni, disassemblati o tagliati. (fonte Wikipedia)
[13] Eric Stanton, pseudonimo di Ernest Stanzoni, (New York, 30 settembre 192617 marzo 1999), è stato un illustratore e fumettista statunitense.
Dopo avere studiato presso la Scuola di Arti Visive fece il suo debutto come illustratore e artista di fumetti nel 1947 presso la Movie Star News di Irving Klaw, un editore noto per i suoi riferimenti al fetish e al bondage (Fonte Wikipedia)
[14] Rudolf Klein-Rogge (Colonia 24/11/1885-Graz 29/05/1955) è un attore tedesco conosciuto per aver interpretato il Dottor Rotwang in Metropolis di Fritz Lang
[15] Acala (Acalaceṭā o Āryācalanātha in sanscritoFudō myō-ō (不動明王?) in giapponeseBudong mingwang (不动明王S, Bùdòng míngwángP) in cinesePudong myŏngwang (부동명왕?) in coreanoBất động minh vương invietnamita) è, nel buddhismo Shingon, una manifestazione del Buddha Vairocana. Noto anche come Ācalanātha,Ācala-vidyā-rāja o Caṇḍamahāroṣaṇa, è il centrale e più importante dei Cinque Re della Saggezza o della Luce (明王 Myō-ō?) ed è particolarmente venerato nel tempio del Monte Akakura, in Giappone. È protettore contro le impurità fisiche e spirituali, aiuta gli uomini ad evitare le infezioni del corpo e della mente.
(Fonte Wikipedia)
   
 
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